Separazione e divorzio: l'incidenza dei figli di altre unioni nella determinazione dei contributi economici

05 Aprile 2016

Per parte della giurisprudenza di legittimità e di merito, una delle circostanze idonee a determinare la quantificazione dell'assegno di mantenimento a favore dei figli e a supportare la richiesta di riduzione dell'assegno di mantenimento a favore degli stessi, è la formazione da parte del coniuge onerato di un nuovo nucleo familiare o la nascita di un ulteriore figlio da una successiva relazione more uxorio.
Incidenza del nuovo familiare dell'obbligato e assegno di mantenimento per i figli

L'art. 337 ter comma 4 c.c. stabilisce che i genitori debbano provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito. In caso di mancato accordo, spetta al Giudice stabilire la misura dell'assegno di mantenimento che dovrà essere determinato rispettando il principio di proporzionalità e tenendo in debita considerazione: le esigenze attuali del figlio, il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori, i tempi di permanenza con ciascun genitore, la valenza dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

La giurisprudenza di legittimità ha stabilito che nella valutazione della capacità patrimoniale del genitore non possa essere trascurato l'obbligo di natura economica che grava sullo stesso genitore nei confronti di altro figlio nato fuori dall'unione (Cass. Civ., 16 maggio 2005, n. 10197; Cass. civ., 30 novembre 2007, n. 25010; Cass. civ., 22 marzo 2012, n. 4551). Sul punto, tuttavia, vi è contrasto nella giurisprudenza di merito, non sempre orientata in senso favorevole a quanto appena precisato (Trib. Modena, 16 marzo 2011).

La presenza di figli di altre unioni del coniuge onerato potrebbe rilevare non solo in sede di separazione e di divorzio, ma anche nei giudizi di modifica ex art. 710 c.p.c. o ex art. 9 l. n. 898/1970.

In detti giudizi, il Giudice, può su istanza di parte, disporre la modifica dei provvedimenti pronunciati rebus sic stantibus solo in presenza di giustificati motivi sopravvenuti, tra i quali rientrano proprio i sopravvenuti oneri familiari dell'obbligato; ma ciò non vale come regola generale e automatica ma solo allorché i nuovi oneri familiari abbiano determinato un reale depauperamento delle sostanze o della capacità patrimoniale dell'obbligato, apprezzato all'esito di una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti.(Cass. civ., 24 gennaio 2008, n. 1595).

Incidenza del nuovo nucleo familiare beneficiario dell'assegno di mantenimento per i figli

La giurisprudenza di legittimità e di merito, tuttavia, sembra non applicare analogo criterio quando i figli nati da altre unioni sono quelli del coniuge creditore dell'assegno di mantenimento.

Al fine di approfondire questo aspetto, giova concentrare l'attenzione in particolare su due pronunzie: un decreto del Tribunale di Busto Arsizio del 16 marzo 2015, emesso in un giudizio ex art. 710 c.p.c. e un decreto del Tribunale di Lecco del 29 ottobre 2015, emesso in un giudizio per la determinazione dell'assegno ex art. 337 ter c.c. per il mantenimento di una figlia nata al di fuori del matrimonio.

  • Il Tribunale di Busto Arsizio omologava un verbale di separazione consensuale a mezzo del quale i coniugi avevano previsto in modo dettagliato: modalità e termini di affido condiviso dei tre figli, collocati prevalentemente presso la madre a cui veniva assegnata la casa coniugale, l'assegno di mantenimento per i 3 minori di € 2.400,00 posto a carico del padre unitamente alle spese straordinarie e a quelle della collaboratrice domestica; i coniugi si impegnavano, altresì, a non instaurare convivenze, da intendersi quali coabitazione negli immobili ove vivevano i figli, con eventuali nuovi partners per il periodo di due anni dalla data dell'udienza presidenziale, prevedendo, altresì che ove la moglie, decorso il predetto termine avesse instaurato una convivenza more uxorio, il contributo paterno al mantenimento dei figli sarebbe stato proporzionalmente ridotto per la parte relativa alle spese abitative in ragione dell'aumento numerico del nucleo familiare. Verificatasi questa circostanza, il marito proponeva, a distanza di poco più di due anni dall'udienza presidenziale, ricorso per la revisione delle condizioni di separazione, evidenziando che la moglie non solo conviveva con un altro uomo ma da questi aveva avuto una figlia. La domanda formulata dal ricorrente, tuttavia, non trovava accoglimento. Il Tribunale, infatti, riteneva che il contributo di mantenimento paterno per i figli, seppur destinato in maniera prevalente alle spese di vitto ed alloggio, era appunto riservato esclusivamente ai minori e, quindi, la determinazione del quantum dello stesso non poteva subire alcun tipo di riduzione a causa della presenza di soggetti terzi all'interno della casa coniugale, a meno che il contributo versato non venisse utilizzato in parte a favore di terzi. Il Tribunale precisava, inoltre, che il meccanismo di revisione dell'accordo di separazione non poteva vincolare automaticamente il Collegio, il quale doveva applicare le richieste di modifica solo se le stesse rispondevano all'interesse della prole.
  • Il Tribunale di Lecco, con provvedimento del 29 ottobre 2015, in un giudizio ex art. 337 bis e 337 ter c.c., stabiliva a carico del padre un assegno di mantenimento di € 1.100,00 mensili, comprensivo delle spese dovute per il canone di locazione sostenuto dall'ex convivente, oltre al 50% delle spese straordinarie. Il giudizio era stato instaurato dalla madre, convivente con la figlia e altri due minori avuti da una precedente relazione, che chiedeva oltre all'assegno anche il contributo, nella misura di ¼, al pagamento del canone di locazione e delle spese condominiali relative all'appartamento occupato con la prole. Il padre si era costituito opponendosi alla domanda, e rilevando che, nella determinazione dell'assegno dovuto doveva tenersi conto altresì dei contributi che la donna percepiva per il mantenimento dei due figli nati da precedente unione. Il Tribunale respingeva la richiesta di contributo al pagamento del canone di locazione e fissava un assegno in misura comprensiva anche delle spese abitative; purtuttavia il Collegio precisava che, nell'esame della situazione economica della madre, non si doveva tenere conto del contributo che quest'ultima percepiva per il mantenimento degli altri due figli, in quanto destinato esclusivamente alle esigenze dei minori.

Per entrambe le pronunce citate, quindi, i figli nati da altre unioni del genitore creditore non influiscono nella determinazione dell'assegno di mantenimento a favore dei figli minori di primo letto.

L'assegno eventualmente percepito dal genitore creditore per i figli nati da altre unioni, infatti, non inciderebbe sul quantum dell'assegno dovuto dal genitore obbligato, essendo diretto solo ed esclusivamente a favore del figlio minore. Le spese per alloggio e vitto, poi, parte determinante dell'assegno di mantenimento, per i giudici di merito non subiscono alcun tipo di riduzione a seguito della presenza nella casa coniugale, o nella casa destinata ai figli, di altri soggetti terzi perché la contribuzione è diretta solo ed esclusivamente ai minori e non destinata alle altre persone presenti nell'abitazione.

Gli indirizzi giurisprudenziali del Tribunale di Busto Arsizio e del Tribunale di Lecco, a parere di chi scrive, non sono del tutto condivisibili.

Nella determinazione della misura dell'assegno di mantenimento destinato ai figli, infatti, dovrebbe essere tenuta in debita considerazione la presenza di soggetti terzi all'interno della casa coniugale o della casa ove abitano i minori.

Parte delle spese fisse che riguardano l'abitazione, infatti, dovrebbero essere supportate da tutti i genitori dei minori che vivono all'interno dell'abitazione, in misura proporzionale. Quanto dovuto per il canone di locazione e per le utenze domestiche a titolo esemplificativo, è destinato non solo a beneficio dei figli di primo letto, nel caso di Busto Arsizio, o della figlia di secondo letto, nel caso di Lecco, ma anche agli altri figli nati da successive o precedenti unioni che risiedono nella stessa abitazione.

L'assegno di mantenimento, pertanto, dovrebbe essere parametrato anche in base alle suddette voci di spesa. Le cosiddette spese fisse per l'abitazione, infatti, dovrebbero essere equamente suddivise tra le parti, anche dai nuovi partners, conviventi o non conviventi, a favore dei figli residenti nella casa coniugale.

Incidenza del nuovo nucleo familiare del beneficiario dell'assegno di separazione

La presenza di terze persone all'interno della casa coniugale sembrerebbe, invece, influire nella determinazione dell'assegno divorzile o di separazione.

Tale orientamento è stato accolto dal Tribunale di Roma (Trib. Roma, ord. 17 dicembre 2015). Nel caso di specie, il marito chiedeva che nella determinazione dell'importo a favore della moglie venisse presa in debita considerazione la circostanza che la stessa viveva in una casa condotta in locazione, unitamente alla figlia nata da una successiva relazione.

Il Presidente del Tribunale, accogliendo la richiesta del marito, stabiliva un assegno provvisorio inferiore rispetto a quello stabilito in sede di separazione; l'importo stabilito in tale sede, infatti, comprendeva anche le spese per le esigenze abitative della moglie di cui inevitabilmente, alla luce della nuova nascita, avrebbe beneficiato anche la minore nata da altra unione della donna. Il Foro Capitolino, quindi, accogliendo le domande del marito, riduceva l'importo, motivando tale scelta con la circostanza che il padre della minore, pur non convivente con la figlia, era tenuto a contribuire a sua volta alle esigenze abitative della figlia che, viceversa, sarebbero state accollate in toto al marito (separato) della donna.

Come noto, in giurisprudenza è pacifico che la convivenza more uxorio del coniuge beneficiario dell'assegno, se stabile, regolare e continua, influisca sulla quantificazione dell'assegno di mantenimento, determinando un miglioramento delle condizioni economiche dell'avente diritto, a seguito di un contributo al suo mantenimento da parte del convivente, o un risparmio di spesa a seguito della convivenza (Cass. civ., 8 ottobre 2008, n. 24858; Cass. civ., 7 luglio 2008, n. 18593). La più recente giurisprudenza (Cass. civ., 11 gennaio 2016, n. 225, Cass. civ., 3 marzo 2015, n. 6855) e la dottrina prevalente ritengono, persino, che la convivenza influisca sull'an dell'assegno divorzile. Alla luce del provvedimento, anche la presenza nella casa coniugale di figli nati da altre unioni sembrerebbe riflettersi sulla determinazione del quantum dell'assegno divorzile.

Tale interpretazione del giudice capitolino è del tutto condivisibile. Il Tribunale, infatti, nel determinare la quantificazione dell'assegno divorzile, deve tenere in debita considerazione anche le spese abitative che il coniuge più debole deve sopportare. Le spese abitative, tuttavia, in caso di presenza di figli nati da altre unioni nella casa coniugale, non possono essere sostenute solo ed esclusivamente dal coniuge separato/divorziato, ma devono essere correttamente poste a carico anche del padre della minore, anche se non convivente con la stessa.

In conclusione

Le recenti pronunce giurisprudenziali dei tribunali di Busto Arsizio e di Lecco, anche se opinabili per i motivi indicati, hanno il merito di aver aperto un dibattito sull'incidenza dei figli, nati da altre unioni del coniuge beneficiario, nella quantificazione dell'assegno di mantenimento a favore dei minori di primo letto.

Mentre l'incidenza dei figli nati da altre unioni del coniuge onerato al versamento dell'assegno di mantenimento è stato ed è oggetto di costante e continuo dibattito giurisprudenziale e dottrinale, il dibattito sull'incidenza dei figli nati da altre unioni del coniuge beneficiario è solo ai primordi.

Stessa considerazione deve essere svolta anche in merito al provvedimento emesso dal Tribunale di Roma che, seppur pronunciato con ordinanza in sede di provvedimenti temporanei ed urgenti, ha il merito di aver compiutamente analizzato, nel caso sottopostogli, l'incidenza dei figli nati da altra unione del coniuge più debole nella determinazione dell'assegno divorzile.

Vedremo nel proseguo come si esprimerà la giurisprudenza e la dottrina sul punto.

Guida all'approfondimento

- A. Zaccaria, Commentario breve al diritto della famiglia, Milano, 2016.

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