Matrimonio dello straniero anche senza nulla osta del suo Stato d'origine
07 Settembre 2017
Massima
Se lo Stato di cui è cittadino il futuro sposo rifiuta il nulla osta al matrimonio per motivi religiosi, l'Ufficiale di Stato civile italiano può procedere ugualmente alle nozze, purché risulti la mancanza di impedimenti previsti per legge. Il caso
Una signora algerina vuole contrarre matrimonio nel nostro Paese con un italiano. La stessa non è in possesso del nulla-osta alle nozze di cui all'art. 116 c.c., che il suo Stato d'origine non rilascia alla cittadina di fede islamica, che intenda sposare un uomo di diversa religione. L'Ufficiale di Stato civile non autorizza le pubblicazioni; il Tribunale gli ordina allora di dar corso all'incombente, avendo l'interessata reso un atto notorio, attestante l'assenza di impedimenti alla celebrazione del matrimonio. La questione
La questione affrontata dalla pronuncia in esame può così sintetizzarsi: se lo Stato, di cui è cittadina la persona che vuole sposarsi in Italia, non rilascia il nulla osta per motivi legati alla fede religiosa, può l'Ufficiale di Stato civile procedere lo stesso alle nozze e, prima ancora, alle pubblicazioni? Le soluzioni giuridiche
Come è noto, il cittadino straniero può contrarre matrimonio in Italia sia con un cittadino italiano, sia con una persona di diversa nazionalità. Egli è peraltro tenuto, in base all'art. 116 c.c., a presentare all'Ufficiale di Stato civile una dichiarazione dell'autorità competente del proprio Paese, dalla quale risulti che, secondo la legge cui è sottoposto, nulla osta al matrimonio. Si ritiene che tale nulla osta non debba essere generico, ma riguardare le nozze con una persona specifica (F. Finocchiaro, Del matrimonio, II, in Comm. Scialoja Branca, 1993, 106). La ratio della norma è di agevole comprensione, solo se si consideri che la capacità matrimoniale del nubendo è disciplinata dalla sua legge nazionale ex art. 27 l. n. 218/1995. Il nulla osta è necessario già per procedere alle pubblicazioni, incombente che precede comunque il matrimonio se lo straniero ha residenza o domicilio in Italia. Due potrebbero essere le ipotesi che rendono improponibile per lo straniero il procurarsi il nulla osta; a) mancanza di collaborazione da parte dello Stato estero; b) esistenza di particolari impedimenti, previsti dalla legge nazionale. Nel primo caso, varie volte è intervenuto in via suppletiva il tribunale, censurando l'immotivato rifiuto dello Stato estero (Trib. Camerino, 2 aprile 1990, in Foro it., 1990, I, 2038; Trib. Potenza 30 novembre 1989, in Dir. Fam. 1990, 558). Più complessa la seconda fattispecie; può succedere, infatti, come nel caso di specie che lo Stato estero neghi il nulla-osta sulla base di una normativa, che contempli specifiche limitazioni alla capacità matrimoniale. Tipico è proprio il caso di molti Paesi islamici, nei quali è fatto divieto ad una donna musulmana di sposare un uomo di differente religione. Si tratta di un divieto che contrasta con l'ordine pubblico e che comprime in maniera inaccettabile, per uno Stato laico come il nostro, il diritto a contrarre matrimonio, imponendo al futuro sposo la conversione all'Islam. Il Ministero dell'interno, con Circolare 11 settembre 2007, al riguardo aveva imposto agli Ufficiali di Stato civile di non tener conto del mancato nulla osta, sulla scorta dell'ordinanza della Corte cost. 30 gennaio 2003, n. 14 (che aveva dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità dell'art. 116 c.c.). Lo straniero, come osserva esattamente il Tribunale di Milano, richiamando anche la propria giurisprudenza, può dunque supplire con altri mezzi, ed in particolare un atto di notorietà o una dichiarazione sostitutiva, al divieto di nozze per motivi di ordine pubblico, dovendo comunque il nubendo sempre comprovare le altre condizioni per il matrimonio, previste dalla propria legge nazionale (stato libero, età, ecc) (v. Trib. Piacenza 5 marzo 2011, in Ilcaso.it. 2011, Trib. Venezia, 4 luglio 2012, in Fam. e dir. 2012, 1143; Trib. Taranto 13 luglio 1996, in Fam. e dir.1996,445; Trib. Torino 24 febbraio 1992, in Riv. Dir. Intern. priv. proc. 1992, 985; Trib. Genova 4 aprile 1990, in Giur. Merito 1992, 1195). In forza dell'art. 116, comma 2, c.c., anche lo straniero è soggetto all'osservanza dei requisiti fondamentali per accedere alle nozze. Osservazioni
La pronuncia in esame conferma un orientamento già in essere: quando la legge nazionale di uno straniero prevede limitazioni al diritto di contrarre matrimonio, per motivi religiosi o di costume, che nulla hanno a che vedere con la capacità del soggetto di costituire il vincolo, lo straniero può comunque comprovare il possesso di tutti gli altri requisiti, ove lo Stato d'origine neghi il nulla osta. Il diritto a contrarre matrimonio rientra infatti tra quelli inviolabili, previsti dall'art. 2 Cost., riconosciuti anche dall'art. 12 CEDU e dall'art. 9, Carta di Nizza; nel contempo subordinare il matrimonio all'adesione alla religione dell'altro rappresenta un grave vulnus all'art. 8 Cost.. Del resto, come è noto, è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 116, comma 1, c.c., come modificato dalla l. n. 94/2009, nella parte in cui richiedeva allo straniero, ai fini della celebrazione del matrimonio in Italia, un documento attestante la regolarità del soggiorno nel nostro territorio nazionale (Corte cost., 25 luglio 2011, n. 245). Osserva la Consulta che la limitazione del diritto dello straniero a contrarre matrimonio, nel nostro Paese, si traduce anche in una compressione del corrispondente diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto intende esercitare. «Ciò comporta che il bilanciamento tra i vari interessi di rilievo costituzionale coinvolti deve necessariamente anche tenere conto della posizione giuridica di chi intende, del tutto legittimamente, contrarre matrimonio con lo straniero». Va qui rammentato che l'art. 116, comma 1, c.c. trova applicazione anche in relazione alla costituzione dell'unione civile (che non è però preceduta dalle pubblicazioni); a sua volta, l'art. 32-ter della l. 218/1995 (così come introdotto dal d. lgs. n. 7/2017) precisa che, per la costituzione dell'unione civile in Italia da parte di persona straniera in Italia, sia necessario il nulla osta del suo Paese d'origine. Può capitare peraltro che la legge nazionale dello straniero non contempli l'unione civile fra persone dello stesso sesso e quindi rifiuti il nulla osta. A fronte della evidente discriminazione basata sull'orientamento sessuale, la norma prevede espressamente che il nulla osta sia sostituito da un certificato o da un atto comunque idoneo ad attestare la libertà di stato, ovvero da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ex d.R.R. n. 445/2000; nel contempo, si precisa che resta salva la libertà di stato, accertata o acquisita per effetto di un giudicato italiano o riconosciuto in Italia. |