É trascrivibile la sentenza di adozione piena da parte del coniuge del genitore biologico del minore emessa dal giudice straniero
09 Marzo 2017
Massima
Non vi è alcuna ragione per ritenere, in linea generale, contrario all'ordine pubblico un provvedimento straniero che abbia statuito un rapporto di adozione piena tra persone coniugate e i rispettivi figli riconosciuti dai coniugi, anche dello stesso sesso, una volta che il giudice straniero abbia valutato in concreto che il riconoscimento dell'adozione, e quindi il riconoscimento di tutti i diritti e doveri scaturenti da tale rapporto, corrispondono all'interesse superiore del minore al mantenimento della vita familiare costruita con ambedue le figure genitoriali. Il caso
Tizia e Caia si rivolgevano alla Corte d'appello di Napoli per ottenere, ai sensi dell'art. 67 l. n. 218/1995, il riconoscimento delle due sentenze di adozione piena e legittimante pronunciate dall'autorità giudiziaria francese di ciascuna di loro nei confronti del figlio biologico dell'altra, e ciò a seguito del diniego da parte dei Comuni di nascita dei minori di trascrivere dette sentenze, e per l'effetto, la trascrizione delle suddette sentenze. La Corte d'appello di Napoli, accogliendo il ricorso, riconosceva l'efficacia nell'ordinamento giuridico italiano delle due sentenze francesi, ordinandone la trascrizione nei registri degli atti di nascita e condannando i Sindaci di tali Comuni al pagamento delle spese di lite. La questione
In via pregiudiziale la Corte ha dovuto affrontare la questione della propria competenza in relazione all'interpretazione dell'art. 41 l. n. 218/1995 che prevede che i provvedimenti stranieri in materia di adozione sono riconoscibili in Italia ai sensi degli artt. 64 e ss., ferme restando le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozione dei minori. In particolare si è posto il problema se tale previsione di cui all'art. 41 comporti l'applicabilità della legge 31 dicembre 1998 n. 476 di ratifica della Convenzione de L'Aja del 1993, con conseguente attribuzione della competenza al tribunale per i minorenni secondo la procedura dettata dagli artt. 29 e ss. l. n. 184/1983. Nel merito la Corte napoletana ha dovuto valutare la contrarietà o meno delle sentenze di adozione francese all'ordine pubblico, presupposto dettato dagli artt. 65 e 66 l. n. 218/1995 per l'efficacia in Italia dei provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone, nonché all'esistenza di rapporti di famiglia. La soluzione giuridica
In merito alla questione pregiudiziale la Corte d'appello di Napoli ha riconosciuto la propria competenza, precisando che il caso di specie non riguarda un'adozione internazionale secondo la Convenzione de L'Aja, bensì una adozione nazionale francese da parte di due donne francesi tra loro coniugate dei rispettivi figli biologici, che, secondo la legge dello Stato di cui sono cittadine, può avvenire in forma piena e legittimante. Nel merito la pronuncia in commento, richiamando il concetto di ordine pubblico internazionale, come più volte delineato dalla Corte di cassazione, ne ha riconosciuto la piena compatibilità con la fattispecie in questione, precisando che in linea di principio non può essere ritenuto contrario all'ordine pubblico un provvedimento che abbia statuito un rapporto di adozione piena tra persone coniugate e i rispettivi figli biologici, sempre che ciò corrisponda in concreto al superiore interesse dei minori coinvolti, valutazione quest'ultima che tuttavia può essere effettuata solo dal giudice straniero che ha emesso il provvedimento. Osservazioni
La sentenza della Corte d'appello di Napoli ha correttamente ammesso la propria competenza, riconoscendo l'applicabilità dell'art. 67 l. n. 218/1995, stante il rifiuto dei Comuni di nascita dei minori di trascrivere le sentenze francesi, escludendo la competenza funzionale del tribunale per i minorenni, non riguardando la fattispecie in esame un caso di adozione internazionale nel senso di cui alla Convenzione de L'Aja del 1993, bensì un caso di adozione nazionale disciplinato dalla legge francese, la quale, a differenza di quella italiana, prevede l'adozione piena e legittimante del figlio del coniuge. Altrettanto solide appaiono le motivazioni che hanno indotto la Corte a riconoscere la non contrarietà all'ordine pubblico delle sentenze di cui si chiedeva il riconoscimento. A tale fine i giudici hanno richiamato i principi stabiliti dalla sentenza della Suprema Corte n. 19405/2013, secondo cui la nozione di ordine pubblico non è enucleabile esclusivamente sulla base dell'assetto ordinamentale interno, bensì da intendersi come «complesso di principi fondamentali caratterizzanti l'ordinamento interno in un determinato periodo storico o fondati su esigenze di garanzia, comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo». La Corte napoletana ha altresì richiamato i principi sanciti dalla Corte Europea dei Diritti Umani, che impongono ai giudici degli Stati aderenti alla Convenzione di assumere decisioni riguardanti minori, tenendo prioritariamente conto del loro superiore interesse al mantenimento della loro vita familiare ex art. 8 CEDU e alle relazioni instaurate con figure genitoriali di riferimento. In tale contesto normativo non è stata ravvisata alcuna ragione per ritenere in via di principio contrarie all'ordine pubblico le sentenze di adozione tra persone coniugate e i rispettivi figli riconosciuti dai coniugi, anche dello stesso sesso, ove sia valutato in concreto che quell'adozione corrisponde all'interesse del minore. Peraltro tale valutazione concreta spetta al giudice straniero e non può essere sindacata in sede di riconoscimento, ove rileva esclusivamente l'apprezzamento circa la contrarietà o meno all'ordine pubblico. |