Assegnazione della casa familiare ed espropriazione immobiliare

Giuseppe Fiengo
04 Maggio 2016

L'assegnazione della casa familiare, destinata a salvaguardare l'interesse dei figli minori o economicamente non autosufficienti a permanere, pur in presenza della crisi genitoriale, nell'ambiente domestico in cui gli stessi sono cresciuti, è istituto da tempo oggetto di oscillanti orientamenti giurisprudenziali tanto con riferimento alla natura del diritto, quanto in relazione al regime di opponibilità ai terzi.
Il quadro normativo

Sino alla l. n. 54/2006 la disciplina dell'assegnazione della casa familiare è stata oggetto di regolamentazione distinta ed autonoma per i casi di separazione personale dei coniugi e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Con riferimento alla separazione l'art. 155, comma 4, c.c. (introdotto dalla l. n. 151/1975), nel limitarsi a prevedere che «(…) L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli (…)», prescindeva del tutto dal problema dell'opponibilità a terzi del provvedimento di assegnazione.

La questione dell'opponibilità è stata affrontata invece, in materia di divorzio, dalla l. n. 898/1970 che, all'art. 6, comma 6 (introdotto dalla l. n. 74/1987), attribuito il diritto all'abitazione della casa familiare di preferenza al genitore al quale sono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età, prevede che l'assegnazione «in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell'art. 1599 del codice civile».

Da ultimo, la l. n. 54/2006 ha introdotto l'art. 155quater c.c. (applicabile, stante la previsione dell'art. 4, comma 2, l. n. 54/2006, anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, oltre che per i procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati) ai sensi del quale - per quanto qui rileva - «(…) Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'art. 2643 (…)»; analoga disposizione è oggi contenuta all'art. 337sexies, comma 1,c.c., introdotto dal d.lgs. n. 154/2013 che ha abrogato l'art. 155quater c.c..

L'opponibilità dell'assegnazione della casa familiare prima della l. 8 febbraio 2006, n. 54

Come detto, l'opponibilità dell'assegnazione della casa familiare al terzo acquirente è stata disciplinata per la prima volta solo con l'art. 6, comma 6, l. n. 898/1970.

La disposizione, applicabile anche in caso di separazione dei coniugi per effetto della sentenza della Corte costituzionale 27 luglio 1989, n. 454, ha destato non poche perplessità in dottrina per la sua formulazione contraddittoria; infatti, pur prevedendo l'opponibilità dell'assegnazione ai terzi “in quanto trascritta”, l'art. 6, comma 6, l. n. 898/1970 rinviava espressamente all'art. 1599 c.c. il quale, premesso, al primo comma, che «Il contratto di locazione è opponibile al terzo acquirente, se ha data certa anteriore all'alienazione della cosa», al terzo comma così dispone: «Le locazioni di beni immobili non trascritte non sono opponibili al terzo acquirente, se non nei limiti di un novennio dall'inizio della locazione».

Dubbia risultava pertanto la sorte del provvedimento di assegnazione (il quale, a differenza del contratto di locazione, ha sempre data certa, essendo un provvedimento giudiziale) non trascritto.

Investita della questione, la Suprema Corte ha ritenuto che l'art. 6, comma 6, l. n. 898/1970 pone due distinte regole, prevedendo, per un verso, la trascrizione nei registri immobiliari del provvedimento con il quale è disposta l'assegnazione e, per altro verso, che il criterio di risoluzione dei conflitti è identico a quello posto in materia di locazione; pertanto l'assegnazione, ove trascritta prima dell'atto dispositivo del diritto sul bene immobile (ad esempio, alienazione) è opponibile ai terzi senza limiti di tempo, ove, invece, trascritta successivamente all'atto di disposizione, è opponibile solo nei limiti di nove anni dalla data in cui è stata disposta (tra le altre, Cass., S. U., 26 luglio 2002, n. 11096).

L'opponibilità dell'assegnazione della casa familiare dopo la l. 8 febbraio 2006, n. 54

Il legislatore del 2006 ha inteso superare l'orientamento giurisprudenziale che si andava consolidando con riferimento all'art. 6, comma 6, l. n. 898/1970 e, ponendo per la prima volta una disciplina unitaria dell'assegnazione della casa familiare per la separazione ed il divorzio, ha previsto che «(…) Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'art. 2643 (…)» (disposizione attualmente contenuta all'art. 337 sexies, comma 1, c.c.).

Pur non essendovi opinioni concordi in dottrina, deve ritenersi che, per effetto del sopra citato art. 4, comma 2, l. n. 54/2006 (che prevede l'applicabilità dell'art. 155 quater c.c. e, oggi, dell'art. 337 sexies, comma 1, c.c. anche in caso di divorzio), l'art. 6, comma 6, l. n. 898/1970 sia stato tacitamente abrogato (art. 15 preleggi). In questo senso, quanto meno con riferimento alla parte in cui l'art. 6, comma 6, l. n. 898/1970 regola la risoluzione del conflitto secondo il regime degli atti soggetti a trascrizione, è anche la recente sentenza Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2016, n. 7776.

La l. n. 54/2006 ha inoltre eliminato qualsiasi riferimento alla disciplina della locazione; conseguentemente, il regime di opponibilità del provvedimento di assegnazione della casa familiare è oggi (e per i provvedimenti di assegnazione ai quali sia applicabile la l. n. 54/2006) integralmente disciplinato mediante il rinvio alle regole generali in materia di trascrizione (come osservato in dottrina, sarebbe peraltro stato più opportuno rinviare, quanto al regime di opponibilità, all'art. 2644 c.c. che disciplina gli effetti della trascrizione, piuttosto che all'art. 2643 c.c. che elenca gli atti soggetti a trascrizione).

La trascrivibilità della domanda giudiziale di assegnazione

Ferma la trascrivibilità della sentenza (o del decreto di omologa della separazione consensuale) e del provvedimento presidenziale reso ai sensi degli artt. 708 c.p.c. e art. 4, comma 8, l. n. 898/1970 (Cass., 3 marzo 2006, n. 4719) che statuiscono sull'assegnazione della casa, nulla è stato ancora espressamente previsto in ordine alla trascrivibilità della domanda di assegnazione della casa.

Posto che in materia di trascrizione vige il principio (teso ad assicurare la certezza dei traffici) della tassatività degli atti trascrivibili e che la domanda di assegnazione non rientra tra gli atti trascrivibili, sorgono non pochi dubbi quanto alla tutela dell'assegnatario della casa per l'ipotesi in cui il proprietario della stessa la alieni nelle more tra il deposito del ricorso per la separazione o il divorzio e l'udienza presidenziale.

Giurisprudenza e dottrina maggioritaria hanno escluso la percorribilità della tutela cautelare (in particolare, il sequestro giudiziario sarebbe precluso dal fatto che all'assegnatario è attribuito un diritto personale di godimento, con conseguente esclusione della controversia sulla proprietà o il possesso cui fa riferimento l'art. 670, comma 1, n. 1 c.p.c., mentre la natura cautelare della fase presidenziale escluderebbe l'invocabilità dello strumento residuale dell'art. 700 c.p.c.); parimenti è stato escluso il ricorso all'azione revocatoria atteso che, per effetto del combinato disposto degli artt. 2901 e 2902 c.c., tale rimedio tutela la sola esecuzione in forma specifica di obbligazioni pecuniarie (Cass., 22 maggio 2007, n. 11830).

Più recentemente la Suprema Corte (sent. 11 settembre 2015, n. 17971), con arresto che, in verità, appare disattendere i principi generali in materia di opponibilità dei negozi giuridici, ha ritenuto, rispetto all'acquirente, prevalente la posizione del genitore che aveva conseguito l'assegnazione della casa per effetto di una domanda proposta addirittura dopo l'alienazione dell'immobile. Tanto considerata la pacifica qualità dell'assegnatario quale detentore della casa e la indiscussa destinazione dell'immobile a casa familiare già prima dell'alienazione; circostanze note anche all'avente causa, in considerazione dell'accoglimento della domanda revocatoria proposta avverso l'atto di alienazione da parte del genitore risultato assegnatario.

La natura del diritto

Pur se assai brevemente non può, atteso il rilievo che, sino a Cass. civ., 20 aprile 2016, n. 7776, la questione assume anche con riferimento all'espropriazione immobiliare, non esaminarsi la natura del diritto attribuito all'assegnatario della casa familiare.

L'indirizzo che, anche per effetto dell'accostamento al diritto di abitazione disciplinato all'art. 1022 c.c., ravvisava un diritto reale di godimento risulta ormai ampiamente superato alla luce del principio di tipicità dei diritti reali. La costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il diritto dell'assegnatario sia un diritto personale di godimento; diritto ricondotto ora alla locazione (anche per effetto del richiamo all'art. 1599 c.c. da parte dell'art. 6, comma 6, l. n. 898/1970), ora (sull'assunto della mancanza dell'obbligo di pagamento del corrispettivo) al comodato (da ultimo, Cass. 11 settembre 2015, n. 17971).

La questione assume rilievo anche con riferimento ai mezzi di tutela dell'assegnatario di immobile oggetto di esecuzione immobiliare.

Aderendo alla tesi della natura reale del diritto, l'assegnatario potrebbe infatti tutelare il proprio diritto mediante l'opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.); nella (preferibile) prospettiva della natura di diritto personale di godimento l'assegnatario potrà invece far valere il proprio diritto solo a fronte del provvedimento di liberazione dell'immobile mediante opposizione al precetto per il rilascio.

Assegnazione della casa familiare e esecuzione immobiliare

Ricostruito il regime generale di opponibilità del provvedimento di assegnazione della casa familiare occorre ora esaminare i limiti entro i quali tale provvedimento è opponibile al creditore del coniuge proprietario che intenda conseguire l'espropriazione forzata dell'immobile.

Appare opportuno osservare preliminarmente che la questione non può essere esaminata nella prospettiva dell'astratta prevalenza della tutela della famiglia o dei terzi creditori. A ben vedere, infatti, la tutela dell'interesse dei figli ad abitare la casa familiare inerisce al diritto-dovere dei genitori di mantenerli, istruirli ed educarli; in altri termini, tale interesse deve essere garantito nei confronti dei genitori, non anche dei terzi che vantino diritti sull'immobile assegnato. Una simile conclusione appare del resto confermata dalla giurisprudenza di legittimità che, ripetutamente, ha escluso l'assegnabilità della casa familiare nel caso di separazione di coniugi con i quali conviva il figlio nato da un precedente matrimonio di uno solo di essi; figlio non legato, quindi, da alcun vincolo di filiazione con il proprietario della casa (Cass. 2 ottobre 2007, n. 20688; Cass. 3 settembre 1996, n. 8058).

Sempre preliminarmente deve osservarsi che il diritto dell'assegnatario, ove opponibile al terzo acquirente, non paralizza il diritto del creditore di procedere in via esecutiva sul bene oggetto dell'assegnazione, pignorandolo ed ottenendone la vendita coattiva (tra le altre, Cass. 19 febbraio 2012, n. 12466); ciò significa che resterà ferma la vendita in favore dell'aggiudicatario, salvo il diritto dell'assegnatario (ove opponibile) a continuare ad abitare l'immobile pur trasferito.

Tanto premesso, la norma di riferimento per risolvere la questione in esame è l'art. 2919 c.c. ai sensi del quale «La vendita forzata trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione salvi gli effetti del possesso di buona fede. Non sono però opponibili all'acquirente i diritti acquistati da terzi sulla cosa, se i diritti stessi non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell'esecuzione».

Ebbene, salvo quanto si dirà con riferimento al caso del creditore ipotecario, il provvedimento di assegnazione è destinato a prevalere sulla posizione dei creditori che agiscano in sede esecutiva solo in quanto sia stato trascritto prima della trascrizione del pignoramento. Il criterio risolutore del conflitto è, quindi, quello della priorità della trascrizione (tanto è a dirsi, per la verità, anche con riferimento alle assegnazioni disposte ante l. n. 54/2006 atteso che le stesse, ove non trascritte, sono opponibili nei limiti dei nove anni e che, quindi, deve, di fatto, ritenersi ormai cessata la relativa opponibilità).

La tutela del creditore pignorante (o intervenuto nell'esecuzione da altri promossa) è per la verità destinata a retroagire nel caso in cui questi abbia provveduto a trascrivere sull'immobile un sequestro conservativo.

L'art. 2906 c.c., infatti, estende al sequestrante la tutela accordata al creditore pignorante a seguito della conversione del sequestro conservativo in pignoramento; conversione che opera ipso iure nel momento in cui il sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva, dovendo ritenersi che l'art. 156 disp. att. c.p.c. disciplini solo un'attività di impulso processuale che il sequestrante ha l'onere di compiere pena l'inefficacia del pignoramento (Cass. 6 maggio 2004, n. 8615); inefficacia che deve esser fatta valere dalla parte interessata (Cass. 29 aprile 2006, n. 10029). Ciò significa che la posizione del genitore assegnatario non è destinata a prevalere rispetto al creditore il quale abbia trascritto un sequestro prima della trascrizione dell'assegnazione della casa familiare anche nel caso in cui il sequestro si sia convertito in pignoramento dopo la trascrizione del provvedimento di assegnazione.

La posizione del creditore che ha iscritto ipoteca prima della trascrizione dell'assegnazione della casa familiare

Questione solo di recente affrontata dalla giurisprudenza di legittimità è quella relativa al conflitto tra l'assegnatario della casa familiare ed il creditore che abbia iscritto ipoteca prima della trascrizione del provvedimento di assegnazione e, successivamente alla trascrizione di tale provvedimento, abbia pignorato l'immobile.

Come è facile intuire si tratta di una questione piuttosto frequente; si pensi, ad esempio, al caso dell'istituto di credito in favore del quale sia stata iscritta ipoteca a garanzia dell'adempimento del contratto di mutuo che, inadempiente il mutuatario, pignori l'immobile sul quale, tuttavia, è stato trascritto (prima del pignoramento, ma dopo l'ipoteca) il provvedimento di assegnazione.

Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto prevalente la posizione del creditore ipotecario nel caso in cui l'assegnatario sia lo stesso debitore esecutato; in tale ipotesi, infatti, la posizione dell'assegnatario non può che essere valutata quale posizione del debitore esecutato (e non come assegnatario della casa) con l'applicazione degli ordinari principi in materia esecutiva in favore del procedente che, sulla base dell'iscrizione ipotecaria, ha promosso l'esecuzione e, in particolare, del principio posto all'art. 2919 c.c. (Cass. 11 luglio 2014, n. 15885).

Più delicato, ed oggetto, allo stato, di contrastanti indirizzi della giurisprudenza di merito, è il caso (non ancora esaminato dalla Cassazione) in cui l'assegnatario non sia l'esecutato.

Un primo indirizzo (Trib. Bari, ord.,31 dicembre 2014, che ha accolto l'istanza di sospensione formulata ex art. 617 c.p.c. avverso il decreto di trasferimento che aveva disposto la cancellazione della trascrizione del provvedimento di assegnazione), esclude la prevalenza del diritto dell'ipotecario rispetto a quello dell'assegnatario ai sensi dell'art. 2812 c.c. atteso che tale norma (eccezionale e quindi non interpretabile in via analogica) fa riferimento esclusivamente a titolari di diritti reali, sì che “appare quanto meno dubbia” l'applicabilità della stessa nei confronti dell'assegnatario della casa familiare il quale è titolare di un diritto personale di godimento.

In proposito, fermo quanto si dirà con riferimento a Cass., 20 aprile 2016, n. 7776, deve osservarsi come il riferimento alla natura del diritto dell'assegnatario desti qualche perplessità. Tenuto presente infatti che, come visto, la giurisprudenza di legittimità, anche di recente, ha fatto riferimento ad un diritto personale di godimento riconducibile al comodato, non può non rilevarsi come l'esistenza di un comodato non sia opponibile alla procedura esecutiva. Secondo costante giurisprudenza tanto di legittimità (Cass. 17 ottobre 1992, n. 11424; Cass. 15 maggio 1991, n. 5454 e, quanto al fallimento, Cass., 30 luglio 2009, n. 17735) quanto di merito (tra le altre, Trib. Verona, sent., 3 giugno 2015, n. 1454; Trib. Torino, ord., 21 aprile 2008) infatti l'acquirente di un immobile non può subire pregiudizio dall'esistenza di un comodato costituito in precedenza dal venditore giacchè, per effetto del trasferimento in suo favore, il compratore acquista ipso iure il diritto di far cessare il godimento da parte del comodatario e di ottenere la piena disponibilità della cosa.

Un diverso, ad oggi maggioritario, orientamento (Trib. Verona, ord., 23 aprile 2015; Trib. Torino, ord., 25 marzo 2010; Trib. Trento, sent., 3 febbraio 2010) esclude invece l'opponibilità del provvedimento di assegnazione trascritto successivamente all'iscrizione ipotecaria, ma prima del pignoramento alla luce del principio generale secondo il quale non può attribuirsi all'assegnatario una posizione giuridica più ampia, per natura e contenuto, di quella sul bene spettante alla parte nei confronti della quale è pronunciato il provvedimento di assegnazione (nel senso della mancata possibilità per il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa di incidere negativamente ed in modo diretto su una situazione preesistente nella titolarità di un soggetto estraneo al giudizio di separazione o divorzio, Cass. S.U., 21 luglio 2004, n. 13603); ne deriva che i pesi ed i diritti dei terzi opponibili alla parte nei confronti della quale è pronunciata l'assegnazione devono intendersi come opponibili anche all'assegnatario.

Tale argomento è stato fatto proprio anche dalla recente sentenza Cass., 20 aprile 2016, n. 7776 la quale afferma anche che l'art. 155 quater c.c. (norma applicabile al caso concreto ed oggi, come detto, abrogata dalla corrispondente previsione dell'art. 337 sexies c.c.) ha la sola funzione di risolvere il conflitto tra contrastanti diritti alla luce delle regole in materia di trascrizione. Ne consegue che, a prescindere dalla natura (reale o personale) del diritto attribuito all'assegnatario della casa, l'art. 155 quater c.c. (che fa riferimento non, solo, all'art. 2643 c.c., ma, anche, implicitamente, all'art. 2644 c.c.) impone di ritenere prevalente la posizione del creditore che abbia iscritto ipoteca prima della trascrizione (pur anteriore al pignoramento) del provvedimento di assegnazione (art. 2644, co. 1, c.c.).

La cessazione del diritto di abitazione

Ulteriore novità introdotta dall'art. 155quater c.c. (oggi, art. 337sexies c.c.) attiene alla previsione della trascrivibilità ed opponibilità ai sensi dell'art. 2643 c.c. anche del provvedimento di revoca dell'assegnazione della casa familiare.

Nulla è invece previsto quanto all'opponibilità delle ulteriori ipotesi di estinzione del diritto; ipotesi che, ai sensi dell'art. 337sexies, comma 1, c.c., vanno ravvisate «(…) nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio (…)». La Corte costituzionale (sent. 30 luglio 2008, n. 308) ha escluso ogni automatismo tra i casi di estinzione sopra indicati (al tempo previsti dall'art. 155quater c.c.) ed il venir meno dell'assegnazione, dovendo pur sempre subordinarsi la decadenza al giudizio di conformità all'interesse del minore. Anche in tali ipotesi sarà pur sempre necessario conseguire un provvedimento giudiziale di accertamento che costituirà il titolo per la trascrizione dell'estinzione del diritto di assegnazione e tale accertamento potrà esser promosso anche dal terzo il quale abbia, successivamente all'alienazione, acquistato la proprietà dell'immobile (Cass. 22 luglio 2015, n. 15367).

In conclusione

I reiterati interventi legislativi in materia di assegnazione della casa familiare non hanno, come visto, assicurato la risoluzione di tutti i problemi emersi nella prassi con riferimento ai rapporti tra assegnatari e terzi. La complessità della materia è, anzi, aumentata – se possibile - da recenti approdi giurisprudenziali i quali (il riferimento è alla segnalata Cass., 11 settembre 2015, n. 17971), svincolati dai principi generali in materia di circolazione dei diritti, contribuiscono alla formazione di orientamenti giurisprudenziali non univoci. Deve pertanto valutarsi in senso positivo il recente arresto della Suprema Corte (Cass., 22 aprile 2016, n. 7776) che ha chiarito come il tema qui esaminato va affrontato alla luce delle norme in materia di trascrizione, così contribuendo (ci si augura, definitivamente) ad indicare la corretta prospettiva nella quale la materia deve essere inquadrata.

Guida all'approfondimento

- Soldi A.M., Manuale dell'esecuzione forzata, Padova, 2015;

- Frezza G., I luoghi della famiglia, Torino, 2004.

- Fusaro A., Assegnazione della casa familiare e problemi di opponibilità, in Nuova giur. civ. comm., 2007, II, 391 ss.;

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