Minorenne straniero presente in Italia e autorizzazione alla permanenza temporanea del familiare

29 Febbraio 2016

In tema di permanenza temporanea del cittadino extracomunitario nel territorio nazionale, i gravi motivi connessi allo sviluppo psico-fisico del familiare minorenne che legittimano il rilascio della relativa autorizzazione, devono rivestire natura temporanea, di guisa che non confliggano con la natura di derogatoria che siffatto provvedimento riveste rispetto alle norme generali sull'immigrazione.
Massima

In tema di permanenza temporanea del cittadino extracomunitario nel territorio nazionale, i gravi motivi connessi allo sviluppo psico-fisico del familiare minorenne che legittimano il rilascio della relativa autorizzazione, devono rivestire natura temporanea, di guisa che non confliggano con la natura di derogatoria che siffatto provvedimento riveste rispetto alle norme generali sull'immigrazione; essi devono essere caratterizzati da concretezza, effettività e gravità, in maniera tale da bilanciare il diritto del cittadino straniero alla conservazione dell'unità familiare sancito dalle convenzioni internazionali, con la tutela dei valori costituzionali che sottendono alle norme sulla immigrazione nel nostro ordinamento.

Il caso

K.E., ricorreva al Tribunale per i Minorenni al fine di ottenere l'autorizzazione alla permanenza nel territorio italiano per motivi relativi allo sviluppo psico-fisico e alle condizioni di salute di S.A., suo figlio minore. Il Tribunale rigettava l'istanza.

La Corte di Appello rigettava il reclamo proposto dalla K., ritenendo di non assegnare prevalenza al diritto all'unità familiare invocato dall'appellante, rispetto alle esigenze di tutela della sicurezza nazionale, posto che l'integrità familiare ben avrebbe potuto essere mantenuta ove il minore avesse seguito la madre.

Nella fattispecie, la Corte d'appello - verosimilmente ritenendo non contingente e neppure transitoria la situazione posta a base della istanza (sul punto non si colgono indicazioni precise nella decisione in esame) - riteneva insussistenti i requisiti di “effettività, gravità e concretezza” quanto al potenziale pregiudizio che avrebbe subito la psiche del minore in conseguenza dell'allontanamento della madre dal territorio nazionale; argomentava infine che il diritto al mantenimento dell'unità familiare invocato dalla richiedente non ha valore assoluto nel nostro ordinamento, giacché l'interesse ad esso dello straniero non può essere dilatato sino a comportare l'indebita compressione degli interessi e dei valori, di rango costituzionale, sottesi alle disposizioni nazionali in materia di immigrazione e soggiorno dei cittadini stranieri.

Avverso questa sentenza proponeva ricorso la K.E..

La questione

La Corte affronta due questioni: a) quali caratteri devono rivestire i gravi motivi legati allo sviluppo ed alla salute del minorenne per risultare idonei a legittimare un'autorizzazione del familiare cittadino extracomunitario alla permanenza nel territorio nazionale; b) il bilanciamento tra la tutela del diritto all'unità familiare del minorenne e la garanzia dei valori costituzionali insiti nel diritto alla sicurezza nazionale.

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza ha chiarito da tempo che l'autorizzazione temporanea alla permanenza sul territorio nazionale del familiare del minorenne ai sensi dell'art. 31, comma 3, del d.lgs n. 286/1998 non deve essere necessariamente connessa alla ricorrenza di problematiche legate alla sua salute che rivestano carattere di urgenza o di eccezionalità ben potendosi ricollegare ad un potenziale quanto sicuro pregiudizio alla sua salute ovvero al benessere psico-fisico complessivamente inteso dello stesso minore (v. Cass. civ., sez. VI, 20 luglio 2015, n. 15191; Cass. civ., sez. VI, ord., 18 giugno 2014, n. 13848; Cass. civ., sez. I, 31 marzo 2011, n. 7516; Cass. civ.,S.U., 25 ottobre 2010 n. 21799; contra Cass. civ., sez. I, 10 marzo 2010, n. 5856).

Anche nella sentenza del giudice di legittimità in commento è possibile rinvenire la conferma del predetto orientamento, laddove si legge: «La giurisprudenza di questa Corte ha precisato che la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore non richiede necessariamente l'esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione dell'età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psicofisico, deriva o deriverà certamente al minore a seguito dello sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto o dall'allontanamento del familiare. (…)».

Tuttavia, nella fattispecie, precisa la Suprema Corte, il danno paventato a sostegno di una istanza volta all'ottenimento dell'autorizzazione da parte del familiare del minore, deve, da una parte, avere carattere transitorio e temporalmente circoscritto e, dall'altra, tradursi in una caratterizzazione di valenza suppletiva ed obiettivamente apprezzabile, del pregiudizio normalmente ricollegabile alla espulsione dal territorio nazionale propria o di un proprio familiare.

Invero, anche se non sono mancati casi (Cass. civ., sez. VI, ord., 25 marzo 2013, n. 7414) in cui il giudice di legittimità ha cassato provvedimenti reiettivi della richiesta di autorizzazione (richiamando il giudice del merito ad un apprezzamento, libero ma sempre approfondito, del complesso degli elementi addotti a sostegno dell'istanza), nondimeno dalla Cassazione si è inteso rimarcare, in maniera preponderante, come il familiare del minorenne non possa invocare, a sostegno della richiesta di autorizzazione, la semplice alterazione delle condizioni di vita di cui il minore gode al momento dell'istanza, ovvero un generico bisogno del minore, ossia un imprecisato trauma che possa derivargli dalla separazione con il familiare allontanato (Cass. civ., sez. VI, ord., 25 febbraio 2013, n. 4721).

La decisione in commento pone inoltre in risalto come, in caso di diniego del provvedimento autorizzativo, non possa comunque parlarsi di lesione del diritto all'unità familiare del minore o del proprio familiare come diritto garantito in sede internazionale ad opera delle Convenzioni a cui l'Italia ha aderito, dovendosi sempre salvaguardare, nel dare attuazione agli strumenti internazionali nell'ambito del diritto interno, il limite derivante dal bilanciamento con i valori di rango costituzionale che ineludibilmente permeano la disciplina nazionale in tema di soggiorno ed immigrazione dei cittadini extracomunitari.

Allo stesso modo la Corte ha chiarito come non possa configurarsi, in caso di rigetto della autorizzazione in parola, una “espulsione di fatto del minore” dal territorio nazionale, ben potendo lo stesso soggiornare presso altri familiari regolarmente residenti.

Osservazioni

Al fine dell'ottenimento dell'autorizzazione temporanea alla permanenza sul territorio nazionale del cittadino extracomunitario familiare del minore ivi soggiornante, non è sufficiente dedurre un pregiudizio usuale e prevedibile rispetto a quello che deriverebbe al minore da qualsiasi provvedimento di allontanamento di un proprio familiare, bensì l'istanza andrebbe specificamente corroborata allegando elementi che possano configurare un danno significativo, obiettivo, reale e tangibile, ma pur sempre di durata temporaneamente circoscrivibile, che possa pregiudicare la salute del minore ovvero il suo equilibrio psico-fisico a cagione dell'allontanamento del familiare, in ogni caso di incidenza deteriore rispetto a quello che ordinariamente un tale evento provocherebbe.

E' onere della parte richiedente allegare, ovvero richiedere, i mezzi istruttori idonei a dimostrare il grave pregiudizio potenzialmente derivabile al minore dalla perdita improvvisa della figura parentale di riferimento, ad esempio sollecitando una consulenza tecnica di ufficio, ovvero allegando la documentazione atta a dimostrare l'assenza o l'inidoneità di altri familiari residenti regolarmente in Italia, ovvero la preponderanza della funzione di accudimento del minore da parte del familiare richiedente, con ciò facendo verosimilmente supporre che il provvedimento di allontanamento del familiare finirebbe per tradursi in una indiretta ma consequenziale espulsione del minore, costretto a seguire la sorte di chi lo accudisce.

La finalità è quella di garantire la necessaria e piena tutela dell'infanzia senza che però la stessa si presti a strumentalizzazioni che finiscano per aggirare le norme nazionali in materia di immigrazione, favorendo l'inserimento indiscriminato e non legittimo di famiglie di stranieri illegalmente presenti nel territorio nazionale.

In tale ottica l'autorizzazione non può, perciò, essere rilasciata al familiare, in ragione di imprecisate quanto generiche esigenze di salvaguardia dell'integrazione del minore nella società, ovvero per garantirgli di continuare a fruire di condizioni di vita consone alle necessità evolutive proprie della sua età, pur se certamente migliori rispetto a quelle godibili nel Paese di provenienza o altrove.

Pertanto non risulterebbero integrati “i gravi motivi”, ove a giustificazione della richiesta di autorizzazione del familiare venga dedotta, ad esempio, l'esigenza di far completare al minore il ciclo scolastico, al contrario tali motivazioni potrebbero risultare come legittimamente sussistenti ove l'allontanamento del familiare possa, con grado di approssimazione vicino alla certezza, far ipotizzare una compromissione importante dello sviluppo psico-fisico del bambino, come laddove si verta nel caso di un minore in tenerissima età.

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