È compito del Giudice valutare la rispondenza delle spese straordinarie all'interesse del minore
13 Marzo 2017
Il caso. La moglie ha agito in via monitoria nei confronti del marito per ottenere il rimborso delle spese straordinarie da lei sostenute in favore della figlia. Avverso il decreto con il quale il Tribunale ha ingiunto il pagamento della somma richiesta, il marito ha presentato opposizione eccependo che, nonostante il regime di affidamento condiviso, non era stato informato di tali spese e che, se fosse stato precedentemente avvisato, la figlia avrebbe potuto beneficiare di una convenzione medica. Oltretutto, la moglie, ad avviso dell'opponente, non aveva provato né l'urgenza né la natura medico-curativa degli interventi effettuati. Il Tribunale di Roma ha accolto l'opposizione con sentenza confermata in sede di appello. La moglie, quindi, ha presentato ricorso per cassazione.
Il Giudice deve valutare la rispondenza delle spese straordinarie all'interesse del minore. Osserva la Suprema Corte che, secondo l'orientamento giurisprudenziale più recente, il coniuge affidatario non è tenuto ad un obbligo di informazione e concertazione preventiva con l'altro coniuge in relazione alla determinazione delle spese straordinarie, trattandosi di «decisioni di maggiore interesse per il figlio e sussistendo, pertanto, a carico del coniuge non affidatario, un obbligo di rimborso qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso». Pertanto, in caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto a provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non ha contribuito alle spese straordinarie, è compito del giudice verificare la corrispondenza di tali spese all'interesse del minore, «mediante la valutazione della commisurazione dell'entità della spesa rispetto all'utilità e della sostenibilità della stessa rapportata alle condizioni economiche dei genitori» (Cass. civ., sez. VI-1, ord. 30 luglio 2015, n. 16175). Nel caso di specie, il Giudice di merito ha svolto tale verifica rilevando che il rifiuto a provvedere al rimborso da parte del padre si era basato «giustificatamente» sulla possibilità di affrontare la spesa medica necessaria mediante l'utilizzazione di una convenzione sanitaria correlata alla sua attività professionale. La Cassazione rigetta, quindi, il primo motivo di ricorso. |