La tutela della parte economicamente più debole prima dei provvedimenti provvisori

04 Maggio 2015

Il nostro sistema prevede una serie di garanzie operanti successivamente all'emissione dei provvedimenti provvisori: ordine di pagamento diretto, sequestro dei beni, richiesta di pagamento diretto, ordine di prestare garanzie reali o personali.Nulla invece è previsto a tutela dei membri della famiglia per il periodo intercorrente tra la decisione di porre fine alla convivenza e la prima udienza (presidenziale nei giudizi di separazione o camerale nei procedimenti per i figli “non matrimoniali”); si tratta della fase più delicata, proprio per l'assenza di una regolamentazione specifica, durante la quale non è raro che la parte economicamente più forte ponga in essere atti (reali o simulati) di spoliazione del proprio patrimonio, così da vaporizzare la garanzia del credito e rendere più difficoltosa l'esecuzione dei provvedimenti di determinazione degli obblighi di mantenimento.Si analizzano i principali filoni interpretativi della dottrina e della pur scarsa giurisprudenza in materia, al fine di verificare la compatibilità tra la peculiare situazione della famiglia (anche di fatto) in crisi e gli strumenti ordinari previsti per tutelare l'avente diritto per il periodo di tempo necessario a far valere, anche solo in via provvisoria, la propria pretesa nel procedimento giudiziario.
La tutela limitata del sequestro ex art. 146 c.c.

Ai sensi dell'art. 146 c.c. nell'ipotesi in cui, prima del deposito della richiesta di separazione, uno dei due coniugi si allontani dalla casa coniugale, il Tribunale ordinario può disporne il sequestro dei beni «nella misura adatta a garantire l'adempimento degli obblighi previsti dagli artt. 143, comma 3 e 147 c.c.».

Il provvedimento:

a) ha «una funzione coercitiva e sanzionatoria diretta a far cessare l'allontanamento ingiustificato del coniuge; esso è concesso esclusivamente per garantire l'adempimento degli obblighi di contribuzione previsti dagli artt. 143, 147 c.c.» (Cass. civ. 29 novembre 1985, n. 5948);

b) si colloca prima della separazione ed indipendentemente da essa;

c) non può essere concesso a favore del coniuge che si è allontanato dalla casa familiare anche se per giusta causa (Trib. Reggio Emilia 5 ottobre 2004) e neppure del genitore convivente more uxorio a garanzia degli obblighi di mantenimento della prole (Servetti G., Le garanzie patrimoniali della famiglia, Giuffré, 2003, 5);

d) non può essere concesso se la richiesta è stata depositata dopo il ricorso per separazione;

e) è efficace sino al momento dell'emissione dei provvedimenti provvisori (Servetti G., op. cit.) o, addirittura, sino al deposito del ricorso per separazione (Cass. n. 5948/1985, cit.).

Dunque, per le sue caratteristiche, il sequestro ex art. 146 c.c. non può operare per tutelare le situazioni che si verificano tra il deposito del ricorso per separazione e l'udienza. In particolare, la speciale misura cautelare in questione, dai contorni operativi davvero limitati, non può essere invocata per impedire (o bloccare) gli effetti di eventuali operazioni di spoliazione del patrimonio dell'obbligato al mantenimento del coniuge o dei figli.

Inammissibilità dei provvedimenti ex art. 156 comma 6 c.c.

Come noto, ai sensi dell'art. 156 commi 5 e 6 c.c., in caso di inadempimento il Giudice può disporre il sequestro dei beni dell'obbligato oppure ordinare ai terzi di versare direttamente all'avente diritto gli importi dovuti al debitore principale.

Entrambe le misure non possono essere invocate prima dell'udienza presidenziale, proprio perché presuppongono l'esistenza di un provvedimento di fissazione degli assegni di mantenimento.

Dunque, neppure questo strumento, può essere utilizzato nelle fasi precedenti la prima udienza dei giudizi di separazione o ex art. 316-bis c.c..

Inammissibilità dei provvedimenti ex art. 700 c.p.c.

Occorre dunque chiedersi se sia ammissibile, nel nostro ordinamento, il ricorso al provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., per domandare, nelle more dell'udienza presidenziale, la fissazione di un assegno di mantenimento per il coniuge o per la prole.

La dottrina maggioritaria propende per la soluzione negativa (Martinelli P., Alcune questioni sull'ambito di applicazione del nuovo rito cautelare uniforme in Foro It., 1995, V, 171; Barbiera L., Separazione e divorzio: fattispecie, disciplina processuale effetti patrimoniali, Bologna, 1997, 150; Salvaneschi L., Natura cautelare dei provvedimenti presidenziali e decorrenza della revoca dell'assegno di mantenimento in Famiglia e Diritto, 1994, 535; Di Iasi C., Procedimenti di separazione e divorzio in Ferrando G., Fortino M., Ruscello F. (a cura di), Trattato di diritto di famiglia, Giuffrè, 2002, tomo II, 1442; contra Vullo E., Provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. e processi di separazione e divorzio in Riv. trim. dir. proc. civ., 2, 2008, 475).

Anche la giurisprudenza prevalente è dello stesso avviso (Trib. Milano 12 luglio 2012; Trib. Modena 27 gennaio 2005; Trib. Roma 9 febbraio 2004; Trib. Napoli 29 dicembre 2000; Trib. Taranto 8 marzo 1999; Trib. Firenze 11 dicembre 1999; contra Trib. Napoli 25 marzo 2005; Trib. Parma 9 ottobre 2006 e, per il provvedimento ex art. 700 c.p.c. ante causam, Trib. Bari 14 ottobre 2007).

La tesi dominante è assolutamente condivisibile: il ricorso ex art. 700 c.p.c. è uno strumento residuale, cui si può ricorrere solo e soltanto ove vi siano altri strumenti tipici; nel caso di specie è evidente che la tutela, già d'urgenza, può essere ottenuta dall'avente diritto con i provvedimenti ex art. 708 c.p.c. cosicché non è pensabile l'ipotesi di una regolamentazione ex art. 700 c.p.c. anche solo potenzialmente concorrente con quella dei provvedimenti interinali.

Il sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c.

La richiesta di attribuzione - in via d'urgenza - di un assegno di mantenimento è, ovviamente, questione ben diversa da quella inerente la concessione di un sequestro dei beni; nel primo caso, si agisce in via d'urgenza per ottenere un provvedimento che può essere ottenuto già con le statuizioni provvisorie; nel secondo caso, invece, si richiede l'emissione di un sequestro finalizzato a rendere effettivo proprio il provvedimento che verrà emesso, cosicché la cautela approntata con il primo provvedimento si pone, seppur in termini particolari, in posizione di strumentalità rispetto al secondo provvedimento, senza mai sovrapporvisi.

Quella di tutelarsi da possibili atti (veri, presunti o simulati) di spoliazione del patrimonio da parte del (futuro) obbligato all'assegno di mantenimento è una fattispecie assai ricorrente nella pratica, laddove si può riscontrare la tendenza (soprattutto per soggetti diversi dai lavoratori dipendenti) ad arrivare all'udienza presidenziale improvvisamente “impoveriti”; ancorché tali tentativi siano facilmente smascherabili, e smascherati, nella prassi da parte dei Presidenti deputati all'emissione dei provvedimenti provvisori, non v'è chi non veda che l'intervento giudiziale ex post (a spoliazione avvenuta) incida significativamente non nella fase di determinazione di an e quantum dei contributi - ex artt. 156, 337-septies c.c. - quanto semmai nell'esecuzione dei provvedimenti provvisori, a nulla valendo peraltro, il ricorso alle azioni di revocatoria ordinaria, lunghe, costose e dai risultati incerti (soprattutto per la prova del consilium fraudis o della scientia damni).

Per i “crediti ordinari”, a fronte di atti diretti a sottrarre la garanzia, il nostro ordinamento prevede la possibilità di richiedere e ottenere il sequestro conservativo, ove sussistenti il fumus boni iuris ed il periculum in mora.

In ordine al primo requisito, è insegnamento comune che il provvedimento cautelare possa essere concesso anche a tutela di crediti illiquidi (Cass. 20 novembre 1990, n. 2445), inesigibili (Cass. 21 novembre 1966, n. 2573) e che, sotto il profilo della certezza, il credito non deve «risultare insussistente a un primo sommario accertamento, ma è necessario che la situazione consenta di ritenere probabile la fondatezza delle ragioni creditorie» (Consolo C., Luiso F.P. (a cura di), Sub art. 671 in Codice di procedura civile commentato, II, Milano, 2007).

In applicazione di questi principi generali, dovrebbe agevolmente ritenersi esperibile il procedimento ex art. 671 c.p.c. anche a tutela degli assegni di mantenimento e nelle more dell'udienza presidenziale (o dell'udienza camerale, nel caso di figli “non matrimoniali”) o, anche prima del deposito dell'atto introduttivo del giudizio.

E infatti, prima dell'emissione dei provvedimenti provvisori:

a) il rapporto da cui origina il credito è in essere; esso è rappresentato dal vincolo di coniugio -cui è collegato il coacervo di diritti e doveri ex art. 143 c.c. - oppure dal vincolo di filiazione, qualora si agisca a tutela del solo mantenimento del figlio. A livello di fumus è, dunque, indubbio che il Giudice investito della richiesta cautelare possa e debba verificare, con valutazione di carattere sommario, se il coniuge istante potrà o meno avere diritto al mantenimento da parte dell'altro e se, dunque, sia sussistente, in proiezione, il diritto a tutela del quale si agisce; analogo ragionamento può essere fatto con riferimento all'assegno ex art. 337-septies c.c., tenendo conto che, in quel caso, è indubbio l'an dell'importo mentre incerto può essere solo e soltanto il quantum («ciascuno dei coniugi può chiedere il sequestro conservativo sui beni dell'altro; sotto il profilo del fumus il diritto al mantenimento dei figli grava su entrambi i genitori e ciascuno di essi può conseguirne la tutela a carico dell'altro» Trib. Napoli 8 gennaio 2010; Trib. Napoli 18 luglio 1998);

b) il diritto al mantenimento del coniuge preesiste all'udienza presidenziale di separazione, trovando la sua radice nell'art. 143 c.c.; come sopra ricordato, l'art. 156 c.c. costituisce una mera proiezione dell'obbligo di contribuzione intrafamiliare, cosicché il provvedimento con il quale il Presidente prima e il Tribunale poi provvederanno a stabilire la misura dell'assegno, deve ritenersi mera quantificazione del suddetto obbligo;

c) la situazione di fatto che farà scaturire il diritto all'assegno sussiste sempre al momento del deposito del ricorso cautelare ed è integrata dalla crisi familiare e provata dal deposito proprio del ricorso per separazione giudiziale e/o dal venire meno della convivenza.

Quelli sopra elencati sono elementi fattuali che il Giudice, investito della domanda di sequestro, potrebbe e dovrebbe agevolmente verificare, al pari della sussistenza, in ogni singolo caso concreto, del periculum in mora, desumibile dal comportamento processuale ed extra processuale della parte. È, infatti, evidente che vi sarà una concreta possibilità che i successivi provvedimenti provvisori, rimangano lettera morta se, a seguito della decisione di separarsi, la parte economicamente più forte sospende in tutto o in parte ogni forma di contribuzione, oppure se la diminuisce sensibilmente rispetto al periodo antecedente la crisi e/o procede con atti di alienazione, reali o simulati, del proprio patrimonio per alterare la situazione di fatto onde sottrarsi alle eventuali azioni esecutive dell'avente diritto all'assegno.

La tesi che esclude l'esperibilità del sequestro conservativo

Ciò nonostante, parte della giurisprudenza (Trib. Mantova 14 marzo 2008) e della dottrina esclude l'ammissibilità del ricorso per sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. prima dell'emissione dei provvedimenti provvisori, sia a tutela del diritto al mantenimento del coniuge, sia a tutela di quello del minore.

A fondamento di tale tesi si assume che:

1) il nostro sistema prevede una scansione processuale già in sé perfetta ed autodeterminata in cui l'udienza presidenziale rappresenta già una fase a cognizione sommaria che si conclude con l'emissione di un provvedimento di natura sui generis cautelare (Cea D., I provvedimenti nell'interesse dei coniugi e della prole e il reclamo cautelare in Foro It., 2001, I, 263 ss.; Casaburi G., De Filippis B., Separazione e divorzio nella dottrina e nella giurisprudenza, Padova, 1998, 121 ss.; Civinini M., Provvedimenti cautelari e rapporti patrimoniali tra coniugi in crisi in Famiglia e Diritto, 1995, 381). Di conseguenza, ai provvedimenti presidenziali non è sovrapponibile un'ulteriore fase sommaria che potrebbe essere rappresentata dal giudizio ex art. 671 c.p.c.;

2) sino all'esito dell'udienza presidenziale ciascuno dei coniugi è titolare di una mera aspettativa di fatto e non di un vero e proprio diritto al mantenimento, né iure proprio, né ex capite filiorum. L'esistenza del primo dipende, infatti, dall'accertamento sommario sull'an e sul quantum dell'assegno, da effettuarsi in sede presidenziale; l'esistenza del secondo dipenderà invece dalla scelta del genitore collocatario, la quale avverrà in sede presidenziale.

Non v'è chi non veda che entrambe le motivazioni addotte si prestano a molteplici obiezioni:

a) la giurisprudenza di merito e la dottrina prevalente escludono che il provvedimento presidenziale abbia natura strettamente cautelare (vedi da ultimo la motivazione di Cass. civ. 4 luglio 2014, n. 15416); in ogni caso, anche coloro che danno valenza "cautelare" ai provvedimenti presidenziali, finiscono comunque con il riconoscere che i medesimi non sono totalmente assimilabili ai provvedimenti ex artt. 669-bis ss. c.p.c.; ne consegue che non è pensabile escludere tout court la ricorribilità del sequestro al fine di evitare una doppia tutela.

Dal punto di vista strettamente pratico i tempi di fissazione dell'udienza preliminare rendono assolutamente necessario approntare uno spazio di tutela per il coniuge più debole e per la prole, onde evitare (complice anche la scarsa incisività della tutela penale) che il provvedimento presidenziale che verrà poi emesso sia di fatto ineseguibile e dunque inutiliter data.

b1) il diritto del coniuge di essere mantenuto non deriva dal provvedimento giurisdizionale ma, come sopra rilevato, dall'art. 143 c.c. e dunque dalla contrazione del vincolo, cosicché non pare corretto parlare di "mera aspettativa di fatto", ma di un vero e proprio diritto di cui il provvedimento giurisdizionale costituisce mera applicazione concreta e nulla osta che il Giudice delegato alla trattazione della misura cautelare possa delibare solo sommariamente sul diritto o meno del coniuge istante all'assegno senza dover entrare nel merito della determinazione del quantum dell'assegno, attività deputata alla fase presidenziale;

b2) il diritto del genitore a ricevere dall'altro un contributo al mantenimento, a seguito della modifica dell'art. 337-septies c.c., non ha come suo presupposto indefettibile il collocamento che, dunque, è un criterio inerente il quantum, ma non l'an dell'assegno di mantenimento della prole, potendo, almeno in astratto, il giudice stabilire un importo mensile a favore del genitore non prevalentemente collocatario ma economicamente più debole: «in caso di redditi dei genitori particolarmente sperequati, il giudice, per garantire che il minore goda dello stesso tenore di vita, sia con il padre che con la madre, può porre a carico dell'uno (anche se collocatario) l'obbligo di versare all'altro, un emolumento economico da destinare a quelle esigenze essenziali del figlio – in ragione del tenore di vita goduto – che, altrimenti, il genitore debole non potrebbe garantire» (cfr. Trib. Milano 3 novembre 2014).

Tutela dell'assegnazione della casa familiare

Non è infrequente nella pratica assistere a cessioni della casa familiare fatte dal proprietario all'insaputa dell'altro coniuge o genitore e finalizzate a vanificare la probabile assegnazione a favore del genitore collocatario prevalente dei figli.

L'ordinamento non prevede alcuna forma di cautela speciale a favore del diritto all'assegnazione.

Occorre, dunque, verificare se siano applicabili, alle fattispecie particolari, le cautele generali previste dagli artt. 669 ss. c.p.c. e, in particolare, il sequestro giudiziario e/o il provvedimento ex art. 700 c.p.c..

Tutela dell'assegnazione della casa familiare: il sequestro giudiziario

Astrattamente, data la formulazione dell'art. 670 c.p.c., il coniuge che ritiene di aver diritto all'assegnazione della casa familiare, sul presupposto di essere il genitore collocatario prevalente dei figli, potrebbe altresì domandare l'emissione del sequestro giudiziario. Posto che, la misura in esame è pacificamente ammessa anche ove richiesta a tutela di situazioni non corrispondenti a veri e propri diritti reali, nulla impedirebbe di invocarla a tutela del "diritto" (futuro) all'assegnazione dell'alloggio coniugale anche se, per l'appunto, l'assegnazione è un mero diritto personale di godimento (Cass. civ. 3 marzo 2006, n. 4719; Paladini M., L'abitazione della casa familiare e l'affidamento condiviso in Famiglia e diritto, 2006, 329).

Tale soluzione, però, non appare condivisibile, per due ordini di motivi:

a) l'assegnazione è un diritto che (a differenza di quello al mantenimento) sorge solo e soltanto per effetto dei provvedimenti giurisdizionali anche provvisori; sino all'emissione di questi non è possibile procedere con rimedi cautelari che sarebbero emessi a tutela non di un diritto (non ancora sorto e dunque incerto nell'an), ma di una semplice aspettativa di fatto del genitore convinto che sarà, in futuro, il collocatario prevalente della prole; l'assegnazione si differenzia dagli altri provvedimenti aventi contenuto economico: i secondi, come sopra abbiamo visto, sono la mera esplicazione del dovere di contribuzione ex art. 316-bis c.c.; l'assegnazione, invece, non è più conseguenza automatica dell'affidamento e/o collocamento (rectius: non dovrebbe essere più conseguenza automatica) ma viene disposta, a questo o a quel genitore, in funzione dell'interesse dei figli.

b) a ben vedere, però, l'incompatibilità tra sequestro giudiziario e assegnazione, la si dovrebbe desumere da altra e più assorbente ragione, consistente nella totale inutile pratica del provvedimento. Il genitore, teoricamente autorizzato a procedere a sequestro giudiziario, non potrebbe trascrivere il relativo provvedimento, giusta il disposto dell'art. 679 c.p.c. che prevede la trascrizione solo per il sequestro conservativo. Parimenti, l'eventuale concessione della cautela non escluderebbe in alcun modo la possibilità per il proprietario di venderla, giacché, ex art. 2906 c.c., sono inefficaci gli atti compiuti solo successivamente alla trascrizione del sequestro conservativo e non quelli successivi alla trascrizione di quello giudiziario. In sostanza, il coniuge otterrebbe un provvedimento perfettamente inutile a scongiurare il pericolo per il quale viene richiesta la misura cautelare (e cioè l'alienazione del bene).

La giurisprudenza esclude l'ammissibilità del ricorso per sequestro giudiziarioex art. 670, n. 1), c.p.c. al fine di tutelare l'assegnazione dell'alloggio coniugale (Trib. Salerno 8 maggio 2007).

Tutela dell'assegnazione: il provvedimento ex art. 700 c.p.c.

Non sussistendo alcun rimedio tipico, si potrebbe ipotizzare allora il ricorso alla cautela innominata dell'art. 700 c.p.c. per ottenere l'assegnazione della casa coniugale (Trib. Padova 20 luglio 2009, contra Trib. Marsala 25 novembre 2004) oppure il blocco della vendita della casa coniugale.

L'ipotizzata soluzione non sembra essere condivisibile considerati:

a) l'incompatibilità tra la tutela atipica di cui all'art. 700 c.p.c. e il procedimento di separazione (cfr. infra);

b) lo scarso effetto pratico del provvedimento di assegnazione che, al pari del ricorso, non potrà essere trascritto con conseguente vanificazione della tutela che pure il provvedimento d'urgenza promette;

c) l'insussistenza, sino all'udienza presidenziale, del diritto (cfr. supra) all'assegnazione da parte del genitore non proprietario, sino alla decisione sul collocamento della prole, da cui l'assegnazione ex art. 155 c.c. dipende.

In conclusione

È indubbia la necessità, in determinate situazioni, di proteggere la parte economicamente più debole nella fase che precede l'emissione dei provvedimenti provvisori che, proprio per la mancanza di regolamentazione, è quella più delicata e maggiormente a rischio di abusi da parte del genitore (o del coniuge) più forte.

In quest'ottica, mancando degli strumenti specifici, previsti invece per la fase successiva all'emanazione della statuizioni provvisorie (ex art. 156 commi 5 e 6 c.c.; art. 8 l. 1° dicembre 1970, n. 898; art. 3 l. 10 dicembre 2012, n. 219), l'interprete deve sforzarsi di recuperare, tra le pieghe delle norme “ordinarie”, le soluzioni migliori che possano attuare la cautela imposta dalla situazione, anche magari forzando le categorie dogmatiche, se ciò serve a proteggere il genitore più debole e, soprattutto, i figli.

In tal senso pare opportuno optare per un sistema che da un lato ammetta, nella maniera più generale possibile, il ricorso alle forme del sequestro conservativo e dall'altro chiarisca una volta per tutte la possibilità di trascrivere la domanda di assegnazione dell'alloggio familiare, così da impedire vendite, effettive o simulate, in danno della prole.