Il Consiglio dei Ministri approva il disegno di legge sull'equo compenso
07 Agosto 2017
Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 7 agosto 2017 ha approvato il disegno di legge presentato dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando su un tema molto sentito per tutti gli avvocati: quello recante Disposizioni in materia di equo compenso e clausole vessatorie nel settore delle prestazioni legali. Il disegno di legge viene ora trasmesso al Parlamento perché possa discuterne e, auspicabilmente, approvarlo prima del termine della legislatura.
Il compenso del professionista. Il problema dell'equo compenso per gli avvocati (come per tutti gli altri professionisti, del resto) muove anche dalla constatazione che gli stessi, quali lavoratori autonomi, non hanno la garanzia costituzionale dell'art. 36 Cost. in base alla quale «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa». Per il professionista opera soltanto (nel senso che è una norma codicistica) l'art. 2233 c.c. secondo cui la misura del corrispettivo del professionista, ove non già determinata, «deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione». Ma l'assenza di una norma costituzionale di tutela -base non può significare che non ci debba e possa essere una forma di tutela per i professionisti onde evitare anche effetti distorsivi sul sistema come è stato ben messo in luce da un recente caso affrontato dal TAR Lombardia con la sentenza del 19 aprile 2017, n. 902 nel quale un professionista legale aveva presentato un'offerta per il patrocinio per un recupero credito chiedendo soltanto il rimborso delle spese vive e puntando tutto sull'eventuale liquidazione delle spese processuali a carico del soccombente. Per il TAR – con un'affermazione di principio certamente importante - «un'offerta pari a zero appare di dubbia legittimità in quanto, in disparte ogni considerazione sulla serietà ed affidabilità della medesima, non si rinvengono nel caso di specie ragioni peculiari per le quali la prestazione del professionista intellettuale debba essere di fatto gratuita» peraltro in contrasto con il disciplinare di incarico secondo cui il compenso avrebbe dovuto essere «proporzionato all'importanza dell'opera ed un'offerta a compenso zero appare in evidente contrasto con tale previsione normativa».
Equo compenso. Secondo quel che può attendersi anche alla luce di alcuni progetti di legge presentati in Parlamento il tentativo è quello di prevedere la determinazione di un equo compenso individuato con la formula del compenso «proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione». Equo compenso che avrà lo scopo di tutelare l'equità del compenso nei rapporti contrattuali con soggetti diversi dai consumatori come definiti dal codice del consumo. Secondo il Comunicato stampa di Palazzo Chigi «il provvedimento mira a riequilibrare la posizione contrattuale dei professionisti avvocati nei confronti di soggetti connotati da particolare forza contrattuale ed economica, individuati in particolare nelle imprese bancarie e assicurative e nelle imprese diverse da quelle piccole e medie, nonché a tutelare l'equità del compenso degli avvocati, evitando che una concorrenza potenzialmente distorta possa tradursi nell'offerta di prestazioni professionali al ribasso, con il rischio di un peggioramento della loro qualità».
Clausole vessatorie. Ma l'area di operatività non si limiterà soltanto a questo dal momento che il provvedimento coinvolge anche il tema di clausole inserite nelle convenzioni con soggetti diversi dai consumatori che vengono qualificate come vessatorie in quanto determinano un eccessivo squilibrio contrattuale tra le parti in favore del committente prevedendo un compenso non equo. Tra queste clausole dovrebbero rientrare quella che riserva al committente la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto, quella che consente al committente di recedere senza un congruo preavviso; di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto, di pretendere prestazioni aggiuntive a titolo gratuito; nel dover anticipare il professionista spese a carico del committente, nella rinuncia al rimborso delle spese da parte dell'avvocato, nella pattuizione di termini di pagamento superiori a sessanta giorni. Per gli avvocati dovrebbe, infine, essere considerata vessatoria anche la clausola che prevede, nell'ipotesi di liquidazione delle spese di lite in favore del committente, che al legale è riconosciuto solo il minor importo previsto nella convenzione, anche nel caso che le spese liquidate siano state in tutto o in parte corrisposte o recuperate dalla parte.
Conseguenze. Se il giudice dovesse accertare la non equità del compenso previsto e/o la vessatorietà della clausola, ne dichiara la nullità e ridetermina il compenso sulla base dei parametri fissati sulla base della legge forense del 2012, che sono già destinati a operare per i casi in cui manchi una pattuizione tra le parti.
Job act degli autonomi. Peraltro queste disposizioni andrebbero a rafforzare quel sistema già avviato seppur in parte con la legge 22 maggio 2017, n. 81 recante Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato meglio nota con il nome di “Job Act degli autonomi” il cui articolo 3 prevede che «si considerano abusive e prive di effetto le clausole che attribuiscono al committente la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o, nel caso di contratto avente ad oggetto una prestazione continuativa, di recedere da esso senza congruo preavviso nonché le clausole mediante le quali le parti concordano termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data del ricevimento da parte del committente della fattura o della richiesta di pagamento». |