La rimessione in termini a seguito del deposito di atto con numero di ruolo generale errato
27 Giugno 2016
Massima
L'applicazione dell'art. 153, comma 2, c.p.c. ai casi di deposito telematico rifiutato perché recante numero di ruolo generale errato è inappropriata in quanto l'errore che ha generato l'anomalia (rifiuto del deposito telematico da parte della cancelleria) è imputabile alla parte. Essendo materialmente possibile accettare il deposito con numero di ruolo errato deve essere ordinato alla cancelleria di mutare lo stato del deposito (da “rifiutato” a “in attesa di accettazione”) e quindi di accettare ed inserire nel fascicolo telematico l'atto processuale indicando quale data di accettazione quella in cui il depositante ha ottenuto la ricevuta di avvenuta consegna” Il caso
La pronuncia in questione trae origine da un deposito telematico di comparsa di risposta effettuato a ridosso della scadenza del termine di cui all'art. 167 c.p.c.. A causa dell'errata indicazione del numero di ruolo (per la precisione, il depositante errava nell'indicazione dell'anno – 2016, anziché 2015) la cancelleria rifiutava il deposito e la parte convenuta presentava istanza al Giudice con la quale chiedeva di ritenere valido e tempestivo il deposito già effettuato (e rifiutato dalla cancelleria) oppure di essere rimessa in termini per il deposito della comparsa di costituzione e risposta. La questione
Le questioni in esame sono dunque le seguenti: nel caso di deposito telematico effettuato con indicazione del numero di ruolo generale errato e di conseguente rifiuto da parte della cancelleria la parte ha diritto di essere rimessa in termini ai sensi dell'art. 153, comma 2, c.p.c., trattandosi in realtà di errore non imputabile? E inoltre, laddove non ritenuto applicabile il predetto rimedio, esiste altra soluzione giuridica che consenta si ritenere il deposito telematico validamente effettuato? Le soluzioni giuridiche
La questione giuridica affrontata dal Tribunale di Torino tocca dunque un tema delicato e foriero di gravi conseguenze per gli avvocati, ovvero se esista la possibilità giuridica di “salvare” e considerare perciò validi e tempestivi depositi telematici per i quali la ricevuta di consegna viene generata entro i termini di scadenza per il deposito dell'atto processuale ma che vengono successivamente rifiutati dalla cancelleria perché recanti un numero di ruolo generale errato. Si tratta in particolare di approfondire quale sia il ruolo della cancelleria nel workflow di un deposito telematico e di verificare in particolare quali effetti giuridici siano da attribuire alla definitiva accettazione del deposito stesso, verificando dunque se il positivo compimento di detta attività costituisca condizione necessaria perché gli atti processuali possano dirsi validamente acquisiti al processo oppure se si tratti di mera attività materiale di inserimento nei fascicoli che non esplica alcuna funzione ai fini del contraddittorio. Unitamente a detta tematica occorre altresì esaminare quali rimedi abbia a disposizione l'avvocato a fronte del rifiuto della cancelleria di accettare il deposito telematico perché recante un numero di ruolo errato ed in particolare se sia esperibile il procedimento previsto dall'art. 153, comma 2, c.p.c. per la rimessione in termini. Entrambe le suddette tematiche hanno ricevuto risposte contrastanti dalla giurisprudenza e nella presente ordinanza vengono affrontate con un taglio innovativo ed approfondito. Osservazioni
La prima delle soluzioni giuridiche prospettate trova nell'ordinanza in commento una risposta netta e convincente; si afferma infatti che «l'accettazione da parte della cancelleria non costituisce…deposito ma mero inserimento dell'atto nel fascicolo telematico. In generale quindi non pare legittimo condizionare la validità e tempestività del deposito al buon esito dell'operazione di inserimento nel fascicolo digitale. Né può ammettersi che anomalie che bloccano l'inserimento nel fascicolo sortiscano l'effetto di travolgere retroattivamente il deposito». A ben vedere tale risposta ha un preciso fondamento normativo dal momento che l'art. 16-bis, comma 7, d.l. n. 179/2012 prevede espressamente che il deposito telematico si perfeziona nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna (cd. “seconda PEC”) e non fa alcun riferimento alle successive attività della cancelleria. È dunque alla luce di tale norma primaria che va interpretata la successiva Circolare del Ministero della Giustizia del 23 ottobre 2015 secondo la quale «le cancellerie, in presenza di anomalie del tipo WARN oERROR , dovranno dunque, ove possibile, accettare il deposito, avendo tuttavia cura di segnalare al giudice ogni informazione utile in ordine all'anomalia riscontrata».Invero, una corretta interpretazione della circolare deve partire dalla considerazione che essa non può derogare alla norma primaria, sicché l'integrazione delle differenti disposizioni può solo condurre ad uno scenario secondo il quale le cancellerie devono accettare ogni tipo di deposito che i sistemi ministeriali consentono di ricevere (con esclusione, pertanto, dei soli depositi affetti da cosiddetti errori fatali), fermo restando l'obbligo del cancelliere di segnalare al magistrato l'errore rilevato in sede di lavorazione della busta telematica, essendo poi compito di costui valutarne le conseguenze ai fini del contraddittorio. Il pregio dell'ordinanza in commento sta dunque nel fatto che, a quanto consta per la prima volta, ci si occupa di indicare la strada che deve seguire la cancelleria laddove in prima istanza abbia contravvenuto alle disposizioni sopra esaminate e abbia erroneamente rifiutato il deposito telematico. In tali casi, afferma il giudice torinese, la cancelleria deve «mutare lo stato del deposito da rigettato ad attesa di accettazione mediante apposita richiesta al servizio di assistenza del CISIA per poi procedere all'acquisizione nel relativo procedimento».Questo passo della decisione in commento è particolarmente interessante ed innovativo, in particolare perché così vengono dettate le modalità per far sì che i casi di deposito con errore del numero di ruolo non abbiano effetti perniciosi per le parti in causa, né tantomeno condurre ad ipotesi di decadenza della parte. Verificandosi l'ipotesi in commento, la cancelleria infatti:
In entrambi i casi, la data del deposito dovrà comunque essere quella della ricevuta di consegna, come normativamente previsto. Le attività della cancelleria porteranno così alla sanatoria ex tunc di ogni ipotetico vizio del deposito affetto da numero di ruolo errato; invero, allorché in accordo con quanto previsto dalla Circolare 23 ottobre 2015 venisse segnalato al giudice l'intervento effettuato, non vi sarebbe alcun motivo di sanzionare il deposito di un atto già inserito nel fascicolo informatico, già visionato dalle parti e che avrebbe dunque raggiunto pienamente il suo scopo. Il percorso ipotizzato dal giudice torinese ha trovato immediata adesione anche da parte del Tribunale di Bari che, in data 8 giugno 2016, ha emesso ordinanza con la quale ha deciso in senso conforme una fattispecie analoga. Anche il giudice pugliese ha ritenuto che non potessero essere mosse contestazioni in ordine alla validità della costituzione della parte (convenuta), seppur rifiutata dalla cancelleria a causa dell'erronea indicazione del numero di ruolo, e ha espressamente richiamato la pronuncia ora in commento, ritenendo giustamente che nel caso di specie ricorresse solo un'esigenza di regolarizzazione della busta informatica, non certo un caso di nullità. Le tesi esposte appaiono dunque convincenti e in grado di portare all'abbandono della teoria secondo cui, in simili casi, si debba far ricorso all'art. 153, comma 2, c.p.c. e dunque alla richiesta di rimessione in termini. Detta teoria non ha mai convinto fino in fondo perché, per quanto banale, un errore quale quello preso in considerazione nella presente analisi è certamente imputabile alla parte che ha sbagliato ad indicare il numero di ruolo. Sul punto, del resto, la stessa Corte di Cassazione afferma da sempre che l'istituto della rimessione in termini può operare solo nei casi in cui la parte sia assolutamente incolpevole (ex multis v. Cass. S.U., 28 novembre 2013, n. 26579) mentre nel caso di specie, lo si ribadisce, è difficile non trovare colpe nella parte, trattandosi in effetti del soggetto che ha digitato il numero di ruolo errato. Semmai vicende simili svelano l'impostazione impari del processo civile; per i provvedimenti del magistrato è infatti codificato l'apposito procedimento per la correzione degli errori materiali mentre nulla è previsto in favore dell'avvocato che commetta un errore veniale come quello in analisi. Va detto che prima dell'avvento del processo telematico non si è mai sentita l'esigenza di introdurre una simile disposizione dal momento che la presenza di errori materiali poteva essere segnalata e risolta in corso di contraddittorio (con note a verbale o con il deposito delle memorie previste dal codice di rito, ad esempio). Le cose paiono però mutate al giorno d'oggi, laddove l'interlocuzione non più fisica con la cancelleria può condurre al rifiuto di atti processuali in realtà affetti da vizi che non meriterebbero tale (spropositata) sanzione. Alla luce di quanto precede pare che l'opinione del Tribunale sia corretta e che dunque nei casi di rifiuto del deposito telematico per errore nell'inserimento del numero di ruolo non sia corretto invocare l'istituto della rimessione in termini. Occorre invece considerare che non ci si trova in presenza di un deposito telematico errato o, peggio, di un atto processuale invalido e non grado di raggiungere il proprio scopo; semplicemente si è in presenza di un atto affetto da una svista (così definita dallo stesso giudice torinese) che un tempo sarebbe stata corretta da un tratto di penna e che al giorno d'oggi può e deve essere corretta da un rapido intervento della cancelleria. |