Diseredazione

08 Giugno 2015

È possibile prevedere la diseredazione di un figlio o di un fratello?

È possibile prevedere la diseredazione di un figlio o di un fratello?

Si ha diseredazione tutte le volte in cui il testatore espressamente privi uno o più di uno fra i propri successibili della possibilità di succedergli.

In linea di principio è valida la clausola di diseredazione; è possibile diseredare però soltanto degli aspiranti successibili che non siano legittimari. Perciò è possibile diseredare un fratello (parente in linea collaterale di secondo grado, non legittimario) ma non posso diseredare un figlio (parente in linea retta di primo grado legittimario).

La Cassazione, recentemente, con la sentenza n. 8352/2012 ha fatto chiarezza sulla validità di detta clausola, prima di allora discussa, sulla base del fatto che la diseredazione è una dichiarazione negativa.

In precedenza «l'argomento dirimente per escludere l'ammissibilità nel nostro ordinamento di una clausola testamentaria di contenuto esclusivamente negativo, quale, appunto, la clausola di diseredazione che manifesti la volontà del testatore di escludere un successibile, senza che sia possibile individuare una volontà positiva, sia pure implicita, di chiamare altri alla sua successione, è quello desunto dal contenuto e dalla portata degli articoli 587 e 588 c.c.».

La sentenza n. 8352/2012 rivisita e supera la precedente lettura sulla scorta delle seguenti considerazioni.

Ai sensi dell'art. 587 comma 1 c.c., il negozio di ultima volontà ha la funzione di consentire al testatore di disporre di tutte le proprie sostanze, o di parte di esse, per il tempo in cui avrà cessato di

vivere. Con una tale definizione, il legislatore sembra accogliere la natura essenzialmente patrimoniale dell'atto di ultima volontà. Dal rilievo che la disposizione testamentaria tipica abbia contenuto patrimoniale, non discende la conseguenza che il testamento, per essere tale, debba avere necessariamente una funzione attributiva.

L'articolato sistema delineato dal legislatore permette che il fenomeno devolutivo dei beni e l'individuazione degli eredi e dei legatari possano trovare indistintamente fondamento sia nella legge che nella volontà del testatore: l'art. 457 c.c. riconosce farsi luogo alla successione legittima, quando manca in tutto o in parte quella testamentaria, smentendosi dunque una gerarchia di valore tra le due forme del regolamento successorio, e dovendosi invece ricondurre il concorso tra le due vocazioni ad un rapporto di reciproca integrazione.

Il precedente storico (Cass. n. 1458/1967) ha inteso «riconoscere l'ammissibilità di una volontà di diseredazione ove in essa si ravvisi o una disposizione principale attributiva, esplicitamente o implicitamente presupposta, della quale la volontà del testatore è una modalità di esecuzione o un'implicita istituzione di tutti gli altri successibili non diseredati, volontà che non si presume ma va provata (Cass. n. 6339/1982; Cass. n. 5895/1994)», ammettendo la clausola di diseredazione solo se fondata sull'equivalenza tra l'esclusione e l'istituzione implicita di altri.

La recente Cass. n. 8352/2012 sottolinea come non debbano essere distinte sotto il profilo sostanziale le due situazioni: se si riconosce che il testatore possa disporre di tutti i suoi beni escludendo in tutto o in parte i successori legittimi, ugualmente deve essere possibile, con un'espressa e apposita dichiarazione, limitarsi ad escludere un successibile ex lege mediante una disposizione negativa dei propri beni. Perciò la Cassazione qualifica la clausola di diseredazione come «un atto dispositivo delle sostanze del testatore, costituendo espressione di un regolamento di rapporti patrimoniali, che può includersi nel contenuto tipico del testamento». «Il "disporre" di cui all'art. 587, comma 1, c.c. può dunque includere, non solo una volontà attributiva e una volontà istitutiva, ma anche una volontà ablativa e, più esattamente, destitutiva».

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