La notifica a mezzo PEC tra requisiti formali e oneri di attivazione in capo ai soggetti qualificati

Michele Nardelli
29 Luglio 2016

In tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, ai fini del perfezionamento della notifica telematica del ricorso, occorre aver riguardo unicamente, dal lato del mittente, alla ricevuta di accettazione, che prova l'avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata e, dal lato del destinatario, alla ricevuta di avvenuta consegna.
Massima

In tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, ai fini del perfezionamento della notifica telematica del ricorso, prevista dall'art. 15, comma 3 R.D. 16 marzo 1942, n. 267, nel testo successivo alle modifiche introdotte dall'art. 17 d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in l. 17 dicembre 2012 n. 221, occorre aver riguardo unicamente alla sequenza procedimentale stabilita dalla legge e, quindi, dal lato del mittente, alla ricevuta di accettazione, che prova l'avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata e, dal lato del destinatario, alla ricevuta di avvenuta consegna, la quale, a sua volta, dimostra che il messaggio di posta elettronica certificata è pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento dell'avvenuta consegna tramite un testo leggibile dal mittente, essendo onere della parte che eserciti l'attività d'impresa, obbligata per legge a munirsi di un indirizzo PEC, assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata.

Il caso

Nell'ambito di un procedimento per la dichiarazione di fallimento, la notificazione del decreto di convocazione del debitore e dei creditori viene eseguita nei confronti del debitore a mezzo posta elettronica certificata, secondo la procedura prevista dall'art. 15 l. fall., come ora vigente a seguito delle modifiche apportate dal d.l. n. 179/2012.

Il debitore si duole di tale procedura, adducendo, come si legge nella motivazione della decisione in commento, esigenze di sostanziale migliore comodità, nella ricezione della notifica in via tradizionale (vale a dire a mezzo dell'ufficiale giudiziario o a mezzo della posta).

La Corte di cassazione ha respinto il gravame.

La questione

La questione controversa, in sostanza, riguarda l'utilizzo della PEC per la notificazioni degli atti giudiziari, nei confronti di soggetti obbligati per legge a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata. E soprattutto riguarda gli oneri posti a carico delle parti, in vista della ricezione di notificazioni a mezzo PEC.

Le soluzioni giuridiche

Sul tema la Suprema Corte si era già pronunciata, con decisione della prima sezione(Cass., sez. I, 2 novembre 2015, n. 22352), quando aveva affermato che «In tema di validità della notifica, effettuata in via telematica, di ricorso e decreto per la dichiarazione di fallimento, ciò che rileva, ai fini della validità della notificazione, è il perfezionamento del procedimento notificatorio previsto dalla norma di legge, verificabile attraverso la ricevuta di accettazione attestante la spedizione del messaggio di posta elettronica certificata nonché la ricevuta di consegna, comprovante che il messaggio medesimo è pervenuto alla casella di posta elettronica indicata dal destinatario. Nessuna rilevanza può, quindi, essere attribuita alla annotazione effettuata dal cancelliere che, affermando un esito incerto della notifica, abbia chiesto al creditore di utilizzare lo strumento notificatorio alternativo previsto dall'art. 15, comma 3, legge fall.».

Nel caso delle comunicazioni inviate agli Avvocati, mette conto richiamare Trib. Milano, sez. III civ., ord., 20 aprile 2016, secondo la quale la ricezione e presa visione del decreto di fissazione dell'udienza collegiale e del termine per notificare alle controparti il decreto stesso unitamente al reclamo, è ascrivibile alla sfera di organizzazione del legale di parte reclamante, il quale ha l'onere di un uso diligente del proprio account di PEC, e quindi l'onere di controllare con la necessaria periodicità la capienza residua della casella, di scaricare e cancellare i messaggi che possano renderne satura la memoria e, in definitiva, di porsi in condizione di ricevere i messaggi della cancelleria.

Osservazioni

La decisione della Corte di cassazione appare del tutto condivisibile.

I passaggi fondamentali che devono essere evidenziati sono due.

Il primo di essi è quello che stabilisce un nesso diretto tra il principio di diritto affermato, e le esigenze di celerità del processo.

Il secondo di essi è quello che afferma la adeguatezza del sistema delle notificazioni a mezzo PEC, in vista delle garanzie di ricezione, sulla base delle specifiche tecniche elaborate in sede ministeriale, e collaudate da un lungo periodo di sperimentazione.

Il corollario di tali affermazioni è quindi rappresentato dalla irrilevanza delle «esigenze di sostanziale migliore comodità», insite nelle modalità di notificazione tradizionale, perché il sistema delineato dal legislatore – proprio in quanto funzionale alle esigenze di celerità del processo - impone alle parti qualificate, come le imprese, l'onere di attivare una casella di posta certificata, e anche l'onere di verifica di tale strumento, per la conoscenza dei messaggi in arrivo.

Converrà comunque partire dal dato normativo.

L'art. 15, comma 3,l. fall., prevede una particolare procedura per la notificazione del ricorso e del decreto di convocazione del debitore e dei creditori istanti per il fallimento. In particolare esso prevede che tali atti debbano essere notificati, a cura della cancelleria, all'indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall'Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti (e l'esito della comunicazione deve essere trasmesso, con modalità automatica, all'indirizzo di posta elettronica certificata del ricorrente). Solo quando, per qualsiasi ragione, la notificazione non risulti possibile o non abbia esito positivo, la notifica, a cura del ricorrente, del ricorso e del decreto deve essere eseguita esclusivamente di persona a norma dell'art. 107, comma 1, d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, presso la sede risultante dal registro delle imprese. E solo qualora la notificazione non possa essere compiuta con queste modalità, essa deve essere eseguita con il deposito dell'atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese (e si perfeziona nel momento del deposito stesso).

Tale norma si basa peraltro sull'obbligo, per le imprese costituite in forma societaria, di indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nella domanda di iscrizione al registro delle imprese (art. 16 comma 6 d.l. n. 185/2008), obbligo peraltro esteso anche alle imprese individuali che presentino domanda di prima iscrizione al registro delle imprese o all'albo delle imprese artigiane successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 179/2012 (art. 5).

Ora, la norma di riferimento, per le notifiche a mezzo PEC, è costituita dall'art. 6 d.P.R. n. 68/2005. Esso prevede che il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal mittente fornisca al mittente stesso la ricevuta di accettazione (nella quale sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell'avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata); prevede poi che il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal destinatario fornisca al mittente, all'indirizzo elettronico del mittente stesso, la ricevuta di avvenuta consegna; prevede infine, per quanto di interesse in questa sede, che la ricevuta di avvenuta consegna rappresenti per il mittente la prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata sia effettivamente pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario, certificando il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione.

Come si vede, la normativa stabilisce una relazione diretta tra il perfezionamento della notifica, e la consegna del documento a mezzo PEC al destinatario (ed è il caso di richiamare anche l'art. 48 CAD, d.lgs. n. 82/2005, oltre che l'art. 4, comma 6, d.P.R. n. 68/2005, il quale prevede che la validità della trasmissione e ricezione del messaggio di posta elettronica certificata è attestata rispettivamente dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna, di cui all'art. 6 già citato).

In tale situazione, la certificazione della avvenuta consegna è allora elemento sufficiente per ritenere perfezionata la notificazione, senza che sia possibile porre in essere il procedimento notificatorio pure disciplinato dallo stesso art. 15, come previsto per il caso in cui la notificazione non risulti possibile o non abbia esito positivo.

Va in proposito richiamato anche l'art. 16 d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 (Regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione), il quale prevede che le comunicazioni e le notificazioni telematiche su iniziativa del cancelliere, si intendono perfezionate «nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario» (con rinvio agli artt. 45 e 48 d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, sicché il documento informatico trasmesso per via telematica «si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all'indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore» - art. 45, comma 2, d.lgs. n. 82/2005 - e la trasmissione telematica del documento, salvo che la legge disponga diversamente, equivale «alla notificazione per mezzo della posta» - art. 48, comma 2, d.lgs. n. 82/2005 -; per contro, a fini di opponibilità a terzi della data e dell'ora di trasmissione e di quella di ricezione del documento informatico trasmesso via PEC, occorre guardare alla conformità della notifica rispetto alle disposizioni di cui al d.P.R. n.68/2005 - art. 48, comma 3, d.lgs. n. 82/2005).

Infine, deve richiamarsi, in ordine alla prova della notifica telematica, quanto da ultimo affermato dalla Corte di cassazione (Cass., sez. I civ., sent., 21 luglio 2016, n. 15035), che ha chiarito come «in tema di notifiche telematiche nell'ambito dei procedimenti civili, compresi quelli cd. prefallimentari, la ricevuta di avvenuta consegna (RAC) rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, [costituisce] documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario, senza tuttavia assurgere a quella "certezza pubblica" propria degli atti facenti fede fino a querela di falso. E ciò in quanto, per un verso, gli atti dotati di siffatta speciale efficacia di pubblica fede devono ritenersi in numero chiuso e insuscettibili di estensione analogica, essendo per natura idonei ad incidere, comprimendole, sulle libertà costituzionali e sull'autonomia privata e, per altro verso, il tenore della richiamata disciplina secondaria (ove si discute in termini di "opponibilità" ai terzi, ovvero di semplice "prova" dell'avvenuta consegna del messaggio), induce ad escludere che la legge abbia inteso espressamente riconoscere una qualsivoglia certezza pubblica alle attestazioni rilasciate dal gestore del servizio di posta elettronica certificata».

Come è ovvio, occorre chiedersi se tra le ragioni che rendano impossibile la notificazione a mezzo della PEC, a cura della Cancelleria, possa includersi anche la condotta negligente della parte. In questo senso, e per operare alcuni esempi, ci si potrebbe riferire alla mancata lettura della casella di posta elettronica certificata, ovvero alla mancata consegna per il superamento del limite di capienza della casella.

Si tratta in realtà di evenienze prive di rilievo in vista del perfezionamento della notifica. E ciò perché l'obbligo normativo di munirsi di una casella PEC, non può che comprendere anche l'obbligo della sua verifica, e dell'effettuazione degli adempimenti tecnici che permettano la corretta ricezione dei messaggi inviati. I casi nei quali la procedura alternativa deve essere posta in essere, in questo quadro, non possono che essere ricondotti ai soli difetti di funzionamento del sistema telematico, che non rendano possibile l'invio o la consegna del messaggio di posta al destinatario (in senso contrario, tuttavia, Trib. Lecce, 16 marzo 2016, secondo il quale «poiché la normativa che impone alle imprese di dotarsi di casella di posta elettronica non obbliga, però, le stesse imprese a munirsi di programmi elettronici che consentano la lettura degli atti inviati con firma digitale, la notifica PEC non è valida qualora non vi sia prova né dell'effettivo possesso da parte della società convenuta di programmi di tal genere né del fatto che la stessa abbia potuto prendere visione dell'atto notificato -nel caso di specie il Tribunale fissa all'attore un termine perentorio entro il quale provvedere alla rinnovazione della notifica dell'atto in questione secondo l'ordinario procedimento a mezzo ufficiale giudiziario, esercitando la facoltà attribuitagli dall'art. 1 l. n. 20/1994 -»).