Attuata in Italia (ma non “del tutto”) la Convenzione dell'Aja del 1996 in materia di protezione dei minoriFonte: L. 18 giugno 2015 n. 101
16 Luglio 2015
Iter e modalità di attuazione. Con la legge 18 giugno 2015, n. 101 (GU n. 157 del 9 luglio 2015), l'Italia ha proceduto alla ratifica e all'esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta all'Aja il 19 ottobre 1996. L'orientamento accolto dalla Camera dei Deputati che, l'11 giugno 2015, ha approvato in via definitiva il disegno di legge è quello emerso nel corso della seduta delle commissioni riunite Giustizia e Affari esteri, tenutasi il 4 giugno 2015. In sostanza, recependo la linea del Senato, è stata approvata la sola ratifica ed esecuzione della Convenzione. Nel testo originario, adottato in prima lettura dalla Camera, erano contenute, invece, anche le norme di attuazione interna, come, ad esempio, in materia di assistenza legale tramite kafala o le modifiche necessarie da apportare alla legge n. 218/1995, recante riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato e alla legge n. 184/1983, in tema di adozione e affidamento. Per ragioni di celerità e, in particolare, per evitare procedure di infrazione, s'è deciso di stralciare le norme di attuazione interna e di destinarne l'approvazione in un momento successivo. È emerso comunque l'impegno concreto affinché la ratifica sia accompagnata da una «non lontana» approvazione di dette disposizioni. È evidente che se così non fosse la ratifica della Convenzione non sarebbe pienamente operativa.
Ambito di applicazione della Convenzione. Il rilievo di una qualificazione “autonoma”. La nuova Convenzione sostituisce la Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961 sulla competenza giurisdizionale e la legge applicabile in materia di protezione dei minori, resa applicabile erga omnes nel nostro ordinamento, in forza dell'art. 42, comma 2, legge 31 maggio 1995, n. 218 (norma che nel testo originario approvato dalla Camera veniva appunto modificata). La Convenzione ratificata è molto più articolata rispetto alla precedente. Essa è composta di sette capitoli dedicati all'ambito di applicazione, alla competenza giurisdizionale, alla legge applicabile, al riconoscimento ed esecuzione delle sentenze, alla cooperazione, alle disposizioni generali e alle clausole finali. La Convenzione del 1996 si caratterizza per l'abbandono del criterio della nazionalità del minore, a favore del luogo della sua residenza abituale che, realizzando la coincidenza tra forum e ius, rappresenta – salvo alcuni limiti – sia titolo di competenza giurisdizionale sia criterio per la legge applicabile. Con riguardo alle misure di protezione, la Convenzione del 1961 prevede, nell'art. 2, che le autorità competenti adottino le misure previste dalla loro legge interna. La nuova Convenzione definisce invece autonomamente il proprio ambito materiale di applicazione stabilendo che le misure di protezione possono riguardare l'attribuzione, l'esercizio e la revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale; il diritto di affidamento; la tutela del minore, nonché la curatela e gli istituti analoghi; l'amministrazione, la conservazione o la disposizione dei beni del minore; il collocamento del minore in una famiglia di accoglienza o in istituto o la sua assistenza legale tramite "kafala" (art. 3). Sono, invece, espressamente esclusi dall'ambito di applicazione della Convenzione l'accertamento dello stato di filiazione, gli obblighi alimentari, l'adozione e la materia dell'asilo o dell'immigrazione (art. 4). Diversa è anche la qualificazione di minore: non vi è più un rinvio – cumulativo – alla legge interna dello Stato di cittadinanza e di residenza abituale, ma una qualificazione autonoma. Secondo la Convenzione, difatti, essa si applica fintantoché il minore non abbia compiuto gli anni 18.
Coordinamento con il regolamento CE n. 2201/2003 (Bruxelles II bis). Per ciò che concerne i rapporti tra la Convenzione ratificata e il regolamento CE n. 2201/2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, occorre partire dal presupposto che il regolamento – a differenza della Convenzione – trova applicazione esclusivamente in territorio europeo. Rileva a proposito l'art. 61 reg. cit., il quale dispone che, nelle relazioni con la Convenzione dell'Aia del 1996, esso si applica – a discapito della Convenzione – se il minore ha la sua residenza abituale appunto nel territorio di uno Stato membro (lett. a). Nel caso, invece, di riconoscimento ed esecuzione si prescinde dalla residenza del minore in territorio europeo; pertanto, il regolamento è applicabile in caso di decisione emessa dal giudice competente di uno Stato membro da riconoscere nel territorio di un altro Stato membro (lett. b).
La competenza giurisdizionale. Come anticipato, in materia di giurisdizione, il criterio principale risulta essere la residenza abituale del minore, in forza dell'art. 5. Ai sensi dell'art. 6, la competenza spetta alle autorità dello Stato in cui il minore sia solamente presente quando i fanciulli siano rifugiati o «trasferiti a livello internazionale» o quando la residenza non possa essere accertata. La Convenzione non fornisce, per ragioni di prudenza, la nozione di residenza abituale. La novità principale in questo ambito è la possibilità concessa al giudice della residenza abituale di dichiararsi incompetente e rinviare la competenza allo Stato di cittadinanza del minore, allo Stato di situazione dei beni, allo Stato dinnanzi a cui si svolga un processo di separazione, divorzio o annullamento del matrimonio e ad ogni altro Stato con cui il minore presenti uno stretto legame (art. 8). Il successivo art. 9 si occupa dell'ipotesi inversa in cui siano le autorità giurisdizionali da ultimo indicate a chiedere a quelle dello Stato di residenza abituale del minore di dichiararsi competenti. Sempre alla luce del superiore interesse del minore. Rievocando soluzioni poi accolte nel regolamento europeo n. 2201/2003, è previsto, all'art. 10, un titolo autonomo di competenza del giudice della separazione, annullamento e divorzio. Nella Convenzione del 1961 tale competenza, oltre ad essere oggetto di riserva, in forza dell'art. 15, produce sentenze che gli altri Stati non sono tenuti a riconoscere. La nuova Convenzione si occupa anche delle misure d'urgenza e provvisorie (rispettivamente artt. 11 e 12), garantendo, a differenza della precedente, il loro riconoscimento in tutti gli altri Stati contraenti e disponendo che possano essere adottate anche qualora il minore sia abitualmente residente in uno Stato non contraente.
Le questioni relative alla legge applicabile. La Convenzione distingue la legge applicabile da parte delle autorità competenti ad adottare misure di protezione nei confronti del minore e la legge competente a disciplinare l'attribuzione e l'estinzione ex lege della responsabilità genitoriale. Il primo profilo è disciplinato dall'art. 15 della Convenzione e, come per la Convenzione del 1961, si prevede l'applicazione, da parte del giudice competente, della sua legge interna. Tale disposizione, come già chiarito, realizza dunque la coincidenza tra forum e ius. La seconda questione è disciplinata dall'art. 16, in forza del quale è applicabile la legge dello Stato della residenza abituale del minore.
Riconoscimento ed esecuzione delle misure di protezione. Profili di grande novità sono contenuti nel capitolo relativo al riconoscimento e all'esecuzione delle misure di protezione straniere. Difatti mentre la Convenzione del 1961 dà ampia libertà ai singoli Stati di procedere o meno all'esecuzione delle sentenze, quella del 1996, all'art. 23, sancisce il carattere automatico del riconoscimento, disciplinando i casi in cui esso possa essere rifiutato. In forza dell'art. 26, ogni parte interessata può richiedere l'esecuzione della sentenza e ogni Stato deve adottare una procedura rapida per la dichiarazione di exequatur o per la registrazione della misura ai fini della sua esecuzione. La dichiarazione di exequatur o la registrazione potranno essere negate solo per i motivi tassativamente indicati dalla norma, identici a quelli per i quali si potrà negare il riconoscimento. Con la dichiarazione di esecutività, le misure debbono essere eseguite come se fossero state adottate dallo Stato dell'esecuzione.
Cooperazione. Si rafforzano, infine, i meccanismi di cooperazione, praticamente assenti nella Convenzione del 1961, disciplinando le competenze e la cooperazione tra le Autorità centrali degli Stati contraenti, nonché il coordinamento tra le autorità competenti ad adottare le misure di protezione. La legge di ratifica n. 101/2015 chiarisce, all'art. 3, che l'Autorità centrale italiana è la Presidenza del Consiglio dei Ministri. |