Decisioni attribuite a un solo genitore anche con l’affido condiviso

Rosa Muscio
31 Maggio 2016

In un procedimento per scioglimento del matrimonio in relazione alla responsabilità genitoriale il padre chiedeva l'affidamento condiviso del figlio minore, la madre l'affidamento esclusivo, lamentando comportamenti paterni pregiudizievoli per l'equilibrio psicofisico del minore quali punizioni troppo severe, la negazione del disturbo dislessico da cui il minore era affetto e il totale disinteresse per la vita scolastica del figlio.
Massima

Deve essere disposto l'affidamento condiviso del figlio minore ad entrambi i genitori, ma con attribuzione alla sola madre, in via esclusiva, delle scelte inerenti le terapie e gli interventi di sostegno necessari per le difficoltà di apprendimento del figlio minore, e ciò al fine di evitare che le resistenze paterne ad accettare tali difficoltà si traducano in uno stallo decisionale con conseguente compromissione dell'interesse del minore.

Il caso

In un procedimento per scioglimento del matrimonio in relazione alla responsabilità genitoriale il padre chiedeva l'affidamento condiviso del figlio minore, la madre l'affidamento esclusivo, lamentando comportamenti paterni pregiudizievoli per l'equilibrio psicofisico del minore quali punizioni troppo severe, la negazione del disturbo dislessico da cui il minore era affetto e il totale disinteresse per la vita scolastica del figlio.

All'esito del giudizio, in cui già in fase presidenziale il Presidente procedeva all'ascolto del minore che riferiva di un significativo miglioramento del suo rapporto con il padre nel corso del tempo e confermava però la non accettazione paterna del suo disturbo dislessico e in cui si rendeva necessario un provvedimento del giudice istruttore quanto al pagamento delle spese per le lezioni private individuali di inglese per il minore necessitate dalla certificata dislessia del ragazzo, il Tribunale disponeva l'affidamento condiviso del minore, attribuendo però alla madre in via esclusiva la responsabilità genitoriale quanto alle scelte relative alle terapie e agli interventi di sostegno necessari per le difficoltà di apprendimento del ragazzo.

La questione

La pronuncia in esame pone una innovativa questione quanto alle opzioni a disposizione nelle decisioni in punto di responsabilità genitoriale: se alle due soluzioni tradizionali dell'affidamento condiviso e dell'affidamento monogenitoriale possa affiancarsi una terza soluzione che, disponendo l'affidamento condiviso, concentri in capo a quello dei due genitori che appare più idoneo a tutelare uno specifico aspetto del percorso di crescita del minore la responsabilità genitoriale per le decisioni rilevanti relative a tale settore della vita del minore stesso (in particolare la sola salute, la sola istruzione, la sola educazione).

Le soluzioni giuridiche

A seguito della riforma del 2006, confermata dal più recente intervento normativo dettato dal d.lgs. 154/2013, le statuizioni giudiziali hanno fatto applicazione delle due soluzioni normativamente previste in modo espresso come moduli di affidamento: l'affidamento condiviso e l'affidamento monogenitoriale.

L'affidamento condiviso rappresenta il regime ordinario previsto a tutela del diritto del minore alla “bigenitorialità”, in quanto finalizzato ad assicurare allo stesso un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori.

Presuppone in capo ad entrambi i genitori un'integra capacità genitoriale, intesa quale capacità di accudimento primario, capacità di dialogo e condivisione delle scelte e delle decisioni che riguardano aspetti rilevanti della vita del figlio e capacità di garantire l'accesso all'altra figura genitoriale.

Né è sufficiente ad impedire la formula dell'affidamento condiviso il conflitto genitoriale, purché lo stesso si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per i figli e non assuma connotati ostativi alla relativa applicazione e si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse (Cass. civ., sez. I, sent. 8 febbraio 2012, n. 1777; Cass. civ., sez. I, sent. 29 marzo 2012, n. 5108).

L'art. 337 quater c.c. (già art. 155 bis c.c) prevede che «il giudice può disporre l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore».

Tale soluzione, cioè l'affidamento esclusivo, deve avere il carattere dell'eccezionalità e trovare la sua giustificazione in specifiche e gravi carenze della capacità genitoriale di uno dei due genitori, garantendo, invece, l'altro una buona idoneità genitoriale (Cass. civ. sez. VI, ord. 2 dicembre 2010, n. 24526; Cass. civ., sez. I, sent. 18 giugno 2008, n. 16593).

La norma al terzo comma ha poi espressamente previsto che di regola anche nel caso di affidamento monogenitoriale le decisioni di maggior interesse per i figli (cioè quelle di cui all'art. 337 ter comma 4 c.c.) siano assunte comunque da entrambi i genitori, salvo che il giudice disponga diversamente con la formula denominata dell'affidamento c.d. superesclusivo. In tal caso si attribuisce al genitore affidatario la responsabilità genitoriale esclusiva anche per tutte le decisioni rilevanti relative al figlio.

La terza soluzione adottata nelle decisioni giudiziali è l'affidamento all'Ente Territoriale.

In realtà, essa non costituisce una forma di affidamento ma rientra nell'ambito di applicazione dei provvedimenti ex art. 333 c.c. che anche il giudice del conflitto familiare può adottare e si estrinseca in una vera e propria limitazione della responsabilità genitoriale per le decisioni rilevanti relative alle scelte educative e di crescita dei minori, tutte le volte in cui entrambi i genitori presentino gravi carenze genitoriali e/o il conflitto tra gli stessi assume connotati di tale gravità e radicamento da impedire ai genitori di comprendere le esigenze e i bisogni dei figli e comporta concrete ripercussioni sull'equilibrio psicofisico dei figli (Cass. civ., sez. I, sent. 22 maggio 2014, n. 11412; Trib. Milano, sez. IX, sent. 11 dicembre 2013; Trib. Milano, sez. IX civ., decr. 6 maggio 2014).

Osservazioni

La pronuncia del Tribunale di Roma in commento fa apprezzabile e corretta applicazione dei principi consolidati in materia, avendo come unico punto di riferimento il superiore interesse del minore.

Nel caso specifico, infatti, l'audizione del ragazzo, quasi diciassettenne, da un lato, ha messo in evidenza un significativo legame affettivo e un buon rapporto padre-figlio, smentendo buona parte delle allegazioni materne poste a fondamento della richiesta di affidamento esclusivo e, dall'altro, ha però evidenziato dalla stessa prospettiva del figlio le difficoltà paterne ad accettare la dislessia da cui il ragazzo era affetto.

L'iter processuale ha poi dimostrato l'incapacità paterna a comprendere la rilevanza del disturbo dell'apprendimento del figlio, benché certificato e a condividere con la madre le decisioni necessarie per far fronte alle conseguenze di tale disturbo.

Tale situazione ha, quindi, portato il Tribunale a disporre l'affidamento condiviso a tutela del diritto del figlio a vedersi garantito il rapporto genitoriale positivo, esistente e concretamente sperimentato con entrambi i genitori.

La non accettazione da parte del padre e in ogni caso la sottovalutazione del problema di salute del ragazzo, provato da certificazioni mediche e quindi effettivo e serio, ha giustamente spinto il Tribunale ad attribuire alla sola madre le decisioni relative a tale aspetto della vita del minore proprio al fine di garantire tempestività e adeguatezza delle decisioni stesse che la madre sino a quel momento aveva dato prova di essere in grado di adottare.

La decisione assunta rappresenta, pertanto, un lodevole punto di equilibrio a tutela del superiore interesse del minore, assicurando attraverso l'affidamento condiviso la bigenitorialità e garantendo al contempo un aspetto particolare della salute del minore con la concentrazione in capo alla madre, risultata più idonea, della responsabilità genitoriale per le decisioni relative agli interventi e ai supporti necessari per le difficoltà di apprendimento del ragazzo.

La soluzione giuridica adottata trova fondamento normativo proprio nell'art. 337 ter c.c. che consente al giudice, nell'ambito dei provvedimenti sull'affidamento, di adottare ogni altro provvedimento relativo alla prole nell'interesse della stessa e di comunque decidere in caso di disaccordo tra i genitori in relazione alle decisioni di maggior interesse relative alle varie aree in cui si estrinseca la responsabilità genitoriale.

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