Eccezione in generale

Stefania Tassone
28 Ottobre 2016

Eccezione è qualsiasi richiesta che abbia, in senso lato, la funzione di contrastare la domanda dell'attore (o della controparte in genere).
Inquadramento

Eccezione è qualsiasi richiesta che abbia, in senso lato, la funzione di contrastare la domanda dell'attore (o della controparte in genere).

È proponibile in primo luogo dal convenuto, ma anche dall'attore che, a sua volta convenuto in riconvenzionale, intenda proporre ragioni a sua difesa che possano impedire l'accoglimento della domanda.

In particolare, rispetto alla domanda dell'attore, il convenuto (oltre che formulare domanda di accertamento incidentale o proporre domanda riconvenzionale) può:

1) limitarsi a contestare la sua fondatezza sul presupposto dell'inesistenza dei fatti costitutivi (nel senso che il fatto storico non si è verificato o si è svolto con modalità diverse da quelle prospettate ex adverso) o della disposizione di legge (nel senso che essa manca o contiene una disciplina diversa da quella indicata dall'attore): siamo nell'ambito della mera difesa;

2) proporre eccezione, introdurre cioè, come si esprime con grande chiarezza l'art. 2697 c.c. (cfr. anche art. 2734 c.c.), fatti estintivi, modificativi, impeditivi del diritto dedotto in giudizio al fine di conseguire il rigetto della domanda.

Va ricordato, inoltre, che a seguito della novellazione del comma 2 dell'art. 115 c.p.c. con l. 69/2009, nel caso in cui il convenuto non prenda posizione sui fatti costitutivi dedotti dall'attore, viene a configurarsi un tipico comportamento di non contestazione, avente rilevanza sul piano probatorio.

La contrapposizione tra fatti costitutivi, da un lato, e fatti estintivi e modificativi dall'altro si fonda sul fatto per cui i secondi si verificano in un momento temporale successivo rispetto al compiersi dei primi, laddove molto più difficoltosa è l'opera volta a distinguere i fatti costitutivi da quelli impeditivi, sebbene in astratto il fatto impeditivo ben può essere definito come «fatto costitutivo a segno invertito».

La distinzione tra eccezione e (mera) difesa

Occorre distinguere tra mera difesa, che è la contestazione dei fatti costitutivi, ed eccezione, rilevabile d'ufficio o su esclusiva iniziativa di parte, che è il fatto estintivo, modificativo ed impeditivo rispetto al fatto costitutivo dedotto dall'attore a fondamento della propria domanda.

La distinzione rileva sul piano dell'onere della prova, ma anche, e prima ancora, sul piano della allegazione, entro le rigide preclusioni da cui è connotato il processo ordinario di cognizione (cfr. art. 183 c.p.c.), il processo regolato dal rito del lavoro (art. 416 c.p.c.) ed il processo di appello (v. art. 345 c.p.c. ed art. 437 c.p.c. per l'appello lavoro; v. Cass. civ., sez. lav., 04 maggio 2011, n. 9769).

Questione controversa

«Non costituisce un'eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa, una mera argomentazione giuridica, formulata in base ad un'interpretazione di parte volta a contestare il fondamento della domanda con l'assumere l'estraneità dell'evento ai rischi contemplati nel contratto» Cass. civ., 22 febbraio 2000, n. 1967.

La Corte desume che, in quanto tale, non potrebbe costituire oggetto di abbandono o di rinuncia tacita nemmeno se non fosse espressamente riproposta nelle conclusioni definitive specificamente formulate; in termini v. anche Cass. civ., 30 giugno 2015, n. 13312, Cass. civ., 3 luglio 2014, n. 15228, secondo cui, proprio perché mera difesa e non eccezione in senso proprio e stretto della parte, la contestazione di operatività della polizza assicurativa può essere proposta per la prima volta in appello.

Qualificazione della cd. eccezione di inoperatività della polizza assicurativa

Con ordinanza 13 febbraio 2015 la VI Sezione Civile della Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione della qualificazione della contestazione della titolarità attiva o passiva del diritto sostanziale dedotto in giudizio. ConCass. civ., sez. un., 16 febbraio 2016, n. 2951, la Suprema Corte ha precisato che la titolarità del diritto o di una obbligazione è questione attinente al merito, essendo elemento costitutivo della domanda che va allegato e provato dall'attore; ne consegue che la contestazione o la negazione di tale titolarità da parte del convenuto costituisce mera difesa, proponibile in ogni stato e grado del giudizio.

Qualificazione della contestazione della titolarità attiva o passiva del diritto sostanziale dedotto in giudizio

Modo di proposizione dell'eccezione: eccezioni di parte ed eccezioni rilevabili d'ufficio

La suddetta distinzione emerge dall'espresso tenore dell'art. 112 c.p.c., che sembra porre come principio generale quello per cui il giudice ha un potere generale di rilevare d'ufficio le eccezioni, salvo che una espressa previsione di legge riservi alla parte il rilievo dell'eccezione stessa, nonché dagli artt. 416, 167 e 345 c.p.c.

  • Le conseguenze della distinzione emergono con evidenza anzitutto sotto il profilo, prettamente processuale, della modalità di proposizione dell'eccezione: se l'eccezione va considerata come eccezione in senso stretto della parte, viene in gioco, per il processo ordinario, il disposto di cui all'art. 167 c.p.c., secondo cui tale eccezione deve essere proposta nella comparsa di risposta depositata almeno venti giorni prima della udienza (analoga previsione è contenuta per il processo del lavoro nell'art. 416 c.p.c.; su tale modalità di proposizione dell'eccezione di parte, a pena di decadenza, v. Trib. Torino, 20 aprile 2009).
  • La distinzione rileva poi nella fase di gravame, giacchè, come si desume dal disposto dell'art. 345 c.p.c. per il processo ordinario di cognizione e dall'art. 437 c.p.c. per il processo regolato dal rito del lavoro, il divieto per la parte dal potere di formulare eccezioni nuove davanti al giudice di appello riguarda solo le eccezioni in senso proprio e stretto, e non anche le eccezioni in senso lato (v. Cass. civ., sez. lav., 2 marzo 2012, n. 3297, secondo cui l'appello è inammissibile in quanto fondato su diversa qualificazione –come attività agricola anziché stagionale- dell'attività lavorativa svolta e dunque su eccezione nuova formulata per la prima volta solo in fase di gravame; Cass. civ., 24 settembre 2014, n. 20111, secondo cui l'eccezione di compensatio lucri cum damno è eccezione in senso lato, cioè una mera difesa in ordine all'esatta entità globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato e come tale è rilevabile d'ufficio dal giudice; analogamente v. Cass. civ., n. 533/2014).
  • La distinzione rileva anche ai sensi e per gli effetti dell'art. 183, comma 2, c.p.c. (e 101, comma 2, c.p.c. come novellato dalla l. 69/2009), che espressamente prevede che il giudice è tenuto a segnalare alle parti le questioni (che altro poi non sono che eccezioni) rilevabili d'ufficio onde consentirne la trattazione, così pienamente realizzando il principio del contraddittorio (v. Cass. civ., 21 giugno 2014, n. 12792).

Dottrina e giurisprudenza, poi, hanno a lungo dibattuto in ordine alla possibilità di dare concretezza alla distinzione tra le due tipologie di eccezione anche in difetto di espressa previsione normativa, cercando cioè di rintracciare dei criteri per dare contenuto alla previsione, “in bianco”, contenuta nell'art. 112 c.p.c.

Alcuni commentatori si sono espressamente chiesti se davvero, nel silenzio del legislatore, debba sempre essere affermata la rilevabilità d'ufficio del fatto estintivo, modificativo, impeditivo.

La risposta a tale interrogativo risulta da recente pronuncia della Suprema Corte (Cass. civ., 5 giugno 2014, n. 12677), ove viene espressamente affermato che in difetto di espressa previsione di legge, l'eccezione deve essere intesa come eccezione in senso lato.

Nei suoi passaggi salienti, la sentenza sopra citata rileva come a partire da Cass. civ., sez. un., n. 1099/1998 si è dipanato un orientamento giurisprudenziale, sorretto dalla dottrina, che ha ritenuto che il regime normale delle eccezioni sia quello della rilevabilità d'ufficio, restando limitato l'ambito delle eccezioni in senso stretto, rilevabili a istanza di parte, solo ai casi specificamente previsti dalla legge (es. la prescrizione), ovvero a quelli in cui la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva, come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un'azione costitutiva (es. eccezione di annullamento). Le sentenze delle Sezioni Unite successive (Cass. civ., sez. un., n. 226/2001; Cass. civ., sez. un., n. 15661/2005; Cass. civ., sez. un., n. 4213/2013 e Cass. civ., sez. un., n. 10531/2013) si sono fatte carico di ribadire e precisare il suddetto principio fondamentale, progressivamente riconducendo al novero delle eccezioni in senso lato alcune eccezioni di grande rilievo (eccezione di giudicato, controeccezione di interruzione della prescrizione, eccezione di accettazione beneficiata dell'eredità). Sulla scia di questi insegnamenti, il criterio del prevalente interesse della parte a far valere l'eccezione non può più essere considerato sufficiente a trasferire dal regime normale della rilevabilità di ufficio, a quello eccezionale della rilevabilità a cura di parte, il rilievo di un fatto risultante ex actis che dalla fonte normativa sia posto come ostacolo all'accoglimento della domanda.

Segue: Casistica

Eccezioni di parte (espressa previsione legislativa)

eccezione di decadenza ex art. 2969 c.c.

eccezione di prescrizione ex art. 2938 c.c.

eccezione di compensazione ex art. 1242 c.c.

eccezione di annullamento ex art. 1442 c.c.

eccezione di rescissione ex art. 1449 c.c.

eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.

eccezione di vizi della cosa compravenduta ex art. 1495 c.c.

eccezione di difformità o vizi nell'appalto ex art. 1667 c.c.

eccezione di ritualità o irritualità dell'arbitrato (non è rilevabile d'ufficio, ma deve essere proposta dalla parte interessata ex Cass. civ., 21 gennaio 2016, n. 1097)

Eccezioni in senso lato ( rilevabili d'ufficio)

Il pagamento (Cass. civ., 31 ottobre 2013, n. 24567; Cass. civ., 22 settembre 2014, n. 19963; Cass. civ., 21 settembre 2015, n. 18471)

La novazione (Cass. civ., 24 ottobre 2012, n. 18195; contra Cass. civ., n. 11458/1998)

La rimessione, la rinuncia al diritto, la risoluzione consensuale del contratto (App. Milano, 25 novembre 2014; Cass. civ., n. 1939/1982, contra Cass. civ., n. 7270/1997)

La presupposizione (Cass. civ., 13 maggio 1996, n. 4449)

La simulazione (Cass. civ., 14 gennaio 1985, n. 32)

La compensatio lucri cum damno (Cass. civ., 24 settembre 2014, n. 20111)

Il concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227, comma 1, c.c. (Cass. civ., 22 marzo 2011, n. 6529)

L'eccezione di interruzione della prescrizione (da ifferenza dell'eccezione di prescrizione che, come è noto, è tipica eccezione di parte, rispetto alla quale tuttavia con la sentenza 13 ottobre 2015 la Cassazione ha precisato che la genericità e l'errore nel contenuto dell'eccezione, relativamente al periodo di tempo trascorso ed alla individuazione del termine iniziale o di quello finale non incide sul potere-dovere del giudice di esaminare l'eccezione medesima e di stabilire in concreto ed autonomamente –in base agli elementi di fatto ritualmente acquisiti al giudizio- se essa sia fondata in tutto o in parte determinando il periodo colpito da prescrizione o decadenza in termini eventualmente diversi da quelli prospettati dalla parte medesima; anche la replica della parte alla eccezione di decadenza sollevata dalla controparte è mera difesa e dunque eccezione in senso lato rilevabile d'ufficio: v. Cass. civ., n. 10531/2013)(Cass. civ., sez. un., n. 15661/2005; Cass. civ., 22 giugno 2015, n. 12876)

L'eccezione di eccessiva onerosità della penale (Cass. civ., sez. un., 13 settembre 2005, n. 18128)

L'inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio (Cass. civ., sez. un., 3 giugno 2015, n. 11377)

Nel caso in cui siano convenuti in giudizio più soggetti, in relazione al debito ereditario, e dalla documentazione posseduta risulti in causa che anche uno solamente di essi abbia accettato con beneficio di inventario, il giudice deve rilevare d'ufficio in favore anche degli altri l'eccezione che si fonda sul fatto impeditivo della maggiore pretesa, a meno che non venga dimostrato che tali soggetti abbiano rinunciato all'eredità oppure l'abbiano accettata già quali eredi puri e semplici (Cass. civ., sez. un., 7 maggio 2013, n. 10531)

Eccezioni di merito ed eccezioni di rito

Si suole ulteriormente distinguere tra eccezioni sostanziali o di merito ed eccezioni processuali (dicitura questa espressamente contenuta negli artt. 167 e 416 c.p.c.) o di rito.

Tra le eccezioni di merito, oltre a quelle di cui si è già parlato (e cioè le eccezioni in senso lato, mere difese, semplici negazioni della fondatezza della pretesa avversaria, ed in senso stretto, con cui si deducono fatti diversi da quello costitutivo, cioè fatti modificativi, estintivi o impeditivi, con onere in capo a colui che li allega di provarli perché entrano a far parte del thema decidendum), vanno ricordate quelle che dottrina e giurisprudenza definiscono eccezioni dilatorie o sospensive, in quanto consentono alla parte la sospensione della sua prestazione, e che soprattutto si identificano nella eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. e nell' eccezione fondata sul disposto dell'art. 1461 c.c. (“Mutamento delle condizioni patrimoniali dei contraenti”).

Le eccezioni di rito sono invece quelle con cui il proponente chiede che venga dato rilievo a un motivo di invalidità del processo o di inammissibilità del giudizio (ad esempio, il difetto di giurisdizione o l'incompetenza).

In altre parole, dunque, oggetto di eccezione può anche essere la mancanza di elementi o presupposti che consentano una definizione nel merito del processo ovvero la carenza di requisiti formali nell'atto; se l'eccezione di merito tende sempre e solo al rigetto della domanda proposta dall'attore, l'eccezione processuale o di rito tende ad una pronuncia che può essere di vario contenuto e con conseguenze diverse sotto il profilo del regime della sentenza.

Il regime delle eccezioni di rito è differenziato, nel senso per cui talune devono essere proposte entro precisi termini di decadenza e preclusione (si pensi per es. all'eccezione di incompetenza ex art. 38 c.p.c.), laddove altre sono rilevabili d'ufficio in ogni stato o grado del processo (eccezione di difetto di giurisdizione, di litispendenza, di estinzione).

Oggetto di particolare dibattito ed approfondimento in sede giurisprudenziale sono tuttora le eccezioni di difetto di legittimazione (attiva e passiva), cui ora la recente (e già sopra citata) giurisprudenza della Cassazione affianca, distinguendola, la eccezione di difetto di titolarità, nonché le eccezioni di giudicato.

Sotto il primo profilo va ricordata la già menzionata sentenza Cass. civ., sez. un., 16 febbraio 2016, con cui le Sezioni Unite hanno precisato che la titolarità del diritto o di una obbligazione è questione attinente al merito, essendo elemento costitutivo della domanda che va allegato e provato dall'attore; ne consegue che la contestazione o la negazione di tale titolarità da parte del convenuto costituisce mera difesa, proponibile in ogni stato e grado del giudizio.

Viene così affermata una distinzione concettuale rispetto alla legitimatio ad causam, attinente al diritto processuale ad agire in giudizio e costituente invece eccezione di rito (peraltro anch'essa rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio).

Relativamente alla eccezione di giudicato si segnala anzitutto Cass. civ., 12 luglio 2013, n. 17261, che espressamente ricorda come la giurisprudenza di legittimità sia «fermissima nel ritenere che l'esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d'ufficio (perfino nel giudizio di cassazione) sia qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, sia nell'ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata” e ciò in quanto “si tratta di un elemento che non può essere incluso nel fatto, perchè, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici e perchè, dunque il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del "ne bis in idem", corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione (Cass. civ., sez. un., n. 13916/2006; Cass. civ., sez. un., n. 24664/2007; Cass. civ., sez. un., n. 26041/2010; Cass. civ., sez. un., n. 16675/2011; Cass. civ., sez. un., n. 12159/2011)».

In altra più recente pronuncia, tuttavia, la Suprema Corte mostra di valorizzare l'eccezione di giudicato anche come eccezione di parte, pervenendo ad affermare il seguente principio: “L'eccezione di giudicato esterno, rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità, postula, ove sia formulata dalla parte, che quest'ultima, giusta l'art. 2697 c.c., comma 2, non si limiti alla mera allegazione della decisione da cui intende trarre giovamento, ma deduca, in modo specifico ed autosufficiente, che la materia del contendere oggetto del processo in corso sia coperta, in tutto o in parte, dal giudicato formatosi in altro, precedente, giudizio “ (Cass. civ., 13 giugno 2014, n. 13475).

Eccezione e domanda riconvenzionale

A differenza della mera difesa o delle eccezioni che tendono solo a far rigettare la pretesa attorea e non ampliano l'oggetto del processo, la domanda riconvenzionale è un'autonoma azione peraltro connessa al titolo dedotto in giudizio dall'attore (Cass. civ., 20 dicembre 2011, n. 27564), con cui il convenuto, ampliando il thema decidendum, chiede l'emissione di un provvedimento a sé favorevole e sfavorevole alla controparte.

Un tertium genus tra queste figure è quello della cd. eccezione riconvenzionale, con la quale la parte introduce in giudizio una situazione incompatibile con l'oggetto della domanda ma solo scopo di ottenerne il rigetto.

Pertanto, l'elemento distintivo tra eccezione riconvenzionale e domanda riconvenzionale va individuato nel fine che il deducente si propone, come manifestato dal contenuto della sua domanda processuale: se la parte si limita a richiedere il rigetto della domanda attorea si è in presenza di un'eccezione, se invece tende ad un risultato concreto diverso ed ulteriore si è in presenza di una domanda riconvenzionale (v. Cass. civ., 15 aprile 2010, n. 9044; Cass. civ., 24 luglio 2007, n. 16314; Cass. civ., 10 gennaio 1981, n. 246).

Riferimenti

FINZI, Il possesso dei diritti, Milano, 1968;

ORIANI, voce “Eccezione”, in Digesto disc. Privatistiche, VII, Milano 1998, 280 ss.;

SACCCO, Presunzione, natura costitutiva o impeditiva del fatto, onere della prova, RDC, 1957, I, 399;

VERDE, voce “Prova in generale”, in Enc. Dir., XXVII, Milano, 1988, 629 ss.

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