Uguaglianza e corresponsabilità parentale al vaglio della Corte europea dei diritti dell'uomo

12 Aprile 2017

Il caso affrontato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, concernente il diritto di visita e la custodia di un minore, ha ad oggetto la decisione con la quale il Tribunale della Famiglia tedesco ha sospeso per un periodo di tre anni tutti i contatti tra un minore e il padre.
Massima

Viola l'art. 8 CEDU la decisione di sospendere il diritto di visita del ricorrente per un periodo di tre anni in assenza di prove circa il bisogno del minore di sottoporsi a sedute terapeutiche. Nei casi di restrizioni del diritto di visita, alle giurisdizioni nazionali va riconosciuto uno stretto margine di apprezzamento.

Le autorità nazionali sono tenute ad esercitare una diligenza eccezionale nella conduzione del procedimento, poiché, trattandosi di sospensione del diritto di visita, esso ha avuto un impatto devastante sulla vita familiare del ricorrente.

Il caso

Il ricorrente, Claus Moog, è un cittadino tedesco residente in Germania. Il caso riguarda il diritto di visita verso suo figlio, D., nato nel luglio 1998. Il signor Moog e la madre di D. sono separati dal 1999. Il figlio minore è stato affidato alla madre e da allora i due ex coniugi sono impegnati in continue controversie relative alla custodia del figlio e al diritto di visita del padre. Durante questo periodo, il minore è vissuto con la madre, mentre la portata del diritto di visita del sig. Moog è variata in base al grado di resistenza della donna a permettere gli incontri.

Nel mese di aprile 2007, il Tribunale della Famiglia di Colonia ha disposto che il signor Moog potesse incontrare il figlio per sette ore al mese. Tuttavia, già dal giorno del primo incontro, il minore si è rifiutato di vedere il padre. Nel luglio 2007, il Tribunale della Famiglia ha sanzionato con una multa la sig.ra K., perché non era riuscita ad adempiere al suo dovere di favorire gli incontri.

La Corte d'Appello ha successivamente annullato la multa, poiché, visto lo stato psicologico, ha messo in dubbio la capacità della donna di preparare correttamente il figlio agli incontri e, in ogni caso, il giudice ha statuito che non era ragionevole agire in contrasto con i desideri del bambino. Nel corso del procedimento per la custodia, è stato nominato un perito per valutare lo stato emotivo del minore. Tuttavia, nel dicembre 2008, prima che l'esperto rendesse il suo rapporto, il Tribunale ha deciso di sospendere, nell'interesse del bambino, gli incontri del signor Moog fino al 2012.

Nel gennaio 2009, il perito ha depositato un rapporto preliminare che indicava che le visite del signor Moog non avrebbero danneggiato il benessere del bambino, ma nel maggio del 2009, il Tribunale della famiglia, respingendo la richiesta del signor Moog volta ad ottenere un diritto di custodia, ha sospeso il diritto di visita.

Il signor Moog ha proposto appello contro queste decisioni, confermate dalla Corte d'Appello di Colonia in due pronunce del 30 giugno 2009, ribadendosi che fosse nel migliore interesse del minore evitare contatti con il padre. Infine, la Corte costituzionale federale ha rigettato l'esame del ricorso presentato dal Sig. Moog.

La questione

Il caso affrontato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo concerne il diritto di visita e la custodia di un minore. Esso ha ad oggetto la decisione del 2008 del Tribunale della Famiglia tedesco con la quale vengono sospesi, fino al 31 dicembre 2011, tutti i contatti tra minore e padre.

Secondo questa decisione, il “conflitto violento e continuo tra i genitori” non permetterebbe il diritto di visita al padre perché contrario all'interesse del minore. Inoltre, la madre, a causa di un disturbo da stress, non sarebbe nelle condizioni di preparare il bambino agli incontri con il padre.

Invocando l'art. 8 CEDU, il signor Moog lamenta, in particolare, che la decisione della Corte d'appello, relativa alla multa nei confronti della signora K., aveva di fatto posto fine ad ogni incontro tra lui e il figlio; che i giudici nazionali hanno ingiustamente interrotto il suo diritto di visita, basando le pertinenti decisioni su prove insufficienti.

Inoltre, dal 1999, gli stessi giudici avrebbero fallito nel loro dovere di diligenza eccezionale richiesto in questo tipo di procedura; fallimento che gli avrebbe impedito di sviluppare un rapporto con il figlio.

La soluzioni giuridiche

La Corte europea ha concluso, all'unanimità, per la violazione dell'art. 8 CEDU, riguardo alla decisione di sospendere i contatti tra il signor Moog e suo figlio per un periodo di tre anni e in relazione allo svolgimento del procedimento in materia di diritto di visita. A tale proposito ha ritenuto non necessario esaminare il ricorso anche alla luce dell'art. 6, par. 1 CEDU. Ha statuito, invece, per la non violazione dell'art. 8 con riferimento alla mancata esecuzione della decisione del 24 aprile 2007 sul diritto di visita.

La Corte, pur riconoscendo alle autorità un ampio margine di manovra in materia di diritto di custodia, richiede un controllo più rigoroso sulle restrizioni supplementari, come quelle apportate al diritto di visita del padre. Difatti, tali restrizioni comportano il rischio di troncare le relazioni familiari. In particolare, i tribunali nazionali non hanno dimostrato che la sospensione del diritto di visita del richiedente per un periodo di tre anni fosse giustificato ai sensi del par. 2 dell'art. 8 della Convenzione, trattandosi di “ingerenza” prevista dalla legge che persegue uno scopo legittimo in una società democratica.

L'art. 8 CEDU esige che le autorità nazionali assicurino un giusto equilibrio tra gli interessi del minore e quelli dei genitori e che, in questo modo, attribuiscano un'importanza particolare all'interesse superiore del minore che, a seconda della sua natura e gravità, deve poter prevalere su quello dei genitori.

Da un lato, è certo che garantire ai minori lo sviluppo in un ambiente sano rientra in tale interesse e che l'art. 8 non può in alcun modo autorizzare che un genitore imponga l'adozione di misure pregiudizievoli per la salute e lo sviluppo dei suoi figli.

Dall'altro, è evidente che rientra ugualmente nello stesso interesse che i legami tra il minore e la sua famiglia siano mantenuti, salvo nei casi in cui quest'ultima si sia mostrata particolarmente indegna. Ne risulta che l'interesse del minore impone che solo circostanze eccezionali possano portare a una rottura del legame familiare e che sia fatto il possibile per mantenere le relazioni personali. Recidere tali relazioni significa privare il figlio delle sue radici.

Nel caso all'esame, la Corte europea ha statuito che non vi fossero sufficienti basi probatorie per ritenere che la sospensione del diritto di visita fosse nel migliore interesse del minore. Per quanto riguarda i certificati medici forniti dalla madre, comprovanti che la stessa non era in grado di preparare il bambino agli incontri, la Corte ha affermato che i giudici nazionali non avrebbero dovuto ritenere sufficiente l'attestazione medica privata ma richiedere una perizia o, almeno, un contatto diretto con la donna. D'altro canto, gli obblighi positivi che gravano sullo Stato membro non implicano solo che si vigili affinché il minore possa raggiungere il genitore o mantenere un contatto con lui, ma comprendono tutte le misure propedeutiche che consentano di conseguire tale risultato (Corte EDU, 26 maggio 2009, n. 4023/04, par. 95; Corte EDU, 5 febbraio 2004, n. 60457/00, par. 45; Corte EDU, 25 gennaio 2000, n. 31679/96, parr. 105 e 112).

Inoltre, le autorità nazionali, prima di decidere, avrebbero dovuto raccogliere dichiarazioni recenti del minore, del curatore speciale, dell'Ufficio per i minori e del pediatra. È quindi evidente che i giudici nazionali abbiano oltrepassato il loro potere discrezionale, quando hanno maturato una decisione senza ottenere dichiarazioni più attuali da parte dei soggetti coinvolti.

La Corte di Strasburgo ha, infine, ricordato che il suo compito consiste nel verificare se le autorità nazionali abbiano adottato tutte le misure che si potevano ragionevolmente esigere per mantenere i legami tra il ricorrente e il minore (Corte EDU, 17 novembre 2015, n. 35532/12, par. 75) e nell'esaminare il modo in cui le autorità sono intervenute per agevolare l'esercizio del diritto di visita del ricorrente come definito dai provvedimenti giudiziari (Corte EDU, 15 gennaio 2015, n. 62198/11, par. 105; Corte EDU 23 settembre 1994, n. 19823/92, par. 58). In particolare, in procedimenti di questo genere, l'adeguatezza di una misura si valuta anche in base alla rapidità con cui la stessa viene attuata (Corte EDU, 2 novembre 2010, n. 36168/09, par. 58) per evitare che il decorso del tempo possa, di per sé, avere conseguenze sulla relazione di un genitore con il figlio.

Invero nel giudizio dinnanzi alla Corte è emerso che il procedimento è durato troppo a lungo e soprattutto che non è stata attivata alcuna strategia per accelerarlo. Procedure più rapide e semplici sono particolarmente importanti perché incidono, tra l'altro, sullo sviluppo del bambino. In particolare, i giudici tedeschi non hanno adottato misure tempestive ed efficaci per consentire gli incontri del padre con il figlio, anche se – è stato più volte sottolineato dalla Corte – gli esperti avevano dichiarato che tali incontri fossero importanti per il bambino.

Osservazioni

La Corte ha già affrontato più volte la problematica all'esame e i diritti dei padri biologici sono già stati rafforzati più volte negli ultimi anni. Rilevanti sono state due decisioni (Corte EDU, 21 dicembre 2010, n. 20578/07 e Corte EDU, 15 settembre 2011, n. 17080/07), in cui la Corte europea ha condannato la Germania per non aver proceduto ad una valutazione in concreto degli interessi del figlio legittimo ad intrattenere rapporti con il padre biologico. In questi casi, la Corte europea ha affermato che l'articolo 8 della Convenzione protegge le relazioni familiari che riguardano i rapporti tra la madre, il padre legittimo, il padre biologico ed i bambini stessi che nascono proprio dalla relazione tra padre e madre biologici. Anche in ordinamenti le cui norme tutelino prevalentemente l'interesse del genitore legittimo rispetto a quello del genitore biologico, il criterio di riferimento e di orientamento delle decisioni deve essere quello del preminente interesse del minore. Pertanto, il figlio, ancorché non viva col padre biologico, ha diritto ad intrattenere relazioni con lo stesso se ciò corrisponda al suo superiore e preminente interesse. La Corte europea ha statuito altresì che la questione se il padre biologico possa pretendere incontri con il figlio è parte della sua identità e quindi rientra nella nozione di “vita privata” ai sensi dell'art. 8 CEDU. Altro precedente rilevante è il caso Kuppinger c. Germania, sopra citato (Corte EDU 15 gennaio 2015, n. 62198/11), in cui si mette in dubbio l'utilità della “riparazione” economica.

Nella vicenda in parola è stato riconosciuto fin dall'inizio che la madre non era disposta a collaborare e dunque le autorità nazionali sarebbero dovute intervenire precocemente ed efficacemente. In questi casi, difatti, le vittime sono sempre i bambini poiché soffrono per la controversia e per la perdita di un genitore, dovendo spesso combattere con problemi psicologici per tutta la vita. L'intervento precoce impedirebbe l'interruzione dei rapporti e dunque ridurrebbe i danni per il minore.

L'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa, con la sua risoluzione del 2 ottobre 2015, n. 2079 (2015) «Uguaglianza e corresponsabilità parentale: il ruolo dei padri», ha invitato gli Stati a firmare e/o ratificare Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei minori, adottata dal Consiglio d'Europa, il 25 gennaio 1996 e la Convenzione sulle relazioni personali riguardanti i fanciulli, adottata dal Consiglio d'Europa, il 15 maggio 2003.

Secondo l'Assemblea Parlamentare è necessario garantire in ambito familiare, l'uguaglianza dei genitori, risultando indispensabile la presenza di entrambi nella crescita dei figli.

Appare evidente che i padri si trovino a volte di fronte a leggi, pratiche e pregiudizi che possono arrivare a privarli della relazione con i loro figli. Ed a tale riguardo è utile ricordare che nella risoluzione del 25 gennaio 2013, n. 1921 (2013) «Uguaglianza dei sessi, conciliazione della vita personale con la vita professionale e corresponsabilità», l'Assemblea richiama le pubbliche autorità degli Stati membri a rispettare il diritto dei padri alla corresponsabilità ricordando che il diritto di famiglia prevede, in caso di separazione o divorzio, la possibilità di un affidamento congiunto dei figli, nel migliore interesse di questi ultimi, sulla base di un accordo condiviso dai genitori.

L'Assemblea è convinta in particolare che lo sviluppo della corresponsabilità parentale consenta di liberare le coscienze dagli stereotipi di genere che riguardano i ruoli assegnati alla donna e all'uomo in seno alla famiglia, aderendo all'evoluzione sociologica, delineatasi negli ultimi anni, in materia di organizzazione della sfera privata e familiare. L'Assemblea precisa inoltre che il rispetto della vita familiare è un diritto fondamentale sancito dall'art. 8 CEDU.

Obiettivo, dunque, del Consiglio d'Europa è lavorare verso una “progettualità condivisa”, introducendo negli Stati membri la “pratica Cochemer”. Si tratta di una pratica sviluppatasi in Germania che previene e pone rimedio all'alienazione dei figli nei casi di separazione o divorzio. Essa si basa su una piena cooperazione tra tutti gli attori coinvolti nella vicenda (tribunali, avvocati, servizi sociali, centri di consulenza, scuole), allo scopo di sviluppare standard e procedure unitarie.

Questo modello organizzativo multidisciplinare viene applicato per affrontare la crisi della coppia in modo tale da ridurre la conflittualità e mantenere il legame dei figli con entrambi i genitori anche durante e dopo la separazione. Nella pratica Cochemer il giudice non giudica: la mediazione è obbligatoria. Il giudice riceve dagli avvocati un progetto di divorzio. Se il genitore affidatario ostacola le relazioni del figlio con quello non affidatario, l'affidamento passa all'altro genitore, in modo tale che siano sempre i minori “protagonisti” di un affidamento non solo legale, ma anche materiale.

Guida all'approfondimento

M. Rovacchi, Il nuovo diritto di visita del genitore, Milano, Giuffrè, 2015.

S. Matone, A.M. Fasano, I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, Giuffrè, 2013.

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