La prescrizione dei diritti in materia familiare

Anna Galizia Danovi
15 Dicembre 2015

L'istituto della prescrizione dei diritti, tema di per sè ampio e complesso, calato nella realtà dei diritti familiari, rischia di essere un labirinto in cui l'interprete può avere difficoltà a orientarsi. La questione è approfondita partendo dall'analisi puntuale dei più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di sospensione della prescrizione del diritto di credito relativo agli assegni dovuti in forza di sentenza di separazione.
La sospensione della prescrizione ex art. 2941 c.c.

L'art. 2941, comma 1, n. 1, c.c. stabilisce che la prescrizione rimane sospesa tra i coniugi. Il legislatore quindi non ha inteso attribuire ai crediti tra coniugi un regime, rectius, un termine specifico di prescrizione, ma ha disposto che il termine stesso, da individuare secondo i canoni ordinari, rimane sospeso sino a che permanga il rapporto di coniugio. La legge individua poi altri rapporti per così dire “speciali” tra creditore e debitore, tali per cui si ritiene opportuno che il termine di prescrizione rimanga sospeso sino a che permanga il rapporto da cui deriva la necessità di sospensione. E così, la prescrizione è sospesa tra chi esercita la responsabilità genitoriale e chi vi è sottoposto; tra il tutore e il minore o l'interdetto soggetti alla tutela; tra l'erede e l'eredità accettata con beneficio di inventario e così via.

Come si vede, la ratio della norma va ricercata più in ragioni di opportunità che di sistematicità: il legislatore ha individuato una serie di casi in cui ha ritenuto preferibile lasciare in sospeso la situazione in presenza di determinati rapporti tra le parti, e ciò allo scopo di non turbare i rapporti familiari – per esempio, nel caso di coniugi o tra genitori e figli – ovvero per evitare che una parte approfitti dello speciale rapporto esistente con l'altra, come può accadere tra tutore e interdetto.

Art. 2941 c.c. e separazione dei coniugi

L'opinione dominante della giurisprudenza è che la sospensione operi anche durante lo stato di separazione dei coniugi. Tale soluzione si basa sul fatto che l'art. 2941 c.c. si riferisce ai “coniugi” e che, come noto, la separazione attenua il vincolo matrimoniale senza sciogliere il matrimonio, ovvero farne cessare gli effetti civili, effetti raggiungibili solo con il divorzio (Cass. civ., 23 agosto 1985, n. 4502 in Dir. famiglia, 1985, 934; Cass. civ., 19 giugno 1971, n. 1883; Trib. Bologna, sez. I civ., 21 maggio 2004, in Guida al diritto, 2005, 2, 78).

Questo principio era già stato enunciato dalla Corte Costituzionale «Lo stato di separazione, infatti, pur rivelando una incrinatura dell'unità familiare, non ne implica la definitiva frattura: potendo anche evolversi nel senso della ricostituzione (mediante la conciliazione) della coesione familiare. E non è irrazionale che, per salvaguardare, appunto, nei limiti del possibile, tale ultima eventualità, il legislatore comprenda nella disciplina della sospensione della prescrizione dettata dall'art. 2941, n. 1, c.c. l'ipotesi che i coniugi siano separati, esonerandoli così dal compiere atti - come quelli necessari a interrompere la prescrizione dei rispettivi diritti – che potrebbero, invece, inasprire le ragioni del contrasto» (C. cost., 19 febbraio 1976 n. 35).

Dunque, la Corte Costituzionale prima e la Corte di Cassazione poi avevano ritenuto di applicare la sospensione ex art. 2941 c.c. anche ai coniugi separati, e ciò non tanto (o non solo) a fronte del mero dato letterale, cioè la parola “coniugi”, ma anche per la ratio della norma stessa, che intenderebbe salvaguardare l'unità familiare anche quando questa sia profondamente incrinata, come nel caso della separazione personale.

Tale orientamento è stato messo in discussione nel 2014 dalla Suprema Corte che è intervenuta con tre pronunzie riportanti due indirizzi contrapposti.

Nella prima sentenza, che ha ribadito l'orientamento tradizionale, la Suprema Corte ha precisato che «il carattere blindato dell'intera disciplina – e la connessa tassatività dei casi di sospensione legislativamente previsti- ne impongono un'applicazione rigida il ché, con riferimento ai rapporti di coniugio, comporta che la regola della sospensione del decorso della prescrizione tra i coniugi deve ritenersi operativa sia nel caso che essi abbiano comunanza di vita, sia che si trovino in stato di separazione personale, la quale, come è noto , implica solo un attenuazione del vincolo» (Cass. civ., sez. III, 1 aprile 2014, n.7533).

A distanza di tre giorni è invece intervenuta una diversa sentenza (Cass. civ. 4 aprile 2014, n. 7981) confermata poi da altra pronunzia di medesimo senso (Cass. civ. 20 agosto 2014, n. 18078) che ha introdotto l'innovativo principio di non sospensione della prescrizione tra coniugi separati.

Merita una riflessione la motivazione addotta dai Supremi Giudici che, confermando la sentenza della Corte d'Appello di Torino che aveva accolto l'eccezione di prescrizione avanzata dal coniuge separato, pur in apparente contrasto con quanto disposto dall'art. 2941, comma 1, n. 1, c.c. , ha osservato che: «l'esistenza di una chiara formulazione grammaticale della norma non è sufficiente per limitare l'interpretazione all'elemento letterale, occorrendo altresì che il senso reso palese dal significato proprio delle parole, secondo la loro connessione, non si ponga in contrasto con argomentazioni logiche sull'intenzione del legislatore (Cass., 5 aprile 1979, n. 1549) […]. L'interpretazione della legge [deve e può] avere anche una funzione evolutiva ed adeguatrice, nel cui ambito ben può realizzarsi un risultato di tipo restrittivo, nel senso di ritenere […] che la norma contenuta nell'art. 2941 n. 1 c.c., si riferisca al vincolo coniugale pienamente inteso, con esclusione del regime della separazione personale. […] In effetti, il trattamento indifferenziato delle ipotesi concernenti la prescrizione di diritti di natura post-matrimoniale e di azioni esercitate fra coniugi separati trova la sua giustificazione nel fatto che in entrambi i casi i diritti e le azioni esercitate non solo scaturiscono dalla crisi coniugale, ma trovano di regola il loro fondamento in pronunce giurisdizionali conclusive di controversie già intercorse fra le stesse parti. […] Laddove, poi, veniva richiamata la mera attenuazione, nel regime di separazione, del vincolo matrimoniale, non sembra che si sia considerato come, al tenue filo della speranza di una riconciliazione, siano da contrapporre effetti di natura giuridica che in realtà depongono nel senso di una sostanziale esautorazione dei principali effetti del vincolo stesso. […] In generale, deve rilevarsi che l'interpretazione che qui viene accolta della norma contenuta nell'art. 2941, n. 1, sia da inquadrarsi nel generale e progressivo fenomeno di valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto al principio della conservazione dell'unità familiare che per lungo periodo si è imposta come elemento fondante dell'interpretazione delle norme e dell'individuazione dei principi posti a fondamento del diritto di famiglia» (così in motivazione Cass. civ.,4 aprile 2014, n. 7981; il medesimo principio è stato confermato da Cass. civ., n. 18078/2014).

Va sottolineato che tra le pronunce riportate è intercorso un periodo di quasi trent'anni, periodo nel quale sono intervenuti significativi mutamenti della realtà sociale, basti considerare che – secondo la Suprema Corte – «la separazione non è più un momento di riflessione e ripensamento prima di riprendere la vita di coppia, e nemmeno solo l'anticamera del futuro divorzio, ma rappresenta il momento della sostanziale esautorazione dei principali effetti del vincolo matrimoniale»(Cass. civ., n. 18078/2014).

È tuttavia innegabile che tale revisione dell'orientamento tradizionale non possa essere ancora considerata definitiva - in assenza di un auspicato intervento delle Sezioni Unite a fronte del contrasto interpretativo sopra evidenziato - e dunque il principio giuridico che si trae da essa potrebbe essere ancora modificato, salvo che nelle more non intervengano modifiche legislative.

Casi particolari

Convivenze more uxorio. È stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 2941, comma I, n. 1, c.c. nella parte in cui non estende ai conviventi more uxorio la sospensione della prescrizione prevista tra coniugi. Con sentenza 29 gennaio 1998 n. 2 la Corte Costituzionale ha rigettato la questione in quanto «la non omogeneità delle due situazioni»(matrimonio e convivenza more uxorio, ndr) «non consente di estendere dall'una all'altra le regole sulla sospensione della prescrizione».

Annullamento del matrimonio e matrimonio putativo. La dottrina ritiene che anche nell'ipotesi di annullamento del matrimonio non viene meno la sospensione verificatasi anteriormente e afferma che nel caso di matrimonio putativo solo il coniuge in buona fede può invocare gli effetti della sospensione (per una rassegna dottrinale si veda tra gli altri C. Ruperto, Prescrizione e decadenza, Torino, 1985).

Azione proposta da un coniuge nei confronti dell'altro per l'annullamento dell'atto di disposizione di un bene immobile oggetto di comunione legale. Con sentenza 22 luglio 1987 n. 6369 la Suprema Corte ha stabilito che il termine di un anno, fissato dall'art. 184, comma 2, c.c. con decorso dalla data della conoscenza dell'atto stesso, e in ogni caso dalla data della sua trascrizione, non è soggetto alla sospensione della prescrizione nel rapporto fra coniugi contemplata dall'art. 2941, comma 1, n. 1, c.c. in considerazione del carattere speciale della prima delle citate norme, e manifestamente non si pone in contrasto con l'art. 24 Cost., tenuto conto che il termine medesimo, nonostante la sua brevità, giustificata dal contemperamento delle esigenze del coniuge leso con quelle del terzo, ha consistenza e decorrenza idonee ad assicurare un adeguato esercizio del diritto di difesa.

La prescrizione dei crediti relativi agli assegni mensili

Quanto agli assegni mensili di mantenimento e/o di divorzio, la Suprema Corte ha stabilito un principio del tutto condivisibile per il quale il diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento si prescrive non a decorrere da un unico termine rappresentato dalla data della pronuncia della sentenza di separazione o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, bensì dalle singole scadenze di pagamento (Cass. civ., 4 aprile 2005, n. 6975; cfr. conforme Cass. civ. 5 dicembre 1998, n. 12333; Cass. civ. 1 giugno 2010, n. 13414). Sul punto la Corte ha così argomentato: «Gli assegni alimentari e di mantenimento sono tipiche obbligazioni di durata, correlate ad un interesse variabile nel tempo e condizionate, nel loro perdurare e nella loro misura, al permanere o al mutare del fatto costitutivo (da identificarsi nella situazione economica dell'avente diritto e dell'obbligato). Detti assegni formano oggetto di obbligazioni necessariamente periodiche, collegate fra loro ma dotate singolarmente di autonomia, caratterizzate dall'essere le relative prestazioni - per loro natura, in relazione alla loro causa ed agli interessi che sono destinati a soddisfare - suscettibili solo di adempimenti ricorrenti nel tempo, non quantificabili complessivamente ab origine e ontologicamente non eseguibili in modo unitario.

Ne deriva che, in relazione a tali obbligazioni, a norma dell'art. 2935 c. c., la prescrizione non può decorrere unitariamente, giacché l'interesse tutelato si attualizza, per sua natura, in momenti successivi del tempo in relazione a ogni singola prestazione, cosicché anteriormente al suo attualizzarsi in ciascun successivo momento, non può "essere fatto valere".

La prescrizione, infatti, si fonda sulla divergenza fra una situazione di fatto (non esercizio di un diritto) e una situazione di diritto (titolarità di un diritto esercitatile), protrattasi per un determinato periodo di tempo che inizia a decorrere da quando il diritto, pur potendo in astratto essere esercitato, non lo sia stato.

Nel caso delle obbligazioni periodiche, quali gli assegni alimentari e di mantenimento, finché non si maturino i periodi di tempo ai quali sono correlati dal titolo su cui si fondano, il diritto a percepire la singola prestazione non può essere fatto valere, con la conseguenza che la prescrizione non può iniziare a decorrere».

Ciò premesso, a norma dell'art. 2948 c.c. si deve ritenere che il diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento e/o di divorzio si prescriva nel termine breve di cinque anni dalla singola scadenza di pagamento (cfr. Cass. civ., 4 aprile 2014, n. 7981).

La prescrizione dei crediti relativi alle spese dovute ma non rimborsate

Quanto alle spese poste a carico di un coniuge / genitore, di cui l'altro genitore chieda il rimborso, per determinare il termine di prescrizione si dovrà fare riferimento alle regole ordinarie. E così, in generale, non vertendosi in materia di alimenti, il termine di prescrizione sarà quello ordinario decennale ex art. 2946 c.c. (Trib. Roma, sez. I civ., 1 aprile 2014: «la prescrizione dell'azione di regresso decorr[e] da ogni singola spesa effettuata. Il termine è senz'altro quello decennale, non vertendosi in materia di alimenti, ma di regresso in materia di obbligazioni solidali»); ciò, salvo che le voci di spesa de quibus non ricadano nella previsione dell'art. 2948 c.c., id est si tratti di importi da «pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi», come nel caso. In tali ipotesi, quale per esempio l'obbligo di rimborso di spese periodiche fisse, la prescrizione sarà quinquennale.

In conclusione

Il tema della prescrizione dei diritti in materia familiare è molto delicato, in quanto attiene all'effettività della tutela per le parti deboli del conflitto familiare stabilita nelle sentenze, e al rispetto degli accordi tra coniugi e/o genitori. A tale proposito, gli operatori dovranno fare molta attenzione in quanto l'orientamento espresso dalla Suprema Corte con la sentenza n. 7981/2014 si pone in almeno apparente contrasto con la lettera della legge, stabilendo che i coniugi separati non devono essere considerati tali ai fini della sospensione della prescrizione.

Inoltre, vi sono dei casi nei quali risulta difficoltoso stabilire con certezza se i crediti in materia familiare ricadano nella prescrizione ordinaria decennale o in quella breve quinquennale. Basti pensare ai rimborsi di spese dovute da un genitore all'altro che abbiano una periodicità non costante.

In quest'ottica, e in attesa di un auspicabile chiarimento definitivo della Suprema Corte o del legislatore, l'interprete – al fine di proteggere il genitore più debole e, soprattutto, i figli – dovrà muoversi per tempo per scongiurare il rischio di prescrizione, anche eventualmente con ricorso agli strumenti interruttivi.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.