Nullità degli atti processuali

30 Marzo 2016

L'art. 156 c.p.c. è fondamentale nel sistema delle nullità processuali poiché individua i principi generali che consentono di individuare le ipotesi nelle quali un atto processuale può considerarsi nullo. La disposizione ha un andamento “sinusoidale” poiché nei tre commi sancisce il principio della tassatività delle stesse. Peraltro, il secondo comma dello stesso art. 156 c.p.c. estende poi l'ambito delle nullità processuali anche in difetto di comminatoria legislativa di nullità alle ipotesi nelle quali l'atto manchi di uno dei requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo. Il terzo comma, per converso, stabilisce che anche se l'atto processuale è privo di un requisito di forma previsto a pena di nullità dello stesso laddove il medesimo atto abbia raggiunto il proprio scopo obiettivo, la nullità non potrà essere pronunciata.

Inquadramento

IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE 

L'art. 156 c.p.c. è fondamentale nel sistema delle nullità processuali poiché individua i principi generali che consentono di individuare le ipotesi nelle quali un atto processuale può considerarsi nullo. La disposizione ha un andamento “sinusoidale” poiché nei tre commi sancisce il principio della tassatività delle stesse. Peraltro, il secondo comma dello stesso art. 156 c.p.c.

estende poi l'ambito delle nullità processuali anche in difetto di comminatoria legislativa di nullità alle ipotesi nelle quali l'atto manchi di uno dei requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo. Il terzo comma, per converso, stabilisce che anche se l'atto processuale è privo di un requisito di forma previsto a pena di nullità dello stesso laddove il medesimo atto abbia raggiunto il proprio scopo obiettivo, la nullità non potrà essere pronunciata.

Nel processo civile, la nullità degli atti processuali è di regola relativa, nel senso che è sanata se la parte legittimata non propone una tempestiva eccezione pregiudiziale di rito finalizzata a far valere la nullità.

La nullità dell'atto finisce ex art. 159 c.p.c.con l'estendersi agli atti successivi che ne sono dipendenti, costituendone la propagazione e non anche a quelli c.d. autonomi.

Principio di tassatività e principio di strumentalità delle forme

Dall'

art. 156 c.p.c.

, che pure sancisce nel primo comma il principio della tassatività delle nullità processuali, si desume che, in realtà, nel nostro sistema assume a tal fine precipua rilevanza il principio di strumentalità delle forme, ossia, a prescindere da una previsione normativa o meno del vizio, l'idoneità dell'atto al raggiungimento dello scopo.

Primo temperamento all'operare, per l'individuazione delle nullità c.d. formali, del principio di tassatività è quello stabilito dal secondo comma dell'

art. 156 c.p.c.

per il quale l'atto processuale è comunque nullo ove privo dei requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo.

Tra le ipotesi di nullità riconducibili a questa fattispecie disciplinata dal capoverso dell'

art. 156 c.p.c.

precipua rilevanza va attribuita alle fattispecie nelle quali il vizio derivi dall'omessa comunicazione di un rinvio d'udienza ovvero di un'ordinanza emessa dal Giudice istruttore fuori udienza (

Cass. civ.,

sez. III, 2 aprile 2009, n. 8002;

Cass. civ.,

sez. III, 29 gennaio 2003, n. 1283

).

È stato inoltre affermato che nell' ipotesi di cancellazione della causa dal ruolo, è nullo, in quanto privo dei requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo, l'atto di riassunzione che contenga l'invito a comparire davanti ad un giudice istruttore diverso da quello, facente tuttora parte dell'ufficio, cui risultava assegnato il processo cancellato (

Cass. civ.,

sez. I, 28 luglio 2000, n. 9906, in Foro it., 2001, I, 2937, con nota di FUIANO).

L'inidoneità dell'atto processuale al raggiungimento dello scopo può dipendere, sotto un distinto profilo, anche laddove la pronuncia di tale atto sia avvenuta al di fuori dei presupposti previsti dal codice. A

riguardo, la S.C. ha, ad esempio, più volte affermato che l'ordine di rinnovazione della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, disposto ai sensi dell'

art. 291 c.p.c.

, è provvedimento che corrisponde ad uno specifico modello processuale, potendo e dovendo essere emesso sempre che si verifichi la situazione normativamente considerata, con la conseguenza che l'atto che dispone la rinnovazione della notifica, quando una rituale notifica vi sia già stata, deve ritenersi nullo ai sensi dell'

art. 156 c.p.c.

, perché si discosta dal modello processuale (in quanto emesso al di fuori dalle ipotesi consentite) e perché inidoneo a raggiungere il proprio scopo (consistente nella valida instaurazione del contraddittorio), essendo tale scopo già stato raggiunto per la ritualità della notifica della quale è stata erroneamente disposta la rinnovazione (v., tra le altre,

Cass. civ. 16 giugno 2003, n. 9646

;

Cass. civ. 21 dicembre 2001, n. 16145

).

Nel delineare in termini generali il regime della nullità nel diritto processuale civile, si è evidenziato che il temperamento che il raggiungimento dello scopo dell'atto comporta rispetto all'operare del principio di tassatività enunciato dal primo comma dell'

art. 156 c.p.c.

è biunivoco, nel senso che comporta non soltanto l'invalidità degli atti pur formalmente perfetti ma in concreto inidonei al raggiungimento dello scopo ma, altresì, la sanatoria della nullità laddove, pur se la stessa sia formalmente integrata, l'atto difetti in concreto dei requisiti per il raggiungimento dello scopo.

Ricorrente applicazione di tale principio si realizza nell'ipotesi di nullità correlata all'erronea introduzione di un giudizio mediante atto di citazione ovvero ricorso. E' consolidata, a riguardo, la tesi per la quale laddove la legge imponga l'introduzione del giudizio con citazione anziché con ricorso, il fatto che il giudizio erroneamente sia introdotto con ricorso non comporta l'invalidità del giudizio stesso, per il principio della conversione degli atti nulli che abbiano raggiunto il loro scopo, quando dall'erronea inversione non sia derivato un concreto pregiudizio per alcuna delle parti relativamente al rispetto del contraddittorio (

Trib. Roma, 24 ottobre 2006

, in dejure.giuffre.it; cfr. anche Cass. ). Analogamente, si è affermato che

qualora la legge imponga la introduzione del giudizio con citazione anziché con ricorso e l'adozione del rito ordinario anziché quello camerale, il fatto che il giudizio erroneamente sia introdotto con ricorso e si svolga col rito camerale non comporta la invalidità del giudizio stesso, per il principio della conversione degli atti nulli che abbiano raggiunto il loro scopo, quando dall'erronea inversione non sia derivato un concreto pregiudizio per alcuna delle parti relativamente al rispetto del contraddittorio, all'acquisizione delle prove e, più in generale, a quant'altro possa aver impedito o anche soltanto ridotto la libertà di difesa consentita nel giudizio ordinario (

Cass. civ.,

sez. I,

12 luglio 2002, n. 10143

).

Significativa è, inoltre, l'applicazione nella prassi processuale del principio di sanatoria della nullità dell'atto per raggiungimento dello scopo obiettivo dello stesso con riferimento alle notificazioni. Invero il principio, sancito in via generale dall'

art. 156, comma

3

, c.p.c.

, secondo cui «la nullità non può essere mai pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato» vale anche per le notificazioni, anche in relazione alle quali - pertanto - la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l'atto, malgrado l'irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario, sicché la costituzione del convenuto, ancorché tardiva ed effettuata al fine dichiarato di far rilevare il vizio, preclude la declaratoria di nullità, dal momento che la convalidazione della notifica da essa indotta opera ex tunc (cfr.

Cass. civ.,

sez. II,

21 marzo 2011, n. 6470

; Cass. civ., sez. trib., 5 febbraio 2002, n. 1548; conf. App. Napoli, 18 giugno 2002, n. 1095).

Le Sezioni Unite,

proprio in applicazione del terzo comma dell'

art. 156 c.p.c.

, risolvendo un contrasto esistente nella giurisprudenza delle sezioni semplici, hanno inoltre chiarito che è valida la costituzione del convenuto davanti al giudice di pace, anche se la comparsa di risposta viene spedita per posta in quanto l'invio degli atti di costituzione a mezzo posta, dove non è consentito, può raggiungere comunque lo scopo che è proprio del deposito mediante la presentazione al cancelliere, se questi, una volta riscontrata la presenza degli atti di cui all'

art. 319 c.p.c.

, non si rifiuta di procedere all'inserimento nel fascicolo: pertanto, la circostanza che non vi sia stato un deposito mediante contatto diretto fra il depositante e il cancelliere degrada a mera irregolarità priva di effetti sui successivi atti processuali (

Cass. civ.,

Sez. Un., 4 marzo 2009, n. 5160, in

Giust. Civ., 2009, n. 7-8, 1534).

Termine e modalità di proposizione dell'eccezione di nullità

Ai sensi dell'

art. 157 c.p.c.

regola generale è quella per la quale la nullità degli atti processuali è relativa, nel senso che resta sanata se la parte legittimata a dedurre il vizio degli stessi rimane inerte, ossia non proponga una tempestiva eccezione pregiudiziale di rito finalizzata a far valere la nullità.

Il

secondo comma dell'

art. 157 c.p.c.

nello stabilire che soltanto la parte nel cui interesse è previsto un requisito dell'atto è legittimata ad opporne la nullità per mancanza di tale requisito, precisa che tale eccezione deve essere proposta nella prima istanza o difesa successiva all'atto ovvero alla notizia di esso.

In sede applicativa la giurisprudenza ha tradizionalmente interpretato in senso rigoroso tale previsione normativa evidenziando, invero, che ai sensi dell'

art. 157, comma 2, c.p.c.

, affinché sussista l'obbligo del giudice di esaminare l'eccezione di nullità relativa di un atto processuale, è necessario che la deduzione della medesima, ad opera della parte, avvenga nella prima istanza successiva all'atto viziato o alla notizia di esso, mentre, in mancanza di tale deduzione, la nullità resta sanata e non può più essere eccepita dalla parte che, non opponendosi nella prima difesa successiva all'atto, ha implicitamente rinunciato a farla valere (v., tra le altre,

Cass. civ.,

sez. lav.,

12 novembre 2008, n. 27026

;

Cass. civ.,

sez. II,

3 agosto 2005, n. 16204

). Non si può trascurare, inoltre, che agli effetti della norma di cui al secondo comma dell'

art. 157 c.p.c.

, che impone alla parte che vi abbia interesse di eccepire la nullità di un atto nella prima istanza o difesa successiva all'atto od alla notizia di esso, il termine istanza deve ritenersi comprensivo di qualsiasi richiesta delle parti tendente ad ottenere anche un semplice atto ordinatorio, quale è il provvedimento di rinvio della udienza istruttoria (Cass. civ.,

sez. II, 21 giugno 1979, n. 3475), con la conseguenza, ad esempio, che è tardiva l'eccezione di nullità della consulenza tecnica che non sia stata dedotta nella udienza successiva al deposito della consulenza stessa, ancorché in detta udienza sia stato chiesto e disposto un mero rinvio (

Cass. civ.,

sez. III,

1° agosto 1995, n. 8383

). Tuttavia, affinché sorga, per la parte che vi abbia interesse, l'onere di opporre la nullità dell'atto nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso, occorre che il denunziante, nel cui interesse è stabilito il requisito che si assume mancante, abbia avuto notizia effettiva - e non soltanto potenziale - dell'atto che si afferma nullo (

Cass. civ., s

ez. Un., 12 novembre 2003, n. 17013).

Qualora l'eccezione mediante la quale è stata dedotta una nullità processuale venga respinta, la parte interessata avrà l'onere di riproporla in sede di precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi la medesima, in caso contrario, ritenere rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità stessa per acquiescenza, rilevabile d'ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo (

Cass. civ.,

sez. III,

30 ottobre 2009, n. 23054

).

Nullità per vizio di costituzione del giudice

L'

art. 158 c.p.c.

sottrae peraltro al generale principio, espresso dall'

art. 157 c.p.c.

, della natura relativa delle nullità degli atti processuali, la nullità derivante sia da vizio di costituzione del giudice sia dal mancato intervento del pubblico ministero nel processo civile è invece insanabile e rilevabile d'ufficio da parte del giudice, salvo il disposto dell'

art. 161 c.p.c.

in ordine alla generale conversione dei vizi di nullità della decisione in motivi di gravame.

In evidenza

La nullità derivante da vizio di costituzione del giudice, ancorché assoluta e rilevabile d'ufficio, non si sottrae, ai sensi dell'

art. 158 c.p.c. (che fa espressamente salva la disposizione del successivo art. 161), al principio di conversione delle cause di nullità in motivi d'impugnazione

, con la conseguenza che la mancata, tempestiva denuncia del vizio de quo comporta la necessità di farlo valere attraverso lo strumento (e secondo le regole, i limiti e le preclusioni) dell'impugnazione, così che la mancata denuncia di detta invalidità in sede di gravame comporta l'impossibilità di rilevarla e, in definitiva, la sua sanatoria (

Cass. civ.,

sez. I,

28 giugno 2002, n. 9503

).

L'

art. 158 c.p.c.

non indica espressamente quali siano i vizi di costituzione del giudice che, pertanto, secondo una parte della dottrina, dovrebbero essere individuati per relationem avendo riguardo al disposto dell'

art. 178, lett. a) del codice di procedura penale vigente

, secondo cui si ha nullità per vizi afferenti la costituzione del giudice penale laddove vengano violate le condizioni di capacità del giudice ed il numero dei giudici necessari per la costituzione dei collegi stabilito dalle leggi sull'

ordinamento giudiziario

.

Nella giurisprudenza di legittimità, tuttavia,

la nozione sembra costruita in modo autonomo rispetto alle previsioni contenute nel codice di procedura penale, essendo stato precisato, invero, che il vizio di costituzione del giudice ex art. 158 c.p.c. è ravvisabile soltanto quando gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all'ufficio del giudice, non investita della funzione esercitata dall'ufficio.

Se in astratto la giurisprudenza di legittimità riconosce la sussistenza di un vizio di costituzione del giudice, per converso, nella violazione della garanzia posta dall'

art. 25 Cost.

, secondo cui nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, nondimeno la portata della relativa previsione normativa è interpretata in senso limitativo essendosi affermato che la stessa va riferita alla competenza dell'organo giudiziario nel suo complesso, impersonalmente considerato, e non incide sulla concreta composizione dell'organo giudicante (

Cass. civ.,

sez. I, 13 luglio 2004, n. 12969).

CASISTICA

Il vizio relativo alla costituzione del giudice per la violazione dell'obbligo di astensione non può essere dedotto quale motivo di nullità della sentenza ex art. 158 c.p.c.: infatti, l'art. 111 Cost., nel fissare i principi fondamentali del giusto processo, ha demandato al legislatore ordinario di dettarne la disciplina anche attraverso gli istituti dell'astensione e della ricusazione, sancendo che — in considerazione della peculiarità del processo civile, fondato sull'impulso paritario delle parti — non è arbitraria la scelta del legislatore di garantire l'imparzialità e terzietà del giudice solo attraverso gli istituti dell'astensione e della ricusazione.

Cons. St., sez. VI, 22 novembre 2010, n. 8125

L'inosservanza del principio della immutabilità del giudice istruttore, sancito dall'art. 174 c.p.c., in difetto di una espressa sanzione di nullità, costituisce una mera irregolarità di carattere interno che non incide sulla validità degli atti e non è causa di nullità del giudizio o della sentenza.

Cass. civ., sez. III, 30 marzo 2010, n. 7622

Sussiste vizio di costituzione del giudice quando la sentenza non sia pronunciata dal collegio ovvero dal giudice monocratico di fronte ai quali sia stata effettuata la discussione orale o precisate le conclusioni.

Cass. civ., sez. II, 12 agosto 2009, n. 18268

Il momento della pronuncia della sentenza, nel quale il magistrato deve essere legittimamente preposto all'ufficio per poter validamente provvedere, deve essere identificato con quello della deliberazione della decisione, mentre i successivi momenti dell'iter formativo, ovvero la stesura della motivazione, la sottoscrizione e la pubblicazione, non incidono sulla sostanza della pronuncia, di talché, ai fini dell'esistenza dell'atto, è irrilevante che dopo la decisione il giudice singolo, o uno dei componenti dell'organo collegiale, per circostanze sopravvenute, sia cessato dalle funzioni presso l'ufficio investito della controversia.

Cass. civ., sez. III, 8 ottobre 2001, n. 12324, in Giust. Civ., 2002, I, 1335, con nota di SALVATO

Pronunciata sentenza mediante lettura del dispositivo in udienza da parte del giudice di pace incaricato della trattazione della controversia è nulla e il relativo vizio è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, la sentenza che sia stata motivata da altro magistrato, atteso che stante il principio dell'immodificabilità del giudice una tale evenienza è onere del nuovo giudice designato fissare una nuova udienza di comparizione delle parti avanti a sé per il rinnovo della discussione.

Cass. civ., sez. II, 22 novembre 2006, n. 24754

Sebbene non espressamente indicato anche nella rubrica dell'

art. 158 c.p.c.

, ma soltanto nel testo dello stesso, un altro vizio che determina nullità insanabile e rilevabile d'ufficio dal giudice è anche quello che attiene al mancato intervento obbligatorio del Pubblico Ministero nelle controversie civili nelle ipotesi disciplinate dall'

art. 70 c.p.c.

. Peraltro, a riguardo non si può trascurare il

consolidato principio secondo cui per l'osservanza delle norme che prevedono l'intervento obbligatorio del P.M. nel processo civile è sufficiente che gli atti siano comunicati all'ufficio del medesimo, per consentirgli di intervenire nel giudizio, mentre la effettiva partecipazione e la formulazione delle conclusioni sono rimesse alla sua diligenza. (

Cass. civ.,

Sez. Un., 1° febbraio 2008, n. 2435

).

Estensione della nullità agli atti dipendenti

L'

art. 159 c.p.c.

disciplina gli effetti della invalidità di un atto processuale in primo luogo con riferimento ad altri atti processuali, precisando, in particolare, che la nullità dell'atto non comporta quella degli atti processuali precedenti né di quelli successivi che sono indipendenti dallo stesso. Ciò comporta, pertanto, che la nullità dell'atto finisce con l'estendersi agli atti successivi che ne sono dipendenti, costituendone la propagazione e non anche a quelli c.d. autonomi, individuati, almeno in dottrina, sia negli atti che hanno con il processo un legame soltanto occasionale e quindi prescindono dalle vicende che interessano lo stesso (ad esempio, la rinuncia agli atti del giudizio), sia in quelli c.d. eventuali poiché si compongono di sub-procedimenti autonomi rispetto alla serie procedimentale che conduce sino alla pronuncia della decisione (ad esempio, gli atti di acquisizione probatoria).

Con riferimento alla propagazione del vizio di nullità agli atti successivi dipendenti, non si può trascurare che, secondo una parte della dottrina, una siffatta regola non potrebbe operare anche per la sentenza, stante l'autosufficienza della decisione giudiziaria rispetto agli atti antecedenti.

La giurisprudenza appare nondimeno orientata nel senso opposto, essendo stata più volta applicata la regola dell'estensione della nullità di un atto processuale, ove non sanata anche mediante il meccanismo di cui all'

art. 157 c.p.c.

, alla sentenza che ne recepisca le risultanze: ciò avviene, ad esempio, quando la decisione sia assunta sulla scorta di un mezzo di prova nullo. Invero, la S.C. ha chiarito che in base al principio contenuto nell'

art. 159 c.p.c.

, la nullità del singolo atto processuale dà luogo alla nullità della sentenza solo se posta in rapporto di dipendenza con l'atto nullo: in particolare, l'eventuale nullità di una prova non comporta la nullità della sentenza adottata a definizione della controversia nella quale è stata assunta se la decisione finale della controversia non è in alcun modo fondata su detta prova (cfr.

Cass. civ.,

sez. III,

18 marzo 2003, n. 3989

).

Tipiche ipotesi nelle quali nella prassi processuale si determina la nullità di tutti gli atti successivi, ivi compresa la sentenza che abbia recepito le risultanze processuali in questione, sono quelle in cui l'attività processuale prosegua regolarmente nonostante l'invalidità determinata dalla mancata comunicazione alle parti costituite ad opera della cancelleria del provvedimento di rinvio d'ufficio (

Cass. civ.,

sez. lav.,

22 agosto 2003, n. 12360

), ove riferito ad udienza diversa rispetto a quella immediatamente successiva, ovvero dall'omessa comunicazione di un'ordinanza istruttoria pronunciata fuori udienza (

Cass. civ.,

sez. III,

2 aprile 2009, n. 8002

).

Conservazione dell'atto nullo

Il terzo comma dell'

art. 159 c.p.c.

stabilisce che se il vizio impedisce un determinato effetto, l'atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo.

L'ambito applicativo di tale previsione normativa è dibattuto in dottrina, sebbene vi sia concordia nel ritenere che da tale regola possa desumersi l'operare nel processo civile del principio di conservazione dell'atto processuale nullo, ossia la possibilità per l'atto non conforme al modello legale di produrre almeno gli effetti propri del corrispondente atto perfetto.

Ricorrente

è, ad esempio, l'affermazione del principio per il quale l'interpretazione della procura alle liti di cui all'

art. 83 c.p.c.

, ovvero di un atto di parte, è soggetta al principio ermeneutico stabilito per gli atti di parte dagli

art. 1367 c.c.

e

art.

159 c.p.c.

, e pertanto deve essere compiuta nel rispetto della regola della conservazione del negozio, sicché la procura alle liti conferita per il giudizio di cognizione, nel quale si è formato il titolo esecutivo, e per il successivo giudizio di esecuzione vale anche per tutti i gradi del giudizio di opposizione all'esecuzione promossa in base a quel titolo (

Cass. civ.,

sez. III, 19 maggio 2003, n. 7772, in Foro it., 2003, I, 2665, con nota di DE LUCA).

Rinnovazione dell'atto nullo

L'

art. 162 c.p.c.

consente, in generale, ossia, come non ha trascurato di osservare la dottrina prevalente, con riferimento a tutti i vizi che determinano la nullità degli atti processuali, al giudice che pronuncia la nullità di disporre, ove sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende e per tale ragione è considerata fondamentale disposizione di chiusura del sistema dell'invalidità degli atti processuali.

Naturalmente la rinnovazione dovrà ricomprendere, prima di tutto, l'atto stesso del quale è dichiarata la nullità e non soltanto quella degli atti successivi dipendenti cui la stessa si estende ai sensi dell'

art. 159 c.p.c..


Peraltro, la rinnovazione è in concreto espressamente subordinata dalla possibilità della stessa, dovendosi invero trattare di vizio che per sua natura è suscettibile di essere riparato.

Inoltre la giurisprudenza della S.C. ha escluso che ove la rinnovazione sia stata già disposta ciò possa avvenire una seconda volta (

Cass. civ.,

sez. I, 25 gennaio 2007, n. 1659).

La rinnovazione dell'atto nullo non potrà inoltre essere disposta neppure nella fattispecie speculare nella quale il vizio dell'atto sia stato già sanato in applicazione del terzo comma dell'

art. 156 c.p.c.

, ovvero per raggiungimento dello scopo dello stesso: ciò avviene ad esempio laddove la nullità della notifica sia sanata per effetto della costituzione in giudizio del destinatario della notificazione (cfr. Cass. civ.,

sez. III, 16 novembre 1995, n. 11875).

Riferimenti

AULETTA, Nullità e “inesistenza” degli atti processuali civili, Padova 1999;

CIACCIA CAVALLARI, La rinnovazione nel processo di cognizione, Milano 1991;

CONSO, Il concetto e le specie di invalidità, Milano 1955;

DENTI, Nullità degli atti processuali civili, NNDI, XI, Torino 1965, 467 ss.;

MARTINETTO, Della nullità degli atti, in Commentario al Codice di procedura civile diretto da ALLORIO, I, 2, Torino 1973, 1576;

ORIANI, Nullità degli atti processuali, EGI, XXI, Roma 1988;

PICARDI, Irretroattività degli effetti nell'ipotesi di rinnovazione dell'atto processuale nullo, in Studi in onore di Betti, Milano 1961, 391;

POLI,

Sulla sanabilita' dei vizi degli atti processuali,

in

Riv. dir. proc.,

1995, 472

; SALVANESCHI, Riflessioni sulla conversione degli atti processuali di parte, in Riv. dir. proc., 1984, 121.

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