Laura Mancini
24 Novembre 2016

Attraverso l'esecuzione forzata in forma specifica l'ordinamento attua in via coattiva la ricostituzione diretta ed integrale dell'interesse sotteso alla situazione giuridica soggettiva violata. In conseguenza di tale restaurazione il diritto violato conserva la sua originaria identità, nel senso che vi è coincidenza tra il diritto soddisfatto e il diritto oggetto dell'esecuzione.
Inquadramento

Attraverso l'esecuzione forzata in forma specifica l'ordinamento attua in via coattiva la ricostituzione diretta ed integrale dell'interesse sotteso alla situazione giuridica soggettiva violata: in conseguenza di tale restaurazione il diritto violato non subisce una trasformazione oggettiva, così come avviene nell'espropriazione - in cui il soddisfacimento del credito si realizza attraverso la liquidazione di beni del patrimonio del debitore -, ma conserva la sua originaria identità, nel senso che vi è coincidenza tra il diritto soddisfatto e il diritto oggetto dell'esecuzione.

L'esecuzione in forma specifica è disciplinata in parte nel libro VI del codice civile, agli artt. 2930-2933, ed in parte nel libro III, titolo III del codice di procedura civile, agli artt. 605-614.

Tali disposizioni riguardano due distinte fattispecie, ossia l'esecuzione per consegna e rilascio e l'esecuzione degli obblighi di fare e di non fare.

In evidenza

Nonostante la collocazione sistematica tra le norme dedicate all'esecuzione in forma specifica, esula dalla disciplina dell'esecuzione forzata l'art. 2932 c.c., il quale regola un'azione di cognizione di natura costitutiva.

Attraverso la prima di tali tipologie di esecuzione il titolare del diritto leso ottiene, all'esito di una modificazione della sola realtà materiale, la disponibilità fattuale del bene, mobile o immobile, su cui vanta un diritto, senza che tale ultimo diritto subisca alcuna alterazione giuridica.

Con l'esecuzione di obblighi di fare e non fare, all'esito della surrogazione di tali attività dovute dall'esecutato, viene restaurata con immediatezza la situazione materiale anteriore alla violazione del diritto, il quale, tuttavia, neanche in questo caso subisce alcuna immutazione. Con tale forma di esecuzione si attuano obblighi positivi di fare alcunché e obblighi negativi di non fare, i quali ultimi, in conseguenza dell'inosservanza da parte dell'obbligato, si trasformano anch'essi in obblighi a contenuto positivo aventi ad oggetto l'attività di disfare quanto realizzato in spregio al divieto (ad esempio, la demolizione di una costruzione eretta in violazione delle distanza legali).

Tanto l'esecuzione per consegna e rilascio, quanto l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare postula, dunque, un obbligo da eseguire specificamente, il quale può trarre origine dalla legge (si pensi, ad esempio , alla violazione degli obblighi conseguenti all'affidamento dei minori), dal contratto (si pensi, ad esempio, all'obbligo di rilascio del bene locato) o dalla violazione di un diritto assoluto (quale, ad esempio, la proprietà attraverso la realizzazione di un manufatto in spregio ad una servitus altius non tollendi), ma la cui fonte diretta ed immediata è sempre una sentenza di condanna contenente l'accertamento della violazione di siffatti obblighiprimari.

L'esecuzione forzata in forma specifica, così come l'espropriazione forzata, è una forma di esecuzione diretta e si distingue, pertanto, dall'esecuzione indiretta, la quale si attua per mezzo delle misure coercitive o astreintes (introdotte nel nostro sistema con la l. n. 69/2009, il cui art. 49 c. 1 ha aggiunto alla disciplina del titolo IV l'art. 614-bis c.p.c. (attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare).

L'esecuzione in forma specifica si differenzia, altresì, dal risarcimento in forma specifica disciplinato dall'art. 2058 c.c., il quale integra, innanzitutto, un'azione di cognizione e non esecutiva e, in secondo luogo, una forma di tutela non specifica, ma surrogatoria.

Attraverso il risarcimento in questione l'ordinamento mira, infatti, a far conseguire al titolare del diritto violato non certo lo specifico interesse ad esso sotteso, ma altra utilità ad esso equivalente.

Il risarcimento in forma specifica consiste, infatti, in una riparazione, sia pure diretta e immediata, delle conseguenze negative del fatto illecito dannoso o dell'inadempimento (si pensi, ad esempio, alla riparazione, da parte dello stesso danneggiante, del bene danneggiato).

Esso va distinto, prima che dall'esecuzione specifica, dalla tutela ripristinatoria di cognizione (di cui le azioni a tutela dei diritti reali sono l'esempio più significativo), la quale assicura la ricostituzione del diritto violato nella sua originaria identità.

Il risarcimento del danno in forma specifica, come la tutela risarcitoria in generale, postula un danno e mira a rimuoverlo; la tutela ripristinatoria presuppone la lesione del diritto – a prescindere dalle sue conseguenze - e mira a restaurarlo.

In evidenza

Tanto la tutela risarcitoria in forma specifica, quanto la tutela ripristinatoria sono suscettibili di esecuzione forzata in forma specifica, ma nel primo caso il diritto oggetto di esecuzione è di formazione giudiziale, nel senso che nasce come sanzione in conseguenza della lesione del diritto originario; nel secondo caso, invece, il diritto oggetto di ripristino e, quindi, di soddisfacimento con l'esecuzione in forma specifica è esattamente quello originario.

Le situazioni soggettive tutelabili

L'individuazione dei diritti tutelabili con l'esecuzione in forma specifica ha formato oggetto di discussione tra gli interpreti.

Una parte della dottrina sostiene che con tale forma di esecuzione possono essere tutelati esclusivamente i diritti assoluti, di natura personale e reale, e non anche i diritti di obbligazione, così contrapponendo, ai fini dell'individuazione della tutela esecutiva, situazioni strumentali a situazioni finali.

Tale impostazione che, dunque, ritiene suscettibili di esecuzione in forma specifica le sole situazioni giuridiche soggettive finali, fa leva sulla diversa struttura dei diritti assoluti e relativi e segnatamente sulla previsione dell'art. 2910 c.c. che, stabilendo che il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può espropriare i beni del debitore, individua, appunto, nell'espropriazione il sistema generale di attuazione dei diritti di credito. Né, secondo l'opinione in esame, l'obbligo di consegnare, di fare o di non fare cui fanno riferimento le norme sull'esecuzione in forma specifica coincide con una vera e propria obbligazione, in quanto obbligo affatto autonomo, ma strumentale all'attuazione del diritto assoluto il quale non subisce, in conseguenza dell'esecuzione, alcuna modificazione oggettiva.

A tale impostazione è stato obiettato che ciò che rileva ai fini dell'esecuzione forzata non è tanto il diritto da tutelare, quanto l'obbligo rimasto inadempiuto da surrogare.

Ed è ininfluente il fatto che detto obbligo fosse originariamente collegato ad un diritto reale o personale, ovvero se esso avesse ab origine ad oggetto la consegna, il rilascio un fare o un non fare, oppure se sia nato in funzione dell'eliminazione del risultato di un'azione antigiuridica (ad esempio di una condotta violativa di un diritto reale).

Le condizioni e i presupposti processuali dell'azione esecutiva in forma specifica

In generale, a differenza dell'azione di cognizione – la cui esistenza dipende dall'ipotetica accoglibilità della domanda, la quale si articola nelle condizioni dell'azione rappresentate dalla legittimazione ad agire, dall'interesse ad agire e dalla possibilità giuridica -, l'azione esecutiva consta di un'unica condizione, necessaria e sufficiente, coincidente con l'accertamento, consacrato nel titolo esecutivo, del diritto sostanziale da eseguire.

Nell'esecuzione in forma specifica e, in particolare, in quella degli obblighi di fare l'azione è, tuttavia, condizionata ad un'ulteriore fattore, costituito dalla necessità di invadere la sfera giuridica dell'obbligato e di superare gli ostacoli connessi a tale ingerenza.

Secondo una parte della dottrina l'azione esecutiva è, infatti, inammissibile nel caso in cui, nonostante l'inattività dell'obbligato, il creditore potrebbe conseguire l'attuazione dell'interesse perseguito esercitando di propri poteri sostanziali, perché il debitore non oppone resistenza.

Non condividono tale impostazione altra dottrina e la stessa giurisprudenza, secondo le quali in tale situazione il creditore può, comunque, avvalersi dell'azione esecutiva al fine di ottenere una più facile liquidazione delle spese (Cass., n. 1043/1970).

Diverso è il caso in cui ai fini dell'attuazione del diritto del creditore non è proprio necessario invadere la sfera giuridica del debitore perché l'utilità ad esso connessa può essere ottenuta attraverso l'esercizio di poteri sostanziali in titolarità dello stesso creditore.

Ad esempio, se l'attività di fare riguarda un bene che è nella disponibilità del creditore, in caso di inerzia del debitore l'avente diritto può fare eseguire detta attività da un terzo, salvo il diritto di ottenere il rimborso delle spese dall'obbligato.

Diverso è il caso in cui deve essere distrutta un'opera realizzata illegittimamente presso l'immobile in proprietà del creditore e concesso in godimento al debitore. In tale ipotesi per incidere nella sfera giuridica di quest'ultimo è indefettibile il ricorso all'esecuzione forzata in forma specifica (Cass., n. 4815/1980; Cass., n. 5637/1987).

Può, dunque, affermarsi che condizione speciale dell'azione esecutiva in forma specifica è l'esigenza di invadere la sfera giuridica dell'obbligato al fine di ottenere l'attuazione del diritto.

Ne consegue che, al di fuori del caso in cui tale risultato possa essere conseguito autonomamente dal creditore, ossia con l'esercizio dei poteri sostanziali costituenti il contenuto del proprio diritto e senza ingerirsi nella sfera del debitore, il ricorso allo strumento dell'esecuzione in forma specifica è indefettibile.

In evidenza

In quest'ottica si colloca il principio giurisprudenziale secondo il quale la sentenza di condanna all'esecuzione di obblighi di fare non può autorizzare la parte interessata - in caso di inerzia dell'obbligato - a procedere direttamente all'esecuzione, atteso che la mancata attuazione di quel titolo esecutivo abilita soltanto la parte a rivolgersi al giudice dell'esecuzione, perché provveda a tutti gli adempimenti funzionalmente al medesimo demandati dagli art. 612-613 c.p.c. (Cass., n, 6402/1984; Cass., n. 3542/1980; Cass., n. 1386/1979; Cass., n.1665/1975).

Presupposti processuali generali dell'azione esecutiva sono la competenza e la legittimazione processuale.

La competenza per l'esecuzione ex art. 605 c.p.c. è devoluta al Tribunale in funzione di giudice unico del luogo dove le cose si trovano (art. 26 c.p.c. comma 1). Si tratta di competenza territoriale inderogabile (art. 28 c.p.c.). Per l'esecuzione degli obblighi di fare è, invece, competente il Tribunale del luogo in cui l'obbligo deve essere eseguito (art. 26 c.p.c. comma 3).

Quanto alla legittimazione processuale, non si registrano particolarità con riferimento all'esecuzione forzata in forma specifica, in cui trovano, pertanto, applicazione le disposizioni contenute nell'art. 75 c.p.c. dettate per il processo di cognizione.

Con riferimento ai presupposti speciali, anche l'esecuzione in forma specifica deve essere preceduta dalla notificazione del titolo esecutivo e dell'atto precetto ai sensi dell'art. 479 c.p.c., ma, a differenza dell'espropriazione, la quale può essere fondata tanto su titoli giudiziali che stragiudiziali, può essere introdotta solo da titoli giudiziali.

Va, tuttavia, precisato che con la riforma del 2005 l'esecuzione per consegna e rilascio può essere supportata anche dagli “atti ricevuti da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli” (art. 474 c.p.c. comma 3).

Il precetto che preannuncia l'esecuzione in forma specifica deve contenere, oltre ai requisiti di cui all'art. 480 c.p.c., anche la descrizione sommaria dei beni mobili da consegnare o dei beni immobili da rilasciare (art. 605 c.p.c. comma 2) nell'esecuzione per consegna e rilascio; nell'esecuzione di obblighi di fare e non fare deve, invece, indicare il risultato cui mira l'esecuzione con esso minacciata, mentre le concrete modalità di attuazione verranno stabilite dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 612 c.p.c. comma 1.

L'oggetto degli obblighi da eseguire

Condizione indefettibile per il ricorso all'esecuzione in forma specifica è il carattere determinato della res oggetto dell'obbligo da eseguire.

Gli obblighi relativi a cose generiche (artt. 1178 e 1378 c.c.) non sono suscettibili di esecuzione in forma specifica (Cass., n. 887/1958), ostandovi la necessità di tutelare gli altri creditori ai sensi dell'art. 2741 c.c., posto che con la consegna della cosa generica si produrrebbe il trasferimento in proprietà della stessa, così che verrebbe ad essere snaturata la funzione dell'esecuzione per consegna che è quella di far conseguire al creditore la sola disponibilità materiale della cosa.

La dottrina non ravvisa, invece, ostacoli all'esecuzione per consegna di una massa di cose ai sensi dell'art. 1377 c.c.. Non è, invece, configurabile la consegna o il rilascio di una quota ideale, giacché oggetto di tale esecuzione può essere solo un bene o una parte determinata di esso (Tribunale di Monza, 24 marzo 1979; di diverso avviso Cass., n. 572/1985).

L'esecuzione di obblighi di fare e non fare postula, altresì, la fungibilità della prestazione dovuta, dalla quale deriva la sua surrogabilità ovvero la sua realizzabilità da parte di un terzo a prescindere dalla volontà dell'obbligato e con effetto satisfattivo dell'interesse del creditore.

Si tratta di un limite connaturale all'esecuzione in forma specifica che deriva da esigenze non giuridiche, ma fattuali. La prestazione del terzo deve, infatti, produrre il risultato che sarebbe conseguito all'adempimento del debitore.

E', invece, infungibile la prestazione che postula un'autonoma e specifica determinazione di volontà dell'obbligato e si risolve in una sua attività personale ed insostituibile.

Ad esempio, sono obblighi infungibili e, quindi, incoercibili, quelli aventi ad oggetto prestazioni intuitu personae, sia quelle aventi ad oggetto atti negoziali o, in generale, giuridici, e quelli che presuppongono l'adempimento di un soggetto estraneo al rapporto obbligatorio.

Costituisce obbligo fungibile quello di distruzione di un quid novi realizzato in spregio ad un obbligo di non fare. L'attività puramente materiale di distruzione dell'opus ben può essere compiuta da un soggetto terzo diverso dal debitore.

Quando non è possibile surrogare il comportamento del debitore, l'esecuzione in forma in forma specifica rimane inattuabile e l'unico sistema per ottenere la realizzazione del diritto va individuato nell'esecuzione indiretta che si realizza attraverso le misure coercitive ed è disciplinata dall'art. 614-bis c.p.c..

Gli obblighi di pati

L'obbligo da eseguire in forma specifica deve necessariamente avere ad oggetto un comportamento positivo del debitore: la consegna o il rilascio del bene, nell'esecuzione ex art. 2930 c.c.; un facere, nell'esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare, un disfare quanto era stato realizzato in spregio ad un divieto, nell'esecuzione degli obblighi di non fare.

Si è posto il problema dell'attuabilità in forma specifica degli obblighi aventi ad oggetto un pati, ossia il tollerare che il creditore compia una determinata attività.

La dottrina propone una distinzione secondo l'interesse realizzato dall'attività del creditore.

Ove detto interesse sia soddisfatto dal risultato dell'attività (ad esempio in relazione al diritto di servitù di acquedotto, la costruzione e manutenzione di un'opera sul fondo altrui) è possibile ricorrere all'esecuzione degli obblighi di fare (Cass., n. 914/1969; Cass., n. 1749/1980). Laddove, invece, l'interesse si realizzi attraverso lo svolgimento di una determinata attività (ad esempio il passaggio su un fondo), l'unico sistema di attuazione di tale situazione soggettiva è costituito dall'esecuzione indiretta.

La stessa dottrina evidenzia che nel primo caso l'esecuzione, a differenza che nell'esecuzione degli obblighi di fare, non surroga l'attività del debitore, ma sostituisce l'attività del creditore.

Ne consegue che nel primo caso le spese dell'esecuzione sono a carico del debitore; nel secondo sono a carico del creditore.

L'individuazione delle modalità dell'esecuzione in forma specifica

Tanto nell'esecuzione per consegna e rilascio, quanto in quella degli obblighi di fare e non fare può porsi il problema dell'individuazione della portata precettiva del titolo esecutivo e delle modalità dell'esecuzione.

In particolare, nell'esecuzione ex artt. 605 e ss. c.p.c. può porsi l'esigenza di risolvere difficoltà di ordine non meramente pratico (le quali ultime devono essere superate dall'ufficiale giudiziario, magari avvalendosi della forza pubblica), quali l'intervento di terzi che rivendichino diritti sul bene oggetto di consegna o rilascio, l'identificazione delle cose che occorre consegnare o la loro separazione da altre che non formano oggetto dell'esecuzione. In tal caso è previsto un potere del giudice dell'esecuzione di emettere provvedimenti temporanei (art. 610 c.p.c. e art.183 disp. att. c.p.c.) a carattere speciale e residuale, posto che esso non può avere ad oggetto contestazioni deducibili con i rimedi dell'opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi.

Nell'esecuzione degli obblighi di fare e non fare l'individuazione dell'attività da compiere per attuare l'interesse del creditore è più complessa e spetta al giudice dell'esecuzione dettare con l'ordinanza ex art. 612 c.p.c. le modalità pratiche delle operazioni necessarie per la realizzazione dell'ordine contenuto nel titolo esecutivo.

Costituisce principio acquisito quello per il quale nel titolo esecutivo e nel precetto è contenuta l'indicazione del risultato delle operazioni esecutive e che il provvedimento ex art. 612 c.p.c., avente natura ordinatoria e non decisoria, ha funzione integrativa del titolo stesso.

In evidenza

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che se il titolo esecutivo è costituito da una sentenza di condanna all'esecuzione di opere rappresentanti un quid novum, la mancata indicazione specifica delle singole opere da eseguire non si traduce in un difetto di certezza e di liquidità del diritto riconosciuto dalla sentenza allorché, anche a seguito dell'integrazione del dispositivo con le altre parti della sentenza, compresa l'esposizione dei fatti, le opere da eseguire vengano “qualificate” dal loro preciso riferimento alle finalità della loro imposizione e, in particolare, all'eliminazione di un pregiudizio ben individuato, nonché ad una situazione di fatto sufficientemente precisata che valga ad individuare il “tipo” dell'intervento, in quanto in tali ipotesi è rimessa al giudice dell'esecuzione la determinazione delle concrete modalità dell'opera o la scelta tra diverse articolazioni concrete di opere aventi comuni finalità e connotazioni (Cass., n. 10649/2004).

Il Giudice dell'esecuzione è, dunque, chiamato ad emettere un provvedimento ordinatorio idoneo a dar corso alla coattiva realizzazione delle opere ritenute conformi al titolo esecutivo azionato, modulando le operazioni materiali da eseguire in concreto sulla base dell'interpretazione del titolo stesso, anche attraverso un esame extratestuale, condotto sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato (Cass., Sez. Un., n. 11066/2012).

Va, infine, evidenziato che l'art. 2933 c.c. c. 2 limita l'esecuzione forzata degli obblighi di non fare, nel senso di vietare la distruzione della cosa che sia di pregiudizio all'economia nazionale.

Tale limitazione deve intendersi riferibile alle sole fonti di produzione o di distribuzione della ricchezza dell'intero paese, e, pertanto, non è invocabile al fine al fine di evitare la demolizione totale o parziale di edifici ad uso abitazione, sia pure in tempi di crisi edilizia (Cass., n. 4770/1996), o comunque a tutela di interessi individuali o locali (Cass., n. 3004/2004; Cass., n. 8358/2012; Cass., Sez. Un., n. 10499/2016).

Casistica

Obbligazioni di fare fungibile suscettibili di esecuzione forzata in forma specifica

Obbligo di formazione del rendiconto (Cass., n. 3287/1952); obbligo di consegna del minore (Cass., n. 6919/1982; Tribunale di Roma, 8 aprile 1988; Corte d'Appello di Ancona, 18 luglio 1979; Pretura di Parma, 3 aprile 1984).

Obbligazioni di fare infungibile insuscettibili di esecuzione forzata in forma specifica

Obbligo di pubblicazione dell'opera da parte dell'editore entro il termine pattuito (Cass., n. 2925/1952); inadempimento degli obblighi di fare derivanti da vincolo consortile (Tribunale di 9 febbraio 1954, in Giustizia civ., 1955, I, 163); obbligo di votare assunto con patto parasociale (Trib. Roma, 20 dicembre 1996); affidamento delle mansioni ad un lavoratore (Cass., n. 6381/1997); obbligo derivante dall'ordine di reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato nel posto di lavoro (Cass., n. 9734/1998; Trib. Milano, 1 dicembre 2006); obblighi specifici di fare derivanti da una sentenza di condanna nei confronti del fallimento (Trib. Como, 24 febbraio 2005); l'obbligo di facere infungibile imposto all'amministratore di condominio (App. Potenza, 12 marzo 2003)

Sommario