I maltrattamenti concorrono materialmente con le lesioni lievi quando oltre all'intenzione di maltrattare c'è anche quella di ledere l'integrità fisica della vittima

Redazione Scientifica
28 Dicembre 2015

Il reato di lesioni personali lievi concorre materialmente con il reato di maltrattamenti famigliari ex art. 572 c.p. tutte le volte in cui l'agente ha avuto intenzione non solo di maltrattare, ma anche di ledere l'integrità fisica del soggetto passivo.

Il reato di lesioni personali lievi concorre materialmente con il delitto di cui all'art. 572 c.p. laddove l'agente ha avuto intenzione non solo di maltrattare, ma anche di ledere l'integrità fisica del soggetto passivo, mentre le lesioni restano assorbite nel reato di maltrattamenti tutte le volte che siano conseguenza non voluta dell'azione.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 22 dicembre 2015 n. 50208, che ha rigettato il ricorso proposto dall'imputato, confermando così la sentenza della Corte territoriale che, ravvisando l'elemento qualificante della volontarietà, aveva riconosciuto la responsabilità

penale

dell'imputato per il delitto di lesioni personali, aggravato ai sensi degli

artt. 586

e

576 c.p.

, in concorso con i maltrattamenti

ex art. 572 c.p

.

La Suprema Corte ha infatti sancito che il possibile concorso materiale tra le due figure delittuose (le lesioni erano conseguenza dell'accoltellamento della vittima, precedute da ripetute minacce di morte), oltre che dall'elemento della volontarietà dell'evento lesivo, è altresì supportato dalla diversa oggettività giuridica dei due reati, il primo dei quali (maltrattamenti) è diretto a ledere il bene della famiglia e il secondo (lesioni) quello dell'integrità fisica individuale.
All'interno di un tale quadro dei rapporti e delle relazioni all'interno del coniugio, la Suprema Corte ha altresì ritenuto ravvisabile il delitto di violenza sessuale laddove la moglie, che in occasione di altri “assalti” sessuali del marito aveva opposto una netta resistenza e/o rifiuto, aveva assunto un atteggiamento di assoluta passività (“inerzia cadaverica”), da ritenersi comunque come inequivoco diniego al compimento dell'atto sessuale.

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