I Servizi Sociali nei procedimenti di famiglia e nell'esecuzione dei provvedimenti di affidamento

19 Luglio 2016

Quando si affronta il tema dell'esecuzione dei provvedimenti di affidamento non può trascurarsi il riferimento al contributo e ruolo offerto dagli operatori del Servizio Sociale. L'Autrice analizza l'evoluzione, anche normativa, del ruolo degli Assistenti Sociali e il raccordo con i procedimenti di separazione, divorzio ed ex art. 316 bis c.c..
Il quadro normativo

L'evoluzione della normativa sulle funzioni del Servizio, dalla quale trae origine la collaborazione tra Autorità Giudiziaria e Servizio Sociale, risale storicamente alla disciplina dell' ONMI (Opera Nazionale Maternità e Infanzia – ente pubblico) che prevedeva, tra gli altri, il compito dell'assistente sociale, dipendente dall'ONMI, di riferire al proprio ente circa situazioni richiedenti l'intervento del giudice.

Le prime assistenti sociali dipendenti dallo Stato sono state quelle inquadrate nell'ambito dei Centri di Rieducazione di cui alla R.d.l. n. 1404/1934 (istitutiva dei Tribunali dei Minorenni) e disciplinati dalla l. n. 1085/1962.

Con il D.p.r. n. 616/1977 sul decentramento amministrativo, la funzione assistenziale passa dalla competenza dello Stato a quella dei Comuni: all'art. 23 si specifica che sono di competenza dei Comuni «gli interventi a favore di minorenni soggetti a provvedimenti delle A.G. minorili nell'ambito della competenza amministrativa e civile».

La norma è stata inizialmente prevista per il Tribunale per i Minorenni, pur se la possibilità di utilizzare direttamente le competenze degli operatori dei Servizi Sociali, nei procedimenti di competenza del Tribunale Ordinario è ricondotta alla previsione dell'art. 23 D.p.r. n. 616/1977, agendo il Tribunale Ordinario in quelle sedi quale A.G. Minorile.

Da un punto di vista operativo, quindi, il Comune diventa il protagonista degli interventi a favore dei minori soggetti a provvedimenti della Autorità Giudiziaria per il tramite dei Sevizi Sociali territoriali.

Ulteriori riferimenti normativi sulla interazione tra Servizio Sociale e Autorità Giudiziaria sono i seguenti:

a) art. 344 comma 2 c.c. (poteri del Giudice Tutelare); Il Giudice Tutelare, che ha la funzione di soprintendere alle tutele e curatele ex art. 344 c.c. e di vigilanza ex art. 337 c.c. sulla osservazione delle condizioni stabilite dal Tribunale sulla responsabilità genitoriale, potrà avvalersi anche dell'ausilio dei consultori, nelle materie di sua competenza. Può quindi avvalersi non solo di assistenti sociali del Comune, ma anche di tutti i servizi territoriali;

b) la l. n. 405/1975 istitutiva dei consultori che sono tenuti alla assistenza psicologica e sociale anche in ordine alle problematiche minorili;

c) l'art. 337 ter, comma 2 c.c., che consente al giudice di «adottare ogni altro provvedimento relativo alla prole»;

d) l'art. 337 octies c.c., che consente al giudice «prima della emanazione anche in via provvisoria di provvedimenti di cui all'art. 337 ter c.c. di assumere […] anche d'ufficio mezzi di prova»;

e) l'art. 213 c.p.c., per il tramite del quale il Giudice – che in subietcta materia può disporre d'ufficio mezzi di prova e avvalersi di esperti - può richiedere, ex art. 213 c.p.c., informazioni alla Pubblica Amministrazione;

f) La legge quadro per la realizzazione del sistema integrato dei Servizi Sociali (l. 8 novembre 2000, n.328);

g) l'art.1, comma 4, l. n. 84/1993 che ribadisce la funzione tecnico - professionale dell'assistente sociale nella collaborazione con l'A.G.

Struttura del Servizio Sociale

Il Servizio Sociale professionale è composto prevalentemente dalla figura dell'assistente sociale, il cui ruolo è andato nel tempo a modificarsi; oggi è riconosciuto come professione e gode di autonomia tecnico-professionale, di un Ordine di riferimento e di un Codice deontologico.

L'assistente sociale ha una formazione specifica ed è investito della concreta funzione di attuazione del provvedimento giudiziario; nell'ambito di una famiglia con minori, ha il compito di individuare ed attuare interventi con i genitori per il sostegno alla genitorialità; le situazioni di disagio vengono seguite dall'assistente sociale che si avvale anche dell'eventuale sostegno offerto da risorse territoriali (centri diurni ad es.), da interventi e incontri anche domiciliari o interventi di accoglienza o di affido familiare, quando vi sia l'esigenza di disporre un allontanamento del minore dall'ambiente familiare. L'obiettivo primario è quello di prevenire gli allontanamenti dei minori dalle loro famiglie e quando ciò accade il fine è garantire il rientro in tempi il più possibile brevi.

Rapporti tra Servizio Sociale e l'Autorità Giudiziaria

Il rapporto tra il sistema giustizia e quello dei servizi deve essere visto in termini di autonomia dei due contesti: le funzioni del Servizio Sociale sono indipendenti dalla esistenza di un intervento giudiziario in atto.

Tale autonomia è ormai chiara anche in materia di tutela dei minori ed è desumibile dai principi generali e ribadita dal combinato disposto dell'art. 1 l. n. 328/2000 e dell'art. 128 d.lgs. n. 112/1998.

Laddove, quindi, sia conferito agli operatori del Servizio Sociale da parte della Autorità Giudiziaria un incarico conoscitivo o assistenziale, tale incarico sarà svolto secondo regole e procedure proprie del Servizio, non sindacabili dall'esterno.

Il Servizio Sociale non svolge però solo azione “riparatrice”, ma anche una funzione di prevenzione e protezione dei diritti della persona con potere di intervento autonomo; a tale ruolo autonomo di prevenzione e protezione si affianca quello di collaborazione con l'A.G., in una attività che può essere di vigilanza (da cui possono scaturire segnalazioni) o informazioni sulle condizioni di vita del minore o in una attività finalizzata alla attuazione di provvedimenti emessi dalla Autorità Giudiziaria e al controllo sulla esecuzione di tali provvedimenti.

L'attività di segnalazione

Nei procedimenti inerenti la responsabilità genitoriale i servizi sociali non godono di legittimazione ad agire, ma hanno pur sempre un potere di impulso, tramite le opportune segnalazioni alla Procura della Repubblica per i minorenni che, quale parte pubblica, ha la legittimazione processuale per la tutela dei diritti dei minori e degli incapaci anche in via d'urgenza (art. 73 R. d. 30 gennaio 1941, n. 12; art. 336 c.c.). In altri casi però le segnalazioni vanno fatte al G.T. o al Giudice del T.M..

I Servizi Sociali, nello specifico, procedono alle segnalazioni:

1) nei casi in cui entrambi i genitori sono deceduti o assenti o impediti o interdetti, per l'apertura di una tutela e per i provvedimenti urgenti di cui all'art. 361 c.c. (vi rientrano i casi dei minori stranieri non accompagnati quando i genitori per lontananza di fatto non possono esercitare la responsabilità genitoriale). A questa segnalazione se ne affianca di solito una alla Procura presso il Tribunale per i Minorenni;

2) negli affidamenti familiari consensuali, perché il giudice tutelare li renda esecutivi con decreto (art. 4 l. n. 184/1983), mentre per i loro rinnovi che superino il periodo complessivo di 24 mesi dall'inizio occorre procedere alla segnalazione alla Procura della Repubblica per i minorenni, inviando una copia anche al G.T;

3) nei casi in cui occorre una autorizzazione per il rilascio del passaporto o della carta valida per l'espatrio;

4) per le interruzioni volontarie della gravidanza di minorenne, quando i genitori o un genitore non danno il loro consenso, o la minorenne desidera che non siano informati;

5) in tutti i casi in cui ci sia conflittualità fra i genitori per l'osservanza delle condizioni stabilite dal Tribunale per i minorenni per l'esercizio della responsabilità genitoriale (art. 337 c.c.).

Inoltre:

- in caso di affidamento dell'Ente, l'assistente sociale è tenuto a segnalare al Giudice Tutelare o al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, eventuali comportamenti pregiudizievoli o lesivi dell'interesse del minore assunti dai genitori (Trib. Roma, 17 novembre 2015, n. 23178);

- Il Servizio Sociale interagisce con l'ufficio del Giudice Tutelare anche allorquando quest'ultimo svolga il ruolo di "vigilanza attiva" in relazione alla assunzione delle disposizioni sulla regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale emesse dal T.O. e delle disposizioni poste dalla A.G. nell'esercizio del regime di affidamento qualora il S.S. sia organo affidatario.

Gli atti obbligati e quelli facoltativi

In un quadro di collaborazione tra Servizio Sociale ed Autorità Giudiziaria possiamo catalogare le casistiche più comuni nelle quali i S.S. agiscono nelle due categorie di intervento obbligatorio e di quello facoltativo.

I Servizi Sociali devono (atti obbligati):

1) rispondere alle richieste del Magistrato (T.O., T.M. o P.M.) attraverso relazioni sul minore o indagini sociali;

2) relazionare ogni 6 mesi sui minori sottoposti ad affidamento (Familiare o in Comunità) al G.T. o al T.M. (al primo se trattasi di affidamento consensuale, al secondo se giudiziale). Il termine di 6 mesi può essere anticipato se si tratta di comunicazioni urgenti;

3) segnalare al P.M. della Procura per minorenni

- il caso di presumibile abbandono del minore (art. 9, comma 1, l. n. 184/1983);

- la conoscenza di un reato perseguibile d'ufficio (tra cui non solo quelli commessi di soggetti adulti, ma anche da minorenne o anche a danno di un minore straniero vittima dei reati di prostituzione e pornografia minorile o di tratta e commercio ex l. n. 269/1998 - R.d.l. n. 1404/1934 art. 25 bis comma 1 );

- quando occorre prorogare un affidamento familiare o un collocamento in comunità o in istituto oltre il termine stabilito o anticiparne la cessazione (art. 4, comma 5, l. n. 184/1983);

- l'intervento a favore di un minore a norma dell'art. 403 c.c.;

4) comparire, se chiamati di fronte al Giudice (minorile od ordinario) a rispondere di fatti di loro conoscenza, seppur nei limiti del segreto professionale e del d.lgs. n. 196/2003.

I servizi sociali possono (atti facoltativi):

1) segnalare al P.M. della Procura per minorenni le situazioni a rischio che esigono un intervento di protezione operando sulla responsabilità genitoriale, secondo il dovere di vigilanza sulle realtà sociali (ex D.p.r. n. 616/1977, l. n. 328/2000 e l. n. 216/1991 art. 1 comma 2). Queste segnalazioni sono facoltative perché l'indicazione avviene non al manifestarsi di una condizione obiettiva (es. conoscenza di un reato perseguibile d'ufficio) ma per una valutazione discrezionale del Servizio;

2) segnalare al T.O. i casi di pregiudizio del minore in cui siano presenti comportamenti di adulti che fanno sospettare la possibile commissione presente o passata di fattispecie di reato a danno di minorenni;

3) inviare ogni altra comunicazione all'A.G. ritenuta necessaria, pur senza alcuna previsione di legge; si pensi al confronto con questa, prima di procedere al un provvedimento ex art. 403 c.c..

Ruolo dei Servizi Sociali nelle esecuzioni coattive dei procedimenti riguardanti i minori

La attuazione coattiva del provvedimento del giudice che affida il minore ad uno dei genitori è operazione che interferisce con alcune delle più inviolabili garanzie della persona e non può certo essere compiuta nelle forme esecutive ordinarie.

Gli interpreti si trovano davanti ad una lacuna legislativa che la Corte Costituzionale, con l'ordinanza 2 marzo 1987, n. 68, ha auspicato potesse essere colmata.

Con tale ordinanza, che ha dichiarato inammissibile la eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 612 c.p.c., la Corte aveva rilevato: «Una normativa che prevede norme particolari per la esecuzione forzata in subietta materia, o che comunque riveda le norme attualmente in vigore sarà sicuramente bene accolta anche da tutti coloro che operano in questo delicato settore della attività giuridica ed assistenziale».

Ulteriori riferimenti giurisprudenziali in tema si individuano nelle indicazioni contenute nelle sentenze della CEDU di condanna all'Italia (P. Rossi, Criticità e prospettive nell'esecuzione dei provvedimenti di affidamento in IlFamiliarista.it; R. Muscio, L'esecuzione dei provvedimenti sulla responsabilità genitoriale: l'art. 709 ter c.p.c. e la nuova formulazione dell'art. 614 bis c.p.c. in IlFamiliarista.it).

Come noto, si è cercato di porre rimedio con un apparato di misure sanzionatorie ex art. 709 ter c.p.c. e con la previsione delle misure coercitive indirette introdotte dal nuovo art. 614 bis c.p.c. a seguito della riforma n. 69 del 2009, ma tali misure sono relative alle conseguenze della mancata esecuzione di un provvedimento e non alla esecuzione stessa.

L'attuazione della decisione dipende anche dalla età del minore e dalla sua capacità di discernimento (Cass. civ. n. 6312/1999: il giudice deve sospendere gli incontri ogni qualvolta il minore manifesti rifiuto ed ostilità nei confronti del genitore, «sospensione legittima e necessaria indipendentemente dalle cause, dalla responsabilità dei genitori e dalle motivazioni addotte dal minore»).

È indispensabile, dunque, che il giudice competente ad attuare il provvedimento possa avvalersi di figure professionali valide e specializzate per verificarne, in concreto, la eseguibilità.

La fonte normativa, che legittima la presenza dei Servizi Sociali nella fase esecutiva dei provvedimenti riguardanti l'affido dei minori, è regolata dagli artt. 22 e 23 D.p.r. n. 616/1977 (attribuzione ai Comuni delle competenze per interventi a favore dei minorenni soggetti ai provvedimenti della A.G.).

Non ritenendo opportuno delegare all'Ufficiale Giudiziario l'attuazione, poiché soggetto non dotato delle necessarie conoscenze e poteri idonei a impartire le direttive necessarie, sono quindi gli operatori dei Servizi Sociali gli organi individuati all'esecuzione dei provvedimenti, essendo dotati di specifiche capacità che consentono loro di affrontare e risolvere problematiche che possano scaturire dall'esecuzione di un provvedimento coercitivo.

L'assistente sociale deve garantire che l'esecuzione sia attuata con modalità che non danneggino i minori interessati, garantendo nel contempo la tutela del personale. Invero l'A.G., nella fase di esecuzione dei provvedimenti, mantiene una propria discrezionalità sulle modalità di attuazione della decisione: l'espletamento della fase esecutiva in funzione della tutela del minore viene realizzata con un responsabile intervento del S.S. anche se in piena autonomia ed il giudice, nel richiederne l'intervento, è tenuto ad agire con modalità che riconoscano l'autonomia degli operatori.

In relazione, poi, alla esecuzione dei provvedimenti di affido al S.S. o avente il contenuto di incarico di supervisione o monitoraggio di una particolare situazione familiare, il suo margine di intervento riguarda le prescrizioni contenute nel decreto di affido.

Il S.S. decide in autonomia allorquando nel decreto si prevedono interventi di sostegno educativo o psicologico o di altro tipo o lo stesso sia stato delegato a regolare gli incontri tra figli e genitori.

Se non vi è la possibilità di una reale collaborazione con il genitore o manca la predisposizione di un progetto, allora un nuovo decreto dovrà indicare gli interventi specifici da attuare.

Il coinvolgimento del S.S. nella esecuzione dei provvedimenti relativi ai minori riguarda in senso lato anche la esecuzione del provvedimento con cui si limita la responsabilità genitoriale e si dispone l'affido in favore del S.S. o lo incarica di compiti di supervisione e monitoraggio di una particolare situazione familiare: in questo caso il S.S. seguirà e cercherà di sostenere la esecuzione delle previsioni, e l'intervento progettato, come da decreto.

Gli operatori dovranno aiutare i genitori a recuperare quelle disfunzioni che hanno legittimato l'intervento della A.G., aiutare il minore a recuperare i danni causati dal comportamento genitoriale e controllare che le previsioni contenute nel decreto vengano rispettate.

È necessario che il decreto di affidamento delinei con chiarezza quali poteri – compiti rimangano ai genitori e quali debbano essere assunti dai Servizi: deve essere quindi ben specificato il contenuto dell'affido.

Qualora l'opera di prevenzione risulti inefficace, l'allontanamento del minore dalla famiglia di origine può divenire la drastica soluzione per proteggere il minore da pregiudizi alla propria crescita (dovrebbe essere considerata l'estrema ratio da utilizzare solo in caso di criticità ed irreparabile pregiudizio per il minore); esso ovviamente dovrà essere disposto dall'Autorità Giudiziaria e non dal Servizio Sociale, a meno che non vi sia una emergenza di intervento.

Allontanamento ai sensi dell'art. 403 c.c.

Nelle situazioni di grave pericolo per l'integrità fisica e psichica del minore, al Servizio Sociale è consentito ex art. 403 c.c. di collocarlo immediatamente, senza la necessità di attivazione giudiziaria, in un luogo sicuro sino a quando non sia possibile provvedere in modo definitivo alla sua protezione.

Detto provvedimento, qualificato come “atto di amministrazione” può essere adottato solo in tre ipotesi:

a) quando il minore si trova in stato di abbandono morale o materiale;

b) quando vive in luoghi pericolosi o insalubri;

c) quando sia cresciuto da persone che per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi siano incapaci di provvedere alla sua educazione.

Il presupposto è quindi la sussistenza di un grave pericolo per il minore che coinvolge la sua salute psicofisica, la sua educazione, la sua integrità morale e la sua stessa vita.

Una volta collocato il minore, i Servizi Sociali devono segnalarlo con urgenza al P.M. affinchè il T.M. sia investito della decisione e possa dare corso ai progetti di sostegno al minore.

La procedura ex art. 403 c.c. rappresenta una deroga al sistema di tutela dei minori ed è l'unico caso in cui il Servizio Sociale , pur se provvisoriamente, ha i medesimi poteri decisionali della A.G. (nelle altre ipotesi, l'allontanamento sarà oggetto di un provvedimento della A.G. la cui esecuzione avverrà per il tramite di un ente locale).

Le linee guida nei processi di sostegno e allontanamento del minore

Al fine di uniformare l'attività dei servizi sociali, e nel contempo garantire che il loro operato sia improntato alla tutela del minore, nel 2010 sono state elaborate dall'Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia (AIMMF) delle linee guida per i processi di sostegno ed allontanamento del minore, confermate in data 12 ottobre 2012.

Le linee guida sono state elaborate tra gli altri, anche dall'ANCI, dal CNF, dall'Ordine Nazionale degli Assistenti Sociali, dal CSM, dalla Commissione Minori dell'Associazione Nazionale Magistrati, dal Ministro dell'Interno e della Giustizia ed altre figure istituzionali, compresi i rappresentanti delle associazioni maggiormente rappresentative nel settore famiglia e minori.

Recentemente tale documento è stato aggiornato in virtù del nuovo panorama normativo, rendendo maggiormente aderenti le linee ad una realtà che si è modificata, ma i principi ispiratori e le indicazioni operative sono rimasti sostanzialmente immutati.

Alcuni principii contenuti nelle linee guida: acquisire consenso alla esecuzione da parte degli interessati; gli operatori che eseguono devono essere specializzati; l'utilizzo della forza pubblica non deve avvenire in uniforme e devono essere scelti modi e luoghi che rendano l'evento meno traumatico possibile; ogni situazione va vista per la sua unicità; particolare attenzione va data all'ascolto del minore incentivando spazi neutri per gli incontri protetti; i reclami dovranno essere decisi in tempi brevi. Le linee conferiscono indicazioni di metodo, operative/organizzative e processuali.

Indicazioni di metodo:

a) informazione corretta ai familiari sulle motivazioni del provvedimento ed individuazione della modalità più adeguata di realizzazione nell'interesse del minore; promozione preventiva di azioni di collaborazione al fine di evitare un'esecuzione coatta e traumatica;

b) informazione al minore, tenendo conto della età e capacità di discernimento, sulla natura e motivazione del provvedimento ed accogliere per quanto possibile i suoi desideri; ascoltare i suoi vissuti, sentimenti ed aspettative;

c) valorizzazione della conoscenza del caso con chi deve eseguire il provvedimento al fine di individuare le modalità, i tempi ed i luoghi;

d) condivisione delle scelte con le strutture di accoglienza/famiglie nell'individuazione delle modalità di rapporto con i familiari, di un progetto educativo e di vita per il minore.

Indicazioni operative organizzative:

a) prevedere servizi accoglienti e competenti per i minori e le famiglie, professionisti stabili e con adeguato carico di lavoro in grado di stabilire una relazione significativa e duratura con i soggetti coinvolti;

b) prevedere equipe specializzata per situazioni di abbandono, per provvedimenti di allontanamento e per recupero delle famiglie a rischio, tutori e curatori negli uffici tutele, separati dalle altre figure professionali che svolgono funzioni diverse;

c) prevedere sostegno formativo e supervisione rivolta a professionisti impegnati nel settore;

d) stabile e significativo rapporto di collaborazione tra uffici giudiziari e servizi sociali.

Indicazioni processuali (con riferimento all'art. 111 Cost.).

a) obbligo di procedere con sollecitudine;

b) obbligo di fornire al minore le informazioni pertinenti sui fatti rilevanti del procedimento che lo riguarda;

c) consultazione ed ascolto del minore in ogni procedimento che lo riguarda;

d) nomina di un curatore speciale in caso di conflitto di interessi;

e) utilizzo della nomina di un difensore del minore distinto da quello dei genitori in caso di conflitto di interessi;

f) un accompagnamento adeguato del minore da parte di figure professionali di aiuto ed assistenza;

g) ricerca del consenso dei genitori e del minore prima di prendere una decisione;

h) ascolto di entrambi i genitori nei procedimenti che hanno per oggetto decisioni relative ai figli minori.

L'assistente sociale dovrà essere in grado di spiegare al minore, considerata età e capacità di comprensione, quale è la situazione e la ragione del provvedimento.

Inoltre le strutture ove sono collocati i minori devono conoscere la situazione del minore e la motivazione del provvedimento.

Ciò rappresenta solo alcune delle prescrizioni contenute anche nelle “linee guida per l'affidamento familiare” elaborate nel corso di una indagine realizzata nel novembre 2012 dall'Istituto degli Innocenti di Firenze, su incarico del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

In conclusione

Il ruolo del Servizio Sociale nei procedimenti di famiglia si è ampliato e l'intervento degli operatori oggi è previsto non solo dinanzi all'A.G. che da sempre ha interagito con il servizio (T.M.) ma anche dinanzi al T.O. in virtù della nota novella. Questo passaggio ha comportato una trasformazione del ruolo del S.S.: dall'originario propulsore di interventi giudiziari in segnalazione di rischio o pregiudizio all'interno della famiglia esso è divenuto soggetto attivo presente nelle procedure che riguardano il dissesto delle unioni familiari sino ad assumere sempre più spesso (nella realtà romana ad esempio) il ruolo di ente affidatario.

Nell'esecuzione del progetto di affidamento, l'operatore dovrà prevedere attività in favore del minore, dei componenti della famiglia di origine con incontri periodici, supervisione psicologica e visite domiciliari e dovrà, soprattutto, interfacciarsi con l'A.G. che ha emesso il provvedimento e che richiede un'informativa periodica e puntuale.

Sempre più di frequente il provvedimento di affidamento è emesso in via provvisoria e non è contenuto nella decisione finale, il che comporta da parte degli operatori del Servizio una interazione, nella attuazione del provvedimento, non solo con il giudice, ma anche con tutte le altre figure presenti nel processo (quale il legale delle parti o il curatore speciale del minore se nominato).

Da qui discende la necessità che il Servizio Sociale, pur operando in autonomia come detto (e come sempre gridato a gran voce dagli operatori in ogni momento di confronto con l'avvocatura) assuma conoscenza e consapevolezza della sede processuale nella quale opera e presti, altresì, una reale collaborazione nel coinvolgimento delle figure professionali presenti nel processo.

La possibilità di pervenire ad una soluzione conforme all'interesse del minore o dei minori coinvolti si potrà realizzare solo attraverso un agir comune ed un linguaggio altrettanto comune, pur nel rispetto della diversità del ruolo esercitato.

Momenti di confronto e di coinvolgimento delle figure processuali sono indispensabili e chi scrive si augura che vengano superate le linee di confine troppo spesso poste sia dal S.S. che dagli altri soggetti coinvolti.

Le esperienze in cui momenti integrati di conoscenza e confronto vi sono stati (l'Ordine degli Avvocati di Roma ad esempio per due anni di seguito ha organizzato e svolto un corso integrato tra avvocati ed operatori del Servizio Sociale) hanno conferito risultati indubbiamente positivi.

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