Trasferimenti immobiliari assoggettabili all'azione revocatoria

15 Ottobre 2015

Il creditore può impugnare con l'azione revocatoria il trasferimento di un immobile effettuato in sede di separazione e divorzio?

Il creditore può impugnare con l'azione revocatoria il trasferimento di un immobile effettuato in sede di separazione e divorzio?

La giurisprudenza si è spesso occupata di tale problema ed a tale quesito è stata data risposta positiva: l'art. 2740 c.c. dispone che il debitore risponde con tutti i suoi beni dell'adempimento delle proprie obbligazioni, a prescindere dalla loro fonte, e quindi anche se le stesse derivino dalla legge, come l'obbligo di mantenimento del coniuge e dei figli minori; contemporaneamente, l'art. 2901 c.c. tutela il creditore, rispetto agli atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, senza alcun discrimine circa lo scopo ulteriore avuto di mira dal debitore nel compimento dell'atto dispositivo; sono pertanto soggetti all'azione revocatoria anche gli atti aventi un profondo valore etico e morale, come quello con cui il debitore, per adempiere il proprio obbligo di mantenimento nei confronti dei figli e del coniuge, abbia trasferito a quest'ultimo, a seguito della separazione, la proprietà di un bene (Cass. 26 luglio 2005, n. 15603).

In sostanza, laddove l'attribuzione patrimoniale da parte di uno dei coniugi a favore dell'altro prevista in sede di separazione o divorzio risulti essere pregiudizievole alle ragioni del creditore del disponente, così riducendo la garanzia generale spettante ai creditori sul patrimonio del debitore, essa, in presenza degli altri requisiti previsti dalla legge, può essere soggetta ad azione revocatoria.

Né rileva il fatto che il trasferimento sia stato effettuato al fine di adempiere in unica soluzione l'obbligazione legale di mantenimento del coniuge o dei figli: il creditore “estraneo” - se, naturalmente, ricorrono comunque gli altri elementi necessari per agire in revocatoria – prevale sul coniuge beneficiario.

Al fine di individuare le norme applicabili, il giudice investito della domanda di inefficacia dell'atto dispositivo proposta dal creditore ai sensi dell'art. 2901 c.c. o dal fallimento del coniuge disponente ai sensi dell'art. 64 l. fall., dovrà pertanto accertare, caso per caso, se l'attribuzione del cespite debba ritenersi compiuta a titolo oneroso od a titolo gratuito (in tal senso Cass. 10 aprile 2013 n. 8678, in «Notariato», 2013, 364; Cass. 14 marzo 2006, n. 5473; Cass. 23 marzo 2004, n. 5741; Trib. Milano, 29 gennaio 1996, in «Fallimento», 1996, 781).

Tale verifica - avverte la dottrina - può risultare invero molto difficile: «occorre, infatti, considerare che la separazione o il divorzio diventano l'occasione per definire tutta una serie di complessi rapporti, nei quali gli aspetti economico-patrimoniali, riconducibili all'obbligo di mantenimento o ad intenti transattivi o più in generale solutori, il più delle volte si confondono con quelli più strettamente personali ed affettivi riferibili all'intero arco della vita coniugale/familiare e rispetto ai quali non è facile stabilire se sussista o meno una connotazione economica» (Salerno Cardillo C., Le attribuzioni patrimoniali effettuate in occasione della separazione consensuale o del divorzio congiunto, in «Riv. dir. economia, trasporti, ambiente», 2013, 248).

Inoltre, si è affermata l'ammissibilità dell'azione revocatoria ordinaria anche relativamente al trasferimento immobiliare effettuato da un coniuge in favore dell'altro in ottemperanza ai patti assunti in sede di separazione consensuale omologata. In tale azione, la cognizione del giudice deve riguardare anche il contenuto obbligatorio degli accordi separativi, anche quando sia stato espressamente impugnato soltanto il contratto di cessione immobiliare (Cass. 13 maggio 2008, n. 11914).

Con specifico riferimento all'azione revocatoria fallimentare, la Suprema Corte (Cass. 12 aprile 2006, n. 8516), ha affermato che l'accordo con il quale i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale, stabiliscono il trasferimento di beni immobili o la costituzione di diritti reali minori sui medesimi, rientra nel novero degli atti suscettibili di revocatoria fallimentare ai sensi degli artt. 67 e 69 l.fall., non trovando tale azione ostacolo né nell'avvenuta omologazione dell'accordo stesso, cui resta estranea la funzione di tutela dei terzi creditori e che, comunque, lascia inalterata la natura negoziale della pattuizione;

né nella pretesa inscindibilità di tale pattuizione dal complesso delle altre condizioni della separazione;

né, infine, nella circostanza che il trasferimento immobiliare o la costituzione del diritto reale minore siano stati pattuiti in funzione solutoria dell'obbligo di mantenimento del coniuge economicamente più debole o di contribuzione al mantenimento dei figli, venendo nella specie in contestazione, non già la sussistenza dell'obbligo in sé, di fonte legale, ma le concrete modalità di assolvimento del medesimo, convenzionalmente stabilite dalle parti.

Tale conclusione si impone a fortiori allorché il trasferimento immobiliare o la costituzione del diritto reale minore non facciano parte delle originarie condizioni della separazione consensuale omologata, ma formino invece oggetto di un accordo modificativo intervenuto successivamente fra i coniugi, del quale esauriscano i contenuti.

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