Le spese straordinarie, anche se non concordate, vanno rimborsate al genitore che vive con i figli

Paola Maccarone
22 Novembre 2016

Qualora svolgano attività lavorativa produttiva di reddito sussiste in capo ad entrambi i genitori l'obbligo di contribuire al soddisfacimento dei bisogni dei figli minori, in proporzione alle rispettive disponibilità economiche. Da questo principio discendono alcuni problemi applicativi e interpretativi in merito, soprattutto, all'esatta individuazione delle spese ordinarie e straordinarie e alla loro corretta suddivisione.
Massima

A carico del coniuge affidatario o presso il quale sono normalmente residenti i figli, non è configurabile un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l'altro genitore, in ordine all'effettuazione e determinazione delle spese straordinarie, che, se non adempiuto, comporti la perdita del diritto al rimborso, anche nell'ipotesi di decisioni di maggiore interesse per i figli.

Il caso

Una mamma, genitore affidatario di due bambine, otteneva dal Giudice di Pace di Desio l'emissione a carico del padre di un decreto ingiuntivo per il pagamento della quota di sua spettanza - il 50% - delle spese straordinarie da lei sostenute in via esclusiva per l'iscrizione delle minori all'asilo infantile e al nido. A seguito dell'opposizione proposta dal debitore sull'essenziale motivo della mancanza di un preventivo accordo circa tali spese, il Giudice di Pace revocava il decreto ingiuntivo. Avverso tale sentenza la madre proponeva appello sull'assunto che la scelta dell'iscrizione delle figlie ad un asilo privato era stata concordemente presa da entrambi i genitori prima della loro separazione, per cui non sarebbe stato necessario alcun ulteriore preventivo accordo.

Il Tribunale di Monza accoglieva l'appello, confermando il decreto ingiuntivo revocato dal Giudice di Pace; avverso tale sentenza il padre proponeva ricorso in Cassazione, prospettando l'erronea applicazione ed interpretazione degli artt. 2727 e 2729 c.c..

Il Giudice Relatore della Sezione designata, ritenendo di poter definire il giudizio ai sensi dell'art. 375, n. 1, c.p.c., depositava la relazione di cui all'art. 380-bis c.p.c. nella quale, dopo aver dichiarato di voler aderire al prevalente orientamento giurisprudenziale di legittimità (Cass. civ., 26 settembre 2011, n. 19607; Cass. civ., 27 aprile 2011, n. 9376 e Cass. civ., 28 gennaio 2009, n. 2182) sosteneva che non esiste a carico del coniuge affidatario dei figli un obbligo di concertazione preventiva con l'altro coniuge con riguardo a quelle spese di carattere straordinario che non comportino decisioni di maggiore interesse per i figli.

La Corte, rilevato che nell'atto di impugnazione non erano stati esposti, nemmeno sommariamente, i fatti di causa, si è limitata a dichiarare inammissibile il ricorso. Tuttavia, nella parte motivata, ha enunciato il principio in parola, secondo il quale non è necessario il preventivo consenso del genitore non convivente stabilmente con i figli, nemmeno in ordine a quelle spese straordinarie che comportano decisioni di maggiore interesse per i figli stessi.

La mancanza di accordo e il rifiuto dell'altro genitore di rimborsare dette spese straordinarie, infatti, ad avviso della Corte, non comportano la perdita del diritto ad ottenere il rimborso delle stesse da parte del genitore che le ha sostenute, ma solo l'obbligo in capo al giudicante di verificare l'utilità di dette spese rispetto all'interesse dei figli e la loro sostenibilità economica da parte dei genitori.

La questione

La questione in esame è la seguente: quali sono le scelte che comportano l'assunzione di decisioni di maggiore interesse per i figli? É ancora proponibile la distinzione tra spese ordinarie e spese straordinarie e, in caso di risposta affermativa, quale è il ruolo del genitore non collocatario nell'assunzione delle decisioni riguardanti i propri figli nell'era della bigenitorialità? Ha ancora valore il preventivo consenso del genitore non convivente?

Le soluzione giuridiche

È certo e indiscusso che, qualora svolgano attività lavorativa produttiva di reddito, sussista in capo ad entrambi i genitori l'obbligo di contribuire al soddisfacimento dei bisogni dei figli minori, in proporzione alle rispettive disponibilità economiche ai sensi degli artt. 147 e 148 c.c. ed in diretta applicazione dell'art. 30 Cost. e dell'art. 155 c.c.. Da questo principio normativo discendono molteplici problemi applicativi ed interpretativi, soprattutto in ordine all'annosa questione della esatta individuazione delle spese in ordinarie e straordinarie e della loro corretta suddivisione. L'assegno di mantenimento, normalmente, non può soddisfare tutte le esigenze, spesso imprevedibili ed eccezionali, cui si deve fare fronte nella gestione di qualsiasi ménage familiare e che esorbitano dalle consuetudini di vita e dai bisogni quotidiani dei figli, per cui la giurisprudenza ha creato la categoria delle spese straordinarie che, difettando di un'autonoma fonte normativa, dà origine ad incertezze e dubbi interpretativi. Non solo, ma non esistendo nemmeno un'elencazione tassativa di tali spese, per la loro individuazione e classificazione bisogna necessariamente aver riguardo alle molteplici situazioni che si vengono a creare e che si devono adattare alle esigenze dei singoli casi concreti, tenuto conto del livello sociale del nucleo familiare in cui il minore vive. Questa sorta di aleatorietà ed indeterminatezza coinvolge anche la delicata questione della preventiva comunicazione e concertazione tra i genitori circa la natura e la portata delle spese straordinarie da sostenere: da una parte, si trova il genitore convivente che, solitamente, le deve affrontare in via preventiva, ossia anticipare e, dall'altra parte, sta il genitore non convivente, che si vede recapitare le pezze giustificative della spesa già sostenuta e che ben potrebbe rifiutarsi di rifonderla, adducendo di non essere stato informato o addirittura di non essere d'accordo su tale esborso.

Ad una prima lettura della pronuncia in commento, si è portati a pensare che i Giudici della Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione abbiano inteso seguire l'orientamento maggioritario fatto proprio dal giudice relatore, secondo il quale non sarebbe necessaria la preventiva concertazione e quindi il consenso dei genitori per deliberare ed affrontare quelle spese straordinarie che non comportino decisioni di maggiore interesse per i figli.

In realtà così non è perché la sentenza è andata ben oltre tale principio e ne ha ampliato la portata, arrivando al punto di negare l'obbligatorietà del preventivo accordo tra i genitori, anche per il caso di spese straordinarie certamente afferenti e dipendenti dalle decisioni qualificabili come “di maggior interesse” per i figli.

Nel caso in esame, l'affermazione della madre, secondo la quale la scelta del tipo di asilo da far frequentare alle figlie era stata assunta oralmente e congiuntamente dai genitori quando questi erano ancora conviventi, è stata di per sè sufficiente ad avallare la scelta educativa portata avanti dalla moglie convivente con i figli una volta intervenuta la separazione tra i genitori, senza bisogno di alcun accordo ulteriore e/o preavviso al coniuge.

Decisione di grande momento, questa, poiché la scelta del tipo di scuola rientra, o forse è meglio dire rientrava, senza dubbio tra le cosiddette “decisioni di maggior importanza per i figli” e quindi, quand'anche i genitori separati o divorziati non avessero previsto nei relativi accordi l'obbligo di subordinare il rimborso delle spese straordinarie al genitore che le avesse anticipate alla preventiva concertazione, era da ritenersi che tale condizione fosse implicita, in quanto tali spese erano inesorabilmente legate, appunto, alle decisioni di maggior interesse per la prole.

Ma non è tutto: la Corte, proseguendo nel solco tracciato, ha affermato che il genitore affidatario o presso il quale sono residenti i figli non perde il diritto ad ottenere il rimborso di quanto da lui anticipato e pagato in via esclusiva, nonostante l'espresso dissenso manifestato dal genitore che non ha effettuato la spesa e malgrado non sia stato informato della decisione connessa con la spesa stessa. Compito del giudice sarà quello di verificare che la spesa straordinaria sia stata sostenuta nell'esclusivo interesse del figlio, commisurandola alle condizioni economiche dei genitori e, quindi, al loro tenore di vita.

Osservazioni

É certamente il caso di chiedersi se, abbattendo il baluardo sino ad oggi rappresentato dal concetto di “esclusivo o maggiore interesse” per il figlio, non si finisca per permettere al genitore convivente con i figli di adottare, in assoluta - e forse anche eccessiva - autonomia, scelte anche non condivise dall'altro genitore, ponendo così nel nulla i principi cardine sui quali sono stati fondati gli istituti dell'affidamento condiviso e della bigenitorialità, notoriamente introdotti nell'interesse primario della prole, oltre che al fine di attenuare la conflittualità tra i genitori per il caso di separazione o divorzio. L'orientamento giurisprudenziale maggioritario, formatosi negli anni, ha da sempre distinto due diverse fattispecie in funzione delle differenti modalità di affidamento: in caso di affidamento esclusivo della prole, al genitore titolare della responsabilità genitoriale è stata riconosciuta la facoltà di deliberare autonomamente l'assunzione delle spese straordinarie, con il solo limite di quelle la cui assunzione sia collegata a scelte di rilevante interesse per i minori - come, ad esempio, un intervento chirurgico o la frequenza di una scuola - per le quali occorre, a norma dell'art. 337-ter c.c., la previa consultazione e l'accordo dell'altro genitore.

Per il caso, invece, dell'ipotesi di affidamento condiviso, si è sempre ritenuto preferibile che il genitore non affidatario fosse preventivamente informato dall'altro genitore circa la natura e l'entità della spesa straordinaria che si rende necessario sostenere, stante la natura, appunto, straordinaria dell'evento, che non rientra tra le questioni ordinarie connesse all'esercizio della responsabilità genitoriale.

La pronuncia in esame, invece, aderendo ad un filone ad oggi minoritario, è arrivata a concedere al genitore affidatario una autonomia gestionale tanto estesa da consentirgli di poter decidere l'assunzione di qualsiasi spesa straordinaria senza alcun obbligo di concertazione preventiva con l'altro genitore che, ciò nonostante, sarebbe comunque obbligato a rimborsarle.

Peraltro, tale potere è stato assoggettato alla valutazione ex post da parte del giudice, che dovrà sempre verificare che le spese deliberate unilateralmente, oltre ad essere di per se stesse utili per i figli, siano anche economicamente sostenibili, per cui se ne potrebbe inferire l'esistenza di un tertium genus di spese: accanto a quelle ordinarie e a quelle straordinarie, diciamo semplici, starebbero le spese straordinarie, diciamo complesse e che consisterebbero in quelle spese che, qualora siano state assunte unilateralmente da un solo genitore nel contrasto e nel dissenso dell'altro, sarebbero assoggettate al controllo ed al vaglio del giudice.

Una simile triplice ripartizione non pare certamente adatta ad agevolare la gestione dei figli tra genitori separati o divorziati e sembra anzi destinata ad aumentare l'incertezza che già regna in un campo tanto delicato.

Una buona soluzione, per la verità abbastanza utopistica nel clima arroventato che contraddistingue e caratterizza le crisi coniugali, potrebbe essere quella di attribuire a ciascun genitore aree o materie di competenza prevalente se non esclusiva, così come si potrebbe procedere ad un'elencazione analitica e sistematica di singole voci di spesa, da intendersi come straordinarie rispetto al mantenimento ordinario e rispetto alle quali dovrebbe specificarsi la misura di compartecipazione di ciascun coniuge.

In effetti, questa è la strada imboccata da alcuni Tribunali, che hanno adottato veri e propri protocolli, sia al fine di agevolare l'identificazione delle spese da considerarsi straordinarie perché non rientranti nell'importo fissato per il mantenimento ordinario, sia per cercare di uniformare i diversi orientamenti che talvolta si vanno delineando all'interno del medesimo organo giurisdizionale.

Il protocollo adottato dal Tribunale di Bergamo, ad esempio, è strutturato per macro aree, all'interno delle quali si distinguono poi le spese che necessitano del preventivo accordo tra i genitori da quelle che non lo richiedono. Nel caso dell'istruzione dei figli, tale protocollo prevede che le spese scolastiche relative ad istituti pubblici siano da documentare, ma non richiedono il preventivo accordo tra i genitori; diversamente, le spese scolastiche di istituti privati richiedono il preventivo accordo tra i genitori, a prescindere dal reddito degli stessi. Soluzione che è tanto logica quanto di buon senso e di rispetto del ruolo che entrambi i genitori devono continuare ad avere nell'interesse dei figli.

A fronte di una spesa considerata straordinaria, il Giudice dovrebbe dichiarare illegittima la richiesta di rimborso, ove la stessa non sia stata preventivamente concordata o almeno previamente comunicata all'altro genitore, e ciò al fine evidente di permettere a quest'ultimo di potersi esprimere ed eventualmente anche opporsi, come gli consente di fare l'art. 155 c.c..

Tale norma, unitamente al disposto degli artt. 337-bis e ss. c.c., rappresenta il nucleo minimo, e perciò non ulteriormente comprimibile, della responsabilità genitoriale sul figlio che entrambi i genitori hanno il diritto ed il dovere di esercitare in modo congiunto, e questo sia nel caso di affidamento esclusivo che in quello di affidamento condiviso, restando peraltro salva la possibilità di pattuire condizioni migliorative per la prole.

In quest'ottica, il correlato diritto/dovere di contribuzione ai bisogni del figlio non può essere ridotto alla sola componente economica, oltretutto nella forma del rimborso ex post imposto al coniuge non convivente con il figlio, senza alcuna informativa e, peggio ancora, senza il suo consenso, ma deve necessariamente coinvolgerlo anche nella ben più importante fase dell'assunzione della decisione in ordine alle spese da effettuare per il figlio, tanto più se minore.

Invece, tutte le scelte connesse con la necessità di affrontare esborsi straordinari dovrebbero essere assunte da entrambi i genitori e per il caso in cui ciò non fosse materialmente possibile, gli organi competenti dovrebbero aiutare i coniugi separati o divorziati, adottando strumenti come i protocolli di intesa sopra descritti; ampliando i poteri di cui gode uno dei genitori, come prospettato dalla sentenza in commento, non si ottiene altro risultato che quello di aumentare, da un lato, la conflittualità e svilire, dall'altro, la figura e le capacità del genitore non convivente con i propri figli.