É valida la notifica a mezzo PEC effettuata dal difensore dell'imputato a quello della persona offesa?

13 Marzo 2017

La questione posta al vaglio della Corte si concentra sulla possibilità, nel processo penale, per il difensore dell'imputato di notificare a mezzo PEC un atto al difensore della persona offesa.
Massima

É valida la notifica effettuata, ai sensi dell'art. 152 c.p.p., mediante invio dell'atto da parte del difensore dell'imputato a quello della persona offesa tramite posta elettronica certificata (c.d. PEC), in quanto, in base all'art. 48 d. lgs. n.82/2005, la trasmissione del documento informatico per via telematica equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta.

Il caso

Il Tribunale di Napoli, adito ex art. 310 c.p.p., ha dichiarato inammissibile l'appello avverso l'ordinanza con la quale era stata rigettata la richiesta dell'imputato di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari. Premesso che il procedimento aveva ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona e, in particolare, il reato di cui all'art. 630 c.p., il Collegio ha ritenuto che l'appello dovesse essere notificato alla persona offesa. Ai sensi dell'art. 299, comma 4-bis, c.p.p., infatti, dopo la chiusura delle indagini preliminari, la richiesta dell'imputato di revoca o di sostituzione delle misure applicate nei procedimenti aventi ad oggetto tale tipologia di delitti, deve essere notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa stessa, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio. Nel caso in esame, l'atto di appello era stato notificato al difensore della persona offesa, ma a mezzo PEC. Questa modalità di notificazione, secondo il Tribunale, non è consentita alle parti private nel processo penale, le quali, ai sensi dell'art. 152 c.p.p., al più possono servirsi di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Ne derivava l'inammissibilità dell'impugnazione proposta.

Avverso questa decisione, l'indagato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo che la PEC, pervenuta al difensore della persona offesa come attestato dal rapporto di consegna e ricevuta di accettazione, aveva consentito alla predetta di avere piena conoscenza dell'appello proposto. Era stato rispettato, quindi, l'art. 299, comma 4-bis, c.p.p.. L'indirizzo giurisprudenziale che non riconosce alle parti private la possibilità di avvalersi della PEC per interloquire con l'Autorità giudiziaria, inoltre, non precluderebbe l'impiego di questo strumento per la notifica al difensore della persona offesa.

La questione

La questione posta al vaglio della Corte può essere sintetizzata nel modo seguente: nel processo penale, il difensore dell'imputato può notificare a mezzo PEC un atto al difensore della persona offesa?

Le soluzioni giuridiche

L'art. 16, comma 4, d.l.16 ottobre 2012, n. 179 recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese», disciplina l'uso della PEC da parte delle cancellerie. Questa disposizione statuisce che nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni sono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici; nei procedimenti penali, invece, la modalità telematica è riservata alle notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p..

Da questa disposizione, il Tribunale ha desunto che le parti private nel processo penale non possono mai fare ricorso alla PEC, in quanto si tratterebbe uno strumento riservato alle cancellerie.

La Suprema Corte non ha condiviso tale interpretazione della norma citata.

Secondo la decisione in esame, infatti, dall'art. 16 d.l. n. 179/2012 può trarsi solo il divieto da parte della cancelleria di utilizzare la notifica a mezzo PEC, qualora il destinatario sia direttamente la persona fisica dell'imputato. Al contrario, i destinatari della notifica nelle forme telematiche possono essere tutti coloro che prendono parte ad un processo penale e che non assumono la qualità di imputato; dunque, i difensori, le persone offese, le parti civili, i responsabili civili, coloro che sono civilmente obbligati per la pena pecuniaria possono ricevere una notificazione a mezzo PEC.

La fattispecie in esame, in particolare, riguarda la notifica non già all'imputato, ma al difensore della persona offesa e ad opera del legale dell'imputato. Ad essa sono applicabili l'art. 152 c.p.p. e l'art. 48 d. lgs. n.82/2005 e successive mod. (c.d. Codice dell'amministrazione digitale).

La norma del codice di rito statuisce che, «salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni richieste dalle parti private possono essere sostituite dall'invio di copia dell'atto effettuata dal difensore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento»; la seconda disposizione, come sostituita dall'art. 33 d. lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 (applicabile, ai sensi dell'art. 2 dello stesso d. lgs., anche ai processi civile, penale, amministrativo, contabile e tributario, in quanto compatibile e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico), prevede che la trasmissione telematica di comunicazioni avvenga mediante posta elettronica certificata ai sensi del d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 (o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri). In quest'ultimo caso, «la trasmissione del documento informatico per via telematica…equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta». La data e l'ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso con posta elettronica certificata sono opponibili ai terzi.

L'art. 48 CAD, quindi, equipara la notifica mediante PEC a quella per mezzo della posta, salvo diversa previsione normativa. La PEC, infatti, offre le medesime certezze della raccomandata in ordine all'identificazione del mittente e all'avvenuta ricezione dell'atto. Questi ultimi fatti sono documentabili per mezzo della produzione del rapporto di consegna al destinatario e della ricevuta di accettazione.

Deve ritenersi, pertanto, che la lettera raccomandata di cui può avvalersi il difensore ai sensi dell'art. 152 c.p.p. possa essere validamente sostituita dalla notificazione a mezzo PEC, con la conseguenza che, nel caso di specie, la notifica dell'atto di appello compiuta con tale strumento dal difensore dell'imputato al difensore della persona offesa ex art. 299 c.p.p. è da ritenersi valida ed efficace.

«Tale conclusione consente di soddisfare pienamente le esigenze di tutela della persona offesa, sottese all'art. 299 c.p.p., non essendo dubitabile che la comunicazione a mezzo PEC costituisce uno strumento idoneo a portare un atto a conoscenza del destinatario e ad avere certezza sulla sua ricezione».

Osservazioni

La sentenza in esame ribadisce l'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'art. 16, comma 4, d. l. n. 179/2012, prevedendo la possibilità del ricorso alla PEC nel procedimento penale per l'atto indirizzato a “persona diversa dall'imputato”, intende sottrarre a questa modalità soltanto la notifica effettuata direttamente alla persona fisica dell'imputato (per la quale, del resto, la giurisprudenza esclude anche l'impiego di altri mezzi tecnologici come il telefax, cfr. Cass. n. 16622/2016).

Esulano dal divieto le notifiche eseguite al difensore, ancorché nell'interesse dell'imputato. In questo senso, era già stata reputata valida la notificazione effettuata, mediante invio al difensore, tramite posta elettronica certificata, dell'atto diretto all'imputato, ai sensi dell'art. 157, comma 8-bis, c.p.p. (Cass. n. 40907/2016) ovvero ex art. 161, comma 4, c.p.p. (Cass. n. 16622/2016); analogamente era stata ritenuta valida la notificazione dell'avviso della richiesta di archiviazione al difensore della persona offesa (Cass. n. 45000/2016). In tema di notifiche ai difensori, infatti, l'art. 148,comma 2-bis, c.p.p. consente la notifica «con mezzi tecnici idonei», tra cui va ricompresa la trasmissione telematica se certificabile, in quanto lo strumento impiegato consente di evincere con certezza, oltre che il mittente, la ricezione dell'atto da parte del destinatario. Il mezzo telematico, dunque, è divenuto uno strumento normale per la notificazione di atti del procedimento penale destinati a persona diversa dall'imputato, ivi compreso il suo difensore.

Secondo la Suprema Corte, in particolare, ai fini dell'ammissibilità del mezzo telematico, non rileva la mancata emanazione da parte del Ministero della Giustizia dei decreti attuativi destinati a regolamentare l'utilizzo della PEC, secondo quanto previsto dall'art. 16 d. l. n. 179/2012 (cfr. Cass. n. 50316/2015; Cass. n. 51348/2016).

Il profilo più significativo della decisione, peraltro, è rappresentato dall'estensione della posta elettronica certificata anche alla notificazione da parte del difensore dell'imputato a quello della persona offesa. In questa prospettiva, la sentenza segna il superamento dell'indirizzo secondo cui le parti private non possono adoperare la PEC per effettuare comunicazioni e notificazioni.

La base normativa che consente l'impiego del mezzo in esame è stata individuata nel combinato disposto tra l'art. 152 c.p.p. e l'art. 48 d. lgs. n. 82/2005 e successive mod. (c.d. CAD). In forza di queste norme, le notificazioni richieste dalle parti private possono essere sostituite dall'invio di copia dell'atto effettuato dal difensore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento; la trasmissione del documento informatico per via telematica equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta.

La PEC, infatti, offre le medesime certezze della raccomandata in ordine all'identificazione del mittente e all'avvenuta ricezione dell'atto e, dunque, è in grado di soddisfare pienamente le esigenze di tutela della persona offesa. Anche la documentazione dell'attività compiuta, che è necessaria nel corso dell'attività processuale, è agevole: è sufficiente la produzione del rapporto di consegna al destinatario e della ricevuta di accettazione.

La soluzione accolta appare conforme alle prescrizioni dell'art. 299, commi 4 e 4-bis, c.p.p. che non richiedono l'adozione di una forma particolare per la notificazione della richiesta di revoca o sostituzione della misura, limitandosi a prevedere distinte modalità a seconda che la persona offesa abbia nominato un difensore di fiducia, nel qual caso si considera domiciliata presso di lui (art. 33 disp. att. c.p.p.), o non lo abbia nominato, nel qual caso, invece, la notifica deve essere eseguita personalmente alla stessa persona offesa (salva l'ipotesi in cui essa abbia eletto o dichiarato domicilio, perché, in quest'ultima evenienza, la notifica deve essere sempre eseguita in tale luogo, anche se sia già intervenuta la nomina di un difensore, cfr. Cass. n. 19704/2016).

Detta soluzione, inoltre, appare orientata ad un'interpretazione sistematica delle disposizioni in tema di notificazioni richieste dalle parti private, rispondente all'evoluzione del sistema di comunicazione degli atti processuali ed alle esigenze di semplificazione e celerità del processo penale.

La dottrina, in ogni caso, ritiene che la notifica a mezzo PEC è utilizzabile solo per gli atti che debbono essere ricevuti dai difensori, anche se la notificazione fosse disposta dal Giudice o dal Pubblico ministero e non, come nel caso di specie, dalle parti private del procedimento penale, in quando l'art. 148, comma 2-bis, c.p.p. limita l'impiego di “mezzi idonei” esclusivamente per gli atti destinati a costoro (salvo che, per gli atti destinati a persona diversa dall'imputato, sussistano circostanze particolari o d'urgenza di cui il giudice deve dare conto con il decreto motivato previsto dall'art. 150 c.p.p.).

La giurisprudenza, inoltre, esclude che le parti private possano adoperare la posta elettronica certificata per effettuare comunicazioni e notificazioni destinate al Giudice (cfr. Cass. n. 7058/2014, relativa ad un'istanza di rinvio inviata all'indirizzo di posta elettronica certificata della Cancelleria del Tribunale; Cass. n. 18235/2015, in relazione ad istanza di rimessione in termini avanzata a mezzo PEC dal difensore di fiducia dell'imputato) ed in particolare per proporre impugnazioni (Cass. n. 18135/2015; Cass., ord. n. 51961/2016 ha rimesso questa questione alle Sezioni Unite, ma, come è noto, il Primo Presidente della Corte ha restituito gli atti alla Sezione rimettente). Per le notificazioni e per le comunicazioni dei privati e dei difensori deve trovare applicazione unicamente la previsione dell'art. 121 c.p.p. per la quale le memorie e le richieste delle parti devono essere presentate al giudice per iscritto mediante deposito in cancelleria. Sotto questo profilo, peraltro, di recente è intervenuta una certa apertura nella giurisprudenza di legittimità: la richiesta di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore, inviata a mezzo posta elettronica in cancelleria, non è stata ritenuta irricevibile, né inammissibile, anche se l'utilizzo di tale irregolare modalità di trasmissione comporta l'onere, per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell'omesso esame della sua istanza, di accertarsi del regolare arrivo della mail in cancelleria e della sua tempestiva sottoposizione all'attenzione del Giudice procedente (Cass. n. 47427/2014).

Guida all'approfondimento

V. Bove, Notificazioni telematiche nel procedimento penale: Questioni giuridiche e problematiche applicative, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 9 novembre 2015

L. Petrucci, Il tormentato avvio delle notifiche telematiche nel processo penale, in www.questionegiustizia.it, 30 gennaio 2015

L. Matarrese, Validità della notifica telematica al difensore e problemi di diritto transitorio, in www.penalecontemporaneo.it, 15 settembre 2015.

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