Il principio di raggiungimento dello scopo nella notifica cartacea

Elia Barbujani
30 Maggio 2017

L'avvocato può sottoscrivere con propria firma autografa il ricorso o dovrebbe, al contrario, attestare la conformità dell'atto cartaceo rispetto all'originale informatico sottoscritto con firma digitale?
Massima

In materia di processo amministrativo telematico, nessuna norma vieta di redigere il ricorso in doppio originale, uno digitale e uno cartaceo, avviando alla notifica, con le tradizionali modalità materiali, quest'ultimo. In ogni caso, la redazione di un secondo originale in formato cartaceo e la sua materiale notificazione ha comunque consentito alla Regione Calabria di venire a conoscenza dell'instaurazione della lite, raggiungendosi così lo scopo cui l'atto era preordinato, sicché, a norma dell'art. 156 c.p.c., le eccepite difformità rispetto al modello legale non possono dare luogo ad alcuna forma di nullità.

Il caso

L'amministrazione resistente ha eccepito che la notifica cartacea eseguita dal ricorrente ai sensi della l. n. 53/1994 non corrisponderebbe a nessun originale informatico. L'atto digitale, quindi, sarebbe stato firmato solo successivamente, attraverso apposizione di firma digitale al momento del deposito telematico.

Tale modalità di formazione dell'atto si porrebbe in contrasto, secondo l'Amministrazione, con l'art. 136 c.p.a. e con l'art. 9 d.P.C.M. n. 40/2016, secondo cui l'atto processuale deve essere redatto in formato digitale e sottoscritto digitalmente.

Inoltre, l'amministrazione ha eccepito altresì che alcuna firma digitale sarebbe stata effettivamente apposta sull'atto, come pure sulla copia per immagine ottenuta dalla scansione della procura a margine inserita nella prima pagina del ricorso.

Dopo aver verificato la presenza della firma digitale sia nel ricorso che nella procura alle liti (mediante l'utilizzo di un software di verifica della firma digitale, e non mediante la ricerca di un segno grafico come la “coccardina” che il difensore può discrezionalmente inserire), il TAR Lazio si è nuovamente pronunciato sulle modalità di formazione dell'atto processuale.

La questione

Nel processo amministrativo telematico si è posto il problema della modalità di formazione dell'atto ai fini della sua notificazione cartacea: l'avvocato può sottoscrivere con propria firma autografa il ricorso o dovrebbe, al contrario, attestare la conformità dell'atto cartaceo rispetto all'originale informatico sottoscritto con firma digitale?

Sotto il profilo processuale, si può sostenere che il ricorso sottoscritto con firma autografa sia nullo perché contrario alle disposizioni del processo telematico?

Su tali questioni si è già più volte espresso il giudice amministrativo, chiamato a pronunciarsi su una molteplicità di eccezioni sollevate dalle parti su questi temi.

Esiste, infatti, una certa ambiguità della norma, che non precisa quali siano le modalità di formazione della notifica cartacea. L'art. 14 d.P.C.M. n. 40/2016, infatti, sovrintende solamente al momento del deposito della prova di notificazione, coordinando il momento di perfezionamento della notificazione a quello del deposito telematico.

Ai fini della notificazioni tradizionali parrebbe, quindi, doversi rifare, rispettivamente, alla l. n. 53/1994 o al codice del processo amministrativo e di procedura civile. La mancanza di una disciplina espressa sul punto ha incentivato gli avvocati a sollevare eccezioni in ordine alla non conformità dell'atto notificato rispetto a quello depositato telematicamente.

Secondo l'art. 12 All. A d.P.C.M. n. 40/2016 l'atto del processo viene formato come documento informatico, mentre l'art. 136 c.p.a. prevede che gli atti di parte siano sottoscritti con firma digitale.

Dall'altra parte, lo stesso art. 14 d.P.C.M. n. 40/2016 chiarisce che è possibile notificare alle parti resistenti in modalità cartacea: in tal caso, come si pone la previsione di cui all'art. 136 c.p.a. in materia di firma digitale?

Recentemente, sul sito web della giustizia amministrativa, è stato pubblicato un documento redatto in occasione del tavolo di lavoro tra Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa e associazioni rappresentative dell'avvocatura, con lo scopo di offrire una soluzione al problema.

In tale documento, pur evidenziando le problematiche interpretative tanto della soluzione del “doppio originale” quanto della soluzione dell'attestazione di conformità della copia cartacea rispetto all'originale digitale, si considerano entrambe legittime.

Tale documento, tuttavia, non offre alcuna argomentazione in grado di avvalorare l'una o l'altra soluzione, in quanto intende semplicemente dare giustificazione alle due modalità invalse nella prassi.

Le soluzioni giuridiche

La modalità di formazione dell'originale dell'atto nel processo amministrativo telematico è stata oggetto di varie pronunce, tutte tra l'altro aderenti al medesimo orientamento giurisprudenziale.

Dopo un primo momento critico, nel quale la giurisprudenza era divisa nel determinare le conseguenze processuali delle violazioni delle norme tecniche sul PAT, il Consiglio di Stato ha valorizzato il principio del raggiungimento dello scopo di cui all'art. 156, comma 3, c.p.c..

Il TAR Lazio già in passato era intervenuto sulla questione dell'ammissibilità della notifica cartacea non attestata conforme, valorizzando tale principio: la notifica cartacea non sarebbe perciò nulla in quanto, ricorrendo alle modalità tradizionali di notifica, queste avrebbero permesso il raggiungimento dello scopo, «con la conseguenza che non può farsi luogo ad una pronuncia di nullità ex art. 156, comma 3 c.p.c.» (TAR Lazio, sez. II, sent. 1 marzo 2017, n. 2993).

Successivamente, il primo ad analizzare il problema sotto il profilo della forma dell'atto (e non solo della sua idoneità al raggiungimento dello scopo) è stato il TAR Calabria. Secondo il TAR, “nessuna norma vieta di redigere il ricorso in doppio originale” concludendo che “in ogni caso, la redazione di un secondo originale in formato cartaceo e la sua materiale notificazione ha comunque consentito alla Regione Calabria di venire a conoscenza dell'instaurazione della lite” richiamando così il principio di cui all'art. 156 c.p.c. (TAR Calabria, Sez. I, sent. 26 aprile 2017, n. 679).

Nella pronuncia in commento si avverte l'eco della sentenza del TAR Calabria, dal momento che, nuovamente, si indica che alcuna inammissibilità può essere ravvisata se non si riscontri alcuna violazione del diritto di difesa.

Secondo il TAR Lazio, infatti, anche qualora si ritenessero violate le norme tecniche in materia di formazione dell'atto, l'eccezione di parte dovrebbe essere diretta a dimostrare la lesione del proprio diritto di difesa, dal momento che non vi sarebbe alcun interesse generale all'astratta regolarità del processo.

Osservazioni

Il TAR Lazio offre nel provvedimento in esame, una ricostruzione dello stato dell'arte del problema del “qual è l'originale” nel processo amministrativo telematico. Stella polare per verificare la correttezza degli adempimenti svolti dal difensore, è il principio del raggiungimento dello scopo. Il TAR Lazio fonda la propria pronuncia sulle due pronunce che, più di altre, hanno qualificato tale principio come vero e proprio istituto cardine del processo telematico: da un lato, la nota sentenza delle della Corte di Cassazione, S.U. 18 aprile 2016, n. 7665, dall'altra la recente pronuncia del Consiglio di Stato, 4 aprile 2017, n. 1541.

Al di là di ogni tentazione di costruire un nuovo formalismo digitale, l'attività del difensore è idonea a dare correttamente impulso al processo qualora l'atto sia leggibile e non vi siano dubbi circa la sua paternità o data di sottoscrizione e trasmissione.

Se questi sono i criteri da seguire per la formazione dell'atto, il Collegio sottolinea come entrambe le modalità di notificazione diffuse nella prassi possono essere considerate efficaci.

Proprio come il documento pubblicato sul sito della giustizia amministrativa, il TAR Lazio spiega le modalità di formazione dell'atto solo in funzione della sua idoneità a raggiungere lo scopo, ma senza entrare nel merito delle due tesi.

Scelta di campo questa particolarmente opportuna, dal momento che entrambe le tesi scontano antinomie in grado di metterne in dubbio la bontà.

Da un lato, la tesi secondo cui il difensore non potrebbe sottoscrivere a mano la notifica cartacea ma attestare la conformità dell'atto digitale, si scontra con l'assenza di una espressa indicazione sul punto nel regolamento PAT: il difensore, in sostanza, non sarebbe munito di alcun potere di autenticazione in tale ipotesi.

In secondo luogo, la necessità di apporre la firma digitale in un momento precedente la notifica, oltre a non essere richiesta dal regolamento, non sarebbe nemmeno verificabile: la data riportata nella firma digitale si riferisce a quella indicata nello strumento orologio del computer del firmatario. Ben potrebbe il difensore apporre una firma digitale valida sostituendo la data con la semplice modifica dell'orario sul pannello di controllo del proprio computer.

Questa modalità di formazione della notifica, quindi, oltre a imporre al difensore un'attività aggiuntiva, non è in grado di verificare lo stesso presupposto dalla quale muove: assicurare l'anteriorità dell'apposizione della firma dell'originale rispetto al momento della notificazione.

D'altronde, nemmeno la tesi del doppio originale è esente da critiche. Si tratta, in verità, di mera questione di scelta lessicale, dal momento che la notifica cartacea è espressamente definita dall'art. 14 all. a d.P.C.M. n. 40/2016 come «copia analogica di un atto in originale informatico».

Pertanto, il regolamento PAT si riferisce chiaramente alla notifica cartacea come copia di un originale dell'atto generato come documento informatico, ma nulla prescrive riguardo alla modalità di autenticazione dello stesso.