Stepchild adoption “incrociata”: una nuova pronuncia del Tribunale minorile di Roma
11 Aprile 2016
Massima
Può essere disposta a favore di ciascuno dei componenti della coppia omogenitoriale l'adozione del figlio del rispettivo partner, in base all'art. 44, comma 1, lett. d) l. n. 184/1983, se con ciò si realizza il preminente interesse dei minori. Il caso
Tizia e Caia avevano intrapreso, sin dal Novembre 2005, una relazione sentimentale e, nel successivo mese di Febbraio 2006, erano andate a convivere. Nel 2008, Caia, la più giovane delle due, aveva dato alla luce una bambina, concepita mediante inseminazione eterologa. A distanza di qualche anno, nel 2011, anche Tizia, dopo aver fatto ricorso alla medesima tecnica procreativa di Caia, aveva partorito una bambina. Con distinti ricorsi presentati nell'ottobre del 2014, Tizia e Caia hanno rispettivamente chiesto al Tribunale per i Minorenni di Roma l'adozione della figlia della propria compagna. Le ricorrenti affermano che «la fattispecie concreta ben può essere inquadrata nell'ipotesi di cui all'art. 44 lett. d) della l. 4 maggio 1983, n. 184, come modificata dalla l. 28 marzo 2001, n. 149, potendosi ritenere che l'espressione “impossibilità di affidamento preadottivo” debba intendersi come affidamento preadottivo di diritto e non di fatto. Può così realizzarsi l'interesse superiore di un bambino ad una famiglia della quale si riconosce figlio per aver creato dei legami affettivi inscindibili con una determinata figura di riferimento; il mancato riconoscimento di tale legame metterebbe il bambino in una situazione di rischio, causandogli un trauma profondo, perché egli vedrebbe delegittimata la persona che ritiene essere sua madre, tanto più se da quest'ultima, in caso estremo, dovesse subire un distacco». Il Pubblico Ministero ha espresso parere negativo, ritenendo mancante il presupposto della norma di cui al citato art. 44, costituito dalla “situazione di abbandono” del minore. Il Tribunale ha invece accolto i ricorsi. La questione
La questione in esame è la seguente: è possibile disporre, in caso di coppia omogenitoriale, l'adozione del figlio del partner? Le soluzioni giuridiche
La risposta affermativa al quesito sopra riportato si rinviene, ad avviso del Collegio capitolino, nell'art. 44, lett. d), l. n. 184/1983. Questa speciale forma di adozione, in ossequio al principio dell'interesse superiore del minore, può essere proposta anche in favore della persona singola o della coppia non coniugata. E nessuna limitazione è prevista espressamente, o può derivarsi in via interpretativa, con riferimento all'orientamento sessuale dell'adottante o del genitore dell'adottando, qualora tra di loro vi sia un rapporto di convivenza. Si tratta di un tipo di adozione, che mira a realizzare l'interesse del minore ad una famiglia in quattro specifiche ipotesi, in cui legislatore ha, per un verso, ampliato il novero dei soggetti legittimati a diventare genitori adottivi e, per altro verso, ha semplificato la procedura. La ratio legis trova una espressa manifestazione nell'art. 57, n. 2, l. n. 184/1983 laddove si richiede al Tribunale di verificare se l'adozione ex art. 44 cit. "realizza il preminente interesse del minore". Pertanto, il legislatore, oltre ad aver individuato dei casi tassativi per limitare la portata dell'istituto, lo ha circondato di ulteriori cautele, prevedendo, quale valutazione supplementare, che l'adozione realizzi il “preminente interesse del fanciullo”. Nella fattispecie in esame, disciplinata dalla lettera d), comma 1 del citato art. 44, il minore può essere adottato “quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo”. Il Collegio romano, disattendendo la lettura della norma proposta dal P.M.M., ritiene che l' “impossibilità di affidamento preadottivo” può essere un' impossibilità non solo di fatto, (alla quale il P.M.M. è rimasto ancorato), bensì anche di diritto, che permette di tutelare l'interesse di minori (pur se non in stato di abbandono) attraverso il riconoscimento giuridico di rapporti di genitorialità più compiuti e completi. Tale interpretazione è stata recepita dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 383/1999, secondo cui l'intera materia dell'adozione in casi particolari si caratterizza per l'assenza delle condizioni previste dall'art.7 l. n. 184/1983. In tali ipotesi non è, dunque, necessario il previo accertamento dello stato di abbandono del minore, purchè l'adozione risulti rispondente all'interesse superiore del minore. Ad avviso del Tribunale, é realizzato nel caso di specie il presupposto di cui all'art. 44, comma 1, lett. d) (cioè l'impossibilità dell'affidamento preadottivo di diritto), in quanto le minori, rispettivamente adottande dalle ricorrenti, non si trovano in una situazione di abbandono e mai potrebbero essere collocate in affidamento preadottivo. Né può essere di ostacolo all'applicazione della norma richiamata il fatto che i conviventi siano del medesimo sesso. Ciò, in primo luogo, alla luce dell'inequivoco dato letterale di cui all'art. 44, comma 1, lett. d). Tale norma non discrimina, infatti, tra coppie conviventi eterosessuali o omosessuali. Una lettura in senso diverso sarebbe, peraltro, contraria alla ratio legis, al dettato costituzionale, nonché ai principi della Convenzione Europea sui Diritti Umani e le Libertà Fondamentali ("CEDU"). Non può presumersi, inoltre, che l'interesse del minore non possa realizzarsi nell'ambito di un nucleo familiare costituito da una coppia di soggetti del medesimo sesso. Al riguardo si richiama la giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. n. 601/2013), secondo cui non è affatto scontato ma è, anzi, tutto da dimostrare che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In secondo luogo, una lettura dell'art. 44, comma 1, lett. d) che, contrariamente al dato letterale della norma, pretendesse di discriminare le coppie omosessuali si porrebbe in conflitto con il dettato costituzionale. A tal proposito, il Giudice delle leggi ha riconosciuto alle unioni omosessuali il diritto fondamentale di vivere liberamente la propria condizione di coppia, così come è per le unioni di fatto fra persone di sesso diverso (C. Cost. n. 138/2010). Pertanto, una volta valutato in concreto il superiore interesse del minore ad essere adottato e l'adeguatezza degli adottanti a prendersene cura, un'interpretazione dell'art. 44, comma 1, lett. d) che escludesse l'adozione per le coppie omosessuali solo in ragione della predetta omosessualità, al tempo stesso riconoscendo la possibilità di ricorrere a tale istituto alle coppie di fatto eterosessuali, sarebbe un'interpretazione lesiva del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e del principio posto a presidio dei diritti fondamentali (art. 2 Cost.). In terzo luogo, se si precludesse alle coppie omosessuali la possibilità di ricorrere all'adozione in casi particolari, si violerebbero gli artt. 8 e 14 CEDU. La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si è recentemente pronunciata su una fattispecie analoga a quella in esame, ritenendo discriminatoria, per violazione dell'art. 14 in combinato disposto con l'art. 8 CEDU, la legge austriaca che non consente, in caso di coppia omosessuale, l'adozione del figlio del partner (Corte EDU, Grande Camera, 19 febbraio 2013, X e altri c. Austria, ric. n. 19010/07). In conclusione, il Tribunale per i Minorenni accoglie entrambi i ricorsi, sul rilievo che «non si tratta di concedere un diritto ex novo, creando una situazione prima inesistente, ma di garantire la copertura giuridica di una situazione di fatto già esistente da molti anni, nell'esclusivo interesse di due minori, che sono state amorevolmente allevate dalle due donne». La sentenza in esame si pone nel solco tracciato dalla giurisprudenza di merito favorevole all'adozione del minore a coppie di conviventi (Trib. Min. Milano n. 626/2007; App. Firenze n. 1274/2012), anche dello stesso sesso (Trib. Min. Roma, 22 ottobre 2015). Osservazioni
In questo tipo di fattispecie un ruolo centrale è giocato dalla valutazione dell'interesse del minore. E' ben vero che tutta la normativa sull'adozione si ispira alla realizzazione di tale interesse; cionondimeno, l'esigenza avvertita dal legislatore di fare esplicito riferimento ad esso (art. 57, n. 2 l. n. 184/1983) si giustifica in ragione del fatto che l'art. 44 l. n. 184/1983 richiede requisiti meno rigorosi di quelli previsti per gli adottanti in via legittimante. A tal fine la legge prevede che il Tribunale disponga l'esecuzione di indagini sull'adottante e sul minore stesso. Tali attività istruttorie, da compiersi mediante l'intervento dei Servizi Sociali, l'ascolto del minore e l'audizione del ricorrente, devono consentire un giudizio di adeguatezza dell'adottante rispetto al ruolo genitoriale. Come è stato ben rilevato dai Giudici Onorari nella decisione che si annota, il benessere psicosociale dei membri del gruppo familiare non è tanto legato alla forma del gruppo, quanto alla qualità dei processi e delle dinamiche relazionali che si attualizzano al suo interno. In altri termini, non sono né il numero, né il genere dei genitori a garantire di per sé la condizione di migliore sviluppo di un bambino, bensì la loro capacità di assumere questi ruoli e le responsabilità educative che ne derivano. «Ciò che importante per il benessere dei bambini – si legge nella sentenza in rassegna – è la qualità dell'ambiente familiare che i genitori forniscono loro, indipendentemente dal fatto che essi siano dello stesso sesso o che abbiano lo stesso orientamento». -Fatta C. - Winkler M., Le famiglie omogenitoriali all'esame della Corte di Strasburgo: il caso della “second-parent adoption”, in Nuova Giur. Civ., 2013, 6, 10519 -Long J., L'adozione in casi particolari del figlio del partner dello stesso sesso (nota a Trib. Min. Roma, 30 luglio 2014), in Nuova Giur. Civ., 2015, 2, 10109 -Sesta M., Famiglia e figli a quarant'anni dalla riforma, in Fam. e Dir., 2015, 11, 1009 |