Assegnazione della casa locata ad uso foresteria dal datore di lavoro e riconosciuta quale fringe benefit al dipendente
04 Gennaio 2017
Il quesito concernente l'assegnazione della casa familiare qualora la stessa sia un fringe benefit del marito ed oggetto di un contratto di locazione ad uso foresteria trae spunto dal seguente caso. Tizio, impiegato presso una società, ha un contratto di lavoro nel quale è previsto come fringe benefit la locazione di un immobile ad uso foresteria. Nel contratto di locazione stipulato fra la società presso cui lavora Tizio ed il proprietario, è specificato che l'immobile è concesso in locazione al solo fine abitativo di Tizio e della sua famiglia. Detto contratto è annuale e non si rinnova automaticamente. A seguito del deposito del ricorso per separazione giudiziale, la società presso cui Tizio lavora, comunica la disdetta del contratto di cui sopra, giustificando detta scelta con la cessazione della convivenza di Tizio con moglie e figli e contrae un nuovo contratto di locazione avente ad oggetto un immobile più piccolo rispetto al precedente. A seguito del deposito del ricorso per separazione, l'immobile è rimasto nella disponibilità di moglie e figli di Tizio che si è temporaneamente trasferito presso un altro alloggio. La casa familiare oggetto del primo contratto di locazione ad uso foresteria (non rinnovato), potrà essere assegnata solo temporaneamente, ossia sino al maturarsi del termine di scadenza? Successivamente l'importo del contributo al mantenimento posto a carico di Tizio, verrà ricalcolato includendo i costi per una locazione di un immobile idoneo ad ospitare moglie e figli? Il giudice può assegnare alla moglie ed ai figli il secondo immobile che l'azienda ha locato?
L'articolato quesito impone plurime riflessioni. La prima attiene al concetto di casa familiare: solo la prima abitazione (ossia quella occupata da Tizio con la propria famiglia e locata dalla di lui datrice di lavoro con contratto temporaneo) può essere qualificata casa coniugale. Il secondo immobile, ancorché locato dall'azienda di Tizio in sostituzione del primo più grande, non è casa coniugale e, quindi, non potrà come tale essere assegnato al contrario del primo che potrà esserlo in quanto centro di interesse e degli affetti della prole (Cass., sez. I, 12 marzo 2014 n. 5708; Cass., sez. I, 4 luglio 2011, n. 14553). É peraltro indubbio che l'assegnazione della casa coniugale - a chiunque appartenga - è provvedimento a contenuto altamente economico: l'assegnazione nell'interesse della prole assolve, infatti, ad una esigenza essenziale al mantenimento (le necessità abitative dei figli). Laddove per qualsiasi ragione la disponibilità della “casa familiare” venga meno (anche per scelte imprenditoriali insindacabili, come nel caso in esame) è indubbio che l'onere di mantenimento a carico dell'obbligato non potrà non tenere conto della necessità di assicurare alla prole anche l'esigenza abitativa con possibilità di incrementi necessari per assolvere a tale funzione. Peraltro, nel caso di assegnazione di un immobile in locazione, in applicazione dell'art. 6, comma 2, l. 27 luglio 1978, n. 392, il contratto di locazione è ceduto ex lege al coniuge assegnatario che diventa, pertanto, conduttore della casa familiare con conseguente e simultanea cessazione del rapporto di locazione in capo all'originario intestatario del contratto. La giurisprudenza ha, poi, affermato che non si verifica la successione nel contratto di locazione, qualora il contratto stesso sia cessato (ad esempio alla scadenza del termine) prima del provvedimento del giudice sulla domanda di separazione. In tal caso, al coniuge non assegnatario fa capo solo una situazione di occupazione di fatto (senza titolo) dell'immobile già condotto in locazione.
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