Ci separiamo. E il cane?
20 Gennaio 2017
Nella crisi delle coppie sempre più frequentemente si pongono questioni relative all'affidamento degli animali domestici d'affezione. Da recenti indagini è emerso che circa il 40% della popolazione residente in Italia possiede un animale da compagnia. Anche in ragione dell'aumento degli animali domestici che vivono nelle famiglie c'è stata una fioritura della letteratura giuridica sui diritti degli animali ed un'evoluzione legislativa e giurisprudenziale. Tra le modifiche normative, il legislatore nel 2004, a tutela del “sentimento per gli animali” ha introdotto i delitti di cui agli artt. 544-bis – 544-sexies c.p. e previsto che «lo Stato e le regioni possono promuovere di intesa (…) l'integrazione dei programmi didattici delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado, ai fini di una effettiva educazione degli alunni in materia di etologia comportamentale degli animali e del loro rispetto, anche mediante prove pratiche». L'educazione sin dalla scuola al rispetto degli animali consente di diffondere i principi contenuti nella Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia (Conv. Strasburgo, 13 novembre 1986, ratificata in Italia con Legge 4 novembre 2010, n. 201), dove si prevede che «l'uomo ha l'obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi» e «in considerazione dei particolari vincoli esistenti tra l'uomo e gli animali da compagnia» si afferma «l'importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e, dunque, il loro valore per la società». Gli interventi normativi introdotti con l. n. 120/2010 e successivo d.m. n. 217/2012, che hanno integrato l'art. 177 cod. strada, hanno tipizzato lo stato di necessità per il trasporto di animali in grave condizioni di salute. Nell'ambito della modifiche introdotte dalla l. 11 dicembre 2012 n. 220 sulla disciplina dei condomini, il legislatore ha previsto che «le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici» (art. 1138, comma 5, c.c.). La giurisprudenza di merito ha riconosciuto tutela giuridica del sentimento per gli animali da compagnia, ripudiando la parificazione giuridica dell'animale in termini di “cosa” per riconoscergli la qualità di “essere senziente”, secondo il disposto dell'art. 13 Trattato dell'Unione Europea. A fronte di una disciplina normativa frammentata e un sempre maggiore ricorso al giudice da parte della persone che possiedono un animale, assistiamo ad una risposta interpretativa certamente non univoca sulle situazioni che vedono coinvolti gli animali da compagnia. In particolare, nell'ambito di procedimenti di separazione, di divorzio o di cessazione della convivenza da parte di genitori non uniti in matrimonio, la questione relativa alla gestione dell'animale domestico non trova una risposta univoca da parte della giurisprudenza. Manca, infatti, una previsione di legge che regoli la materia e, quindi, la risoluzione dei casi è rimessa all'interpretazione del giudice. Nel panorama giuridico troviamo un'ordinanza del Presidente del Tribunale di Foggia che, in sede di provvedimenti temporanei in una causa di separazione, ha affidato i cani al marito privilegiando l'interesse materiale e spirituale–affettivo dell'animale conteso che, all'esito di una sommaria istruttoria, è stato affidato al coniuge risultato essere quello che maggiormente assicurava il migliore sviluppo possibile dell'identità dell'animale, prevedendo per il coniuge meno idoneo la possibilità di vedere e frequentare l'animale per alcune ore determinate nel corso della giornata. In tal caso, il Tribunale ha affermato che «il giudice della separazione può ben disporre, in sede di provvedimenti interinali, che l'animale d'affezione, già convivente con la coppia, sia affidato ad uno dei coniugi con l'obbligo di averne cura, e statuire a favore dell'altro coniuge il diritto di prenderlo e tenerlo con sé per alcune ore nel corso di ogni giorno». Non si tratta di una pronuncia isolata poiché anche il Tribunale di Pescara, 9 maggio 2002, aveva stabilito lo stesso principio; occorre però dire che l'orientamento prevalente dei giudici di merito ritiene che la domanda di affidamento sia inammissibile, poiché, in caso di contrasto tra le parti, il giudice della separazione non è tenuto ad occuparsi dell'assegnazione degli animali di affezione all'uno o all'altro dei coniugi, né della relazione con gli stessi, ben potendoil titolare del diritto soggettivo all'animale di compagnia, come stabilisce anche il Tribunale di Milano, «attingere al bacino delle azioni previste a tutela della proprietà» (si veda Trib. Milano, decr. 24 febbraio 2015). Sempre il Tribunale di Milano, sent. 17 luglio 2013 dichiarava di non poter accogliere «la domanda di parte attrice relativa al cane omissis posto che i poteri del Giudice nel caso di separazione giudiziale in ordine ai provvedimenti accessori sono determinati in modo puntuale dalle norme di cui all'art.155 e 156 c.c. che non contemplano certo statuizioni relative agli animali di proprietà del nucleo familiare e al loro mantenimento». Il Tribunale di Roma, sent. 16 aprile 2016, ha chiarito che la domanda relativa alla gestione e all'accudimento del cane di proprietà comune, inserita in un ricorso per separazione giudiziale, debba essere dichiarata inammissibile e ciò poiché «l'attuale disciplina normativa non consente al giudice investito di domanda di separazione di disporre in merito a domande relative alla gestione e all'accudimento degli animali domestici, esulando tali aspetti dal tema decidendum e non potendo ritenersi ammissibile il cumulo di domande». Questo almeno sino ad ora, come ha osservato il Tribunale di Como, 3 febbraio 2016, in cui si legge che è «pur sempre possibile (…), data la fantasia del legislatore un'estensione in tal senso dell'oggetto dei procedimenti di famiglia» in ragione di quanto previsto dal disegno di legge 3231 della XVI legislatura che prevede di introdurre l'art. 455-ter c.c. «affido di animali familiari in caso di separazione dei coniugi», con previsione anche di audizione da parte di esperti del comportamento animale. I giudici lariani si riferiscono alla proposta di legge presentata il 18 aprile 2013, che giace in Parlamento insieme ad altre, per «sanare il vuoto normativo relativo all'affido di animale da affezione in caso di separazione dei coniugi e mira principalmente a tutelare gli animali ed il loro benessere, in quanto anche loro, (…) possono risentire della separazione familiare e dell'eventuale allontanamento dalla casa adibita ad uso familiare», come si legge nella relazione alla proposta di legge dove i firmatari aggiungono che è previsto l'obbligo, in caso di affido condiviso, di ciascuno dei detentori di provvedere al mantenimento degli animali da compagnia in misura proporzionale al proprio reddito. In caso di affido esclusivo, il disegno di legge prevede che il mantenimento sia a carico del detentore affidatario. Ma anche il Tribunale di Como conferma l'inammissibilità della domanda. In senso contrario una recente decisione del Tribunale di Roma che, andando anche ultra petitum, in una controversia relativa alla rivendica della proprietà dell'animale, ha “salomonicamente” disposto un “af…fido” condiviso del cane (A. Simeone, Per il Tribunale di Roma è possibile l'affido di "Fido", in IlFamiliarista). Gli animali da compagnia acquistano un ruolo nella separazione tra i coniugi, soprattutto grazie ai legami affettivi che li possono unire maggiormente a uno dei componenti della famiglia. Questo è il presupposto del provvedimento adottato dal Trib. di Milano, sez. IX civ., 13 marzo 2013, che, nel regolare i rapporti tra i coniugi, prende atto di un accordo in cui, attraverso la tutela degli interessi di un minore, si «dispone dell'affidamento dei gatti». In questo caso, infatti, come sostiene il Tribunale meneghino, è proprio l'interesse del minore ad essere tutelato dal giudice, poiché «negare al minore la possibilità di continuare a frequentare l'animale da compagnia potrebbe causare un grave pregiudizio al minore stesso». I costi
Certo è che l'animale domestico rappresenta un costo per nucleo familiare e proprio per questo il Giudice, nel determinare l'ammontare dell'assegno di mantenimento per la famiglia, dovrebbe tenere conto dei costi sia ordinari (intesi, come per i figli ed il coniuge, il c.d. vitto), sia straordinari (spese per il veterinario, interventi chirurgici) ponendoli a carico di entrambi al 50% ovvero altra proporzione in base ai rispettivi redditi. Il danno non patrimoniale
Altra recente decisione ha affrontato il problema della risarcibilità del danno non patrimoniale subito da un uomo la cui ex convivente aveva trattenuto con sé l'animale acquistato in costanza di rapporto. Osserva il Tribunale di La Spezia che «il rapporto di una persona con l'animale da affezione, per quanto profondo e significativo, non sia un bene di rilievo costituzionale» e che l'allontanamento dell'animale non può essere parificato alla sua uccisione (Trib. La Spezia, 15 settembre 2016). In conclusione
É legittimo l'inserimento negli accordi di separazione di condizioni riguardanti la permanenza presso l'uno o l'altro coniuge dell'animale domestico e la suddivisione tra i coniugi delle spese per il mantenimento dello stesso. In tal caso, il Tribunale procede all'omologazione degli accordi. Invece, in caso di contrasto tra i coniugi, la domanda di affidamento degli animali domestici è da ritenersi inammissibile. Si ritiene però che, nella quantificazione dell'assegno di mantenimento per la famiglia, il Tribunale dovrebbe tenere conto delle spese necessarie per il mantenimento dell'animale da compagnia, che hanno una indubbia incidenza sui costi del ménage familiare. |