La riduzione dell'assegno di mantenimento non determina il diritto alla ripetibilità delle somme già corrisposte

Angela Maria Spalazzi Caproni
Angela Maria Spalazzi Caproni
21 Giugno 2016

In tema di separazione personale, la riduzione dell'assegno di mantenimento del coniuge non implica la ripetibilità delle maggiori somme corrisposte sulla base di provvedimenti non definitivi quando il relativo ammontare lasci presumere che siano comunque state utilizzate per il suo sostentamento, non avendo il beneficiario obbligo di accantonamento in previsione della possibile revisione.
Massima

In tema di separazione personale, la riduzione dell'assegno di mantenimento del coniuge non implica la ripetibilità delle maggiori somme corrisposte sulla base di provvedimenti non definitivi quando il relativo ammontare lasci presumere che siano comunque state utilizzate per il suo sostentamento, non avendo il beneficiario obbligo di accantonamento in previsione della possibile revisione.

Il caso

Il giudice della separazione stabiliva l'obbligo, a carico del marito, di corrispondere alla moglie un assegno mensile di mantenimento, nella misura di 500 euro, ridotta alla metà in sede di gravame, in considerazione della sostanziale omogeneità reddituale e patrimoniale, essendo comune l'immobile adibito a casa coniugale, goduto dal marito. La moglie avrebbe avuto diritto, pro quota, ai frutti conseguenti al mancato godimento, ma la difficoltà di liquidarne l'ammontare giustificava l'obbligo del marito di sostenere, per metà, il canone di locazione dovuto dalla moglie per la propria, diversa, abitazione. In difetto di sproporzione della complessiva situazione economica delle parti, la riduzione decorre dalla domanda, con esclusione della ripetizione delle somme corrisposte in eccedenza. Il coniuge obbligato ricorre per cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 820, 1102, 1103, 1105 c.c., ritenendo doversi applicare la disciplina della comunione, cui il giudice dell'appello aveva preferito quella riguardante l'equilibrio dei rapporti patrimoniali tra coniugi separati, con la conseguenza di riconoscere alla moglie i frutti del bene due volte: prima come beneficiaria dell'assegno, poi come comunista. Denuncia, altresì, contradditorietà della motivazione che dapprima riconosce alla beneficiaria la possibilità di azionare i propri diritti di comunista, e quindi contesta l'adeguatezza temporale dell'azione. A giudizio della S.C. il motivo è manifestamente infondato, avendo la decisione impugnata basato la determinazione dell'assegno di mantenimento proprio sul regime della spettanza dei frutti nella comunione, evidenziando che la relativa fruizione non era né attuale né probabile. Quanto, invece, alla denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 2697, comma 1, c.c. circa la prova dell'ammontare del canone di locazione, essendo state prodotte solo le ricevute di pagamento, ma non il contratto, la Corte ritiene non sussista detto obbligo, posto che il rapporto di locazione si apprezza in quanto funzionale alla valutazione della propria capacità reddituale. Infine, è manifestamente infondata la censura di violazione e falsa applicazione dell'art. 2041 c.c. (in ordine all'art. 360, n. 3, c. p.c.) per avere la sentenza stabilito l'irripetibilità delle somme corrisposte a titolo di assegno di mantenimento, escludendo il diritto al recupero dell'indebito oggettivo in applicazione del principio di diritto per cui, in caso di decisione che riduce o nega il diritto al mantenimento, non sussiste ripetibilità delle maggiori somme corrisposte sulla base di precedenti provvedimenti non definitivi, quando, per il loro non elevato ammontare, tali somme sono comunque servite per il mantenimento del coniuge, ed in quanto il beneficiario non è obbligato ad accantonarle, in previsione dell'eventuale futura riduzione.

La questione

Il provvedimento in commento si incentra sulla valutazione delle condizioni che determinano il diritto del coniuge separato al mantenimento e sulle conseguenze della relativa diversa valutazione che, in sede di gravame, ne abbia determinato la riduzione, nonché sulla conseguente applicabilità della disciplina della ripetizione dell'indebito pagamento.

Le soluzioni giuridiche

L'orientamento giurisprudenziale prevalente esclude la ripetibilità, in conseguenza di sentenza che nega il diritto del coniuge al mantenimento o ne riduce la misura, delle maggiori somme corrisposte in forza di precedenti provvedimenti non definitivi, «qualora, per la loro non elevata entità, tali somme siano state comunque destinate ad assicurare il mantenimento del coniuge fino all'eventuale esclusione del diritto stesso o al suo affievolimento in un obbligo di natura solo alimentare, e debba presumersi, proprio in virtù della modestia del loro importo, che le stesse siano state consumate per fini di sostentamento personale», ed in quanto il beneficiario non è gravato dell'obbligo di accantonare quanto percepito «in previsione dell'eventuale revoca o riduzione del corrispondente assegno, riconosciuto con provvedimenti giudiziali, ancorchè non definitivi» (Cass., 20 marzo 2009, n. 6864, in Rep. Foro it. 2009, v. Separazione dei coniugi, n. 135; Cass., 10 dicembre 2008, n. 28987, ivi, 2008, n. 212). L'assegno imposto con provvedimento, anche provvisorio, è infatti destinato ad assicurare i mezzi adeguati al sostentamento del beneficiario.

In senso conforme è la dottrina che trovò mirabile sintesi nella massima «conguagliare si, restituire, no» (F. Finocchiaro, Matrimonio, tomo II, nel Commentario al c.c. A. Scialoja - G. Branca, I, Persona e famiglia, art. 84-158, Bologna- Roma, 1993, 435; cfr. anche V. Perfetti, Gli effetti patrimoniali della separazione, in Il diritto privato nella giurisprudenza a cura di P. Cendon, La famiglia, V, 2000, 226 ss.), accolta da giurisprudenza costante(Cass., 23 aprile 1998, n. 4198, in Rep. Foro it., 1998, v. Separazione dei coniugi, n. 92, Cass., 12 aprile 1994, n. 3415, in Stato civ. it., 1995, 592, Cass., 18 settembre 1991, n. 9728, in Rep. Foro it., 1991, v. Separazione di coniugi, n. 48, App. Bari, 30 novembre 1991, in Foro it., 1992, I, 473 ss., Cass., 10 maggio 1984, n. 2864, in Rep. Foro it., 1984, v. Separazione di coniugi, n. 47, Cass., 30 luglio 1984, n. 4554, in Dir. fam. pers, 1985, 58 ss., Cass., 28 aprile 1977, n. 1607, in Giust. civ., 1977, I, 1374 ss., Cass., 20 aprile 1972, n. 1607, in Foro it. Mass., 1977, 1607).

In particolare, si ritiene che il provvedimento presidenziale che fissi un assegno di mantenimento, determinandone la misura in via provvisoria, ai sensi dell'art. 708 c.p.c., abbia natura cautelare e sia funzionale ad assicurare il diritto al mantenimento del coniuge fino all'eventuale esclusione al suo affievolimento in un diritto meramente alimentare che può derivare solo dal giudicato. Pertanto gli effetti della decisione che esclude il diritto del coniuge al mantenimento ovvero ne riduce la misura non possono comportare la ripetibilità delle (maggiori) somme a quel titolo corrisposte, le quali si presumono consumate per il suo sostentamento, a meno che non vengano dimostrati gli estremi dell'eventuale responsabilità ex art. 96, comma 2, c.p.c., per avere il coniuge richiesto il suddetto provvedimento cautelare in eccedenza alle proprie esigenze (Cass., 18 settembre 1991, n. 9728, in Rep. Foro it., 1991, v. Separazione dei coniugi, n. 48). L'orientamento è criticato da parte della dottrina (A. Ceccherini, 1996, 242, F. Cipriani, I processi di separazione e divorzio, in Riv. Trim. dir. e proc. civ., 1987, 527 ss., F. Scardulla, La separazione personale dei coniugi ed il divorzio, Milano, 1996, 352, P. Pajardi – P. Ortolan, La separazione personale dei coniugi e il divorzio, Milano 1996, 676 ss., M. Dogliotti, Separazione e divorzio, Il dato normativo. I problemi interpretativi, Torino, 1995, 95- 102, U. Breccia, v. Separazione personale dei coniugi, in Digesto delle discipline privatistiche, sez. civ., Torino, 1998, 421), e la critica è accolta da Trib. Napoli, 14 novembre 1995, in Fam. dir., 1996, 464 con nota di D. Pattumelli, per cui, salvo che il giudizio si estingua senza statuizione di merito, deve ammettersi la ripetibilità delle somme indebitamente corrisposte quando l'ammontare dell'assegno venga determinato in misura inferiore a quella stabilita provvisoriamente dal presidente del tribunale, o addirittura ne venga disconosciuta la spettanza.

Osservazioni

La novella in materia di semplificazione dei procedimenti di separazione e divorzio (d.l. 12 settembre 2014, n. 132, poi convertito con modifiche dalla l. 10 novembre 2014, n. 162, in dottrina v. Sesta, Negoziazione assistita e obblighi di mantenimento nella crisi della coppia, in Fam. dir., 2015, 295 ss., G. A. Parini, La negoziazione assistita in ambito familiare e la tutela dei soggetti deboli, in Nuova giur. civ. comm., 2015, II, 602 ss.) e l'introduzione del divorzio ”breve” con l. 6 maggio 2015, n. 55 (su cui v. G. Oberto,“Divorzio breve”, separazione legalee comunione legale tra coniugi, in Fam. dir., 2015, 615 ss.), confermano l'estrema attualità delle statuizioni conseguenti alla crisi della coppia.

Il provvedimento in esame si riferisce, in specie, all'assegno di mantenimento del coniuge separato di cui all'art. 156 c.c. relativo agli effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra coniugi. Il relativo tenore letterale sostiene l'interpretazione per cui scopo dell'assegno di mantenimento è quello di garantire il tenore di vita mantenuto dal coniuge debole in costanza di matrimonio, ma la conservazione costituisce un obiettivo solo tendenziale, dovendosi tener conto degli effetti della disgregazione familiare, ed in primis l'impoverimento dei partners. Per effetto della separazione marito e moglie devono, infatti, affrontare nuove e maggiori spese, e per tale ragione nella determinazione del nuovo ménage familiare, successivo alla disgregazione del rapporto di coniugio, deve tenersi conto non solo dell'astratto dato del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma anche della concreta erosione della capacità economica che la coppia subisce, frammentandosi (Trib. Varese, 4 gennaio 2012, in Dir. fam. pers., 2012,1187). Nella fattispecie concreta i coniugi avevano una sostanziale omogeneità reddituale ed erano comproprietari dell'immobile adibito a casa coniugale, goduto dal marito, cui era imposto l'obbligo di mantenimento anche in conseguenza del canone corrisposto dalla moglie per la locazione di altra abitazione.

La giurisprudenza ammette, qualora entrambi i coniugi siano contitolari della proprietà di un immobile, per quote uguali pro indiviso, e vivano separati, che se ne disponga l'assegnazione ad uno, purché a termine, poiché da un'assegnazione sine die riverberebbe un sostanziale vincolo di espropriazione a carico dell'altro coniuge (Trib. Cagliari, 20 luglio 2000, in Riv. Giur. Sarda, 2003, 717, con nota di Mazzella).

Circa la natura del diritto dell'assegnatario sulla casa coniugale, attualmente prevale in dottrina la tesi per cui si tratti di diritto personale di abitazione, ma altra, più risalente, opinione lo configurava come un diritto reale atipico. In senso diverso e con maggiore attenzione al titolo vantato sul bene oggetto dell'attribuzione, si ritiene che “se la casa è dell'altro coniuge o di entrambi i coniugi in proprietà o usufrutto, il coniuge assegnatario consegue un tipico diritto reale di abitazione, salva la particolare disciplina desumibile dalla normativa della separazione. Il problema della natura del diritto di abitazione del coniuge separato non può dunque essere risolto qualificandolo univocamente come diritto personale o diritto reale. Si deve tener conto del diverso titolo di godimento che il coniuge assegnatario consegue sulla casa. In definitiva, se si tratta di casa di affitto, il coniuge assegnatario ha un semplice diritto personale di godimento. Se, invece, il diritto viene esercitato sulla casa appartenente in tutto o in parte all'altro coniuge, la sua natura reale appare difficilmente contestabile (C.M. Bianca, 1985, 161, in Villanacci, La separazione consensuale, in Il diritto privato nella giurisprudenza, a cura di Cendon, V, La famiglia, Torino, 2000, 174 ss.).

In tema di revisione dell'assegno, ai sensi dell'art. 156, ultimo comma,c.c. qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica. La giurisprudenza ha sempre sostenuto che i giustificati motivi che permettono il mutamento delle relative condizioni consistano in fatti nuovi sopravvenuti, modificativi della situazione in base alla quale gli accordi erano stati stipulati (Cass., 22 novembre 2007, n. 24321, in Fam. dir., 2008, 446, con nota di G. Casaburi, Separazione consensuale dei coniugi ed accordi prematrimoniali atipici tra i coniugi: ammissibilità ed impugnazione; Cass., 5 marzo 2001, n. 3149, in Rep. Foro it., 2001, v. Separazione di coniugi, n. 31; Cass., 7 dicembre 1999, n. 13666, in Fam. dir., 2000, 230 ss. con nota di E. Ravot, Modifica delle condizioni di separazione e sopravvenienza di giustificati motivi; in dottrina v. G. Bonilini e G. Cattaneo, Il diritto di famiglia, I, Famiglia e matrimonio, Torino, 1997, 463 ss.). Nella fattispecie esaminata dalla S.C. la moglie avrebbe avuto diritto ai frutti del bene immobile in comproprietà con il marito, in mancanza dei quali quest'ultimo è tenuto a corrispondere metà del canone di locazione corrisposto dalla moglie per la propria casa di abitazione, realizzandosi altrimenti una sproporzione nella complessiva situazione economica delle parti.