Il risarcimento del danno parentale spetta anche alla madre sociale
01 Aprile 2016
Sinistro mortale. Un ragazzo appena diciottenne perdeva la vita in un incidente stradale. I familiari del giovane defunto chiedevano il risarcimento dei danni patiti. Nel dettaglio, i genitori, separati da quando il figlio aveva 5 anni, richiedevano il risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita del rapporto parentale. Si univa alla richiesta risarcitoria anche la madre sociale del ragazzo, ossia la compagna della madre biologica, con cui il giovane conviveva da anni.
Il danno parentale... I giudici di merito, accertata l'esclusiva responsabilità del convenuto conducente del veicolo nella causazione del sinistro, hanno accolto le pretese risarcitorie ricordando innanzitutto che «il danno da perdita del rapporto parentale» è quel «danno che va oltre il crudo dolore che la morte in sé di una persona cara provoca nei prossimi congiunti»; esso si sostanzia «nel vuoto costituito dal non poter più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno, nel non poter più fare ciò che per anni si faceva e perciò nell'irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull'affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti familiari». Tale danno non apre la via ad un risarcimento ai sensi dell'art. 2043 c.c., bensì ex art. 2059 c.c..
…riconosciuto alla madre, al padre… È pacifico che il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale debba essere riconosciuto ai parenti stretti, «posta l'intensità del vincolo parentale e il pregiudizio recato dalla perdita delle relazioni interpersonali». Pertanto il Tribunale ha riconosciuto sia alla madre che al padre il nocumento non patrimoniale derivato dalla prematura perdita del figlio. In particolare il Giudice ha liquidato il danno sulla base delle Tabelle milanesi, aggiungendo gli interessi da lucro cessante: alla madre è stato riconosciuto un danno pari a 350.191,25 € e 233.460,82 € al padre.
…e alla co-madre. Il Tribunale di Reggio Emilia ha riconosciuto il danno in esame anche alla compagna della madre biologica del giovane defunto. Dopo la separazione, infatti, la madre aveva iniziato una relazione con una nuova compagna, andando quindi a costituire un nuovo nucleo familiare. Tutte la deposizioni testimoniali hanno dimostrato il forte e intenso legame personale che si era creato tra la madre sociale e il ragazzo, dettato anche dalla lunga coabitazione e dalla condivisione quotidiano della vita familiare.
È pacifico in giurisprudenza che «ciò che rileva ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale è l'esistenza di un saldo e duraturo legame affettivo con la vittima: è proprio la lesione che colpisce tale peculiare situazione affettiva a connotare l'ingiustizia del danno ed a rendere risarcibili le conseguenze pregiudizievoli che ne siano derivate a prescindere dall'esistenza di rapporti di parentela o affinità giuridicamente rilevanti come tali». Legittimato a chiedere il risarcimento dei danni iure proprio è dunque colui che ha una comunanza di vita e affetti con la vittima che perduri nel tempo, individuandosi quindi il parametro di riferimento nell'art. 2 Cost., che attribuisce rilevanza costituzionale alla sfera relazionale della persona in quanto tale (Cass., n. 7128/2013).
In conclusione, alla luce anche degli orientamenti in sede di legittimità, che estendono la risarcibilità del danno patrimoniale e non anche ai conviventi di fatto della vittima, il danno da lutto può essere richiesto da ogni soggetto legato da un saldo e duraturo rapporto affettivo con la vittima primaria. Sulla base di tali argomenti, il Tribunale ha riconosciuto un danno pari a 233.460,82 € alla co-madre del defunto. |