Figli non matrimoniali: reclamo contro i provvedimenti provvisori

08 Febbraio 2017

Nell'ambito di un giudizio per l'affidamento e il mantenimento di un figlio di genitori non coniugati, il provvedimento provvisorio emesso dal Tribunale può essere impugnato? Con quali strumenti?

Nell'ambito di un giudizio per l'affidamento e il mantenimento di un figlio di genitori non coniugati, il Tribunale in composizione collegiale, all'esito di una Consulenza Tecnica che evidenziava una possibile manipolazione materna ai danni del figlio, emette un provvedimento provvisorio di collocamento eterofamiliare del minore e dispone una seconda Consulenza Tecnica di carattere psichiatrico sulla madre, riservandosi l'emissione di un provvedimento definitivo all'esito.

Il provvedimento provvisorio può essere impugnato? Se sì, con quali strumenti?

La risposta della giurisprudenza è, allo stato attuale, negativa.

Giova ricordare che i procedimenti inerenti la responsabilità genitoriale per i figli di genitori non coniugati, così come quelli limitativi (art. 333 c.c.) o ablativi (art. 330 c.c.) della responsabilità genitoriale sono retti dalle norme comuni ai procedimenti in Camera di Consiglio, come previsto dall'art. 38 disp. att. c.c., a seguito della novella di cui alla l. n. 219/2012.

Conseguentemente ci si è chiesti se il Tribunale possa emettere, nell'ambito dei relativi giudizi, provvedimenti provvisori e se detti provvedimenti fossero in qualche modo impugnabili.

La risposta al primo quesito è assolutamente positiva o in forza dell'interpretazione analogica dell'art. 710 c.p.c. oppure ai sensi dell'art. 336 c.c. (I. Cubicciotti, Figli nati fuori dal matrimonio: procedimento e competenza, in IlFamiliarista.it) dovendosi prediligere il riferimento alla seconda norma (per un'interpretazione estensiva dell'art. 336 c.c. vedi anche Trib. Roma 5 novembre 2015, con commento di C. Ravera, Ammissibile la tutela cautelare ex art. 700 c.p.c. nel giudizio di separazione dei coniugi, in IlFamiliarista.it).

I provvedimenti così emessi però, in forza della più recente giurisprudenza, non sono reclamabili in Corte d'appello né ai sensi dell'art. 739 c.p.c., perché si tratta di provvedimenti privi del requisito della definitività e decisorietà, né ai sensi dell'art. 708, comma 4, c.p.c. rimedio esperibile solo confronti dei provvedimenti provvisori emessi nell'ambito dei giudizi di separazione e (giusta l'estensione prevista dalla l. n. 54/2006) di divorzio, ma non anche a quelli emessi nei giudizi ex artt. 316 e 316-bis c.c. (App. Bologna, 23 febbraio 2015; App. Milano, 1 ottobre 2014; contra App. Catania 14 novembre 2012; cfr. A. Simeone, Reclamo contro le ordinanze presidenziali e le ordinanze del G.I., in IlFamiliarista.it).

Nè sarebbe ipotizzabile, infine, un reclamo ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. (innanzi al Tribunale in diversa composizione collegiale) in ragione della tesi, dominante in giurisprudenza, per cui le norme del procedimento cautelare uniforme non si applicano ai procedimenti di separazione, divorzio nonché a quelli riguardanti i figli non matrimoniali (cfr. sul punto Cass. civ., 4 luglio 2014, n. 15416).

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