Unioni civili: sì del Tribunale di Lecco al mantenimento del cognome comune

Alessandro Simeone
07 Aprile 2017

Deve essere disapplicato, in via d'urgenza, l'art. 8 d.lgs. n. 5/2017, nella parte in cui impone all'Ufficiale di stato civile di annullare dalla schede anagrafiche l'annotazione relativa alla scelta del cognome comune dell'unione civile, fatta in forza del precedente d.P.C.M. n. 144/2016, trattandosi di disposizione lesiva della dignità della persona e dell'interesse superiore del minore.

Il caso. Tizia e Caia si sono unite civilmente, decidendo, ex art. 1, comma 10, l. n. 76/2016, di assumere come cognome comune quello di Tizia; Caia dunque ha assunto un doppio cognome anagrafico, il proprio e quello di Tizia, come previsto dal d.P.C.M. n. 144/2016 che è stato trasmesso anche a Sempronia, figlia di Caia. La scelta del cognome comune era stato annotato dall'Ufficiale di stato civile nelle relative schede; dalla modifica del cognome era seguito anche il cambio di codice fiscale.

A seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 5/2017 – che all'art. 8 ha previsto la cancellazione d'ufficio dell'annotazione del “doppio cognome”- Caia si è rivolta al Tribunale di Lecco per ottenere, ex art. 700 c.p.c., inibitoria, concessa con decreto inaudita altera parte del 9 marzo 2017.

Necessario disapplicare il d.lgs. n. 5/2017 se lede il diritto all'identità della persona. Il Tribunale ha confermato il precedente provvedimento, assumendo che i) in forza del d.P.C.M. n. 144/2016 le parti dell'unione, come previsto dall'art. 1, comma 10, l. n. 76/2016, potevano scegliere un cognome comune; in tal caso, una di esse poteva modificare il proprio cognome “anagrafico”, anteponendo o posponendo al proprio quello dell'altra parte, provvedendosi poi alle relative annotazioni; ii) il d.lgs. n. 5/2017 pare invece aver “degradato” il diritto al cognome comune a mera facoltà di utilizzo del cognome dell'altra; iii) il medesimo decreto delegato prevede la cancellazione dalle schede anagrafiche dell'annotazione del cognome comune; iv) la modifica legislativa, indipendentemente dalla valutazione della sua incostituzionalità («quanto meno sotto il profilo dell'eccesso di delega») ove applicata al caso di specie determinerebbe, però, una lesione irreperabile alla dignità personale della parte dell'unione che aveva, in forza delle legge rationae temporis applicabile, modificato il proprio cognome, e sarebbe dunque dunque in stridente contrasto con gli artt. 1 e 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea nonché con l'art. 8 CEDU; v) la modifica del cognome della madre sarebbe altresì in contrasto con il superiore interesse della figlia, cui il doppio cognome era stato trasmesso.

Il Tribunale si occupa anche di risolvere la questione sollevata dal Ministero dell'interno precisando che «Non è vero.... che non vi sarebbe stato alcun consolidamento delle situazioni giuridiche» poiché la bambina ha assunto sin dalla nascita un doppio cognome, utilizzato anche per le pratiche amministrative e sanitarie a lei riferibili, mentre la madre ha fatto affidamento sulla modifica anagrafica del proprio cognome per spenderlo nella propria attività professionale.

Alla luce delle superiori motivazioni, il Tribunale ha riconosciuto il diritto alla tutela d'urgenza invocato dalla ricorrente, disapplicando l'art. 8 d.lgs. n. 5/2017 nella parte in cui dispone l'annullamento delle annotazioni effettuate in esecuzione del d.P.C.M. n. 144/2016 da parte dell'Ufficiale dello stato civile, trattandosi di norma in palese contrasto con i principi di diritto comunitario e sovranazionale.