Amministratore di sostegno: come si impugna la nomina?

02 Maggio 2016

Il decreto col quale il Giudice Tutelare nomina un amministratore di sostegno, disattendendo la designazione compiuta dal beneficiario, ha un contenuto solo ordinatorio e amministrativo. E' pertanto inammissibile il reclamo contro tale decreto.
Massima

Il decreto col quale il Giudice Tutelare nomina un amministratore di sostegno, disattendendo la designazione compiuta dal beneficiario, ha un contenuto solo ordinatorio e amministrativo. E' pertanto inammissibile il reclamo contro tale decreto, proposto dinanzi alla Corte di Appello invece che dinanzi al Tribunale.

Il caso

Tizio designa Caio come amministratore di sostegno in previsione della propria eventuale futura incapacità. Il Giudice tutelare, ritenuta la necessità della misura, con decreto motivato, designa amministratore di sostegno una persona diversa. Il decreto è fatto oggetto di reclamo dinanzi alla Corte di Appello. La Corte dichiara il reclamo inammissibile sul motivo che il suddetto decreto ha contenuto solo ordinatorio e come tale è soggetto non alla disciplina del comma 2 dell'art. 720 bis c.p.c. che, secondo il consolidato orientamento della Corte di legittimità, è norma speciale e applicabile solo ai provvedimenti di apertura e chiusura della amministrazione, ma alla norma generale dell'art. 739 c.p.c. ed è dunque reclamabile davanti al Tribunale in composizione collegiale.

La questione

La questione di fondo, posta dal provvedimento in epigrafe e che si intende esaminare, è se il decreto del giudice tutelare che non si limita alla individuazione di un amministratore di sostegno ma giunge alla nomina di un amministratore dopo aver disatteso la designazione anticipata dell'interessato sia da qualificarsi come provvedimento ordinatorio o invece, per tale snodo preliminare, come provvedimento essenzialmente decisorio.

La questione della modalità del reclamo, a cui si lega quella dell'accesso alla garanzia nomofilattica della Corte di Cassazione, è questione dipendente: anche aderendo all'orientamento di legittimità ricordato dal Collegio milanese, tuttavia, ove il decreto del giudice tutelare fosse da qualificarsi come definitiva decisione su un diritto, non potrebbe esser negato il ricorso alla Corte di Appello né poi, contro la statuizione della Corte di Appello, il ricorso alla Corte di Cassazione (finora, da detto orientamento, ammesso con riguardo ai decreti di apertura o chiusura dell'amministrazione in quanto incidenti sullo status del beneficiario, ed escluso per gli altri in quanto incidenti solo sull'interesse del beneficiario ad essere assistito).

Le soluzioni giuridiche

Il provvedimento in commento qualifica il decreto in esame come ordinatorio: con esso il giudice tutelare si limiterebbe alla cura della persona debole; nessun diritto del beneficiario sarebbe inciso.

A sostegno sono richiamate le ordinanze della Corte di Cassazione, 10 maggio 2011, n. 10187 (in Il civilista 2011, 9, 9; Giust. civ. 2011, 9, I, 1998; Foro it. 2011, 10, I, 2731) e 29 ottobre 2012, n.18634 (in Giust. civ., Mass. 2012, 10, 1258).

Il richiamo non è decisivo posto che tali ordinanze hanno ad oggetto provvedimenti diversi da quello di cui trattasi: la prima, il provvedimento - che i giudici di legittimità dichiarano non suscettivo di ricorso per cassazione -, emesso in sede di reclamo contro un decreto del giudice tutelare di rimozione e sostituzione di un amministratore di sostegno; la seconda, il provvedimento di inammissibilità emesso dalla Corte di Appello contro il reclamo avverso il decreto del giudice tutelare reiettivo dell'istanza di nomina di un amministratore di sostegno proposta dal reclamante nell'interesse dell'amministrando.

Invero, non risulta che la Corte di Cassazione si sia mai pronunciata specificamente sulle modalità di reclamo avverso un decreto di contenuto identico a quello oggetto della decisione in commento e quindi sulla questione di fondo sopra definita, né constano precedenti nella giurisprudenza di merito edita.

Osservazioni

La qualificazione del decreto adottata dalla Corte milanese non persuade per questo motivo: la qualificazione del decreto è correlata a quella dell'atto di designazione dell'interessato; infatti, intanto il decreto che dà corso alla nomina di un amministratore individuandolo in soggetto diverso dal designato del beneficiario è qualificabile come provvedimento ordinatorio, in quanto l'atto suddetto non sia da qualificarsi come espressivo di un diritto, altrimenti dovendo dirsi che il decreto, disattendendo la scelta dell'interessato, incide su quel diritto e quindi ha natura di decisione.

Ciò posto, negare che l'atto di designazione dell'interessato sia espressivo di un diritto soggettivo e precisamente del diritto di autodeterminazione, riconducibile all'esplicazione della libertà personale, radicato nell'art. 2 Cost., non pare possibile allorché si abbia riguardo alla funzione dell'atto stesso.

Da questo punto di vista, il carattere di atto di autonomia risalta considerando che con esso l'interessato individua il soggetto cui intende affidare la cura dei suoi propri interessi per il caso di incapacità, e quindi dispone, sia pure in via anticipata e condizionata al verificarsi della “situazione invalidante” e al provvedimento (come di dirà subito, in forza della designazione, a discrezionalità vincolata) di nomina del giudice, della gestione dei propri interessi.

Negare che l'atto dell'interessato sia espressivo di un (tale) diritto non pare possibile anche in riferimento alla disciplina contenuta nell'art. 408 c.c.; ciò significherebbe, infatti, in definitiva, degradare l'atto di designazione dell'interessato a mera proposta, quale quella che può esser data nel ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno, presentato da un terzo.

L'articolo suddetto, tuttavia, mentre non richiede alcun particolare presupposto perché il giudice possa discostarsi dalla proposta del terzo e nominare altro soggetto tra quelli indicati dalla stessa norma, vincola invece il giudice al rispetto della designazione dell'interessato salvo ricorrano “gravi motivi” ossia eccezionali ragioni dalle quali, allorché diventa attuale l'esigenza della nomina dell'amministratore, risulti che quella designazione non corrisponde (più) all'interesse del beneficiario e quindi all'intento da questi a suo tempo perseguito.

Con il richiedere la presenza di gravi motivi, l'art. 408 c.c., evidenzia quindi il rilievo della scelta dell'interessato e ne supporta la qualificazione come atto di autonomia.

Una volta riconosciuto, per quanto precede, che il decreto del giudice tutelare ha natura decisoria, merita poi puntualizzare, con riguardo al ricorso in Cassazione contro il provvedimento della Corte di Appello in sede di reclamo, che il decreto ha, in ragione del profilo d'interesse, carattere di definitività, senza che in contrario possa valere il rilievo per cui la nomina operata dal giudice in difformità dalla designazione dell'interessato è sempre modificabile: la modifica incide infatti solo sul segmento del decreto contenente la individuazione giudiziale dell'amministratore; il segmento a monte, contenente la decisione sull'atto dell'interessato, resta fermo; in altri termini, il provvedimento è definitivo perché la designazione dell'interessato è questione che non può più essere riesaminata.

Appare quindi doversi concludere nel senso che il decreto del giudice tutelare che disattende la designazione del beneficiario nominando come amministratore di sostegno un soggetto diverso dal designato è reclamabile alla Corte di Appello ai sensi dell'art. 720 bis c.p.c., e che contro il decreto della Corte di Appello è dato il ricorso alla Corte di Cassazione.

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