La nuova regolamentazione per la costituzione delle Unioni civili dopo l'approvazione dei decreti legislativi delegati

06 Febbraio 2017

Con l'approvazione dei tre decreti legislativi, che entreranno in vigore il prossimo 11 febbraio 2017, si completa il quadro normativo relativo alle unioni civili introdotte nel nostro ordinamento dalla l. 20 maggio 2016, n. 76. Superata la fase transitoria affidata al d.P.C.M.23 luglio 2016, con le integrazioni apportate al d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 dal d.lgs. n. 5/2017 vengono ridefinite le modalità per la costituzione di un'unione civile risolvendo anche alcune difficoltà che il mancato pieno collocamento delle unioni nell'alveo delle disposizioni del codice civile aveva evidenziato rispetto all'istituto matrimoniale.
La fascia tricolore

La prima significativa modifica introdotta dal d.lgs. n. 5/2017 è che l'Ufficiale dello stato civile che costituisce l'unione civile debba indossare la fascia tricolore, a conferma della necessaria solennità del momento, visto che si provvede alla modifica dello status delle parti.

Ciò dovrebbe, indirettamente, risolvere anche il dubbio sulla sala in cui costituire l'unione, che dovrà inevitabilmente essere “aperta al pubblico”, per assicurare la massima pubblicità agli effetti dell'unione, così come avviene per la celebrazione del matrimonio.

La nuova previsione normativa è di fondamentale importanza, in quanto interviene a chiarire e spazzare tutti i dubbi che in molte amministrazioni in questi tempi avevano tenuto banco, arrivando a prevedere forme costitutive fortemente e ingiustificatamente discriminatorie rispetto al matrimonio, che sono state recentemente censurate dai primi interventi giurisprudenziali (TAR Veneto, ord. 7 dicembre 2016, contro il Comune di Padova; TAR Lombardia/Brescia, sent. 14 dicembre 2016 n. 1791, contro il Comune di Stezzano)

La procedura di costituzione

Il d.lgs. 19 gennaio 2017 n. 5 introduce, poi, nel d.P.R. n. 396/2000 il nuovo titolo VIII-bis interamente dedicato alla procedura di richiesta e di costituzione dell'unione, con significative differenze rispetto a quanto sino ad ora previsto dal cosiddetto “decreto ponte”.

In sintesi, la richiesta può essere presentata ad un qualsiasi Ufficiale dello stato civile liberamente scelto dalle parti, senza alcun vincolo rispetto al luogo di residenza o nascita degli interessati, indicando oltre alle proprie generalità, l'assenza di cause ostative all'unione. Queste condizioni saranno oggetto di verifica da parte dell'Ufficiale dello stato civile nei 30 giorni seguenti la redazione del processo verbale - sottoscritto dall'ufficiale medesimo e dalle parti - in cui si dà atto della presentazione della richiesta, raddoppiando così il termine di 15 giorni inizialmente previsto dal d.P.C.M. di luglio.

Qualora dall'indagine emerga la sussistenza di impedimenti, l'Ufficiale ne darà comunicazione alle parti e non procederà alla costituzione dell'unione. Se dovesse, inoltre, essere a conoscenza di un impedimento non dichiarato, ai sensi del nuovo art. 70-undecies d.P.R. n. 396/2000 ne informerà immediatamente il procuratore della Repubblica per la proposizione dell'opposizione.

Scaduto il termine di 30 giorni per l'effettuazione delle verifiche, se non sono state evidenziate condizioni ostative, le parti possono presentarsi al medesimo Ufficiale dello stato civile per la costituzione dell'unione. Questo termine potrà anche essere più breve, nel caso in cui le verifiche si siano completate favorevolmente prima del decorrere dei 30 giorni e ne sia stata data comunicazione obbligatoria agli interessati.

Gli esiti della verifica avranno validità di 180 giorni (termine analogo alla validità dell'esecuzione delle pubblicazioni in caso di matrimonio), decorsi i quali gli accertamenti perderanno di valore e si considereranno come non effettuati, per cui un'eventuale successiva unione dovrà essere preceduta da una nuova richiesta.

Costituzione dell'unione per delega

Un'altra importante novità contenuta nel decreto delegato, rispetto alla fase transitoria, è che - in analogia a quanto l'art. 109 c.c. prevede per la celebrazione del matrimonio - le parti possano costituire, per necessità o convenienza, l'unione in un comune diverso rispetto a quello in cui fu presentata la richiesta, a seguito di delega scritta che riporti le motivazioni che rendano accoglibile la richiesta.

Richiesta per procura

Il “decreto ponte” prevedeva, nel caso in cui una delle parti fosse impossibilitata a presentarsi presso la casa comunale, che fosse l'Ufficiale dello stato civile a recarsi nel luogo in cui l'interessato si trovava, per raccogliere la sua richiesta. Il d.lgs. 19 gennaio 2017 n. 5, nella nuova previsione dell'art. 70-bis d.P.R. n. 396/2000 consente la presentazione della richiesta anche da parte di un incaricato che abbia ricevuto una procura speciale risultante da semplice scrittura privata.

Costituzione dell'unione civile

Scaduto il termine per l'effettuazione delle verifiche, in un giorno prescelto che non dovrà più essere preventivamente indicato nel verbale di richiesta ma che sarà oggetto di libero accordo con l'Ufficiale dello stato civile, le parti si recheranno in comune per rendere la dichiarazione di costituzione dell'unione civile, alla presenza di due testimoni.

L'Ufficiale dello stato civile, prima di ricevere la dichiarazione delle parti, darà loro lettura dei commi 11 e 12 l. n. 76/2016, inerenti ai diritti e doveri che scaturiscono dal nuovo legame familiare.

Registro delle unioni civili

Tutti gli atti relativi alle unioni civili andranno registrati nel “registro delle unioni civili”, già previsto dal “d.P.C.M. ponte” e che viene, in questo modo, a perdere quel carattere di provvisorietà che lo aveva sino ad ora contraddistinto.

Costituzione fuori dalla casa comunale o in imminente pericolo di vita

Un'ulteriore definitiva equiparazione tra l'istituto matrimoniale e l'unione civile è data dalla possibilità, prima negata, (così come è previsto dagli artt. 101 e 110 c.c. per i nubendi) che le parti costituiscano l'unione civile fuori dalla casa comunale (e l'Ufficiale dello stato civile si farà assistere in questo caso anche dal segretario comunale oltre che dai due testimoni) o senza effettuare le verifiche previste dall'art. 70-bis Reg. stato civile nel caso di imminente pericolo di vita, a condizione che le parti prestino giuramento sull'inesistenza di impedimenti.

Scelta del regime patrimoniale

Le parti, all'atto della costituzione, è confermato che possano effettuare la scelta del regime patrimoniale cui assoggettare l'unione stessa: in assenza di una diversa specifica dichiarazione di cui all'art. 162 c.c., in piena sintonia con quanto avviene per le unioni matrimoniali, le parti ricadranno nel regime della comunione legale dei beni.

Scelta del cognome comune

Con una specifica dichiarazione possono, inoltre, manifestare l'intenzione di assumere un cognome comune per la durata dell'unione, come previsto dal comma 10 l. n. 76/2016.

Il decreto in esame, partendo da una specifica volontà del legislatore che ha riscontrato l'interesse delle parti a mantenere, comunque, le proprie generalità originarie - in analogia a quanto avviene per il matrimonio ai sensi dell'art. 143-bis c.c. - prevede che questa scelta mantenga, ormai, un significato esclusivamente simbolico.

Addirittura sulla questione le commissioni parlamentari, chiamate ad esprimersi sugli schemi dei decreti legislativi previsti dal comma 28 l. n. 76/2016, hanno imposto - con il loro parere - l'espressa condizione che si provveda a “disinnescare” gli effetti che la scelta del cognome comune possa avere sui cognomi delle parti e degli eventuali figli (variazione anagrafica delle generalità con le conseguenti modifiche del codice fiscale e di tutti i documenti che si riferiscono agli interessati).

A rafforzare questa nuova funzione esclusivamente di uso sociale e non anche anagrafico dell'eventuale cognome comune è intervenuta la modifica dell'art. 20 d.P.R. n. 223/1989 in cui si impone che le schede individuali restino intestate al cognome posseduto prima dell'unione civile. Non solo: l'art. 8 d.lgs. n. 5/2017 prevede che entro il 13 marzo 2017 (trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore del decreto medesimo), l'Ufficiale dello stato civile annulli le modifiche di cognome casomai apportate in vigenza del "decreto ponte".

Successivamente sarà opportuno ritornare sull'attualità e sul rilievo dell'art. 143-bis c.c. (ma qui lo riferiamo solo incidentalmente e marginalmente), alla luce della storica sentenza della Corte cost. 21 dicembre 2016, n. 286 con cui è stata dichiarata incostituzionale l'obbligatorietà di attribuzione ai figli del solo cognome paterno, andando di fatto anche a superare il cognome maritale come cognome di famiglia disconoscendo l'utilizzo di un unico cognome quale elemento di salvaguardia dell'unità familiare: un unico cognome, peraltro di uso esclusivamente simbolico, a questo punto anche all'interno della coppia unita civilmente cui bono?

La scelta migliore, a detta di chi scrive, sarebbe quella, verificata l'inutilità della norma così codificata dalla l. n. 76/2016, di abrogare il comma 10 riscrivendolo in modo rispondente alle aspettative sociali.

La certificazione

Viene confermata, in piena adesione con il dettato del comma 9 l. n. 76/2016, la peculiare forma di certificazione dell'unione civile, in cui è previsto che contenga - oltre le necessarie informazioni sulle parti - anche dati privi di qualunque utilità, come i riferimenti ai testimoni ed alla loro residenza.

Trattandosi, anche quello dell'unione, di un regolare atto di stato civile, per la certificazione sarebbe stato più corretto rifarsi ai principi generali: tutti gli atti consentono di ottenere certificati (art. 450 c.c.) oppure estratti per riassunto o per copia integrale (artt. 106 e 107 d.P.R. n. 396/2000). A questo punto si dovrà anche valutare se la peculiare forma certificativa prevista dal nuovo art. 70-quindecies d.P.R. n. 396/2000, sostituisca appieno le altre forme e quindi impedisca di rilasciare i tradizionali estratti.

L'indicazione dello stato civile

Il medesimo art. 70-quindesdecies prevede che le parti che hanno contratto un'unione acquisiscano lo status di “unito o unita civilmente”.

A tal proposito è da segnalare che recentemente l'ISTAT, con la circolare 1 dicembre 2016 n. 22585 e la successiva nota integrativa 7 dicembre 2016 n. 23410 ha previsto distinte denominazioni per gli uniti civilmente che divorzino o restino vedovi. Secondo l'Istituto Nazionale di Statistica si dovrà parlare di divorziati (o divorziate) da unione civile” nel primo caso e di “vedovi (o vedove) da unione civile” nell'altro, marcando una distinzione dai divorziati e vedovi che erano coniugati.

In conclusione

Il solo atto che, ora, serve per concludere definitivamente l'iter normativo successivo all'approvazione della “Legge Cirinnà”, completando la dotazione strumentale degli ufficiali dello stato civile, è il nuovo formulario per gli atti dello stato civile, che conterrà sicuramente nuove ulteriori utili indicazioni operative e che, pertanto, speriamo possa essere emanato al più presto.

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