Trasferimento di immobili nella separazione e divorzio e decadenza dalle agevolazioni “prima casa”

14 Settembre 2015

La cessione infraquinquennale della “prima casa”, effettuata in adempimento di accordi di separazione e divorzio, determina la perdita dei benefici fiscali?

La cessione infraquinquennale della “prima casa”, effettuata in adempimento di accordi di separazione e divorzio, determina la perdita dei benefici fiscali?

Della questione si è occupata specificatamente l'Agenzia delle Entrate nella circolare del 21 giugno 2012, n. 27/E.

In particolare, nella citata circolare si affrontano due diverse fattispecie:

a) uno dei coniugi trasferisce all'altro, prima del decorso del termine di cinque anni dall'acquisto, la propria quota del 50% della casa coniugale, acquistata con i benefici “prima casa”;

b) entrambi i coniugi vendono a terzi la propria casa coniugale, prima del decorso di cinque anni dall'acquisto, con rinuncia da parte di uno dei coniugi a favore dell'altro all'incasso del ricavato della vendita.

Nel caso di cui alla lettera a), cioè qualora in adempimento di un obbligo assunto in sede di separazione o divorzio uno dei coniugi ceda la propria quota dell'immobile all'altro prima del decorso del termine quinquennale, si ritiene che il regime di esenzione previsto dall'art. 19 l. 6 marzo 1987, n. 74 possa trovare applicazione anche al fine di escludere il verificarsi della decadenza dalle agevolazioni “prima casa”fruite in sede di acquisto.

Infatti - afferma l'Agenzia delle Entrate - il trasferimento al coniuge concretizza un atto relativo «al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio…».

La circolare precisa opportunamente che la decadenza dall'agevolazione è esclusa a prescindere dalla circostanza che il coniuge cedente provveda o meno all'acquisto di un nuovo immobile.

Tale interpretazione - conclude la circolare - trova conferma in diverse sentenze delle Commissioni Tributarie.

Si ricorda, in particolare, la sentenza del 2 febbraio 2011, n. 8, con la quale la Commissione Tributaria Centrale di Vicenza - sez. V ha ritenuto non applicabile il regime di decadenza previsto dal comma 4 della nota II bis all'art. 1 Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986 nel caso di trasferimento dell'immobile all'altro coniuge al fine di dare esecuzione agli accordi presi in sede di separazione consensuale tra i coniugi in quanto tale cessione costituisce atto emanato in stretta esecuzione del decreto giudiziale di omologazione della separazione tra i coniugi ed è sorretto solo dalla volontà di definire i rapporti patrimoniali in seguito alla risoluzione del rapporto matrimoniale.

Nel caso di cui alla lettera b), cioè laddove entrambi i coniugi alienino a terzi la proprietà dell'immobile, con rinuncia da parte di uno dei coniugi a favore dell'altro, all'incasso del ricavato della vendita, l'Agenzia delle Entrate ritiene che la decadenza dalle agevolazioni “prima casa” possa essere esclusa solo nel caso in cui il coniuge - al quale viene assegnato l'intero corrispettivo derivante dalla vendita - riacquisti, entro un anno dall'alienazione, un altro immobile da adibire ad abitazione principale.

Alla luce della chiara presa di posizione dell'Agenzia delle Entrate appare inspiegabile una recente pronuncia della Cassazione, emanata ignorando completamente le indicazioni dell'Amministrazione finanziaria.

Secondo i giudici della Suprema Corte «il trasferimento di un immobile in favore del coniuge per effetto degli accordi intervenuti in sede di separazione consensuale è comunque riconducibile alla volontà del cedente, e non al provvedimento giudiziale di omologazione, sicché, qualora, intervenga nei cinque anni successivi al suo acquisto, senza che il cedente stesso, abbia comprato, entro l'anno ulteriore, altro appartamento da adibire a propria abitazione principale, le agevolazioni fiscali "prima casa" di cui egli abbia beneficiato per l'acquisto di quell'immobile vanno revocate, con conseguente legittimo recupero delle ordinarie imposte di registro, ipotecarie e catastali da parte dell'Amministrazione finanziaria» (Cass. 3 febbraio 2014, n. 2263).

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