L'assegno a carico dell'eredità necessita, per divenire esigibile, di una pronuncia giudiziale che accerti l'esistenza dei presupposti

Luca Lanzalone
10 Maggio 2016

Il Tribunale di Milano si è pronunciato su due questioni in materia di assegno a carico dell'eredità: la prima relativa all'accertamento dei requisiti per vantare il diritto all'assegno, la seconda alla sua quantificazione.
Massima

«Pur avendo l'assegno a carico dell'eredità natura elettivamente assistenziale - e quindi dovendosi escludere che lo stesso possa essere identico, nella misura, all'assegno -, nondimeno lo stesso deve essere determinato in un importo tale da garantire alla ricorrente un adeguato soddisfacimento delle primarie esigenze di vita, abitative e di mantenimento».

Il caso

Tizia, ex coniuge divorziata da Caio, è titolare di un assegno di divorzio di Euro 6.000,00 mensili rivalutabili secondo indici Istat, e utilizzatrice di un appartamento di quest'ultimo, che provvedeva a pagare anche le utenze, le spese condominiali e lo stipendio del personale di servizio. L'utilizzo dell'appartamento era effettuato in attesa che Caio desse seguito all'impegno assunto con la sentenza di divorzio di trasferire a Tizia il diritto reale di abitazione sull'appartamento in questione. Alla morte di Caio, Tizia quantifica i bonus ulteriori e chiede un assegno a carico dell'eredità di euro 14.000,00. Si costituisce Caia, seconda moglie di Caio ed erede testamentaria resistendo alle pretese, non solo sulla quantificazione dell'assegno a carico dell'eredità, ma anche sulla sussistenza dei presupposti al godimento dello stesso. Il Tribunale si avvale di una CTU per accertare lo stato di fatto e pronunciarsi correttamente.

La questione

Le questioni sottoposte al Tribunale di Milano sono due. La prima è l'accertamento dei requisiti per vantare il diritto all'assegno a carico dell'eredità. La seconda questione, invece, è la quantificazione di detto assegno, in applicazione ai criteri di cui all'art. 9 bis l. div..

Le soluzioni giuridiche

Quanto alla prima questione, il Tribunale di Milano riconosce in capo alla ricorrente la sussistenza dei requisiti per ricevere l'assegno carico dell'eredità. In forza di tutti gli elementi di valutazione portati all'attenzione, e pienamente confortati dalle produzioni documentali effettuate, la ricorrente versa nelle ipotesi previste dalla legge per potersi vedere riconosciuto un assegno alimentare a carico dell'eredità: la ricorrente, infatti, era titolare di un assegno divorzile (importo fisso mensile oltre accessori rappresentati dal pagamento delle spese condominiali ordinarie e straordinarie, delle utenze tutte e del personale di servizio addetto all'appartamento che le veniva lasciato in godimento); inoltre, seppure il defunto Caio non ebbe mai a dare esecuzione all'impegno che si era spontaneamente assunto con la già menzionata sentenza di divorzio, la ricorrente risultava altresì titolare di un «diritto reale di abitazione vitalizio» sul già indicato immobile.

Il Tribunale, sulla scorta della CTU, giunge a quantificare la corresponsione annua, fra assegno e benefit, nell'imposto complessivo di € 102.315,00. Risulta con ciò provata la sussistenza del primo requisito: la titolarità effettiva dell'assegno di divorzio con pagamento periodico.

Quanto al secondo requisito, la sussistenza dello stato di bisogno, il Tribunale accerta come Tizia non dispone al momento della pretesa, come del resto non disponeva all'epoca del divorzio, né successivamente sino alla morte dell'ex coniuge, di cespiti ed utilità proprie, e non percepisce alcun trattamento pensionistico. Inoltre, attesa la avanzata età, non è ipotizzabile che Tizia possa svolgere attività lavorativa di qualsivoglia natura per reperire mezzi di sussistenza personale. Infine, il mancato trasferimento del diritto di abitazione, come previsto nella sentenza di divorzio, la rende ancor più bisognosa. Perciò, Tizia, per il suo personale sostentamento non poteva che fare esclusivo affidamento su quanto percepito dall'ex coniuge. L'assegno perciò avrebbe natura puramente assistenziale, come anche ribadito nella recente Corte di Cassazione (Cass. sez. I, sent. 27 gennaio 2012, n. 1253).

Quanto alla seconda questione il Tribunale quantifica l'assegno nella misura di euro 6.000,00 mensili.

Il Tribunale riconosce come Tizia abbia diritto ad un assegno che le consenta il soddisfacimento delle esigenze primarie di vita e di mantenimento, tra le quali debbono certamente ritenersi incluse anche le esigenze abitative in un contesto almeno tendenzialmente similare a quello ove la medesima ha sino ad oggi vissuto.

Ai fini della quantificazione dell'assegno, il Tribunale di Milano ha considerato rilevante sia l'ingente ammontare delle sostanze ereditarie, sia la circostanza che dette sostanze saranno devolute alla sola coniuge superstite - erede testamentaria - che ha accettato l'eredità; tali sostanze sono in grado di soddisfare non solo le esigenze di mantenimento della seconda moglie Caia ma anche garantire il diritto della prima moglie Tizia, dovendosi tenere in debita considerazione sia il contesto economico di riferimento della ricorrente (che ha sino a oggi fruito del sopra descritto pacchetto di benefici) e sia quello del de cuius (da sempre imprenditore affermato).

Osservazioni

Il Tribunale di Milano utilizza come linea guida quanto recentemente affermato dalla Cassazione (Cass. sez. I, sent. n. 1253/2013): «L'assegno a carico dell'eredità, previsto dall'art. 9 bis della l. 1 dicembre 1970, n. 898 (non modificato dalla l. 6 marzo 1987, n. 74) in favore dell'ex coniuge in precedenza beneficiario dell'assegno di divorzio, avendo natura assistenziale, postula che il medesimo si trovi in stato di bisogno, vale a dire manchi delle risorse economiche occorrenti per soddisfare le essenziali e primarie esigenze di vita. Pertanto, detto assegno va quantificato in relazione al complesso degli elementi espressamente indicati nello stesso art. 9bis, cioè tenendo conto, oltre che della misura dell'assegno di divorzio, dell'entità del bisogno, dell'eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche. A tale riguardo, l'entità del bisogno deve essere valutata non già con riferimento alle norme dettate da leggi speciali per finalità di ordine generale di sostegno dell'indigenza, bensì in relazione al contesto socio-economico del richiedente e del de cuius, in analogia a quanto previsto dall'art. 438 c.c. in materia di alimenti».

Sulla scorta di tale insegnamento analizza distintamente i punti delicati della questione, verificando dapprima i requisiti per la sussistenza del diritto. In primo luogo, perciò la titolarità effettiva dell'assegno e lo stato di bisogno. Rileva anche l'assenza di un nuovo matrimonio, che farebbe automaticamente venir meno il diritto, e anche l'assenza di una convivenza, che potrebbe comportare comunque il venir meno dello stato di bisogno. Superata la prima verifica, il Tribunale procede all'individuazione dei criteri per la quantificazione dell'assegno. I più rilevanti, nel caso specifico, sono l'ammontare delle sostanze ereditarie, la presenza di un solo erede superstite, lo stato bisogno, nella sua accezione idonea alla quantificazione, avendo perciò riguardo anche al tenore di vita goduto e alla totale assenza di capacità reddituale della richiedente. Il Tribunale, poi, aderisce alla qualifica della natura dell'assegno come assistenziale e perciò separa la quantificazione di detto assegno rispetto a quello post divorzile che ne costituisce solo presupposto, affermando però come il primo debba essere comunque determinato in un importo tale da garantire alla ricorrente un adeguato soddisfacimento delle primarie esigenze di vita, abitative e di mantenimento. Infine, incidentalmente, il Tribunale di Milano correttamente individua il momento da cui decorre il diritto dell'ex coniuge all'assegno a carico dell'eredità, affermando come esso, necessiti, per divenire esigibile, di una pronuncia giudiziale diretta ad accertare l'effettiva sussistenza del presupposto dello stato di bisogno e tale pronuncia assume di conseguenza natura costitutiva del relativo diritto, al pari di quanto accade per il credito alimentare, ex artt. 433 e ss. c.c. Perciò la ricorrente non può vantare diritti sull'eredità dall'apertura della successione ma solo dalla pronuncia che ha riconosciuto e quantificato il suo diritto.

Guida all'approfondimento

-G. GIUSTI, Gli effetti patrimoniali della separazione e del divorzio, Milano, 2008

-C. M. BIANCA, Commento agli artt. 5,9,9-bis l. 898/1970, in Commentario Cian-Oppo-Trabucchi, VI, 1,Padova, 1993

-F. MENOTTI, Le conseguenze patrimoniali del divorzio-I. L'assegno, la pensione e gli altri diritti, Piacenza, 2003

-M. DOSSETTI, Gli effetti della pronuncia di divorzio, in Il diritto di famiglia, Trattato diretto da Bonilini e Cattaneo, I, Famiglia e matrimonio, Torino, 1997

-G. CONTERIO, Il trattamento economico del coniuge nella separazione e nel divorzio, Milano, 2013

-G. BONILINI, Gli effetti patrimoniali. L'assegno post-matrimoniale. La revisione dei provvedimenti accessori alla pronunzia di divorzio. Divorzio ed effetti di diritto ereditario, in G. Bonilini-F. Tommaseo, Lo scioglimento del matrimonio, in Il codice civile, Commentario Schlesinger, Milano, 1997

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