Nessun diritto di visita per i genitori genetici

Redazione Scientifica
13 Ottobre 2015

Il Tribunale di Roma, torna sul caso degli “embrioni scambiati” e - riaffermando la prevalenza nel nostro ordinamento del principio secondo cui «è madre colei che partorisce il figlio» - esclude che i genitori abbiano diritto ad instaurare un rapporto con i figli la cui maternità e paternità sia acquisita in capo ad altri soggetti.

La “sbagliata” fecondazione assistita. Una coppia di coniugi aveva deciso di sottoporsi alle procedure di fecondazione medicalmente assistita. Una volta intrapreso questo percorso, però, gli embrioni creati erano stati erroneamente impiantati nell'utero di una diversa donna che aveva poi partorito due gemelli. L'errore veniva riconosciuto dalla struttura sanitaria.

I genitori genetici, allora, proponevano, rispettivamente il padre azione di disconoscimento di paternità e la madre azione di disconoscimento di maternità nei confronti della coppia di coniugi ai quali erano stati impiantati per errore gli embrioni. Nell'ambito del giudizio di merito, con due diversi procedimenti d'urgenza, ciascuno dei genitori “genetici” richiedeva vedersi riconosciuto il diritto ad incontrare i propri figli al fine di instaurare con gli stessi un rapporto affettivo. A sostegno di tali richieste i ricorrenti facevano riferimento al criterio del prevalente interesse dei minori alla verità genetica e a crescere nel proprio nucleo familiare.

Durante il giudizio cautelare venivano altresì sollevate due questioni di legittimità costituzionale degli artt. 269 e 243-bis c.c., per violazione degli artt. 2, 3, 24, 30 e 117 Cost. e 8 Cedu nella parte in cui escludono l'azione di disconoscimento di maternità e paternità in caso di scambio di embrioni

Il giudice della cautela riteneva la sollevata questione di costituzionalità non fondata e respingeva entrambe le istanze cautelari. Il provvedimento veniva reclamato.

Lo stato di filiazione si determina con la nascita. Il Tribunale di Roma, ex art. 669 terdecies c.p.c., ha riunito i due reclami e li ha respinti confermando il provvedimento cautelare.

Oggetto della decisione non è il merito della causa (ovvero la fondatezza o meno delle azioni di disconoscimento proposte) bensì la valutazione della sussistenza di un diritto dei genitori “genetici” di poter instaurare e coltivare un rapporto con i figli nati successivamente allo “scambio di embrioni”.

Per il Tribunale tale diritto – seppure sotto il limitato profilo del fumus boni iuris e fatta salva ogni diversa valutazione all'esito del giudizio di merito - presuppone, però, per il suo stesso esplicarsi, la preventiva rimozione in capo ai bambini dello stato di figli della madre che li ha partoriti e del marito di costei, giacché sia l'azione di disconoscimento di paternità, sia quella di disconoscimento di maternità, hanno natura costitutiva.

Secondo il Tribunale - al netto dei profili di ammissibilità dei provvedimenti d'urgenza connessi a pronunzie di carattere costitutivo - non sussiste, nella fattispecie, alcun fumus boni iuris e dunque alcun diritto dei genitori genetici, giacché:

1) in primo luogo l'art. 8, l. n. 40/2004, stabilisce che, nel determinare lo stato giuridico del nato non può farsi riferimento all'embrione fecondato in vitro, in quanto questo è privo di personalità giuridica, di capacità successoria e non può acquisire alcuno stato di filiazione prima dell'impianto nell'utero e della formazione del feto. L'art. 8 considera dunque quale elemento decisivo ai fini dell'acquisto dello stato di filiazione la nascita;

2) nel nostro ordinamento «è madre colei che partorisce il figlio». Tale principio, invero, è stato di recente riconfermato dalla riforma della filiazione. Il legislatore, pur consapevole dello sviluppo delle nuove tecniche di fecondazione assistita, ha voluto lasciare intatto questo fondamento, che ha portata decisiva nel caso sottoposto al giudice romano. In ogni ipotesi di surrogazione di maternità prevale quindi la madre partoriente sulla madre genetica;

3) altrettanto non meritevole di accoglimento è il reclamo del marito. Infatti, l'art. 231 c.c. «indica quale padre dei minori il marito della donna (cha ha partorito) il figlio concepito o nato durante il matrimonio». Inoltre, spiega il giudice, l'azione di disconoscimento è preclusa dal legislatore della riforma al padre biologico, essendo un soggetto estraneo al nucleo familiare (art. 253 c.c.);

4) in considerazione dell'impossibilità della rimozione dello stato di figlio matrimoniale, il Tribunale afferma come non sia nemmeno immaginabile alcun diritto all'incontro in capo ai genitori genetici.

Sulla base di tale articolato ragionamento il Tribunale di Roma ha respinto il reclamo di entrambi i genitori.

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