Il regime fiscale delle unioni civili
01 Settembre 2016
La recente introduzione delle unioni civili
La Legge 20 maggio 2016, n. 76 ha introdotto nel nostro ordinamento, dopo un intenso e lungo dibattito, l'unione civile, quale specifica formazione sociale ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione, che può essere istituita, mediante dichiarazione di fronte all'ufficiale dello stato civile ed alla presenza di due testimoni, da due persone maggiorenni dello stesso sesso, che non siano già legate da vincoli matrimoniali o da un'altra unione e salva la presenza di altre cause impeditive (quali, ad esempio, l'interdizione di una delle parti o i rapporti di parentela o affinità di cui all'art. 87 c.c.).
Ai fini della presente indagine è sufficiente ricordare che:
Infine, quale meccanismo di chiusura e di completamento della disciplina, l'art. 1, comma 20, della Legge n. 76/2016 stabilisce che, al solo fine di assicurare l'effettività della tutela dei diritti ed il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e quelle contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, fatta eccezione per quelle del codice civile non espressamente richiamate e per quella della Legge n. 184/1983, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile.
In definitiva, il legislatore ha delineato in modo preciso la struttura dell'istituto, che andrà ricercata interamente nella Legge n. 76/2016, da cui si desume, ad esempio, l'inapplicabilità dell'obbligo di fedeltà e della separazione giudiziale, mentre, per quanto concerne gli aspetti complementari, che interferiscono con altri settori dell'ordinamento, quale, ad esempio, quello tributario, oggetto di indagine, si è servito di un mero rinvio alla normativa concernente il matrimonio ed i coniugi. Del resto, eventuali differenze rischierebbero di non essere fondate su concrete ed effettive difformità sostanziali e, quindi, di risultare ingiustificate ed irragionevoli ai sensi dell'art. 3 Cost. Occorre ricordare che, in virtù dell'art. 1, comma 28, della legge de qua il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di unione civile nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) adeguamento alle previsioni della presente legge delle disposizioni dell'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni; b) modifica e riordino delle norme in materia di diritto internazionale privato, prevedendo l'applicazione della disciplina dell'unione civile tra persone dello stesso sesso regolata dalle leggi italiane alle coppie formate da persone dello stesso sesso che abbiano contratto all'estero matrimonio, unione civile o altro istituto analogo; c) modificazioni ed integrazioni normative per il necessario coordinamento con la presente legge delle disposizioni contenute nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti e nei decreti. Non sembra, tuttavia, condivisibile l'opinione secondo cui l'operatività dell'istituto debba essere rinviata all'adozione di tali provvedimenti legislativi, essendo le nuove norme di contenuto completo ed incondizionato e, quindi, suscettibili d'immediata applicazione. Il regime fiscale
Nel disegno di legge, d'iniziativa dei senatori Manconi e Corsini, comunicato alla Presidenza il 15 marzo 2013, le conseguenze fiscali dell'unione civile erano espressamente disciplinate dall'art. 20, che stabiliva “le agevolazioni e gli oneri fiscali che derivano dall'appartenenza a un determinato nucleo familiare vengono estese alle parti dell'unione civile”. Nel successivo disegno di legge, d'iniziativa dei senatori Cirinnà e altri, comunicato alla Presidenza il 6 ottobre 2015, non è più contenuta una specifica previsione di carattere fiscale, che, tuttavia, nel diverso schema, deve ritenersi confluita, unitamente alle altre disposizioni dirette ad estendere all'unione civile i diritti spettanti al nucleo familiare, fondati sul rapporto di coniugio, nell'art. 1, comma 20. L'assenza di una norma ad hoc, dedicata al settore tributario, non può, difatti, assumere valore esegetico, trattandosi di due diversi disegni di legge, che seguono criteri ispiratori e tecniche di redazione diverse, e non di un emendamento del disegno di legge effettivamente approvato, che avrebbe potuto, al contrario, essere sintomatico della volontà del legislatore di escludere l'equiparazione fiscale tra matrimonio ed unione civile.
L'Amministrazione finanziaria dovrà, dunque, comportarsi nei confronti delle parti dell'unione civile come nei confronti dei coniugi, estendendovi tutte le relative disposizioni fiscali ed assicurando una completa ed effettiva parità di trattamento. Ad esempio, in materia d'imposte sui redditi, risulteranno applicabili anche alla parte dell'unione civile la detrazione per il coniuge a carico non legalmente ed effettivamente separato e la deduzione degli assegni periodici corrisposti al coniuge in conseguenza dello scioglimento del vincolo, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria, di cui rispettivamente agli artt. 12 e 10 d.P.R. n. 917/1986.
Non osta, del resto, a tale conclusione la possibile interpretazione restrittiva dell'art. 1, comma 20, Legge n. 76/2016, secondo cui il tenore letterale della clausola di salvaguardia indurrebbe a ritenere possibile l'applicazione delle norme richiamate solo nelle situazioni in cui sia necessario assicurare l'effettività della tutela dei diritti ed il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione. Il regime fiscale tende, difatti, ad adattare l'obbligazione tributaria che grava sul singolo contribuente ai carichi familiari e, quindi, agli obblighi di assistenza materiale nei confronti del coniuge e, oggi, della parte dell'unione civile.
La tecnica del mero rinvio pone, però, dei problemi di coordinamento che, in taluni casi, sembrano richiedere l'intervento del legislatore delegato al fine di realizzare la piena parità di trattamento tra la coppia sposata e l'unione civile. Si pensi alla facoltà attribuita ai coniugi non legalmente ed effettivamente separati di presentare un'unica dichiarazione contenente i redditi di ciascuno di essi, prevista originariamente dall'art. 17, comma 1, della Legge 13 aprile 1977 n. 114, oggi abrogato, ed oggi dall'art. 13, commi 4 e 4-bis, del decreto del Ministero delle Finanze, 31 maggio 1999, n. 164. Tale istituto, limitato all'ipotesi in cui almeno uno dei coniugi sia titolare di redditi da lavoro dipendente e nessuno dei due di redditi d'impresa o lavoro autonomo, consente, in sede di liquidazione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, di sommare le imposte nette determinate separatamente per ciascuno dei contribuenti e di applicare sul loro ammontare complessivo le ritenute e i crediti di imposta. La sua estensione a favore delle parti dell'unione civile potrebbe, tuttavia, ritenersi preclusa, in assenza di un chiarimento del legislatore, relativamente al soggetto nei cui confronti effettuare la notifica di eventuali cartelle di pagamento o accertamenti in rettifica, che, nell'ambito dell'unione civile, non può coincidere, come avviene nella famiglia tradizionale fondata sul matrimonio, con il marito. Conclusioni
In conclusione, non appare condivisibile la tesi secondo cui le unioni civili potranno acquisire rilevanza fiscale solo con l'emanazione dei decreti legislativi, di cui all'art. 1, comma 28, della Legge n. 76/2016. Ai sensi dell'art. 1, comma 35, i precedenti commi da 1 a 34 acquistano efficacia a decorrere dalla data dell'entrata in vigore della medesima legge e, cioè, dal 5 giugno 2016. L'unione civile è, quindi, un istituto già attuale. La necessità dell'adozione di un decreto legislativo, che apporti le modificazioni ed integrazioni normative ai fini del necessario coordinamento con la Legge n. 76/2016 delle disposizioni contenute nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti e nei decreti, non esclude che le unioni civili possano già essere contratte e che le parti dell'unione civile siano già equiparate, in virtù dell'art. 1, comma 20, della Legge n. 76/2016 ai coniugi laddove occorra per assicurare l'effettività della tutela dei loro diritti ed il pieno adempimento dei loro obblighi.
La parificazione tra le parti dell'unione civile ed i coniugi è uno strumento indispensabile al fine di evitare ingiustificate ed irragionevoli disparità di trattamento che esporrebbero a censure di costituzionalità o a condanne europee, come ribadito nel discorso introduttivo della senatrice Campana, secondo la quale il trattamento giuridico di tale formazione sociale non può prescindere dalla rigorosa osservanza dell'art. 3 Cost.("Modellare l''unione civile sul matrimonio non vuol dire togliere valore al matrimonio. Vuol dire riconoscere alla vita familiare omosessuale la dignità che le è propria, senza discriminare [...] in ragione dell'orientamento sessuale: un principio implicito nell'articolo 3 della Cost., enunciato espressamente dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e ribadito da costante giurisprudenza delle Corti europee ed anche della nostra Corte di Cassazione").
La realizzazione dei diritti e l'adempimento degli obblighi reciproci delle parti dell'unione civile non sembra poter prescindere dal diritto tributario, per le importanti implicazioni che esso comporta nella vita quotidiana, per cui in questo settore s'impone la piena ed immediata equiparazione alla coppia coniuga di cui all'art. 1, comma 20, della Legge n. 76/2016.
A. FASANO, Unioni civili: forma, diritti e doveri, in IlFamiliarista.it 2016; A. FASANO, Unioni civili: scioglimento ed effetti, in IlFamiliarista.it 2016; T. LAMEDICA, La decorrenza e le correlazioni tributarie nella legge “unioni civili e convivenze” in Corr. trib. 2016, 1923.
Tratto da "ilTributario.it" |