Errata attestazione del difensore: la Cassazione dichiara improcedibile il ricorso

15 Febbraio 2016

In tema di attestazioni di conformità eseguite dal difensore, ai sensi dell'art. 16-bis d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, il relativo potere è attribuito all'Avvocato esclusivamente laddove sussista un fascicolo informatico, contenente gli atti e provvedimenti autenticabili in proprio.
Massima

In tema di attestazioni di conformità eseguite dal difensore, ai sensi dell'art. 16-bis d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, il relativo potere è attribuito all'Avvocato esclusivamente laddove sussista un fascicolo informatico, contenente gli atti e provvedimenti autenticabili in proprio. Pertanto, la copia dell'ordinanza acclusa al ricorso per cassazione, dichiarata conforme dall'Avvocato oltre i limiti di legge, è da considerarsi non autentica e conseguentemente il ricorso è improcedibile.

Il caso

Pronunciandosi su di un ricorso per regolamento di competenza, la Corte di Cassazione, con ordinanza 11 febbraio 2016, n. 2791, ha colto l'occasione per esprimersi sui poteri di autentica dei difensori, rispetto alle cause antecedenti l'anno 2014.

Il ricorso concerne l'ordinanza con cui il Tribunale di Milano, in sede di accertamento di obbligo del terzo, ha dichiarato la propria competenza. Il merito del regolamento non viene, tuttavia, affrontato dalla Suprema Corte, la quale dichiara immediatamente improcedibile il ricorso per mancanza di copia autentica dell'atto impugnato.

Infatti, la società ricorrente ha prodotto in giudizio la copia dell'ordinanza, autenticata dal difensore ai sensi dell'art. 16-bis, comma 9-bis, d.l. n. 179/2012, in luogo della tradizionale copia conforme tratta in cancelleria. Ebbene, secondo la Cassazione, nel caso di specie non trattavasi di copia autentica, correttamente estratta dal fascicolo informatico, a cagione dell'asserita assenza di un fascicolo informatico.

La questione

La questione che forma oggetto della pronuncia è l'ambito oggettivo entro il quale i soggetti titolari dei nuovi poteri di autentica di atti processuali, previsti dall'art. 16-bis, comma 9-bis, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, tra cui il difensore, possano dichiarare conformi agli originali i suddetti atti, in riferimento alla natura cartacea ovvero informatica del fascicolo in cui sono contenuti.

Le soluzioni giuridiche

Invero, esaminato il fascicolo trasmesso dalla cancelleria del tribunale meneghino, la Corte constata che esso è interamente cartaceo, rinvenendovi anche l'originale dell'ordinanza, anch'essa redatta in forma analogica. Rileva, altresì, il Supremo Consesso che nella copia prodotta dal difensore non vi fossero indizi idonei a rendere manifesta l'origine informatica dell'atto (probabilmente riferendosi alla nota “coccarda” che compare lateralmente sulle copie informatiche degli atti presenti nel fascicolo telematico, anche laddove siano scansioni dell'originale cartaceo).

Da tali circostanze, la Corte deduce che non sussista potere alcuno del difensore di provvedere personalmente all'autenticazione della copia dell'atto impugnato da allegare al ricorso: i nuovi poteri di autentica degli avvocati, invero, emergono solo se esiste un fascicolo informatico popolato da documenti informatici.

Osservazioni

In linea generale, il ragionamento della Corte è corretto, ma presenta nel prosieguo delle inesattezze in punto di diritto e delle incongruenze in punto di fatto.

Infatti, l'ordinanza contestata risale all'ottobre 2014, periodo in cui, già vigente il d.l. n. 90/2014, la stessa avrebbe dovuto essere comunicata integralmente via PEC come copia informatica ai sensi dell'art. 133 c.p.c. (a tal fine, novellato da siffatto Decreto Legge): pertanto, avrebbe anche dovuto essere contenuta nel fascicolo informatico, salvo errori od omissioni, probabilmente come scansione (atteso che la Corte afferma di aver ricevuto l'originale cartaceo). Ne discende che – non conoscendo gli atti di causa si è costretti ad ipotesi – o, per l'appunto, sussisteva una mancanza tecnica ovvero vi sia stato un errore umano: in entrambi i casi, l'avvenimento costituisce ulteriore monito per gli Avvocati a porre attenzione agli adempimenti in tema di PCT.

Sul piano strettamente giuridico, la svista della Cassazione riguarda imprecisioni sulle disposizioni rilevanti.

In un passo della sentenza, si legge che il difensore avrebbe invocato – nella propria attestazione – l'art. 16-bis, comma 1, d.l. n. 179/2012 laddove, invece, egli ha richiamato il comma 9-bis, di contenuto affatto differente.

Giustamente il difensore ha richiamato il comma 9-bis, perché relativo ai principi di equivalenza delle copie informatiche e al potere di autenticazione.

La Corte, al contrario, cita il comma 1 per ricordare che l'obbligo di deposito telematico ivi sancito ha subito una scissione temporale a seconda dell'anno di introduzione della causa, per il quale solo le cause successive al giugno 2014 erano già soggette al ridetto obbligo. In virtù di ciò, chiarisce che la causa oggetto di ricorso risale al 2013 e, pertanto, essendosi chiusa prima del dicembre 2014 (si ricorda che l'ordinanza impugnata è del 28 ottobre 2014), non è stata assoggettata ad obbligo di deposito telematico: la conseguenza naturale per i Giudici di legittimità è che non potessero esservi atti telematici.

La conclusione della Corte è, però, preoccupante, se mal interpretata: «Ora, da tale norma emerge che, per i procedimenti iniziati prima del 30 giugno 2014, come quello in esame, la disposizione del comma 1 trovava applicazione solo "a decorrere" dal 31 dicembre 2014, mentre anteriormente e fino a tale data era possibile solo depositare atti e documenti. Ne deriva che il potere di autentica esercitato dal difensore nel caso di specie non ha avuto giustificazione normativa». Ancorata al sillogismo sulla evoluzione temporale dell'obbligo di deposito telematico, tale locuzione sembra affermare che per le cause sorte prima del 30 giugno 2014, poiché il deposito telematico per esse è divenuto obbligatorio solo dal 31 dicembre 2014, non sussisterebbero i poteri di autentica dei difensori.

È noto che tale interpretazione ha avuto un momento di diffusione in passato, ma è stata immediatamente esclusa dalla Circolare del Ministero della Giustizia del 28 ottobre 2014 e dalla prassi applicativa.

Probabilmente, in conclusione, la Cassazione ha inteso affermare, ancorché con un corpo motivazionale non cristallino, che in questo caso di specie non sussistessero giustificazioni normative per l'autentica del difensore, mancando atti depositati telematicamente a cagione dell'assenza ratione temporis del relativo obbligo per quel fascicolo.

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