Mancanza di attestazione di conformità: da vizio a irregolarità
04 Febbraio 2016
Massima
In tema di iscrizione a ruolo del pignoramento mediante deposito delle copie conformi di titolo esecutivo, precetto e verbale, l'omissione dell'attestazione di conformità di tali copie agli originali costituisce una nullità sanabile, ove la controparte abbia comunque svolto le sue difese, in ossequio al principio di raggiungimento dello scopo di cui all'art. 156 c.p.c.. È, inoltre, inammissibile l'eccezione di inefficacia del pignoramento per mancato deposito delle copie nei termini di legge, ove sollevata durante il decorso di tali termini. Il caso
Tizio, creditore procedente, nel dicembre 2014 esegue un pignoramento presso terzi, iscrivendo a ruolo la procedura in via telematica, senza dichiarare la conformità all'originale delle copie depositate di titolo, precetto e verbale, come vorrebbe l'art. 543 c.p.c. (come novellato dalla d.l. n. 132/2014). Il debitore esecutato provvede a presentare opposizione all'esecuzione, chiedendo la sospensione del processo ex art. 624 c.p.c.: lamenta, tra l'altro, proprio la mancanza dell'attestazione di conformità sulle ridette copie, limitandosi il procuratore di Tizio a firmarle digitalmente. All'udienza fissata dal Giudice dell'Esecuzione in seguito all'opposizione, pertanto, il creditore procedente deposita, unitamente alle dichiarazioni positive dei terzi, gli originali di titolo, precetto e pignoramento, invocando la sanatoria degli eventuali vizi per raggiungimento dello scopo. Il Giudice dell'Esecuzione accoglie l'istanza di sospensione, condividendo l'eccezione in ordine alla mancanza delle attestazioni, ma la decisione viene ribaltata dal Giudice dell'opposizione in fase contenziosa: quest'ultimo dichiara che, attesa la sussistenza delle dichiarazioni di quantità e la costituzione dell'esecutato, il pignoramento ha raggiunto il suo scopo. La questione
L'iscrizione a ruolo di un pignoramento priva dell'attestazione di conformità richiesta dalla legge ingenera inefficacia del pignoramento o mera nullità sanabile? Le soluzioni giuridiche
La questione si inscrive nel subprocedimento incidentale che si apre, nel processo esecutivo, in seguito alla presentazione del ricorso in opposizione, ai sensi dell'art. 615, comma 2, c.p.c., corredata dell'istanza sospensiva di cui all'art. 624 c.p.c.. Prosegue e si conclude nel giudizio di merito sull'opposizione, riassunto ai sensi dell'art. 626 c.p.c., di talché ne è opportuna la trattazione congiunta in unico commento. Il Giudice dell'Esecuzione di Pesaro forza, in sostanza, l'interpretazione letterale del novellato art. 543 c.p.c., a norma del quale il creditore procedente deve depositare copia conforme di titolo esecutivo, precetto e verbale di pignoramento, a pena di inefficacia dello stesso, entro trenta giorni dal suo ritiro presso l'Ufficiale Giudiziario. Ad avviso del Giudice, la sanzione dell'inefficacia discende dal mancato deposito nei termini di legge non semplicemente delle copie degli atti, bensì delle copie dichiarate conformi: la perenzione opera in assenza,quindi, di tali copie “qualificate”, non comportando salvezza alcuna l'aver comunque depositato in tempo le copie “semplici”. Infine, da ciò deduce la sussistenza dei gravi motivi, richiesti dall'art. 624 c.p.c., per disporre la sospensione del processo esecutivo. Riassunta la causa nel merito a norma dell'art. 616 c.p.c., il Tribunale di Pesaro rileva che, in seguito alla notifica del pignoramento, sono comparsi sia la parte procedente che quella esecutata e sono state financo rese le dichiarazioni di quantità, dovendosi ritenere raggiunto lo scopo dell'atto. Precisa, infatti, che il difetto di conformità risulta sanato, ex art. 156 c.p.c., ove la controparte abbia potuto replicare con le proprie difese. Aggiunge, peraltro, che l'eccezione di inefficacia sarebbe comunque inammissibile, perché formulata in un atto di opposizione depositato durante la decorrenza dei trenta giorni dal ritiro del pignoramento presso l' UNEP : quindi, in una fase in cui ancora non avrebbe potuto realizzarsi il presupposto dell'inefficacia, ossia il decorso del termine senza che fossero depositate le copie degli atti.Osservazioni
È certamente condivisibile la soluzione finale adottata dal Giudice dell'Opposizione, in contrasto con il criticabile orientamento del Giudice dell'Esecuzione, che pecca di eccessivo formalismo. È evidente, intanto, un lapsus calami, posto che (almeno da quanto si evince nella pronuncia) già il debitore, nell'opposizione, invoca addirittura l'inesistenza del pignoramento, in luogo dell'inefficacia prescritta dalla norma; nonché del Giudicante, che ritiene l'iscrizione a ruolo di un pignoramento ritirato dall' UNEP il 9 gennaio 2015 (come si evince dalla successiva sentenza di merito) già soggetta ad obbligo di deposito telematico, il quale, invece, sarebbe decorso solo dal 31 marzo 2015.Si legge, infatti, nell'ordinanza: «rilevato, quindi, che la novità introdotta con il menzionato PCT in forza della normativa, qui richiamata, consiste nel fatto che le relative incombenze, che in precedenza sono state proprie dello stesso Ufficiale Giudiziario, ora sono trasferite, di fatto, al procuratore del creditore procedente, in quanto è proprio lo stesso procuratore - difensore che deve ritirare il relativo verbale di pignoramento (e/o l'atto di pignoramento presso terzi) i titoli ed il precetto, così procedendo con la relativa iscrizione a ruolo, rispettando i tempi, così qui dettati dal menzionato articolo, ed è altresì prescritto che l'iscrizione del relativo fascicolo debba avvenire con modalità telematica». Non erra, invero, il Giudice dell'Esecuzione, laddove asserisce che il creditore procedente non ha rispettato la normativa processualistica, omettendo la giusta attestazione di conformità: tuttavia, appare un rigido formalismo considerare inefficace il pignoramento per ciò solo e a prescindere dall'avvenuta instaurazione del contraddittorio. L'art. 543, comma 3, ultimo periodo, c.p.c. sancisce l'inefficacia allorché «la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti di cui al secondo periodo sono depositate oltre il termine di trenta giorni dalla consegna al creditore», senza esprimersi sul difetto di conformità. La ratio, d'altronde, è rinvenibile proprio nell'assenza di pregiudizio per le parti processuali: ove la controparte abbia potuto acquisire il contenuto degli atti e svolgere difese, ove il Giudice abbia potuto prenderne cognizione, lo scopo dell'atto può ritenersi raggiunto. Senza contare, peraltro, che, secondo la giurisprudenza, l'utilizzo di una copia non conforme di un atto non pregiudica, per ciò solo, la sua validità: la conseguenza va rinvenuta nella prevalenza della copia a disposizione della controparte rispetto all'originale o copia depositata, qualora vi sia difformità tra le stesse. In aggiunta, deve considerarsi anche la normativa ratione temporis applicabile al caso di specie. Trattandosi di un processo esecutivo iscritto a ruolo all'inizio del 2015, non erano ancora state introdotte le modifiche alle attestazioni di conformità ad opera del d.l. 27 giugno 2015, n. 83. Pertanto, risultavano ancora applicabili le modalità di attestazione recate dal d.P.C.M. 13 novembre 2014, in virtù del quale sulla copia informatica per immagine può essere apposta la firma digitale (come nel caso di specie), in combinato disposto con l'art. 22, comma 3, CAD, secondo cui essa corrisponde all'originale, ove non disconosciuta. Dalla lettura della pronuncia, non sembra esservi stato un chiaro disconoscimento da parte del debitore esecutato: giova ricordare, infatti, che il disconoscimento non può essere generico, ma ben circostanziato. L'opponente avrebbe dovuto specificare, dandone inoltre prova, per quale motivo le copie depositate non sarebbero state conformi agli originali, peraltro depositati successivamente in udienza dal creditore. In conclusione, al di là della sicura applicabilità del principio di raggiungimento dello scopo, si può rilevare come ab origine mancassero i presupposti, anche di rito, per contestare l'inefficacia del pignoramento sulla base del difetto di conformità delle copie depositate. D'altronde, al cospetto di diritti costituzionali, come la tutela dei propri diritti in giudizio, va sempre privilegiato il dato sostanziale e la conservazione degli effetti degli atti, piuttosto che esasperare le formalità processuali. |