05 Gennaio 2023

La riforma Cartabia d.lgs. n. 149/2022 della quale la legge di bilancio n. 197/2022 ha anticipato l'intera entrata in vigore al 28 febbraio 2023 ha profondamente modificato la fase decisione dell'ordinario giudizio di cognizione. Una prima modifica è stata apportata all'art. 189 c.p.c.

Inquadramento

L'art. 190 c.p.c. ridefinisce completamente l'assetto delle modalità temporali degli scritti difensivi finali che le parti redigono in funzione della decisione. Attraverso le molteplici riforme del diritto processuale civile, ben può dirsi scomparso l'antico modello della discussione orale della causa davanti al collegio, ora configurata come meramente facoltativa (v. art. 275 c.p.c.; sull'ammissibilità della decisione ex art. 281-sexies c.p.c. anche in appello, salvo che su istanza di parte venga richiesto perlomeno il deposito delle comparse conclusionali, v. Cass. civ., 13 marzo 2009, n. 6205.), laddove davanti al giudice monocratico le ipotesi di discussione orale sono quella delineata all'art. 281-sexies c.p.c. ed il modello alternativo delineato al precedente art. 281-quinquies c.p.c.

Anche nella fase di gravame è previsto il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, secondo il disposto di cui all'art. 352 c.p.c., laddove nel giudizio avanti al Giudice di Pace l'art. 321 c.p.c. nulla espressamente prevede, ma la giurisprudenza afferma che, pur non previsto come dovuto, il deposito delle comparse o note conclusionali scritte può essere consentito dal giudice nell'esercizio dei suoi poteri di direzione del processo (v. Cass. civ., 31 luglio 2006, n. 17444).

La riforma Cartabia d.lgs. n. 149/2022 della quale la legge di bilancio n. 197/2022 ha anticipato l'intera entrata in vigore al 28 febbraio 2023 ha profondamente modificato la fase decisione dell'ordinario giudizio di cognizione.

Una prima modifica è stata apportata all'art. 189 c.p.c., che nel testo novellato (in grassetto le modifiche) recita:

Il giudice istruttore, quando procede a norma dei primi tre commi dell'art. 187 c.p.c. o dell'art. 188 c.p.c., fissa davanti a sé l'udienza per la rimessione della causa al collegio per la decisione e assegna alle parti, salvo che queste vi rinuncino, i seguenti termini perentori:

1) un termine  non superiore a 60 gg. prima dell'udienza (di rimessione della causa al collegio) per il deposito di note scritte contenenti la sola precisazione delle conclusioni che le parti intendono sottoporre al collegio, nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell'art. 171-ter c.p.c. Le conclusioni di merito debbono essere interamente formulate anche nei casi previsti dell'art. 187, secondo e terzo comma.

2) un termine non superiore a 30 gg. prima dell'udienza per il deposito delle comparse conclusionali;

3) un termine non superiore a 15 gg. prima dell'udienza per il deposito delle memorie di replica.”

Ne deriva pertanto: a) che l'udienza di precisazione delle conclusioni è stata sostituita dallo scambio di note scritte; b) che è stato abrogato l'art. 190 c.p.c., che prevedeva il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica entro i rispettivi, diversi termini che decorrevano dall'udienza di precisazione delle conclusioni.

La fase decisoria viene dunque ad essere caratterizzata da una sequenza di termini concatenati, da assegnare in via anticipata ed in relazione ad una udienza successiva, che l'art. 189 c.p.c. denomina di rimessione della causa al collegio e che risulta dunque essere l'udienza in cui la causa viene trattenuta in decisione dal giudice collegiale o monocratico.

Nel doveroso coordinamento del novellato art. 189 c.p.c., unitamente all'abrogazione dell'art. 190 c.p.c., con la analitica previsione, di cui agli artt. 127-bis e 127-ter c.p.c. della possibilità di trattazione delle udienze da remoto ovvero con scambio di note scritte, è possibile rilevare che tale udienza di rimessione, successiva allo spirare dei termini ex art. 189 c.p.c., potrà essere, nel silenzio della norma, tenuta alternativamente in presenza oppure da remoto, oppure ancora con note scritte (anche se in tal caso la concessione di ulteriori termini per il deposito delle suddette note va ad “appesantire” la già ricordata sequenza a catena dei termini normativamente previsti).

L'esigenza di valorizzare la finalità di accelerazione del giudizio, in vista della realizzazione degli obiettivi del PNNR, sottesa alla riforma del processo civile, impone al giudice, monocratico o collegiale, di trattare la prevista udienza di rimessione della causa in decisione scegliendo tra le tre possibili forme di trattazione (in presenza, da remoto, con note scritte o cartolare), a seconda della loro rispettiva maggiore funzionalità in relazione alla definizione della causa: per esempio, se, all'esito del deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica il giudice rilevi la possibilità di tentare ancora la conciliazione tra le parti (come reso possibile dagli artt. 185 c.p.c. (che prevede che il giudice possa fissare l'udienza per l'interrogatorio libero delle parti ed il tentativo di conciliazione “in qualunque stato e grado del processo) e 185 bis c.p.c. (che prevede che il giudice possa formulare una proposta conciliativa “fino al momento in cui fissa l'udienza di rimessione della causa in decisione”), l'udienza potrà essere tenuta più proficuamente in presenza o da remoto.

Tale disciplina, cd. di decisione a trattazione scritta, si applica sia alla definizione decisoria delle cause del giudice monocratico, sia alla decisione delle cause collegiali.

La riforma Cartabia ha anche inciso sul modello decisorio in forma orale.

L'art. 275 c.p.c., rubricato “Decisione del collegio”, espressamente prevede che, rimessa la causa al collegio, la sentenza e' depositata entro sessanta giorni dall'udienza di cui all'art. 189 c.p.c. (nel caso di rimessione a decisione da parte del giudice unico monocratico il termine è invece di 30 giorni). E' tuttavia previsto, e dunque viene ad essere introdotta una trattazione in forma mista, che ciascuna delle parti, con la nota di precisazione delle conclusioni, puo' chiedere al presidente del tribunale (che presumibilmente delegherà ai presidenti di sezione) che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, resta fermo il rispetto dei termini indicati nell'art. 189 c.p.c. per il deposito delle sole comparse conclusionali (posto che come s evince dal modello decisorio ex art. 281-quinquies c.p.c., la discussione orale ha sempre la funzione di sostituire il deposito delle memorie di replica).

La decisione in forma orale, a seguito della richiesta di una anche soltanto delle parti, comporta una sorta di rivisitazione dell'iter processuale previsto per la decisione in forma scritta.

La norma infatti prevede che il presidente (del tribunale, ma più realisticamente, negli uffici medio-grandi, della sezione) provvede sulla richiesta revocando l'udienza di cui all'art. 189 c.p.c. e fissando con decreto la data dell'udienza di discussione davanti al collegio, da tenersi entro sessanta giorni.

La richiesta di trattazione e decisione in forma orale comporta quindi una accelerazione del termine per la fissazione dell'udienza, comprensibile per il fatto che non occorre conteggiare il termine per il deposito delle memorie di replica; inoltre il termine, nonostante la cogenza della sua fissazione espressa dall'inciso “da tenersi”, non è espressamente qualificato come perentorio.

La norma precisa poi cosa accade all'udienza, rispetto alla quale sono state previamente depositate le sole comparse conclusionali: nell'udienza il giudice istruttore fa la relazione orale della causa; dopo la relazione, il presidente ammette le parti alla discussione e la sentenza e' depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.

L'art. 275-bis c.p.c., rubricato “Decisione a seguito di discussione orale davanti al collegio”, prevede che il giudice istruttore, quando ritiene che la causa puo' essere decisa a seguito di discussione orale, fissa udienza davanti al collegio e assegna alle parti termine, anteriore all'udienza, non superiore a trenta giorni per il deposito di note limitate alla precisazione delle conclusioni e un ulteriore termine non superiore a quindici giorni per note conclusionali.

All'udienza il giudice istruttore fa la relazione orale della causa e il presidente, che qui è il presidente del collegio, ammette le parti alla discussione.

All'esito della discussione il collegio pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del presidente del verbale che la contiene ed e' immediatamente depositata in cancelleria.

Se non provvede ai sensi del secondo comma, il collegio deposita la sentenza nei successivi sessanta giorni.

Va notato che, con intento acceleratorio, è notevolmente ridotto il termine per il deposito delle comparse conclusionali e non è previsto il deposito delle memorie di replica.

Infine, la riforma conserva il modello decisorio di cui all'art. 281-quinquies c.p.c., rubricato “Decisione a seguito di trattazione scritta o mista”, coordinandolo con il novellato art. 189 c.p.c. e dunque stabilisce che “quando la causa e' matura per la decisione il giudice fissa davanti a se' l'udienza di rimessione della causa in decisione assegnando alle parti i termini di cui all'articolo 189. All'udienza trattiene la causa in decisione e la sentenza e' depositata entro i trenta giorni successivi.

Se una delle parti lo richiede, il giudice, disposto lo scambio dei soli scritti difensivi a norma dell'articolo 189 numeri 1) e 2), dunque le note di precisazione delle conclusioni e le comparse conclusionali, fissa l'udienza di discussione orale non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse conclusionali e la sentenza e' depositata entro trenta giorni”.

Deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica

L'art. 190 c.p.c. individua il termine di 60 giorni per il deposito delle comparse conclusionali ed il termine di 20 giorni per il deposito delle memorie di replica; tale ultimo termine è rigido ed immodificabile, mentre per il deposito delle comparse conclusionali viene prevista la possibilità per il giudice, anche d'ufficio, di fissare un termine più breve, ma comunque non inferiore a 20 giorni (in ogni caso i termini assegnati per il deposito degli scritti difensivi finali sono termini perentori: Cass. civ., 13 gennaio 2006, n. 509; l'errore nel computo dei termini ex art. 190 c.p.c. non comporta la nullità della sentenza, non essendo tale sanzione comminata da alcuna disposizione di legge: Cass. civ., 20 luglio 2001, n. 9926).

Con l'abolizione dell'art. 190 e la novella dell'art. 189 c.p.c. la riforma Cartabia ha drasticamente mutato il regime del deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Anzitutto, i termini di deposito scadono anteriormente sia rispetto alla successiva udienza di rimessione della causa in decisione.

Inoltre, a fronte dell'invero assai dilatato termine per il deposito delle note scritte limitate alla sola precisazione delle conclusioni, il termine per il deposito delle conclusionali e delle repliche viene ridotto nell'entità massima: in particolare, quello del deposito delle comparse conclusionali viene praticamente ad essere dimezzato nel modello decisorio ex art. 189 c.p.c. e ridotto a soli 15 giorni nel modello decisorio collegiale ex art. 275-bis c.p.c. (in tale ultimo caso forse pensando a cause che, pur dovendo essere decise dal collegio, siano di pronta soluzione e giustifichino quindi il celere deposito di snelli scritti conclusionali, oltre la discussione orale).

Il previgente art. 190 c.p.c., ora abrogato dalla riforma, consentiva la riduzione del solo termine per le memorie conclusionali, sino ad un minimo indefettibile di 20 giorni.

Il novellato art. 189 c.p.c.tace sul punto, limitandosi a prevedere una soglia massima del termine da concedere, mediante la formula “non superiore a”; pare pertanto che il giudice possa ridurre tutti e tre i termini, soprattutto quello invero assai ampio per il deposito delle note scritte di sola precisazione delle conclusioni, esercitando un proprio potere discrezionale che trova il suo limite e correttivo nel divieto di lesione del diritto di difesa costituzionalmente garantito ex artt. 24 e 111 Cost.

Recependo il consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi nel vigore dell'art. 190 c.p.c., il novellato art. 189 c.p.c. prevede espressamente che le parti possano rinunciare ai termini delle comparse conclusionali e delle repliche.

E' possibile, per altro verso, ritenere la persistente cogenza degli insegnamenti della Suprema Corte di Cassazione, secondo cuiladdove il giudice decida la causa senza assegnare i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, fissati dall'art. 190 c.p.c. e richiamati dall'art. 352 c.p.c., si verifica una ipotesi di nullità della sentenza per il mancato esercizio del diritto di difesa e la violazione del contraddittorio, non essendo neppure indispensabile per la denuncia di tale nullità che la parte indichi se e quali argomenti avrebbe potuto utilmente svolgere in tali atti (cfr. Cass. civ. 13 agosto 2018, n. 20732Cass. civ., 28 aprile 2021, n. 11200).

Le Sezioni Unite Civili hanno infatti di recente precisato, superando il precedente contrasto sul punto, che la parte che proponga l'impugnazione della sentenza d'appello deducendo la nullità della medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero per replicare alla comparsa conclusionale avversaria non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia; la violazione determinata dall'avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla possibilità dei difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, al quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all'atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo (Cass. civ., sez., un., 25 novembre 2021, n. 36596).

In evidenza

In altre parole, dunque, il modello base della comparsa conclusionale, prevede la previa ricostruzione sintetica dei fatti costitutivi della domanda svolta e dei fatti processuali, ed in particolare dell'istruttoria espletata con particolare riguardo agli elementi probatori favorevoli. Nella parte in diritto, la domanda dovrà essere argomentata alla luce dell'istruttoria espletata richiamando gli argomenti già svolti con l'atto introduttivo nonchè quelli eventualmente desumibili dalla più recente giurisprudenza.

Nel testo previgente era espressamente prevista la possibilità per le parti di rinunciare alle memorie di replica, laddove nulla sul punto è previsto dal nuovo testo dell'art. 190 c.p.c.

Nella prassi tuttavia si ritiene che le parti possano rinunciare sia al deposito delle conclusionali che delle repliche e che in tal caso, all'esito dell'udienza di precisazione delle conclusioni, il giudice può trattenere direttamente la causa a decisione (Trib. Torino, 30 novembre 2007; Trib. Roma, 30 marzo 2015).

In assenza di rinuncia delle parti deve essere invece assicurato il loro pieno contraddittorio mediante la concessione dei termini per il deposito degli atti difensivi finali, a pena di nullità della sentenza: «Nell'ambito del processo civile, la mancata assegnazione dei termini, in esito all'udienza di precisazione delle conclusioni, per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie finali di replica ai sensi dell'art. 190 c.p.c., costituisce motivo di nullità della conseguente sentenza, impedendo ai difensori delle parti di svolgere nella sua pienezza il diritto di difesa, con conseguente violazione del principio del contraddittorio» (Cass. civ., 6 marzo 2006, n. 4805; analogamente, Cass. civ., 18 ottobre 2005, n. 20142; Cass. civ., 10 marzo 2008, n. 6293; Cass. 24 marzo 2010, n. 7072); corollario di tale principio è che quindi il giudice non può emettere la sentenza prima che siano scaduti i termini ex art. 190 c.p.c. assegnati alle parti per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica (Cass. civ., 3 giugno 2007, n. 14657).

Quanto alla possibilità per la parte di far valere l'anzidetta nullità nelle successive fasi di gravame:

a) è stata affermata la deducibilità della nullità nel giudizio di cassazione ai sensi dell'art. 360 -bis, n. 2), c.p.c. (previgente disciplina) senza che sia necessario che la parte indichi se e quali argomenti avrebbe potuto svolgere ove le fosse stato concesso il termine per il deposito della comparsa conclusionale (cfr. Cass. civ., 5 aprile 2011, n. 7760; Cass. civ., 24 marzo 2010, n. 7072; Cass. civ., 3 giugno 2008, n. 14657);

b) è stato ritenuto che in sede di appello, una volta rilevata tale nullità, il giudice del gravame «non può limitarsi ad una pronunzia di mero rito dichiarativa della stessa, né può rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell'art. 354 c.p.c., ma - in ossequio al principio di cui all'art. 162 c.p.c. ed al normale effetto devolutivo del giudizio di appello - è tenuto a decidere la causa nel merito, provvedendo in questo modo alla rinnovazione dell'attività riguardo alla quale la nullità si è verificata» (Cass. civ., 9 marzo 2011, n. 5590);

c) secondo un recente rigoroso orientamento, poi, la parte che intenda far valere la dedotta nullità, dovrebbe dimostrare che l'impossibilità di assolvere all'onere del deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ha impedito alla difesa di svolgere ulteriori e rilevanti aggiunte o specificazioni a sostegno delle proprie domande e/o eccezioni rispetto a quanto già indicato nelle precedenti fasi del giudizio (in tal senso: Cass. civ., 23 febbraio 2006, n. 4020) e che, ragionevolmente, la mancanza della riferita omissione avrebbe probabilmente condotto il giudice ad una decisione diversa da quella effettivamente assunta (v. Cass. civ., 9 aprile 2015, n. 7086, secondo cui «la lesione delle norme processuali non è invocabile in sé e per sé, essendo viceversa sempre necessario che la parte che deduce siffatta violazione adduca anche, a dimostrazione della fondatezza, la sussistenza di un effettivo pregiudizio conseguente alla violazione medesima. È stato affermato nella sentenza 23 febbraio 2010, n. 4340, ad esempio, che in materia di impugnazioni civili, dai principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire si desume quello per cui la denunzia di vizi dell'attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), non tutela l'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l'eliminazione del pregiudizio del diritto di difesa concretamente subito dalla parte che denuncia il vizio … Da ciò quella pronuncia ha tratto la conclusione per cui, ove la parte proponga ricorso in cassazione deducendo la nullità della sentenza impugnata per non aver avuto la possibilità di replicare, con apposita memoria, alla comparsa conclusionale dell'avversario, a causa della morte del proprio procuratore, essa ha l'onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre per contrastare quelle della controparte ovvero le istanze, le modifiche o le deduzioni che si sarebbero volute presentare, nonché il pregiudizio derivato da siffatta carenza di attività processuale»).

Con l'abolizione dell'art. 190 e la novella dell'art. 189 c.p.c. la riforma Cartabia ha drasticamente mutato il regime del deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Anzitutto, i termini di deposito scadono anteriormente sia rispetto alla successiva udienza di rimessione della causa in decisione.

Inoltre, a fronte dell'invero assai dilatato termine per il deposito delle note scritte limitate alla sola precisazione delle conclusioni, il termine per il deposito delle conclusionali e delle repliche viene ridotto nell'entità massima: in particolare, quello del deposito delle comparse conclusionali viene praticamente ad essere dimezzato nel modello decisorio ex art. 189 c.p.c. e ridotto a soli 15 giorni nel modello decisorio collegiale ex art. 275-bis c.p.c. (in tale ultimo caso forse pensando a cause che, pur dovendo essere decise dal collegio, siano di pronta soluzione e giustifichino quindi il celere deposito di snelli scritti conclusionali, oltre la discussione orale).

Il previgente art. 190 c.p.c., ora abrogato dalla riforma, consentiva la riduzione del solo termine per le memorie conclusionali, sino ad un minimo indefettibile di 20 giorni.

Il novellato art. 189 c.p.c. tace sul punto, limitandosi a prevedere una soglia massima del termine da concedere, mediante la formula “non superiore a”; pare pertanto che il giudice possa ridurre tutti e tre i termini, soprattutto quello invero assai ampio per il deposito delle note scritte di sola precisazione delle conclusioni, esercitando un proprio potere discrezionale che trova il suo limite e correttivo nel divieto di lesione del diritto di difesa costituzionalmente garantito ex artt. 24 e 111 Cost.

Recependo il consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi nel vigore dell'art. 190 c.p.c., il novellato art. 189 c.p.c. prevede espressamente che le parti possano rinunciare ai termini delle comparse conclusionali e delle repliche.

E' possibile, per altro verso, ritenere la persistente cogenza degli insegnamenti della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui laddove il giudice decida la causa senza assegnare i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, fissati dall'art. 190 c.p.c. e richiamati dall'art. 352 c.p.c., si verifica una ipotesi di nullità della sentenza per il mancato esercizio del diritto di difesa e la violazione del contraddittorio, non essendo neppure indispensabile per la denuncia di tale nullità che la parte indichi se e quali argomenti avrebbe potuto utilmente svolgere in tali atti (cfr. Cass., 13/08/2018, n. 20732Cass., 28 aprile 2021, n. 11200).

Le Sezioni Unite Civili hanno infatti di recente precisato, superando il precedente contrasto sul punto, che la parte che proponga l'impugnazione della sentenza d'appello deducendo la nullità della medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero per replicare alla comparsa conclusionale avversaria non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia; la violazione determinata dall'avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla possibilità dei difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, al quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all'atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo (Cass., Sez., un., 25 novembre 2021, n. 36596).

In evidenza

Stante l'obbligo di deposito in via telematica delle comparse conclusionali, merita segnalare:

  • Trib. Milano, 3 febbraio 2016 : l'inosservanza della normativa tecnica (nella specie: deposito telematico di comparsa conclusionale in formato pdf immagine invece che pdf testuale o atto nativo digitale) costituisce mera irregolarità priva di sanzione, tenuto anche conto che l'atto processuale aveva comunque raggiunto il suo scopo;
  • l'orientamento di quella giurisprudenza di merito che rigetta l'istanza di rimessione in termini della parte che ha depositato la comparsa conclusionale in via telematica in maniera erronea (per es. con indicazione di numero di ruolo generale errato), correggendo l'errore, imputabile alle parte ed emendabile con la ordinaria diligenza, soltanto a termine decadenziale ormai spirato: Trib. Torino, 28 agosto 2014; Trib. Torino, 11 giugno 2015; Trib. Torino, 22 marzo 2016; contra Trib. Pescara, ord., 2 ottobre 2015.

Funzione e contenuto delle comparse conclusionali e delle memorie di replica

Sebbene l'attuale formulazione dell'art. 190 c.p.c. nulla preveda in ordine al contenuto di tutti questi scritti difensivi, laddove il testo previgente prevedeva che le comparse contenessero «le sole conclusioni già fissate dinanzi all'istruttore» e che le repliche avessero «carattere di semplice replica alle deduzioni avversarie, e non contenenti nuove conclusioni» (nessuna previsione compare per le ipotesi in cui il pubblico ministero sia intervenuto nel processo ai sensi dell'art. 70 c.p.c., mentre nel testo previgente compariva la dicitura «Queste disposizioni si applicano anche al pubblico ministero che sia intervenuto nel processo a norma dell'art. 70»), è possibile definire la comparsa conclusionale come l'atto di parte in cui questa, personalmente o per mezzo del proprio difensore, espone le ragioni di fatto e diritto su cui si fondano le istanze già proposte dinnanzi al giudice istruttore, definendo poi queste ultime in sintesi nella parte delle conclusioni (che contengono la richiesta degli specifici provvedimenti che si vogliono ottenere dall'organo giudicante).

La comparsa conclusionale non può contenere istanze o allegazioni che allarghino il thema decidendum, ma non prescinde dagli elementi emersi nel corso dello svolgimento del processo, in particolare dalle risultanze istruttorie.

Con la memoria di replica, poi, le parti possono solo confutare le deduzioni avversarie (in particolare, per esempio, evidenziando contraddizioni o inesattezza della ricostruzione delle risultanze probatorie e delle difese tutte svolte ex adverso in comparsa conclusionale) ed ulteriormente illustrare o ribadire le tesi difensive illustrate nelle comparse conclusionali, ma anche in questo caso, ed a maggior ragione, senza poter proporre domande o eccezioni nuove.

Per costante e pacifica giurisprudenza della Suprema Corte, comunque, la comparsa conclusionale e, a maggior ragione, la memoria di replica, hanno la sola funzione di chiarire le domande ed eccezioni già ritualmente proposte e non possono contenerne di nuove sicché, ove prospettate per la prima volta, il giudice non può e non deve pronunciarsi al riguardo (tra le tante: Cass. civ., 12 gennaio 2012, n. 315; Cass. civ., 14 marzo 2006, n. 5478; Cass. civ., 16 luglio 2004, n. 13165; Cass. civ., 7 aprile 2004, n. 6858).

La funzione difensiva svolta dalle comparse conclusionali e dalle memorie di replica può tuttavia concretizzarsi nella esposizione ed illustrazione delle domande, delle eccezioni e delle difese mediante nuovi riferimenti dottrinali e giurisprudenziali, maggiormente chiarificatori, che le parti si sono riservate di esplicitare e approfondire in fase conclusionale, nell'ambito della propria strategia processuale difensiva.

Particolarmente utile poi è il riepilogo ed il commento che il difensore svolge in comparsa conclusionale in ordine alla fase istruttoria svolta, con le proprie deduzioni difensive tratte dalle risultanze probatorie ottenute (Cass. civ., 29 settembre 2005, n. 19145: «La comparsa conclusionale può contenere, nei limiti delle conclusioni assunte davanti al giudice istruttore, nuove argomentazioni di diritto tratte dalle norme di legge e dai fatti ritualmente acquisiti al processo»).

La funzione della comparsa conclusionale di illustrare le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano le domande ed eccezioni già proposte, attraverso lo sviluppo argomentativo delle difese già svolte (Cass. civ., 14 marzo 2006, n. 5478) va coordinata con la rigidità del regime delle preclusioni, assertive e di merito, per cui a maggior ragione nella conclusionale non possono essere introdotti dei nova già preclusioni sin dallo scadere dei termini ex art. 183, comma 6,c.p.c. (v. anche Cass. civ., 23 dicembre 2003, n. 19727, secondo cui è inammissibile la dichiarazione di deferimento di giuramento decisorio per la prima volta con atto allegato alla c.c., poiché gli scritti difensivi successivi alla rimessione della causa al collegio possono contenere solo le conclusioni già fissate davanti al GI).

Le parti inoltre non possono contestare in conclusionale l'esistenza di un fatto già dato per pacifico in causa (v. art. 115 c.p.c.): v. Trib. Verona, 13 aprile 2015, per cui «Il contegno della parte, vittoriosa nel giudizio, consistito nel negare tardivamente (in comparsa conclusionale) una circostanza particolarmente rilevante ai fini della decisione, che in precedenza aveva espressamente riconosciuto, integra quella violazione al dovere di lealtà e probità che ai sensi dell'art. 92, comma 1, c.p.c. giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti (il principio è stato affermato in una causa, diretta ad accertare la responsabilità di un veterinario per negligenza nella cura di alcuni cuccioli di alano, in cui il convenuto nel corso del giudizio aveva espressamente riconosciuto che gli stessi erano deceduti mentre in comparsa conclusionale aveva negato la circostanza)».

Proprio perché la conclusionale non contiene domande ma ha lo scopo di spiegare e meglio illustrare la difesa, Cass. civ., 18 novembre 2011 n. 24306, in contrasto con proprio precedente indirizzo (Cass. civ. n. 25126/2010; Cass. civ. n. 726/2006), afferma che la comparsa conclusionale non rientra tra gli atti con i quali è possibile interrompere la prescrizione ex art. 2943 c.c., oltretutto evidenziando che, invero, la comparsa conclusionale non è neppure comunicata alla parte, essendo atto del difensore destinato ad essere scambiato con il difensore di controparte, e quindi non può ritenersi nemmeno atto di valida costituzione in mora del presunto debitore.

Avendo la comparsa conclusionale la sola funzione di illustrare domande ed eccezioni già proposte, ove sia prospettata per la prima volta una questione nuova con tale atto in appello, il giudice non può e non deve pronunciarsi al riguardo: Cass. civ., 4 giugno 2014, n. 12577.

L'eventuale nullità di una deposizione ex art. 246 c.p.c. per incapacità a deporre del teste rimane sanata qualora la relativa eccezione non venga ritualmente e tempestivamente proposta immediatamente dopo che la prova è stata assunta e ribadita in sede di precisazione delle conclusioni, risultando pertanto tardivo il rilievo effettuato solo con la comparsa conclusionale: Cass. civ., 29 marzo 2005, n. 6555.

Si rinviene inoltre l'affermazione secondo cui, nonostante la funzione illustrativa delle difese, sia possibile in comparsa conclusionale rinunciare a proprie domande con conseguente restrizione del thema decidendum (Cass. civ., 25 agosto 1997, n. 7977; tale principio va coordinato con il recente orientamento della Suprema Corte secondo cui la mancata espressa proposizione di una domanda in sede di precisazione delle conclusioni non consente automaticamente di configurare una rinuncia tacita alla domanda, dovendo procedersi alla valutazione complessiva della condotta processuale della parte: v. Cass. civ., 5 dicembre 2014, n. 25725).

V. inoltre Cass. civ., 12 gennaio 2006, n. 409 secondo cui se il difensore non si presenta all'udienza di precisazione delle conclusioni o, presentandosi, si limita a precisare le conclusioni in modo generico (se non addirittura a non precisarle), opera la presunzione secondo la quale la parte ha voluto tenere ferme le istanze precedentemente avanzate, a nulla valendo che poi, nella comparsa exart. 190 c.p.c., alcune di esse non siano menzionate, in quanto la natura meramente illustrativa della comparsa conclusionale non consente di poter legittimamente ragionare in termini di presunzione di abbandono delle conclusioni precedentemente formulate; sinteticamente cfr. inoltre Cass. civ. n. 8737/2014: «La comparsa conclusionale, pur avendo natura semplicemente illustrativa, può contenere la rinuncia a una domanda formulata nell'atto introduttivo del giudizio».

Dubbia è anche la possibilità per la parte, decorsi i termini ex art. 195 c.p.c., di formulare in comparsa conclusionale osservazioni alle conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio: Cass. civ., 4 settembre 2012, n. 14769.

È stato invece ritenuto che mentre è inammissibile l'eccezione di prescrizione proposta per la prima volta in conclusionale, è per contro ammissibile l'estensione di tale eccezione, già tempestivamente sollevata, alla parte che abbia proposto un intervento innovativo in causa all'udienza di precisazione delle conclusioni (Cass. civ., 12 gennaio 2012, n. 315).

Invece la richiesta di distrazione delle spese può essere contenuta per la prima volta in comparsa conclusionale, in quanto per tale domanda, che è autonoma rispetto all'oggetto del giudizio, non sussiste l'esigenza dell'osservanza del principio del contraddittorio, per difetto di interesse della controparte a contrastarla (Cass. civ., 17 febbraio 2014, n. 1526).

Resta costante l'orientamento, coordinato anche con il disposto dell'art. 345 c.p.c. relativo al divieto dei nova in appello, secondo cui né con la comparsa conclusionale né con la memoria di replica possono essere prodotti documenti nuovi: Cass. civ., 20 dicembre 2021, n. 40882; Cass. civ., 10 maggio 2019, n. 12574.

La Cassazione, seppure a sezione semplice, ha altresì ribadito l'orientamento secondo cui, nonostante la natura semplicemente illustrativa della comparsa conclusionale, è consentito formulare nella conclusionale medesima la rinuncia ad una domanda pur contenuta nell'atto introduttivo del giudizio: Cass. civ., 15 aprile 2014, n. 8737.

E' stato precisato dalla Suprema Corte che la domanda di risarcimento del danno per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. è svincolata dal regime di preclusioni assertive e può pertanto essere proposta sino all'udienza di precisazione delle conclusioni, ma, se proposta per la prima volta in comparsa conclusionale, è inammissibile: Cass. civ., 26 aprile 2021, n. 10984.

Con la recente sentenza 15.9.2022 n. 27220, la Cassazione ha stabilito che la memoria di replica ha la precipua funzione di consentire alla parte di replicare, appunto, alla comparsa conclusionale avversaria; pertanto, il deposito non è precluso dal fatto che la parte abbia scelto di non depositare a sua volta comparsa conclusionale, affidando la propria difesa al solo scritto previsto per la replica.

Con queste importanti e sostanziali precisazioni viene, pertanto, data continuità al principio secondo cui «Nel processo civile, una volta rimessa la causa in decisione la parte può depositare la memoria di replica prevista dall'art. 190 c.p.c. anche se prima non ha depositato la comparsa conclusionale, non essendovi alcuna norma nel codice di rito che condizioni il diritto di replica all'avvenuta illustrazione delle proprie difese mediante la detta comparsa» (Cass. civ., 7 febbraio 2020, n. 2976, Cass. civ., 17 marzo 2009, n. 6439).

Con sentenza 21 febbraio 2022, n. 5624 le Sezioni Unite hanno affrontato la questione della possibilità per la parte di contestare, per la prima volta in sede di comparsa conclusionale, le risultanze della CTU e se tali contestazioni possano essere proposte in appello, senza incorrere nel divieto preclusivo di cui all'art. 345 c.p.c., qualora vengano considerate tardive in primo grado, ed hanno posto i seguenti principi di diritto: a) le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d'ufficio, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., costituiscono argomentazioni difensive, che possono essere formulate per la prima volta nella comparsa conclusionale e anche in appello, purché non introducano nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove ma si riferiscano alla attendibilità e alla valutazione delle risultanze della c.t.u. e siano volte a sollecitare il potere valutativo del Giudice in relazione a tale mezzo istruttorio; b) in tema di consulenza tecnica d'ufficio, il secondo termine previsto dall'ultimo comma dell'art. 195, c.p.c., così come modificato dalla I. n. 69 del 2009, ovvero l'analogo termine che, nei procedimenti cui non si applica, ratione temporis, il novellato art. 195 c.p.c., il giudice, sulla base dei suoi generali poteri di organizzazione e direzione del processo ex art. 175 c.p.c., abbia concesso alle parti ha natura ordinatoria e funzione acceleratoria e svolge ed esaurisce la sua funzione nel subprocedimento che si conclude con il deposito della relazione da parte dell'ausiliare; pertanto la mancata prospettazione al consulente tecnico di osservazioni e rilievi critici non preclude alla parte di sollevare tali osservazioni e rilievi, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., nel successivo corso del giudizio e, quindi, anche in comparsa conclusionale o in appello; c) qualora le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d'ufficio, non integranti eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., siano stati proposti oltre i termini concessi all'uopo alle parti e, quindi, anche per la prima volta in comparsa conclusionale o in appello, il giudice può valutare, alla luce delle specifiche circostanze del caso, se tale comportamento sia stato o meno contrario al dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità di cui all'art. 88 c.p.c. e, in caso di esito positivo di tale valutazione, trattandosi di un comportamento processuale idoneo a pregiudicare il diritto fondamentale della parte ad una ragionevole durata del processo ai sensi dell'art. 111 Cost. e, in applicazione dell'art. 92, comma 1, ultima parte c.p.c., può tenerne conto nella regolamentazione delle spese di lite.

Comparse conclusionali, memorie di replica e deposito del fascicolo di parte

L'art. 169, comma 2, c.p.c. espressamente dispone che ciascuna parte ha la facoltà di ritirare il proprio fascicolo di parte anche all'udienza exart. 189 c.p.c. ma deve ridepositarlo, al più tardi, con la comparsa conclusionale.

Ancora di recente la Suprema Corte (Cass. civ., 16 aprile – 25 maggio 2015, n. 10741) ha espressamente statuito: «In tema di decisione della causa, ove il giudice accerti che una parte (nella specie: l'appellante), in vista dell'udienza, ha ritirato regolarmente il proprio fascicolo, ai sensi dell'art. 169 c.p.c., ma esso non risulti nuovamente depositato né reperito al momento della decisione (nella specie: resa exart. 281-sexies c.p.c.), in difetto di annotazioni di cancelleria (exart. 77 disp. att. c.p.c.) e di ulteriori allegazioni indiziarie attinenti a fatti che rendano doverosi gli accertamenti presso la propria cancelleria, rese al riguardo dalla parte che risulti priva del fascicolo contenente le sue produzioni, lo stesso giudice non è tenuto a rimettere la causa sul ruolo per consentire alla parte appellante di ovviare alla carenza riscontrata, ma ha il dovere di decidere la causa allo stato degli atti»; v. anche Cass. civ. n. 28462/2013, secondo cui sebbene il termine entro il quale - a norma dell'art. 169, comma 2, c.p.c. - deve avvenire il deposito del fascicolo di parte, ritirato all'atto della rimessione della causa al collegio, sia perentorio (come attesta l'uso dell'espressione "al più tardi", che figura nel testo di detta disposizione), la sua inosservanza produce effetti limitati alla decisione del giudice di prime cure, sicché il deposito del fascicolo nel giudizio di appello non costituisce introduzione di nuove prove documentali, sempre che i documenti contenuti nel fascicolo siano stati prodotti, nel giudizio di primo grado, nell'osservanza delle preclusioni probatorie risultanti dagli artt.165 e 166 c.p.c.).

La Cassazione (Cass. civ., 6 luglio 2011, n. 14897) ha peraltro ritenuto in linea generale, salva specifica eccezione di parte, ammissibile il deposito del fascicolo di parte con la memoria di replica: «La riconsegna del fascicolo di parte in sede di memoria di replica in luogo che di deposito della comparsa conclusionale non integra un inadempimento specificatamente sanzionato dalla legge, la quale non commina al riguardo nessuna sanzione né con riguardo alla procedibilità dell'appello (Cass. civ. n. 27298 del 2005; Cass. n. 2914/2001), né, come invocato dal ricorrente, in termini di inammissibilità del deposito e quindi di inutilizzabilità del fascicolo di parte. Prevale al riguardo la considerazione che la riconsegna del fascicolo di parte è finalizzato sia a garantire il diritto di difesa della controparte, ai soli fini però del deposito della memoria di replica, sia, soprattutto, a consentire al giudice di prendere in considerazione, in sede di decisione, i documenti in esso inseriti. Ne deriva che la tardività del deposito, effettuato con la replica, potrebbe al più essere eccepito dalla controparte laddove essa vanti un interesse apprezzabile, ma mai rilevato d'ufficio dal giudice, avendo l'adempimento, sia pure tardivo, conseguito comunque l'effetto che gli è proprio, quello cioè di porre il giudicante nella condizione di decidere la lite esaminando i documenti presenti nel fascicolo di parte».

La Cassazione ha di recente statuito che nonostante il termine per il deposito del fascicolo di parte sia perentorio, la sua inosservanza produce effetti limitati alla decisione del giudice di prime cure, sicchè il deposito del fascicolo nel giudizio di appello non costituisce introduzione di nuove prove documentali, sempre che i documenti siano stati prodotti nel rispetto delle preclusioni probatorie del giudizio di primo grado. Pertanto, in caso di deposito tardivo del fascicolo di parte nel giudizio d'appello, il giudice non potrà dichiarare il gravame inammissibile, ma dovrà decidere l'appello nel merito (Cass. civ., 4  maggio 2022, n. 14096).

In evidenza

Con l'introduzione del Processo civile telematico è necessario ricordarsi doppiamente che, dopo il deposito delle memorie conclusionali, bisogna restituire, presso la cancelleria del tribunale, il fascicolo di parte ritirato in occasione dell'ultima udienza di precisazione delle conclusioni; forte è infatti il rischio di dimenticanze, se si considera il fatto che, con l'invio telematico delle note finali attraverso il computer e il PCT, è facile «perdere il rapporto con la carta» e dimenticare in archivio il proprio fascicolo. Sul punto v. la recente sentenza Trib. Cosenza, 1 marzo 2015.

Riferimenti

Mandrioli, Diritto Processuale Civile, Torino, 2016;

Liebman, Manuale di diritto processuale civile, Milano, 2012;

Tarzia-Danovi, Lineamenti del processo civile di cognizione, Milano 2012; voce Comparsa, in www.treccani.it

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