Revocabile la vendita fra coniugi anche nell'ambito degli accordi di separazione
01 Febbraio 2016
La vicenda. Una banca proponeva azione revocatoria nei confronti di due coniugi in relazione all'atto traslativo della proprietà della casa coniugale del marito alla moglie. Il Tribunale prima, la Corte d'appello, poi, accoglievano l'azione proposta dall'istituto bancario. I due coniugi ricorrevano allora in Cassazione, lamentando l'erroneo convincimento della Corte d'appello nel ritenere che il marito non avesse mai contestato la qualità di creditore della banca; con un secondo motivo censuravano la sentenza per violazione dell'art. 2901 c.c. per mancanza di prova in ordine all'atteggiamento soggettivo della moglie. Nel dettaglio, secondo i ricorrenti la Corte territoriale pur ritenendo che il trasferimento di proprietà, all'interno degli accordi di separazione, fosse a titolo oneroso, ha poi erroneamente fondato l'affermazione della scientia damni in capo al terzo acquirente – ovverosia la moglie del debitore – esclusivamente sul dato presuntivo de rapporto di coniugio.
I presupposti dell'azione revocatoria: l'esistenza di un credito… In riferimento al primo motivo la Corte Suprema specifica che è «infondato in quanto il fatto indicato come decisivo e in riferimento al quale si denuncia in realtà non una omessa motivazione ma che la corte di merito si sarebbe formata un erroneo convincimento è irrilevante nell'economia della motivazione sull'azione revocatoria» dal momento che «uno dei presupposti per l'accoglimento è l'esistenza di un credito in capo all'attore, anche se contestato: l'esistenza di tale contestazione in capo al debitore e i termini di essa non rilevano».
… e la partecipatio fraudis. Altrettanto infondato risulta il secondo motivo. La Corte d'appello nel decidere la questione si è correttamente adeguata al principio per cui «la prova della participatio fraudis del terzo, necessaria ai fini dell'accoglimento dell'azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l'atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente» (Cass., n. 5359/2009; Cass., 17327/2011; Cass., n. 27546/2014).
Sulla base di tali argomenti la Cassazione rigetta il ricorso. |