Corte Costituzionale: illegittima la limitazione della pensione di reversibilità per matrimonio in tarda età
18 Luglio 2016
La Corte Costituzionale, con la sentenza del 14 luglio 2016 n. 174, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, comma 5, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, che riduce l'aliquota percentuale della pensione a favore del coniuge superstite quando il dante causa, al momento del matrimonio, aveva un'età superiore ai settant'anni e il coniuge era più giovane di almeno vent'anni.
L'ordinamento configura la pensione di reversibilità come un importantissimo strumento previdenziale, ancorato a un peculiare fondamento solidaristico. Il principio è la tutela della continuità del sostentamento connesso al «perdurare del vincolo di solidarietà coniugale, che proietta la sua forza cogente anche nel tempo successivo alla morte». La Corte, richiamando la sua solida e costante giurisprudenza sul punto, afferma che una limitazione del trattamento previdenziale legata al mero dato dell'età, e la sua differenza tra i coniugi, è irragionevole. Ogni limitazione di questo tipo deve, infatti, rispettare i principi di uguaglianza e ragionevolezza che caratterizzano le scelte, come quella di decidere di sposarsi, prettamente personali. Il legislatore non deve interferire con le determinazione dei singoli che ricercano, anche in età avanzata, una realizzazione della propria sfera affettiva, quanto piuttosto cercare di garantire l'assetto del sistema previdenziale globalmente inteso.
Nel caso in esame viene dato peso a un dato meramente naturalistico, qual è l'età dei coniugi, assunto come presupposto di valore, che contribuisce ad accrescere il pregiudizio, ratio della limitazione, per il quale i matrimoni contratti da una persona con più di settant'anni con una persona di vent'anni più giovane trarrebbero origine solamente dall'intento di frodare le ragioni dell'erario. Il trattamento di reversibilità, inoltre, si colloca nell'alveo degli artt. 36, comma 1, e 38, comma 2 della Carta fondamentale, che prescrivono l'adeguatezza della pensione quale retribuzione e l'idoneità della stessa a garantire un'esistenza libera e dignitosa, comportando così la dichiarazione di irragionevolezza della disciplina che sacrifica i diritti del coniuge superstite. |