È possibile la trascrizione in italia del matrimonio same sex fra cittadini stranieri
10 Dicembre 2015
Massima
Ai sensi dell' art. 19 d.P.R. n.396/2000 è possibile la trascrizione degli atti dello stato civile formati all'estero, ma solo tra cittadini stranieri in quanto, nel caso di cittadini italiani, la Corte di Cassazione ha già sancito l'intrascrivibilità del matrimonio celebrato all'estero fra persone (italiane) dello stesso sesso, motivandola però non con l'inesistenza o l'invalidità dell'atto, ma con la sua inidoneità a produrre effetti nell'ordinamento. Il caso
Due donne, di nazionalità straniera, hanno proposto reclamo ex art. 739 c.p.c. avverso il provvedimento di rigetto della loro opposizione ex art. 95 e ss d.P.R. n.396/2000 stante il rifiuto del Sindaco del Comune di Santo Stefano del Sole (Av), quale ufficiale dello stato civile della trascrizione del matrimonio contratto a Tourcoing (Francia) il 5 ottobre 2013 emesso dal tribunale di Avellino in data 7 ottobre 2014 e depositato il 9 ottobre 2014. Si dolgono le reclamanti che il primo Giudice si sia limitato a trascrivere, quasi pedissequamente, la sentenza della Corte di Cassazione n. 4184/2012 relativa ad una fattispecie alquanto diversa, ossia alla non trascrivibilità del matrimonio contratto all'estero da due cittadini italiani. In detta sentenza, emessa in conformità con quanto interpretato ermeneuticamente dalla Corte Europea dei Diritti dell' Uomo e dalla Corte Costituzionale con la sentenza 15 aprile 2010 n.138, è stata sancita l'intrascrivibilità del matrimonio celebrato all'estero tra due persone di nazionalità italiana dello stesso sesso, motivandola però non con l'inesistenza e invalidità dell'atto, ma, viceversa, con la sua inidoneità a produrre effetti nell' ordinamento. Diverso assumono essere le reclamanti il caso de quo, in quanto entrambe cittadine francesi con matrimonio contratto in Francia in conformità con la normativa che prevede espressamente il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Successivamente le due donne si sono trasferite per motivi di lavoro in Italia e richiedono la trascrizione del loro matrimonio presso lo stato civile di un comune italiano. Quindi a sostegno della loro tesi argomentano che, a prescindere dalla sussistenza o meno di detto istituto nell' ordinamento italiano, sarebbe comunque stato contrario alla normativa europea disconoscere la forma di matrimonio ratificata dallo stato di appartenenza. La questione
La questione in esame è la seguente: può l'Italia rifiutare la trascrizione di un matrimonio contratto all'estero secondo la locale vigente normativa tra due cittadini stranieri dello stesso sesso? Le due macro aree affrontate dalla sentenza della Corte partenopea sono una riferita “de relato” all'ammissibilità o meno del matrimonio in Italia di soggetti dello stesso sesso anche in considerazione sia della legislazione europea che delle sentenze della Corte EDU e l'altra alla trascrivibilità nel nostro ordinamento, che ad oggi non prevede il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso, di un matrimonio così contratto in un paese estero tra due cittadini non italiani. Le soluzioni giuridiche
La Corte di Appello di Napoli dopo una lunga disquisizione sul matrimonio tra soggetti dello stesso sesso anche tra cittadini italiani e sulla evoluzione giurisprudenziale nazionale avutasi anche in conformità con le norme ed interpretazioni europee, risolve il caso ammettendo il proposto reclamo sul più semplice presupposto dell'esistenza dell'art. 19 d.P.R. n. 396/2000 secondo il quale «Su richiesta dei cittadini stranieri residenti in Italia possono essere trascritti, nel comune dove essi risiedono, gli atti dello stato civile che li riguardano formati all'estero. Tali atti devono essere presentati unitamente alla traduzione italiana e alla legalizzazione, ove prescritta, da parte della competente autorità straniera». Osservazioni
La Corte di Appello di Napoli svolge le proprie argomentazioni arrivando ad accogliere il proposto reclamo riguardante la mancata autorizzazione alla trascrizione del matrimonio tra due cittadini stranieri dello stesso sesso, utilizzando la norma espressa dell' art. 19 d.P.R. n.396/2000, ma preliminarmente svolge un excursus abbastanza approfondito sulla “problematica” del matrimonio tra soggetti del medesimo sesso passando attraverso l'ammissibilità e la tutela delle coppie omosessuali nella normativa sia italiana che comunitaria. A tale scopo il primo riferimento da considerare è sicuramente la sentenza della Corte Costituzionale n. 138/2010 dove si ribadisce che i costituenti nel redigere l'art. 29, anche in relazione all' art. 3, focalizzarono la loro attenzione sulla nozione di matrimonio così come previsto dal codice civile del 1942, ossia con i coniugi che dovevano essere persone di sesso diverso. Al tempo stesso la Corte ha affermato che «l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso» debba ricondursi alla tutela delle «formazioni sociali» di cui all'art. 2 Cost.. Ma sempre la stessa sentenza afferma per la prima volta nel nostro ordinamento che l'art. 12 CEDU e l'art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea lasciano al legislatore nazionale di stabilire forme e disciplina giuridica delle unioni tra persone dello stesso sesso quasi auspicando un intervento “chiarificatore”. Quasi contestuale a questa decisione della Corte Costituzionale, arriva la sentenza Corte EDU sez. I, 24 giugno 2010 ric. n. 30141/04, nel caso Schalk and Kopf c. Austria in cui, per la prima volta, considerando che già cinque Stati membri del Consiglio d' Europa avevano esteso l'istituto matrimoniale alle coppie same-sex, veniva affermata la possibilità per le persone dello stesso sesso di contrarre matrimonio facendo sempre riferimento all' art. 12 CEDU, letto alla luce dell'art. 8 Carta di Nizza. La Corte Europea è chiara nell'evidenziare che è la legislazione nazionale che può consentire o meno l'esercizio di tale diritto; e che, a norma dell'art. 14 della Convenzione - posto in relazione all'art. 8 della stessa Carta di Nizza, letti alla luce dell'evoluzione giuridica (frutto del mutare dei costumi sociali e del sentire sociale) intervenuta in diversi Stati membri dell'unione europea - la relazione di una coppia omosessuale deve rientrare nella nozione non solo di "vita privata" ma anche di "vita familiare". Sulla spinta delle legislazioni europee, che avevano già previsto la possibilità di contrarre matrimonio tra persone dello stesso sesso e della richiamata sentenza Corte EDU, irrompe nel nostro ordinamento la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 4184/2012 che, superando le argomentazioni della Corte Costituzionale n. 138/2010 testualmente prevede: «il diritto al matrimonio, riconosciuto dal combinato disposto dell'art. 12 della Convenzione e art. 9 della Carta, include anche quello al matrimonio di persone dello stesso sesso, quale "nuovo contenuto" ermeneuticamente emergente proprio dai predetti diritti riconosciuti dalla Convenzione e dalla Carta, fermo restando tuttavia che la sua garanzia è rimessa al potere legislativo dei singoli Stati ("Tuttavia, per come stanno le cose, si lascia decidere alla legislazione nazionale dello Stato Contraente se permettere o meno il matrimonio omosessuale. (...) A tale riguardo la Corte osserva che il matrimonio ha connotazioni sociali e culturali radicate che possono differire molto da una società all'altra. La Corte ribadisce di non doversi spingere a sostituire l'opinione delle autorità nazionali con la propria, dato che esse si trovano in una posizione migliore per valutare e rispondere alle esigenze della società"). Tale "riserva assoluta di legislazione nazionale", per così dire, non significa, però, che le menzionate norme, convenzionale e comunitaria non spieghino alcun effetto nell'ordinamento giuridico italiano, fintantoché il Parlamento - libero di scegliere, sia nell'an sia nel quomodo – non garantisca tale diritto o preveda altre forme di riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali». La Corte partenopea nell'affrontare il reclamo proposto coglie quindi l'occasione per una analitica “riflessione” sul pregresso quasi a voler sollecitare il legislatore ad estrinsecare quella riserva di legge che è ancora in suo possesso, ma che deve essere esercitata anche e soprattutto al fine di normare una situazione quale quella delle coppie omosessuali che è ormai una realtà conclamata, ma che soprattutto sembra non trovare alcuno ostacolo nell'impianto normativo sia interno che esterno. Sollecitazione che è stata avanzata anche di recente dalla Corte EDU con decisione 21 luglio 2015 che ha condannato l'Italia con una sentenza emessa da un Giudice di designazione italiana, sostenendo che le coppie same-sex hanno pieno diritto ad ottenere il riconoscimento e la relativa tutela da parificare a quella delle coppie eterosessuali. Evidenzia infatti la Corte Europea che l'Italia, pur essendo tra gli stati firmatari della CEDU, è l'unica democrazia occidentale che non ha rispettato detto impegno tanto da essere condannata per la violazione dell' art. 8 della Convenzione. |