Espropriazione presso il terzo proprietario

Roberta Metafora
12 Agosto 2016

L'art. 2910, comma 2, c.c. prende in considerazione il fenomeno della responsabilità per debito altrui o, il che è lo stesso, di scissione tra debito e responsabilità; il terzo risponde con uno specifico bene di sua proprietà per un debito assunto da altri nei confronti del creditore procedente.
Inquadramento

Stando all'art. 2910, comma 2, c.c., il creditore può espropriare «anche i beni del terzo quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore».

La norma prende in considerazione il fenomeno della responsabilità per debito altrui o, il che è lo stesso, di scissione tra debito e responsabilità: il terzo risponde con uno specifico bene di sua proprietà per un debito assunto da altri nei confronti del creditore procedente.

Le ipotesi prese in considerazione dalla legge sono le seguenti:

1) il terzo ha acquistato un bene già gravato da pegno (art. 2784 c.c.) o da ipoteca (artt. 2808 e 2858 c.c.): si parla al riguardo di terzo acquirente a titolo particolare inter vivos o mortis causa del bene gravato dal pegno o da ipoteca;

2) il terzo ha concesso che venisse costituito sul proprio bene un diritto reale di garanzia per debito altrui: è l'ipotesi del terzo datore di pegno (art. 2784 c.c.) o di ipoteca (art. 2808 c.c.);

3) il terzo ha acquistato un bene con un atto poi dichiarato inefficace perché revocato per frode ai creditori (art. 2901 c.c.).

A queste ipotesi, poi, può aggiungersene una quarta per effetto della recente introduzione nel codice civile dell'art. 2929-bis (su cui v. infra).

Al riguardo, nonostante parte della dottrina sostenga che la disciplina relativa al terzo proprietario sia applicabile solo alle figure espressamente previste dalla legge (MANDRIOLI, Opposizione all'esecuzione, EdD, XXX, Milano, 1980, 444), prevale l'idea che l'elencazione contenuta in siffatto articolo non sia tassativa, potendo essere integrata alla luce di un criterio metodologico, volto a ricomprendere nella disciplina delineata dagli artt. 603 e 604 «tutte le ipotesi, nelle quali sia oggetto di espropriazione il bene di un terzo, non debitore, né responsabile con l'intero suo patrimonio» (TARZIA, Espropriazione contro il terzo proprietario, Dig. Civ., VIII, Torino 1992, 253).

L'ambito di applicazione degli artt. 602 e seguenti

Dalla lettura degli artt. 602 e ss. del codice di rito, dunque, si evince che è possibile procedere ad espropriazione di beni di un soggetto terzo rispetto al debito per cui si agisce:

  • quando detti beni sono vincolati a garanzia del credito per cui si procede;
  • quando il bene è acquistato da un terzo con atto successivamente revocato per frode il creditore del dante causa (o detta revocabilità sia presunta dalla legge, ricorrendo i presupposti dell'art. 2929-bis c.c.).

Prima di procedere alla disamina di queste ipotesi, merita di essere precisato che l'espropriazione contro il terzo proprietario trova applicazione sia nelle espropriazioni di beni mobili sia in quelle di beni immobili, a differenza di quanto accadeva sotto la vigenza dell'abrogato codice di procedura civile che all'art. 706 prendeva in considerazione solo il terzo possessore del bene immobile ipotecato.

Inoltre, occorre ricordare che può essere considerato terzo proprietario solo colui il quale abbia acquistato e trascritto il suo diritto prima del pignoramento.

Diversa è la posizione del terzo che abbia acquistato il diritto di proprietà sul bene dopo il pignoramento: costui rivestirà la qualità di terzo estraneo all'espropriazione, con la conseguenza che ad esso non potranno essergli attribuiti i poteri che spettano al terzo assoggettato all'esecuzione ai sensi dell'art. 604 (su cui v. infra). Ciò, per la ragione che, ai sensi dell'art. 2913 c.c., l'atto di trasferimento del bene pignorato compiuto successivamente al pignoramento è inefficace nei confronti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti; il bene pignorato, nonostante la sua alienazione, non cessa di essere oggetto del processo esecutivo, tanto che non si considererà la situazione giuridica del bene in quel tempo, ma quella esistente all'atto di pignoramento.

Da questa premessa, la giurisprudenza ricava che il terzo acquirente del bene pignorato, in quanto estraneo all'espropriazione, può solo proporre opposizione di terzo all'esecuzione laddove vanti la titolarità di un diritto reale o prevalente sul bene oggetto del pignoramento, nonché partecipare alla distribuzione del prezzo residuato dalla soddisfazione del creditore procedente e degli altri creditori intervenuti. Di contro, non potendo essere equiparato al terzo proprietario non può proporre opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi (Cass. civ., sez. III, 5 aprile 2012, n. 5539; Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2010, n. 15400).

Riassuntivamente, dalla posizione del terzo proprietario ex art. 602, che subisce legittimamente l'espropriazione in conseguenza del particolare rapporto che lo lega con il debitore subisce, va tenuta distinta quella del terzo legittimato a proporre l'opposizione ai sensi dell'art. 619, il quale contesta l'esecuzione avviata nei confronti del debitore chiedendo la separazione del bene di cui si afferma proprietario (o titolare di un diritto prevalente su di esso).

In particolare, elementi dell'opposizione di terzo all'esecuzione sono:

  • la deduzione dell'opponente di essere proprietario dei beni sottoposti all'espropriazione;
  • la volontà dichiarata dell'opponente di volere sottrarre i beni alla esecuzione in corso;
  • l'accertamento che all'opponente non si addice la qualifica di terzo assoggettato all'esecuzione, ai sensi dell'art. 602 c.p.c.

Di conseguenza, deve qualificarsi come opposizione di terzo all'esecuzione quella proposta dall'acquirente dal debitore esecutato dopo la trascrizione del pignoramento, dichiarando di essere proprietario dei beni pignorati e di volere sottrarre gli stessi all'espropriazione (Cass. civ., sez. III. 23 gennaio 2009, n. 1703; per maggiori approfondimenti, sia consentito rinviare a METAFORA, L'opposizione di terzo all'esecuzione, Napoli, 2012, 125 ss.).

Come accennato in precedenza, il creditore può condurre l'espropriazione contro il terzo proprietario di un bene gravato da ipoteca. Trattandosi di un diritto che si costituisce tramite l'iscrizione dell'atto nei registri a ciò preordinati (conservatoria, p.r.a., registro navale), secondo quanto dispone l'art. 2808 c.c., chi compra il bene gravato da ipoteca, con atto trascritto successivamente a questa, è tenuto a conoscere l'esistenza di una garanzia reale sul bene acquistato. L'ipoteca, inoltre, può avere ad oggetto soltanto beni immobili o mobili registrati o meglio, i diritti di proprietà (piena o nuda), di usufrutto (ad esclusione dell'usufrutto legale dei genitori, dei diritti di uso e abitazione, di usufrutto non cedibile ex art. 980), enfiteusi e superficie su tali beni.

CASISTICA

Parificato al terzo proprietario di un bene gravato da ipoteca è colui che diviene acquirente di un bene già ipotecato, per cui il terzo acquirente dell'immobile ipotecato è destinato a subire l'esecuzione sul bene nella stessa posizione ed allo stesso modo in cui la subisce il debitore pignorato in relazione al bene gravato dal vincolo, in quanto egli è il soggetto passivo dell'esecuzione allo stesso modo in cui lo è il debitore originario.

App. Bari, 9 gennaio 2012.

Terzo proprietario può inoltre essere considerato il terzo acquirente della nuda proprietà o del diritto di superficie o di enfiteusi sull'immobile ipotecato; al contrario, sarà sufficiente avvalersi delle forme dell'espropriazione mobiliare presso il debitore nel caso di diritto di servitù, uso e abitazione non opponibili al creditore procedente perché trascritte con atto successivo all'iscrizione dell'ipoteca.

MICCOLIS, L'espropriazione forzata per debito altrui, Torino, 1998, 75 ss.

È possibile agire con le forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario nei confronti del terzo usufruttuario, superficiario o enfiteuta datore di ipoteca o contro l'alienante del bene successivamente dato in pegno o ipotecato, quando l'alienazione sia stata annullata, rescissa o risolta.

SAVARESE, L'espropriazione contro il terzo proprietario, in Fontana – ROMEO, Il processo esecutivo, Padova, 2011, 464.

Trattandosi di garanzie reali e non personali, l'espropriazione contro il terzo proprietario non è esperibile nei confronti del fideiussore o dell'avallante.

TRAVI, Espropriazione contro il terzo proprietario, Dig. Civ., VIII, Torino 1992, 4.

Al terzo acquirente del bene ipotecato può essere parificato il terzo datore di ipoteca. Quest'ultimo, tuttavia, non può esercitare alcune facoltà espressamente riconosciute al primo: il datore di ipoteca non è legittimato a rilasciare i beni ai creditori iscritti per affrancarsi dal fastidio dell'espropriazione forzata, né può liberare il bene dall'ipoteca nelle forme di cui agli artt. 2889 ss. c.c.

Anche il proprietario di bene gravato da pegno potrebbe subire l'esecuzione nelle forme degli artt. 602 e seguenti; tuttavia, a causa dell'assenza di un'adeguata forma di pubblicità relativa alla circolazione di beni mobili e universalità di mobili, nonché dalle specifiche modalità di vendita forzata dei pegni è abbastanza difficile che vi sia la necessità di ricorrere alle forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario (MICCOLIS, L'espropriazione per debito altrui, Torino, 1998, 79).

La natura meramente esemplificativa della norma, inoltre, permette di affermare che terzo proprietario può essere considerato anche il proprietario di bene gravato da privilegio speciale: il creditore privilegiato, quindi, dovrà far espropriare il bene oggetto di privilegio contro il terzo proprietario, in tutti i casi in cui il diritto di quest'ultimo sia a lui conosciuto o conoscibile.

È terzo proprietario l'avente causa dal debitore il cui acquisto sia stato revocato per frode. Al riguardo, la giurisprudenza afferma costantemente che la azione revocatoria ordinaria assolve alla alla funzione di ricostruire la garanzia generica assicurata al creditore, ex art. 2740 c.c., dal patrimonio del debitore, che si prospetti compromessa dall'atto di disposizione da questi realizzato. Sul piano processuale, l'art. 2901 c.c. concede al creditore la facoltà di ottenere la declaratoria di inefficacia di un determinato atto negoziale, con conseguente successiva facoltà di soddisfare le proprie pretese aggredendo il bene oggetto dell'atto revocato, nelle forme espropriative di cui agli artt. 602 e seguenti del codice di rito (Trib. Roma, sez. fall., 13 gennaio 2015; Trib. Nocera Inferiore, sez. I, 16 settembre 2011).

In evidenza

Nel caso in cui lo stesso immobile venga alienato due volte, l'accoglimento dell'azione revocatoria proposta con riferimento alla prima alienazione è inopponibile al secondo acquirente, quand'anche in mala fede, se questi abbia trascritto il proprio acquisto prima della trascrizione della domanda di revocazione. In tal caso il creditore, ove assuma che anche la seconda vendita sia stata eseguita in frode del suo diritto, dovrà promuovere una nuova azione revocatoria nei confronti del secondo acquirente, oppure proporre tale azione in via riconvenzionale, nell'eventuale giudizio di opposizione all'esecuzione proposto dal subacquirente (Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2012, n. 6278).

La procura alle liti conferita all'avvocato per l'esercizio dell'azione revocatoria può legittimare il difensore (se conferita "per ogni fase del giudizio") ad agire in executivis nei confronti dei soli soggetti che hanno partecipato al giudizio intrapreso dal creditore ai sensi degli artt. 2901 ss. c.c. Se, invece, l'esecuzione deve essere promossa nei confronti del terzo, che, nelle more del giudizio di revocazione, abbia subacquistato il bene oggetto dell'atto revocato e che non abbia partecipato a detto giudizio, sarà necessaria una nuova procura al difensore, a nulla rilevando che la sentenza sia opponibile anche al terzo proprietario, siccome trascritta prima della trascrizione del subacquisto da parte di quest'ultimo (Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2012, n. 6282).

La notificazione del titolo esecutivo e del precetto

Al fine di porre il terzo nella condizione di essere conoscenza l'esistenza dell'espropriazione forzata a suo danno, il codice di rito impone al creditore di notificare titolo esecutivo e precetto anche al terzo (Cass. civ., sez. III, 8 aprile 2003, n. 5507; Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2007, n. 20580).

Dal tenore dell'art. 603 (secondo cui «il titolo esecutivo e il precetto debbono essere notificati anche al terzo»), si evince che il titolo esecutivo che va notificato al terzo è quello ottenuto contro il debitore, senza che vi sia necessità di un titolo autonomo contro il terzo; quanto al precetto, merita di essere ricordato come il secondo comma dell'art. 603 imponga di integrare le previsioni dell'art. 480 con l'indicazione del bene (o dei beni) di cui si minaccia l'espropriazione, dal momento che il terzo risponde per il debito in questione soltanto con essi e non con il suo intero patrimonio.

La mancanza di tale indicazione non vizia radicalmente l'espropriazione se, mancata l'opposizione al precetto ai sensi dell'art. 615, comma 1, non venga proposta l'opposizione agli atti esecutivi (ORIANI, Opposizione all'esecuzione, Dig. Civ., XIII, Torino, 1992, 282 ss.).

Come accennato, il precetto deve essere sottoscritto dal difensore munito di apposita procura, non valendo ai fini in esame la procura rilasciata per la fase di merito, quando il terzo non sia stato parte del giudizio instaurato dal creditore poi procedente in via esecutiva (Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2012, n. 6282, cit.).

La notificazione del precetto, ha, nei confronti del terzo, la mera funzione di avvertire dell'imminente espropriazione, cui sarà dato corso nel caso in cui il debitore non paghi il debito per cui è stato intimato entro il termine. In tal modo, il terzo è messo in condizione di evitare l'espropriazione a suo danno, preparando le difese con i rimedi, ad esempio, degli artt. 2859 e 2870 c.c., oppure decidendo di pagare lui stesso il creditore, pur non essendo egli obbligato (Cass. civ., sez. III, 8 aprile 2003, n. 557).

Nel precetto, dunque, l'intimazione ad adempiere non va rivolta al terzo ma soltanto al debitore (Trib. Napoli 2 febbraio 2002, DF 2002, II, 758, ove si statuisce anche che il terzo datore d'ipoteca ed il terzo acquirente dell'immobile ipotecato, non sono obbligati in solido col debitore principale).

La posizione processuale del terzo proprietario (e del debitore)

Poiché il terzo risponde dell'obbligazione altrui con un bene di sua proprietà, la legge impone che costui partecipi al procedimento espropriativo, nonostante la sua estraneità all'obbligo per il quale si procede.

Più precisamente, destinatario del pignoramento e di tutti gli atti di espropriazione è il terzo proprietario (Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2012, n. 535).

Il debitore diretto, pur non legittimato passivo dell'azione esecutiva avente ad oggetto il bene di proprietà del terzo, è tuttavia parte necessaria poiché partecipa al relativo procedimento a titolo diverso da quello del proprietario e deve essere sentito quando le norme regolatrici della procedura lo prevedano, in quanto portatore dell'interesse a far valere le sue eventuali ragioni nei confronti del creditore e, comunque, a far sì che l'espropriazione si concluda nel modo più vantaggioso per quest'ultimo. Se infatti il debitore ha un interesse soltanto indiretto ad evitare l'espropriazione, al fine di evitare la rivalsa nei suoi confronti da parte del suo avente causa, che ex artt. 2866 e 2871 c.c. ha un diritto di regresso contro di lui, la giurisprudenza tuttavia richiede comunque la sua partecipazione al processo, di cui egli è parte in senso formale, su posizione di parità rispetto al terzo espropriato (Cass. civ., sez. I, 28 gennaio 2016, n. 1620; Cass. civ., sez. III, 4 maggio 2015, n. 8891; Cass. civ., sez. III, 22 marzo 2011, n. 6546).

Nel caso particolare in cui si espropri un bene del quale il debitore abbia ceduto soltanto l'usufrutto ad un terzo (nel caso, evidentemente, in cui tale diritto non sia comunque opponibile al terzo creditore procedente) restando titolare della nuda proprietà, il debitore è invece direttamente interessato all'espropriazione forzata, che si svolge nelle forme degli artt. 602 ss. limitatamente al diritto di usufrutto.

Il terzo, al pari del debitore, ha tutte le facoltà a quest'ultimo riconosciute dalla legge (Trib. S.M. Capua Vetere, sez. I, 5 febbraio 2010): può chiedere la conversione del pignoramento ai sensi dell'art. 495, può proporre le opposizioni di merito e di forma riservate al debitore (artt. 615 e 617 c.p.c.), per cui nel giudizio di opposizione all'esecuzione, promosso contro il creditore procedente dal terzo assoggettato all'esecuzione, il debitore, assieme al creditore, assume la veste di legittimo e necessario contraddittore, quale soggetto nei cui confronti l'accertamento della ricorrenza o meno dell'azione esecutiva contro il terzo è destinato a produrre effetti immediati e diretti (App. Roma, sez. II, 15 febbraio 2007); ne consegue che le sentenze rese in un giudizio di opposizione all'esecuzione promossa nei confronti di beni del terzo in cui non sia stato evocato in causa anche il debitore necessario sono "inutiliter datae" e tale nullità, ove non rilevata dai giudici di merito, va rilevata d'ufficio dal giudice di legittimità con remissione della causa al giudice di primo grado. Stesso discorso può ripetersi nel giudizio di cui all'art. 512 c.p.c., giacché il debitore originario è il soggetto nei cui confronti l'accertamento della sussistenza e dell'entità dei crediti e dei privilegi posti a base dell'azione esecutiva contro il terzo è destinato a produrre effetti immediati e diretti, sicché, ove egli non sia stato evocato in giudizio, la sentenza resa nella controversia distributiva è "inutiliter data" e la conseguente nullità, se non precedentemente rilevata in sede di merito, deve essere rilevata d'ufficio dal giudice di legittimità con rimessione della causa al giudice di primo grado (Cass. civ., sez. III, 4 maggio 2015, n. 8891).

Unica eccezione alla regola della totale equiparazione tra la posizione del terzo proprietario e quella del debitore è rappresentata dalla possibilità per il terzo di fare acquistare il bene in vendita forzata di cui all'art. 579, comma 1. La ratio del divieto (impedire che il debitore possa liberarsi dell'obbligazione pagando una somma inferiore al credito per il quale si procede) non trova infatti motivo di esistere nei confronti del terzo, il quale, estraneo al rapporto obbligatorio, deve avere la possibilità di sottrarsi al processo esecutivo abbandonando i beni ai creditori (art. 2858 c.c.) ovvero trovando conveniente l'acquisto del bene qualora il credito garantito ecceda il valore del bene stesso, giovandosi così dell'effetto purgativo della vendita forzata.

FALLIMENTO DEL DEBITORE DIRETTO O DEL TERZO PROPRIETARIO: CONSEGUENZE

Nel caso in cui il debitore fallisca, la relativa dichiarazione di fallimento non impedisce l'instaurazione e/o la prosecuzione dell'espropriazione ex art. 602 c.p.c. verso il terzo acquirente, assicurandosi la presenza ivi del primo tramite la partecipazione del curatore, salvo che non risulti configurabile un suo interesse a contrastare in proprio la pretesa azionata in giudizio per l'eventualità che la stessa sia fatta valere anche nei suoi confronti, una volta ritornato "in bonis". (Cass. civ., sez. I, 28 gennaio 2016, n. 1620; Cass. civ., sez. III, 4 maggio 2015, n. 8891)

Fallimento del debitore e espropriazione verso il terzo acquirente

Nel caso di fallimento del debitore diretto, inoltre, l'opposizione ex art. 615 c.p.c. dovrà essere promossa altresì contro di questi, in proprio e per l'eventualità che ritorni o sia ritornato "in bonis", allorché il creditore opposto adduca l'insufficienza dei pagamenti conseguiti in sede fallimentare, a fronte del più ampio oggetto del proprio credito rispetto ai limiti della pretesa azionabile verso il curatore e, dall'altro lato, il terzo esecutato opponga il carattere pienamente satisfattivo dei pagamenti conseguiti nella predetta sede. (Cass. civ., sez. III, 22 marzo 2011, n. 6546; Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2004, n. 19562)

Fallimento del debitore diretto e opposizione

Nel caso di fallimento del terzo datore di ipoteca, i creditori titolari del diritto di ipoteca sui beni immobili compresi nel fallimento, costituiti in garanzia dei crediti vantati verso debitori diversi dal fallito, non possono avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo, atteso che il terzo non è creditore diretto del fallito e l'accertamento dei suoi diritti non può essere sottoposto alle regole del concorso, senza che sia instaurato il contraddittorio con la parte che si assume essere sua debitrice, dovendosi essi avvalere, per la realizzazione dei loro diritti in sede esecutiva, delle modalità di cui agli artt. 602-604 c.p.c. in tema di espropriazione contro il terzo proprietario. (Cass. civ., sez. un., 19 maggio 2009, n. 11545; Cass. civ., sez. I, 9 febbraio 2016, n. 2540)

Fallimento del terzo datore di ipoteca

L'azione revocatoria semplificata di cui all'art. 2929-bis c.c.

L'introduzione ad opera del d.l. 27 giugno 2015, n. 83 (convertito il l. 6 agosto 2015, n. 132) dell'art. 2929-bis c.c., ha determinato il sorgere di una nuova ipotesi in cui è possibile avvalersi dell'espropriazione contro il terzo proprietario.

Stando alla norma appena citata, laddove successivamente al sorgere del credito il debitore depauperi il proprio patrimonio per effetto del compimento di un atto di costituzione di un vincolo di indisponibilità o di alienazione avente per oggetto beni immobili o mobili registrati compiuto dal debitore a titolo gratuito, il creditore potrà agire in via immediata sui beni fuoriusciti dal patrimonio del debitore con le forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario (art. 2929-bis, comma 2, c.c.), senza dover ottenere preventivamente una sentenza di inefficacia dell'atto di disposizione, a patto che (oltre ad essere munito di titolo esecutivo) trascriva il pignoramento entro un anno dalla data in cui è stato trascritto l'atto di disposizione a titolo gratuito.

Identica disposizione di favore si applica al «creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell'atto pregiudizievole, interviene nell'esecuzione da altri promossa».

Dunque, alcuni creditori potranno giovarsi di una presunzione di «intenzione fraudolenta» (i.e. di dolo) in capo al debitore che evita loro il previo esperimento dell'azione revocatoria ordinaria, consentendo l'immediata aggressione esecutiva dei beni.

Questa presunzione ribalta gli ordinari meccanismi di tutela del credito: mentre in passato era onere del creditore provare, oltre la legittimazione attiva, anche l'eventus damni e il consilium fraudis, oggi sarà onere del debitore, del terzo interessato e di ogni altro interessato alla conservazione del vincolo reagire all'esecuzione iniziata proponendo opposizione all'esecuzione.

Scopo evidente della norma è quello di limitare il ricorso abusivo a negozi quali il trust e il fondo patrimoniale, utilizzati non di rado con finalità elusive della regola di cui all'art. 2740, comma 1, c.c., venendo così ad assumere una funzione strumentale e distorta rispetto all'originario scopo solidaristico in ambito familiare in vista del quale erano stati concepiti.

Ad esempio, con riferimento al negozio costitutivo del fondo patrimoniale proveniente dai coniugi (o da uno di essi), non par dubbio che non sarà più necessario l'esperimento dell'azione revocatoria per ottenere la caducazione del limite alle azioni esecutive, circoscritto dall'art. 170 c.c. ai debiti contratti per i bisogni della famiglia.

La nuova azione vuole evitare che il soggetto la cui posizione creditoria sia anteriore all'atto di disposizione, ma non sia tutelata dall'esistenza di una garanzia reale, quale il pegno o l'ipoteca, sia costretto, nei casi citati, a ricorrere all'azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.) che – oltre a richiedere specifici presupposti (in particolare, il dolo del debitore) – permette di azionare la tutela esecutiva solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza (art. 2902 c.c.); dalla disciplina dell'art. 2929-bis dovrebbe derivare, quindi, sia una riduzione dei costi da sopportare per la realizzazione coattiva del credito, sia una diminuzione del contenzioso.

La norma, così concepita, introduce una ipotesi di automatica inefficacia temporanea e relativa ex lege dell'atto costitutivo del vincolo di indisponibilità ovvero dell'atto di alienazione (a titolo gratuito); merita tuttavia di essere precisato che, in tanto può essere considerato inefficace l'atto impositivo del vincolo di indisponibilità o di alienazione, in quanto ricorrano (diacronicamente) i seguenti presupposti:

  • il creditore trascriva il pignoramento entro e non oltre l'anno successivo alla trascrizione degli atti impositivi dei vincoli;
  • il debitore non reagisca all'azione esecutiva così instaurata, tramite la proposizione di un'opposizione esecutiva.

In altre parole, l'inefficacia è frutto di una fattispecie complessa a formazione successiva, in cui elementi costitutivi sono il pignoramento e la sua relativa trascrizione ad opera del creditore e la mancata opposizione del debitore.

Trascorso l'anno dalla trascrizione dell'atto costitutivo del vincolo di indisponibilità ovvero dell'atto di alienazione compiuti a titolo gratuito, dunque, cessa questa situazione di inefficacia temporanea ex lege (verso i creditori anteriori) salva la possibilità per il creditore, nei successivi quattro anni (o, per essere più precisi, nei cinque anni dal compimento dell'atto) di ottenere comunque la dichiarazione di inefficacia finalizzata all'avvio dell'azione esecutiva, a seguito del vittorioso esperimento della azione revocatoria di cui all'art. 2901 c.c. (e salve sempre e disposizioni speciali in materia di revocatoria fallimentare e di revocatoria penale).

Dall'analisi dell'art. 2929-bis c.c., si desume che in tanto il creditore può sottoporre ad esecuzione il bene immobile (o mobile registrato) se:

  • il creditore sia munito di un titolo esecutivo;
  • il titolo esecutivo riguardi un credito sorto prima del compimento dell'atto di disposizione del patrimonio da parte del debitore;
  • il debitore abbia posto in essere a favore di un terzo un atto di alienazione o di indisponibilità a titolo gratuito avente ad oggetto il bene che si intende sottoporre ad esecuzione;
  • l'atto di pignoramento, non solo sia stato notificato, ma sia stato reso pubblico mediante trascrizione (se si tratta beni immobili) o iscrizione nei pubblici registri (se si ha riguardo ai beni mobili registrati) entro un anno dalla trascrizione dell'atto di alienazione.

Riferimenti

ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957;

Capponi, Espropriazione contro il terzo proprietario, in Bove-Capponi-Martinetto-Sassani, L'espropriazione forzata, Torino 1988, 539;

MANDRIOLI, Opposizione all'esecuzione, EdD, XXX, Milano 1980, 440;

METAFORA, L'opposizione di terzo all'esecuzione, Napoli, 2012;

MICCOLIS, L'espropriazione forzata per debito altrui, Torino, 1998;

ORIANI, Opposizione all'esecuzione, Dig. Civ., XIII, Torino 1995;

SAVARESE, L'espropriazione contro il terzo proprietario, in Fontana-Romeo, Il processo esecutivo, Padova 2011;

TARZIA, Espropriazione contro il terzo proprietario, NNDI, VI, Torino 1960, 967 ss.;

TRAVI, Espropriazione contro il terzo proprietario, Dig. Civ., VIII, Torino, 1992.

Sommario