Nessun assegno per la moglie separata con una stabile relazione affettiva anche senza convivenza
14 Settembre 2017
Massima
Ai fini della persistenza dell'obbligo di corresponsione in capo al coniuge separato dell'assegno di mantenimento, ciò che rileva e ne può determinare il venir meno è la continua e stabile relazione sentimentale instaurata dal coniuge beneficiario con un'altra persona, tale da sostanziare un serio progetto di vita comune tra loro, non essendo invece necessaria la coabitazione con il nuovo compagno che è solo un indice, se pur importante, della costituzione di un nucleo familiare di fatto e non l'elemento costitutivo di detto nucleo. Il caso
La vicenda origina da un procedimento di modifica delle condizioni di separazione personale. Il coniuge ricorrente chiede al Tribunale della Spezia la revoca dell'obbligo di corrispondere l'assegno a favore della moglie, in base a dedotte circostanze fattuali sopravvenute, tra le quali la stabile relazione affettiva instaurata dalla donna, trasferitasi dal compagno, insieme ai figli con conseguente abbandono della casa coniugale. Quest'ultima, nel costituirsi in giudizio, sostiene di aver continuato ad abitare nella casa familiare anche dopo la separazione, negando la convivenza more uxorio con il partner di cui alla nuova relazione sentimentale, non contestata peraltro dalla medesima; chiede, a sua volta, il rigetto delle domande proposte dal ricorrente e, in via riconvenzionale, l'aumento dell'ammontare dell'assegno di mantenimento nei suoi confronti. La questione
La tematica attiene all'assegno di mantenimento e alla persistenza o cessazione dell'obbligo in capo al coniuge separato di corrisponderlo in favore del coniuge beneficiario, nell'ipotesi in cui quest'ultimo abbia instaurato una solida relazione affettiva con un'altra persona, pur senza convivenza. Specificamente, nella fattispecie oggetto della pronuncia spezzina, vengono evidenziati i caratteri di stabilità e continuità che connotano la nuova relazione sentimentale e determinano il venir meno di detto obbligo, indipendentemente dalla coabitazione della nuova coppia, caratteri tali da disvelare, a parere del giudicante, l'elaborazione di un serio e condiviso disegno di vita comune. Gli elementi fattuali che vengono messi in rilievo nel provvedimento risultano, all'esito dell'esame giudiziale, idonei a comprovare, nel complesso e nella loro interrelazione, l'adesione ad un progetto di vita insieme; emerge in particolare, la chiara indicazione della pacifica durata e continuità della relazione affettiva (triennale nel caso in specie), unitamente ad altre circostanze di fatto, quali la suddivisione dei compiti di carattere quotidiano e domestico nella neo coppia formata (come accompagnare i figli della compagna a scuola), nonché la cointestazione di un conto corrente comune e l'acquisto di oggetti di arredamento, da apporre nell'appartamento del partner. Le soluzione giuridiche
Come noto, i presupposti per la concessione di un assegno di mantenimento ex art. 156 c.c. si individuano dal dato normativo, nella circostanza che al coniuge beneficiario non sia addebitabile la separazione, che il richiedente sia privo di «adeguati redditi propri» e che l'altro coniuge abbia mezzi idonei a far fronte al pagamento dell'assegno. L'assegno può essere attribuito dal giudice, non già d'ufficio, ma in presenza di espressa richiesta di parte che deve fornire la prova della sussistenza dei presupposti per la concessione in suo favore. Prevede l'ultimo comma, dell'art. 156 c.c., che «qualora sopraggiungano giustificati motivi il giudice … può disporre la revoca o la modifica» delle condizioni già fissate. Nella vicenda in questione, la modifica delle condizioni di separazione personale, su istanza del ricorrente, porta all'esame del Giudice adito una tematica che emerge sovente, nelle controversie in materia, dalla quotidiana esperienza giurisprudenziale, relativa alla “famiglia di fatto” intesa come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell'individuo e, come tale, costituzionalmente tutelata ai sensi dell'art. 2 Cost.. Sulla scorta di quanto affermato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, l'espressione risulta rappresentativa di una "famiglia", portatrice di valori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni componente e di educazione e istruzione dei figli, non consistendo soltanto nel convivere come coniugi (cfr., tra le altre, Cass. 11 agosto 2011, n. 17195). Il Tribunale spezzino, nella decisione oggetto della pronuncia in commento, ritiene che ciò che rileva ai fini del venir meno dell'obbligo di cui si tratta, risulta essere la stabilità e continuità dell'unione formatasi tra il coniuge beneficiario dell'assegno di mantenimento e un'altra persona, pur senza la convivenza more uxorio della coppia. In proposito, si osserva nelle motivazioni del decreto de quo come l'evoluzione giurisprudenziale, con particolare riguardo alla persistenza dell'obbligo di corresponsione dell'assegno nell'ipotesi di formazione di una “famiglia di fatto”, sia passata attraverso vari livelli di approfondimento della materia, per l'accostamento del nuovo “nucleo familiare” alla famiglia fondata sul matrimonio. In primis viene messo in evidenza il riferimento, contenuto in alcune decisioni di legittimità e di merito, ai vantaggi economici idonei a mutare la situazione del soggetto, beneficiario dell'assegno, che ha formato la nuova famiglia (Cass. 4 febbraio 2009, n. 2709; Trib. Roma 22 aprile 2011, citt.; cfr. pure Cass. 10 agosto 2007, n. 17643; v. Trib. Milano sez. IX, 14 giugno 2013, in ordine ai presupposti per la riconoscibilità di un assegno di divorzio). Poi, a detta indicazione, si accompagna l'osservazione circa il rilievo assegnato dalla giurisprudenza alla convivenza, quale circostanza che giustifica in sé la sospensione dell'obbligo, se pur con la contestuale affermazione che l'obbligo riprende vigore in caso di cessazione della medesima da parte del coniuge destinatario dell'assegno (si v. Cass. ord. 26 febbraio 2014, n. 4539, secondo cui la convivenza more uxorio è situazione suscettibile di rendere inoperante o comunque di produrre una sospensione dell'assegno divorzile). Nel breve excursus delineato, il decreto in esame perviene alle argomentazioni della recente giurisprudenza di legittimità, riferite alla rescissione, determinata dalla famiglia di fatto, di ogni legame con il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, senza necessità di verifica della possibilità per il coniuge beneficiario di assegno di continuare a mantenere o meno detto tenore con i propri mezzi e con quelli del convivente. Puntuale ed esplicativo, anche per la fattispecie oggetto della pronuncia, è l'indicato riferimento alla sentenza della Suprema Corte del 2015 che, discostandosi dall'orientamento consolidato, osserva come «una famiglia di fatto, espressione di una scelta esistenziale/libera e consapevole/da parte del coniuge, eventualmente potenziata dalla nascita di figli (ciò che dovrebbe escludere ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l'altro coniuge) dovrebbe essere necessariamente caratterizzata dalla assunzione piena di un rischio, in relazione alle vicende successive della famiglia di fatto, mettendosi in conto la possibilità di una cessazione del rapporto tra conviventi»: Cass. 3 aprile 2015, n. 6855, ove si precisa come l'assegno divorzile non sia dovuto, in via definitiva, qualora l'avente diritto abbia instaurato con un'altra persona una convivenza con i caratteri della stabilità e della continuità, i cui componenti abbiano elaborato un progetto di vita in comune analogo a quello che, di regola, caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio, non rilevando pertanto la successiva cessazione di tale convivenza. Alla luce delle considerazioni originate anche a seguito dell'elaborazione giurisprudenziale in materia, di cui sopra, il Tribunale spezzino ritiene dunque rilevante la riscontrata condivisione di un serio progetto di vita comune della nuova coppia formata, sia pur in mancanza di una quotidiana coabitazione tra i partner e ininfluente, invece, il reddito e la capacità di mantenere la compagna, beneficiaria dell'assegno di mantenimento. Il giudice pertanto, a parziale modifica delle statuizioni prese in sede di separazione personale tra i coniugi e in accoglimento della domanda proposta dal ricorrente, dispone la revoca dell'obbligo, a cui era lo stesso era tenuto, di pagare l'assegno in favore della moglie, rimettendo la causa in istruttoria per le altre domande proposte dal ricorrente di assegnazione della casa familiare e di riduzione dell'assegno di mantenimento per i figli. Altra interessante osservazione giuridica, oggetto del decreto annotato, riguarda il dies a quo per la revoca dell'assegno di mantenimento. Il Tribunale richiama l'orientamento prevalente in giurisprudenza favorevole a far retroagire gli effetti del provvedimento al momento di proposizione della domanda giudiziale relativa, in considerazione del principio per cui un diritto non può «restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio» (cfr. Cass. ord. 30 luglio 2015, n. 16173, ove si ribadisce, in materia di revisione dell'assegno, che «il diritto a percepirlo di un coniuge ed il corrispondente obbligo a versarlo dell'altro, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di separazione o dal verbale di omologazione, conservano la loro efficacia, sino a quando non intervenga la modifica di tale provvedimento, rimanendo ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'assegno, con la conseguenza che, in mancanza di specifiche disposizioni, in base ai principi generali relativi all'autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata (rebus sic stantibus), del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza anticipata al momento dell'accadimento innovativo, rispetto alla data della domanda di modificazione»; si v. anche Cass. 22 maggio 2009, n. 11913; Cass. 7 gennaio 2008, n. 28). In ordine al riferimento contenuto nel decreto del Tribunale di La Spezia relativo alle pronunce costitutive, a differenza di quelle determinative quale quella del caso di specie, cfr. di recente Cass. ord. 6 giugno 2017, n. 14027, che si inserisce nell'orientamento secondo il quale, in tema di separazione personale, la riduzione dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge decorre dal momento della pronuncia giudiziale che ne modifica la misura, non essendo rimborsabile quanto percepito dal titolare di alimenti o di mantenimento (cfr. Cass. ord. 20 luglio 2015, n. 15186; Cass. 10 dicembre 2008, n. 28987). Osservazioni
Pare pertinente rilevare come, di recente, sia dato risalto, anche a livello mediatico, a tematiche afferenti a provvedimenti giudiziali di natura economica che originano da controversie relative alla gestione della crisi familiare, forse in conseguenza dell'evoluzione, oltre che legislativa, giurisprudenziale in materia, di cui si è fatto cenno in relazione alla pronuncia spezzina. Per quel che interessa in questa sede notare, l'attenzione risulta in prevalenza rivolta all'assegno divorzile. Occorre osservare, al riguardo, come l'assegno di mantenimento rispetto a quello divorzile svolga una funzione propedeutica e aggiuntiva e quindi non possa avere solo natura assistenziale, considerata la permanenza, fino al divorzio, del vincolo di solidarietà che lega i coniugi, anche se giudizialmente separati, e la perduranza del dovere di assistenza morale e materiale posto a carico degli stessi dall'art. 143 c.c.. Invero vale la pena segnalare che, in alcune pronunce attuali sull'assegno divorzile si richiamano principi, riconfermati poi in altre decisioni: v. Cass. 10 maggio 2017, n. 11504, con la quale, in linea con gli orientamenti degli altri Paesi europei e nei quali l'assegno dipende sostanzialmente dai patti prematrimoniali, si lascia il posto, nella determinazione e attribuzione del medesimo, ad un parametro “di spettanza” basato sulla valutazione dell'indipendenza o dell'autosufficienza economica dell'ex coniuge che richiede l'assegno. E così si v. Cass. 11 maggio 2017, n. 11538, che ha precisato, sempre in tema di assegno divorzile, con riferimento allo squilibrio esistente tra le capacità patrimoniali delle parti, che l'assegno «ha indubbiamente natura assistenziale e deve essere disposto in favore della parte istante la quale disponga di redditi insufficienti a condurre un'esistenza libera e dignitosa e deve essere contenuto nella misura che permetta il raggiungimento dello scopo senza provocare illegittime locupletazioni». Per poi essere ricordati in decisioni come Cass. 16 maggio 2017, n. 12196, vertente proprio in materia di separazione personale, nella quale, come obiter dictum, si precisa che «vale bene evidenziare in via preliminare la sostanziale diversità del contributo in favore del coniuge separato dall'assegno divorzile... » ma che «al riguardo, è sufficiente richiamare la recente sentenza di questa Corte, 10 maggio 2017, n. 11504, le argomentazioni che la sorreggono … ed i principi di diritto con essa enunciati». Nella fattispecie trattata, il Tribunale spezzino, perviene alla conclusione, evidenziata sopra e di non poca rilevanza nell'ambito in cui si inserisce, di considerare venuto meno il dovere del mantenimento del coniuge per il rilievo precipuo attribuito alla condivisione di un progetto di vita comune tra il coniuge beneficiario dell'assegno e un nuovo compagno, pur in assenza della quotidiana coabitazione della coppia, costituendo il medesimo disegno «l'essenza della famiglia di fatto da questi formata». Presente risulta dunque il richiamo e l'influenza della giurisprudenza che ritiene, con l'instaurarsi di detta famiglia, secondaria la “sperequazione dei redditi” tra i coniugi e attenuato il collegamento con il tenore di vita goduto in costanza di convivenza matrimoniale (Cass. 3 aprile 2015, n. 6855, cit., in Nuova Giur. Civ., 2015, 7-8, 681; in tema di assegno divorzile, cfr. Cass. ord. 22 maggio 2017, n. 12879; Cass. ord. 22 febbraio 2017, n. 4649; Cass. ord. 8 febbraio 2016, n. 2466; Cass. ord. 11 gennaio 2016, n. 225; v., tra le pronunce, alcune anche indicate nel decreto annotato, Cass. ord. 9 settembre 2015, n. 17856, cit., per la quale, in presenza di stabile, continua e regolare convivenza della famiglia di fatto, si rescinde ogni connessione con il tenore di vita e con ciò ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno di separazione e divorzio; cfr. anche Cass. 8 febbraio 2012, n. 1789; Cass. 11 agosto 2011, n. 17195, cit.,in Nuova Giur. Civ., 2012, 1, 1, 45, in Fam. e Dir., 2012, 1, 25, ove però il riferimento alla reviviscenza del diritto all'assegno divorzile, nel frattempo rimasto in uno stato di quiescenza, per l'ipotesi di rottura della nuova convivenza tra i familiari di fatto; nella giurisprudenza di merito, si v. Trib. Taranto 29 maggio 2017). |