Il diritto del minore di essere ascoltato si realizza anche attraverso CTU
13 Maggio 2015
Massima
Nel procedimento finalizzato all'accertamento del diritto del minore a conservare rapporti significativi con gli ascendenti ed i parenti del genitore scomparso, il minore assume la qualità di parte e, in quanto tale, come affermato anche dall'art. 315-bis c.c., introdotto dalla L. 10 dicembre 2012, n. 219, ha diritto di essere ascoltato cosicché la sua audizione, anche nel caso in cui il giudice disponga avvenga a mezzo di consulenza tecnica, non può rappresentare una restrizione della sua libertà personale ma costituisce, al contrario, un'espansione del diritto alla partecipazione nel procedimento che lo riguarda, quale momento formale deputato a raccogliere le sue opinioni ed i suoi effettivi bisogni. Il caso
Gli ascendenti e la zia materna di un minore si rivolgono al Tribunale per i Minorenni, denunciando la grave estromissione dal legame affettivo e relazione con il nipote, venutasi a creare in seguito alla scomparsa della di lui madre e determinata dal comportamento ostativo del padre del minore chiedendo di adottare tutti i provvedimenti ritenuti idonei al fine del ripristino delle relazioni con i congiunti del ramo genitoriale materno. Il Tribunale per i Minorenni con un primo provvedimento interinale disponeva l'ascolto del minore, del padre degli operatori dei servizi sociali e nominava un curatore speciale. Con un primo decreto il Tribunale per i Minorenni stabiliva le modalità di ripristino della relazione con i nonni materni e con la zia e prescriveva al padre di non ostacolare la relazione, avvertendolo che in caso di contrario si sarebbe proceduto ad accertamenti peritali sulle condizioni psicofisiche del minore e all'adozione di eventuali provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale. Avverso il primo decreto il padre interponeva reclamo, che la Corte d'Appello dichiarava inammissibile trattandosi di provvedimento meramente interlocutorio. Con successivo decreto il Tribunale per i Minorenni, preso atto del rifiuto del padre di consentire l'audizione del figlio, ribadiva che l'audizione del minore era da considerarsi indispensabile e fissava a tal fine una nuova udienza e rimetteva alla fase successiva all'audizione diretta ed assistita ogni determinazioni in ordine alla necessità di espletamento del CTU. Contro il decreto il padre ricorreva per Cassazione deducendo 6 motivi di censura: violazione dell'art. 360 e ss c.p.c. e art. 606 e ss c.p.p. e disapplicazione dell'art. 111 comma 1 e 8 della Costituzione, disapplicazione dell'art. 111, comma 12, Cost., disapplicazione dell'art. 13, comma 1 e 2 Cost., disapplicazione dell'art. 32 Cost. e dell'art. 24 Cost.. Il Tribunale per i Minorenni con successivo decreto, riscontrato nuovamente il rifiuto del padre a consentire agli esperti di svolgere una valutazione obbiettiva sulle condizioni del minore disponeva CTU diretta ad accertare la capacità genitoriale, le relazioni tra padre e figlio e tra il minore e il ramo genitoriale materno e prescriveva al padre di consentire la sottoposizione del minore agli incontri non ostacolandone l'osservazione. Anche contro questo decreto il padre ricorreva per cassazione in sostanza articolando 7 motivi di censura di cui 6 coincidenti con quelli già formulati nel primo ricorso per cassazione e con il settimo contestando specificamente il provvedimento di ammissione della CTU deducendo tra gli altri motivi: 1) La violazione dell'habeas corpus perché il giudice, con provvedimento suscettibile di esecuzione, aveva disposto sulla persona fisica di un terzo sottoponendolo all'audizione e ad un accertamento peritale: l'ascolto del minore sarebbe stato effettuato al di fuori dei casi e delle modalità previste; 2) Il mancato bilanciamento tra la tutela della posizione soggettiva del minore - di rango costituzionale - e il diritto di visita dei nonni e della zia, non qualificabile quale diritto soggettivo perfetto; 3) La violazione del diritto di libertà del minore sottoposto a CTU per effettuare una audizione in un procedimento in cui il suo ascolto non era da ritenersi necessario. In motivazione: la Corte ha ritenuto il ricorso «in larga parte inammissibile e sotto altro profili infondato». Manifestamente infondato perché denunzia una inesistente lesione di diritti fondamentali per opera del provvedimento del Tribunale per i Minorenni e invoca «le citate norme della Costituzione in un'ottica di totale fraintendimento della finalità e della efficacia della disposta audizione del minore e della ricerca degli strumenti per la ricostruzione del rapporto affettivo con i congiunti materni». «È evidente che un ruolo centrale assume in questa prospettiva l'ascolto del minore. E sarebbe assurdo concepire tale previsione come imposizione al minore di un'attività processuale da assumere coercitivamente e autoritativamente o addirittura come una violazione del suo habeas corpus». «È errato ritenere che l'audizione del minore possa costituire una restrizione della libertà personale costituendo al contrario una espansione del diritto del minore alla partecipazione al procedimento che lo riguarda». «Le modalità di audizione del minore sono stabilite dal giudice, il quale, secondo la sua prudente valutazione, può anche disporre a tal fine una consulenza tecnica. Quest'ultima oltre a non costituire ovviamente una sanzione non può essere considerata come l'imposizione di una restrizione della libertà personale costituendo lo strumento o uno degli strumenti che il giudice può disporre per individuare la soluzione del conflitto più consona all'interesse del minore». La questione
La questioni in esame sono la seguenti: nei giudizi ex art. 317-bis c.c. il minore assume il ruolo di parte in senso sostanziale del giudizio e quindi la sua audizione è da ritenersi obbligatoria? L'audizione del minore può avvenire anche in maniera indiretta a mezzo di CTU? La scelta del giudice di disporre CTU costituisce una restrizione della libertà personale del minore? Le soluzioni giuridiche
La giurisprudenza ha in più occasioni e con più pronunzie enunziato il principio secondo cui l'audizione del minore va considerata quale momento imprescindibile in tutti i procedimenti che dispongano dei sui diritti ovvero in cui si discute di questioni che li riguardano. Rientra tra i procedimenti nei quali il minore ha diritto di essere ascoltato quello, tuttora di competenza del Tribunale per i Minorenni, di cui all'art. 317-bis c.c., diretto all'accertamento del diritto del minore a conservare rapporti significativi con gli ascendenti ed i parenti di ciascun ramo genitoriale. Vertendo il giudizio sul diritto del minore al mantenere rapporti significativi con ciascun ramo genitoriale, diritto riconosciuto con la l. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 1, comma 1, il minore diviene parte sostanziale del procedimento e deve essere ascoltato se abbia compiuto i 12 anni, ma anche se di età inferiore ove dotato di discernimento, salvo che l'audizione sia contraria ai suoi interessi o risulti manifestamente infondata. L'art. 336-bis c.c. prevede espressamente che l'ascolto sia condotto, in via diretta, dal giudice anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. Peraltro non può non osservarsi che, anche dopo l'entrata in vigore del d. lgs. n. 154/2013, resta ferma la facoltà per il giudice di provvedere all'audizione del fanciullo in via indiretta posto che è l'interesse preminente del minore ad essere ascoltato a dover orientare le forme processuali. Spetta al giudice individuare la modalità di ascolto del minore che gli garantisca la possibilità di esprimere con autonomia e in piena libertà i propri giudizi e la propria volontà: laddove, in concreto, la posizione dei genitori sia ostacolante, arrivando finanche a impedirgli di manifestare il proprio parere, può risultare opportuno delegare ad un esperto, anche a mezzo CTU, l'audizione del minore. Tale scelta non costituisce una restrizione della libertà personale del minore: è una modalità che garantisce l'espansione del diritto del minore alla partecipazione al procedimento che lo riguarda. Osservazioni
La disciplina dell'ascolto del minore e le regole normative dettate per l'audizione del fanciullo (art. 315-bis, 336-bis, e 337-octies c.c. e art. 38 disp. att. c.c.) sono espressione del radicale mutamento nella visione della posizione del minore all'interno dei procedimenti che lo riguardano facendolo divenire soggetto di diritto e non più oggetto di diritti. Il minore che abbia compiuto i 12 anni, ma anche di età inferiore purché dotato di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutti i procedimenti lo riguardano: non solo, quindi, quando sia controversa la responsabilità genitoriale, ma anche quando si tratti di dare piena attuazione al diritto del minore a mantenere stabili relazioni con entrambi i rami genitoriali. Tale esigenza è ancora più pressante quando la prematura scomparsa di uno dei genitori escluda dal panorama relazionale del minore quel oggetto che garantiva il legame tra stirpi. Miope oltre che arcaico è pensare che solo i genitori siano gli unici e fedeli interpreti della volontà del minore. L'audizione del minore presuppone la sua possibilità di libero accesso al sistema giustizia: se i comportamenti dei genitori impediscano al minore di esprimere la propria opinione, è necessario individuare forma alternative rispetto all'audizione diretta ad opera del giudice: l'audizione del minore attraverso CTU è diretta non solo a rendere effettivo l'ascolto raccogliendo la dichiarazione in un ambito non inquinato da pressioni o strumentalizzazioni, ma anche di valutarne la genuinità consentendo quindi di assumere provvedimenti che realizzino il suo preminente interesse. Si tratta di un'opzione volta a rendere effettivo l'ascolto del minore e non può mai essere lette quale restrizione della sua libertà personale, ne tanto meno come lesione del suo habeas corpus. |