Negoziazione assistita: l’omologazione degli accordi della separazione consensuale

22 Settembre 2015

A pochi mesi dall'entrata in vigore della l. n. 162/2014 il caso in esame impone una riflessione sulla natura del procedimento di negoziazione assistita e in particolare sulle sorti che il predetto procedimento è destinato ad assumere in caso di diniego di autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica.
Massima

A seguito del diniego di autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica all'accordo di negoziazione assistita, deve essere disposta la comparizione personale dei coniugi avanti al Presidente del Tribunale: operata dalle parti la modifica delle condizioni ritenute inidonee nell'interesse della prole, l'accordo di negoziazione assistita come modificato, è stato omologato dal Collegio con decreto ex art. 711 c.p.c..

Il caso

Tizio e Caia, genitori del minore Mevio, presentavano al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pistoia un accordo di separazione personale sottoscritto ai sensi dell'art. 6, comma 2, parte I,d.l. n. 132/2014 convertito in l. n. 162/2014. Il Procuratore della Repubblica non autorizzava l'accordo e trasmetteva gli atti al Presidente del Tribunale, ritenendo :

1) che le statuizioni in punto di modalità di esercizio del diritto di visita tra padre e figlio fossero illogiche e palesemente in contrasto tra loro (le parti avevano previsto che la frequentazione tra padre e figlio avvenisse a fine settimana alternati dal venerdì alla domenica sera ad esclusione del periodo dal 15 ottobre al 20 gennaio dell'anno successivo per esigenze lavorative, laddove al punto successivo era previsto che «le vacanze natalizie saranno ripartire tra i genitori in base ai giorni di vacanza scolastica facendo valere l'alternanza delle festività principali, un anno per ciascuno, dal 23 al 29 dicembre con un genitore e dal 30 dicembre al 6 gennaio con l'altro») e

2) che le statuizioni sul mantenimento previste nell'accordo (il padre avrebbe corrisposto un assegno di mantenimento di € 500,00) non apparivano supportate da idonea documentazione al fine di valutarne la congruità rispetto ai redditi dichiarati dalle parti contraenti dell'accordo.

A seguito di comparazione personale dei coniugi avanti al Presidente del Tribunale, le parti venivano sentite in relazione alle due questioni valutate dal Procuratore della Repubblica: i coniugi apportavano in tale sede modifiche all'accordo e integravano la documentazione producendo le rispettive buste paga.

Il Presidente, verificata la modifica degli accordi sulle modalità di esercizio del diritto di visita e le precisazioni fornite dai coniugi e considerato l'importo dell'assegno di mantenimento congruente in relazione ai redditi palesati dall'obbligato, «esperiva il tentativo di conciliazione con esito negativo, autorizzava i coniugi a vivere separati alle condizioni di cui al ricorso ( per negoziazione assistita) e alle integrazioni e precisazioni apportate (all'udienza presidenziale) riservandosi di riferire al Collegio».

Con successivo decreto il Tribunale «letto l'accordo di separazione personale raggiunto a seguito di negoziazione assistita, preso atto dell'esito negativo del tentativo di conciliazione e delle integrazioni apportate dalle parti all'udienza presidenziale ove le medesime ribadivano le condizioni indicate nell'accordo come integrate e modificate, omologava, ex art. 711 c.p.c. alle condizioni concordate la separazione consensuale».

La questione

A seguito della mancata autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica all'accordo di negoziazione assistita raggiunto dai coniugi in presenza di prole minore, quale esito potrà avere il successivo procedimento avviato a seguito della trasmissione al Presidente del Tribunale? Potrà l'accordo di negoziazione assistita essere “omologato” ex art. 711 c.p.c. a seguito delle modifiche apportate dai coniugi in sede di comparizione personale avanti al Presidente del Tribunale? Il procedimento di negoziazione assistita comporta sempre la degiurisdizionalizzazione delle lite separativa o, in alcune ipotesi, ridetermina una attrazione nell'alveo giurisdizionale e quindi un'assimilazione al procedimento per separazione consensuale?

Le soluzioni giuridiche

A pochi mesi dall'entrata in vigore della l. n. 162/2014 il caso in esame impone una riflessione sulla natura del procedimento di negoziazione assistita e in particolare sulle sorti che il predetto procedimento è destinato ad assumere in caso di diniego di autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica.

La pronunzia in disamina, infatti, si segnala non solo per essere tra le prime che si sono occupate della questione, ma soprattutto per l'unicità della soluzione proposta. Del tutto peculiare è, infatti, la soluzione adottata ad oggi unica nel sistema giuridico creatosi dopo l'introduzione della negoziazione assistita quale modalità di definizione di una lite separativa. A seguito delle presentazione dell'accordo al PM, infatti, le parti hanno ottenuto un diniego di autorizzazione: il Procuratore della Repubblica ha rilevato incongruenze e illogicità in punto di modalità di esercizio del diritto di visita tra il genitore non collocatario e il figlio e una impossibilità di verifica della congruità del contributo indiretto al mantenimento della prole per mancanza di documentazione idonea a verificare i redditi dichiarati.

Trasmessi gli atti al Presidente del Tribunale si è peraltro aperta una vera e propria fase presidenziale come “normalmente” prevista nel procedimento ex art. 711 c.p.c.: le parti sono state sentite dal Presidente del Tribunale in ordine alle due questioni sollevate dal PM, hanno apportato una modifica degli accordi e integrato la documentazione fiscale. Fin qui, nulla di innovativo rispetto al sistema delineato dalla l. n. 162/2014. In tale udienza, peraltro, il Presidente ha:

1) esperito il tentativo di conciliazione con esito negativo;

2) autorizzato i coniugi a vivere separati alle condizioni di cui all'accordo di negoziazione assistita come integrato e modificato nel corso dell'udienza presidenziale;

3) si è riservato di riferire al Collegio che, con successivo decreto;

4) ha omologato ex art. 711 c.p.c. alle condizioni concordate la separazione consensuale dei coniugi.

L'innovatività ed unicità della pronunzia sta peraltro proprio nell'aver creato un sistema “ibrido” che ha in buona sostanza “giurisdizionalizzato” attraverso il procedimento previsto per la separazione consensuale la negoziazione assistita. L'accordo di negoziazione assistita, modificato dalle parti avanti al Presidente del Tribunale ove ritualmente convocate, è divenuto “un accordo di separazione consensuale” (in assenza peraltro di domanda in tal senso delle parti attesa l'assenza di un ricorso per separazione consensuale) perdendo quindi la sua natura caratterizzante ossia di accordo da negoziazione assistita, accordo che è stato poi omologato dal Collegio.

La soluzione proposta dal Tribunale di Pistoia si contrappone ad altre intervenute tra cui si segnalano Trib. Termini Imerese 24 marzo 2015 e Trib. Torino 15 gennaio 2015 e 20 aprile 2015 – che si sono limitate ad autorizzare l'accordo di negoziazione assistita - senza procedere, come nel caso in disamina, alla successiva omologa della separazione consensuale.

Osservazioni

La pronunzia in disamina merita certamente attenzione in quanto affronta una delle questioni maggiormente rilevanti determinatesi a seguito dell'entrata in vigore della legge sulla negoziazione assistita. Voluta dal legislatore come modalità di degiurisdizionalizzazione della lite separativa e/o divorzile, la normativa evidenzia un'indubbia criticità laddove non chiarisce quali debbano essere le modalità conclusione del procedimento allorché si sia in presenza di una mancata autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica. Per il Tribunale di Pistoia, diversamente da quanto ritenuto dagli altri (invero pochi) Tribunali che si sono già dovuti occupare della questione, con la trasmissione degli atti al Presidente del Tribunale si apre un procedimento analogo a quello della separazione che si conclude, previa integrazione e modifica delle clausole dell'accordo bloccate dal vaglio del PM, con una omologazione delle condizioni concordate.

La soluzione proposta lascia peraltro perplessi: si tratta di una decisione poco conforme allo spirito della normativa in punto di negoziazione assistita dal momento che determina una massiccia giurisdizionalizzazione della negoziazione assistita che, al contrario, il legislatore ha voluto espressamente sottratta all'autorità giudiziaria. La modalità attuata dal Tribunale di Pistoia, infatti, determina il passaggio del procedimento di negoziazione assistita ad un vero e proprio procedimento giurisdizionale per separazione consensuale, completo in tutte le sue fasi (tranne che per l'assenza di una domanda in tal senso svolta dalle parti) compreso il tentativo di conciliazione e l'autorizzazione a vivere separati. Al contrario, e ragionando in termini maggiormente conformi allo spirito della norma, la prescritta fase avanti al Presidente del Tribunale, necessaria per valutare la volontà delle parti di “adeguare” l'accordo ai rilievi del PM ovvero a consentirne in ogni caso l'autorizzazione da parte del Presidente del Tribunale, previa audizione delle sottese motivazioni, dovrebbe essere letta quale “incidente di giurisdizione” a portata minima. La ratio consiste, infatti, nel rimettere al Presidente del Tribunale la possibilità di sentire le parti (facoltà non prevista per il PM) e consentire un adeguamento – che è da intendersi di portata minima rispetto all'accordo che non potrebbe essere integralmente stravolto- dell'accordo di negoziazione assistita, e concludersi con una autorizzazione dell'accordo modificato (ovvero con un luogo a provvedere allorché le parti non intendano modificare l'accordo). Si tratta di una potestà, peraltro, rimessa ad un organo monocratico – il Presidente del Tribunale appunto - senza che la previsione normativa imponga, quale conseguenza necessaria, il passaggio al Collegio per l'emissione del decreto di omologazione: l'obbligatorio passaggio alla fase giurisdizionale, che nella pronunzia in esame il Tribunale di Pistoia ha invece determinato in totale analogia al procedimento per separazione, appare poco in linea con lo spirito della normativa in tema di negoziazione assistita che, volendo disegnare una modalità di soluzione della controversia separativa alternativa a quella giudiziale, ha voluto attribuire ad un organo monocratico (il Presidente del Tribunale) il potere autorizzativo dell'accordo modificato, rendendolo arbitro dell'accordo stesso parimenti a quanto, in prima battuta, previsto per il Procuratore della Repubblica.

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