Per la Corte Costituzionale il diverso trattamento applicato nel processo penale, civile e amministrativo, in merito ai limiti di reddito per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, è giustificato dalle particolari esigenze di difesa di chi subisce l'azione penale, senza che possa profilarsi questione di legittimità costituzionale.
Il caso. Un cittadino straniero ricorreva al Tribunale regionale amministrativo di Trento, contestando la decisione dell'ente territoriale competente in materia di edilizia abitativa agevolata di escluderlo dalla graduatoria per l'assegnazione di un alloggio pubblico. La decisione dell'ente territoriale scaturiva dalla rinuncia dell'interessato alla locazione dell'appartamento offerto in assegnazione.
Contestualmente, il ricorrente chiedeva l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, richiesta già respinta dalla Commissione istituita per deliberare su tali richieste per mancanza del requisito reddituale.
Il TAR sollevava, in riferimento agli artt. 3 comma 1, 24 comma 1 e 3 e 113 comma 1 Cost., questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 76 comma 2 e 92, d. lgs. 30 maggio 2002, n. 113, riprodotti nel d.P.R. n. 115/2002, nella parte in cui prevedono solo per il processo penale l'aumento dei limiti di reddito annui di euro 1032,91 per l'ammissione al beneficio, qualora l'interessato conviva con il coniuge o con altri familiari.
La Corte Costituzionale ritiene la questione non fondata. La Consulta rileva che:
il legislatore da sempre differenzia il trattamento del patrocinio dei non abbienti a seconda del tipo di processo. Inizialmente, la l. n. 217/1990 disciplinava il patrocinio a spese dello Stato solo in riferimento al processo penale con l'intento di «soddisfare le esigenze che da esso scaturivano, in considerazione del nuovo e tendenzialmente accresciuto impegno difensivo che un modello di processo di tipo accusatorio naturalmente presupponeva»;
la diversità dei modelli del processo civile e penale non consente di comparare le discipline ad essi applicabili. Infatti, le differenze che sussistono tra gli interessi civili e le situazioni che sorgono per effetto dell'esercizio dell'azione penale implicano solo l'affermazione di una loro distinzione, tale da escludere la comparabilità tra istituti che interessano i due processi. Sulla base di queste peculiarità si può ritenere ragionevole che il legislatore «abbia reputato necessario approntare un sistema di garanzie che ne assicurasse al meglio la effettività, anche sotto il profilo dei limiti di reddito per poter usufruire del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti»;
infine, l'art. 24 Cost., prevedendo che siano garantiti ai non abbienti i mezzi per difendersi davanti ad ogni giurisdizione, non presuppone che gli istituti siano modellati in maniera uguale per ogni tipo di giudizio. All'opposto, potrebbe apparire incoerente un sistema che assegni lo stesso tipo di tutela, sul piano economico, all'imputato di un processo penale che vede chiamato in causa il bene della libertà personale rispetto alle parti di altre controversie in cui sono coinvolti beni il cui valore non è equiparabile.
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