Inammissibilità del ricorso in Cassazione ex art. 111 Cost. dei provvedimenti de potestate

15 Febbraio 2016

La Corte di Cassazione si pronuncia sull'ammissibilità dei ricorsi ex art. 111, comma 7, Cost., aventi ad oggetto provvedimenti emessi in sede di volontaria giurisdizione, quali ad esempio le pronunce di decadenza o reintegrazione nella responsabilità genitoriale.
Massima

Sono inammissibili i ricorsi in Cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., aventi ad oggetto provvedimenti emessi in sede di volontaria giurisdizione, quali ad esempio le pronunce di decadenza o reintegrazione nella responsabilità genitoriale ex artt. 330 e 332 c.c., stante la mancanza dei caratteri della decisorietà e definitività dei provvedimenti impugnati.

Il caso

Rilevando tanto il difetto di competenza che la necessità d'integrare l'istruttoria attraverso l'ascolto del minore, il padre proponeva reclamo, innanzi alla Sezione minorile della Corte di Appello, avverso il decreto del Tribunale per i minorenni ablativo della propria responsabilità genitoriale. Tale reclamo, di cui si dichiarava infondata tanto l'eccezione d'incompetenza che la necessità, in relazione alle sue esigenze, dell'ascolto del minore, veniva rigettato nel merito dal giudice di seconde cure a causa del permanere delle condizioni che avevano giustificato la declaratoria di decadenza della responsabilità genitoriale.

Proposto ricorso straordinario in Cassazione avverso il decreto di conferma dell'ablazione della responsabilità genitoriale del padre, la Suprema Corte, in via preliminare ed assorbente, affermava l'inammissibilità del ricorso ex art. 111, comma 7, Cost. avverso i provvedimenti limitativi e/o ablativi della responsabilità genitoriale, che, in quanto emessi in sede di volontaria giurisdizione, mancherebbero dei caratteri della decisorietà e definitività.

La questione

Il provvedimento annotato ha ad oggetto la possibilità di sindacare in sede di ricorso straordinario in Cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. i provvedimenti di cui agli artt. 330 e ss. c.c..

Le soluzioni giuridiche

L'art. 739, comma 3, c.p.c. escludendo, salva diversa disposizione di legge, il reclamo avverso i decreti tanto della Corte d'Appello che del Tribunale pronunciati in sede di reclamo, apre, più in generale, il problema della ricorribilità in Cassazione dei decreti camerali resi in materia di famiglia e minori.

La giurisprudenza, anche a causa del sempre crescente utilizzo ad opera del legislatore del rito camerale per la definizione delle controversie inerenti diritti soggettivi e status, ha, quindi, sulla base dell'art. 111, comma 7, Cost., finito per ammettere il ricorso straordinario per Cassazione avverso alcuni decreti pronunciati dalla Corte d'Appello in sede di reclamo.

Tuttavia, se grazie alla sentenza della Cassazione (S.U., 30 luglio 1953, n. 2593, in Giur. it., 1954, I, 1, 453) che ha dato avvio ad un indirizzo consolidatosi nel tempo, vi sarebbe una perfetta equivalenza tra il termine sentenza di cui all'art. 111 Cost. e la pronuncia definitiva che incide su diritti soggettivi, questa mancherebbe, invece, nel caso di provvedimenti inidonei ad un accertamento definitivo in quanto sempre modificabili e revocabili. In altri termini, per la proposizione del ricorso straordinario in Cassazione sarebbe necessario il carattere della decisorietà e definitività del provvedimento, dal momento che - come indicato in dottrina (v. tra i primi: C. Mandrioli, L'assorbimento dell'azione civile di nullità e l'art. 111 Cost., Milano, 1967; A. Cerino Canova, La garanzia costituzionale del giudicato civile (meditazioni sull'art. 111, comma 2), in Studi in onore di Liebman, Milano, 1979, 1853) - il nostro sistema processuale consente di assoggettare ai mezzi di gravame solamente i provvedimenti idonei alla formazione del giudicato su diritti soggettivi o status (cfr., per tutte, Cass., S.U., 2 novembre 2007, n. 23030).

Più specificamente, in riferimento ai provvedimenti de potestate, se in passato se ne è ammesso il ricorso in Cassazione ex art. 111 Cost. (cfr., per tutti, Cass., 7 novembre 1985, n. 5408, in Foro it., 1986, I, 2251 ss.) a partire da Cass., S.U., 23 ottobre 1986, n. 6220 e ancor più da Cass., S.U., 15 luglio 2003, n. 11026 (che ha escluso il ricorso anche ove si lamenti la lesione di situazioni aventi rilievo processuale. Conforme Cass., 14 maggio 2010, n. 11756) la giurisprudenza ha finito per assumere una rigida posizione di chiusura circa l'ammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione avverso i provvedimenti di cui agli art. 330 e ss. c.c.

Sul punto, infatti, l'opinione assolutamente maggioritaria (cfr., tra più: Cass., 07 maggio 2015, n. 9203; Cass., 13 settembre 2012, n. 15341; Cass., 14 maggio 2010, n. 11756, cit.; Cass., 17 giugno 2009, n. 14091,; Cass., 2 agosto 2002, n. 11582; Cass., 5 settembre 1997, n. 8619; Cass., 28 gennaio 1995, n. 1026; Cass., 21 dicembre 1991, n. 13845) è dell'avviso che i provvedimenti modificativi, ablativi o restitutivi della responsabilità dei genitori, resi dal giudice minorile ai sensi degli artt. 330 e ss. c.c., espressione di giurisdizione volontaria diretta non già alla risoluzione di conflitti fra diritti posti su un piano paritario, ma alla tutela degli interessi dei figli, soggetti alle regole del rito camerale, sia pure con le integrazioni e specificazioni previste dalle citate norme, sebbene adottati all'esito di giudizio di reclamo in appello, non sarebbero idonei ad acquistare autorità di giudicato, nemmeno rebus sic stantibus. Si tratterebbe, infatti, di provvedimenti modificabili e revocabili non solo ex nunc, per nuovi elementi sopravvenuti, ma anche ex tunc, grazie al riesame delle originarie risultanze. Da ciò non potrebbe che conseguirne l'esclusione ex art. 111, comma 7, Cost. del ricorso straordinario in Cassazione avverso tali provvedimenti.

La giurisprudenza (cfr.: Corte Cost., 30 gennaio 2002, n. 1; Cass., 13 settembre 2012, n. 15341, cit.), inoltre, mette in evidenzia come neppure il carattere contenzioso del procedimento di formazione di tali provvedimenti possa destare dubbi in merito all'inammissibilità del ricorso straordinario per Cassazione. Questo è, in particolare, identificabile, tra l'altro, dal fatto che la l. n. 149/2001, novellando l'art. 336 c.c., al suo ultimo comma introduce la previsione dell'assistenza del difensore non solo per i genitori, ma anche per il minore.

Osservazioni

Pur essendo quello indicato l'orientamento assolutamente dominante della giurisprudenza, la dottrina ha, invero, in più occasioni rilevato come questo finisca per comprimere la posizione giuridica soggettiva dei genitori: il non ammettere la Cassazione straordinaria dei provvedimenti de potestate può in alcuni casi apparire incapace di garantire le diverse posizioni giuridiche coinvolte.

Più in particolare, nel pronunciare i provvedimenti relativi all'esercizio della responsabilità genitoriale di cui agli artt. 330 ss. c.c., il giudice del camerale, anche ove si continui a ritenere che oggetto del processo non siano situazioni giuridiche di diritto soggettivo, ma il «superiore interesse» del minore, coinvolge, in ogni caso almeno due distinte situazioni sostanziali: quella del minore e quella del genitore.

Se, a tal fine la giurisprudenza (v. per tutti: Cass., S.U., 23 ottobre 1986, n. 6220, nonché Cass., 20 maggio 1987, n. 4607) ha espresso l'idea secondo cui, pur essendo la responsabilità parentale configurabile nei confronti di terzi come diritto assoluto, la stessa degraderebbe nei confronti dei figli a potere-dovere, o meglio a vero e proprio munus di diritto privato soggetto al controllo di merito del giudice, la dottrina (A. Proto Pisani, Usi ed abusi della procedura camerale (appunti sulla tutela giurisdizionale dei diritti e sulla gestione degli interessi devoluta al giudice), in Riv. dir. Civ., 1990, 393 ss., spec. 428) ha, invece, messo in evidenza come nei procedimenti de potestate si sia in presenza di due diritti soggettivi, entrambi fondamentali e costituzionalmente protetti. Il diritto del minore a formarsi e a conseguire la propria maturazione all'interno della comunità familiare (art. 2 Cost.) e quello dei genitori, sempre finalizzato all'interesse del minore, a mantenere, istruire ed educare il figlio (art. 30 Cost.).

Conseguentemente, l'esclusione della ricorribilità per Cassazione in relazione all'astratta tipologia o categoria del provvedimento e non anche al suo concreto contenuto, che ben potrebbe, nel singolo caso, essere definitivo e decisorio, seppure soltanto rebus sic stantibus, sembra comportare un'effettiva compressione di diritti di rilevanza costituzionale. Ciò, specialmente, alla luce di quella giurisprudenza (cfr.: Cass., 2 aprile 2009, n. 23032; Cass., 6 maggio 2009, n. 23411; Cass. 17 maggio 2012 n. 7773) che, sebbene anteriormente alla l. n. 219/2012 e al d. lgs. n. 154/2013, ha ammesso il ricorso straordinario in Cassazione dei provvedimenti, emessi in sede di reclamo, relativi all'affidamento dei figli “naturali” e alle relative statuizioni economiche di cui all'art. 317-bis c.c..

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.