Scambio di embrioni: inammissibile l'azione di disconoscimento da parte dei genitori genetici
22 Luglio 2016
Massima
La scelta preferenziale per la genitorialità genetica non può certamente definirsi un'alternativa inevitabile sul piano costituzionale, militando in favore della opposta prevalenza dei legami naturali, biologici e sociali, argomenti di altrettanta forza e valore, che si sostanziano in particolare nel rilievo conferito dall'ordinamento nazionale e sovranazionale al rispetto della dimensione familiare e dei legami affettivi primari che ivi si consolidano nel tempo, valore questo che deve essere preso in considerazione non tanto dal punto di vista degli adulti coinvolti e dei rispettivi progetti familiari, quanto, in via prioritaria, nell'ottica dei due bambini, e di quello che può essere oggi definito il loro mondo familiare: l'art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo del 20 novembre 1989, impone infatti all'autorità giudiziaria, in tutte le decisioni che coinvolgono i minori, di tenere conto in via preminente del loro interesse. Il caso
Tizio e Caia si rivolgevano, dapprima, al tribunale de L'Aquila, poi dichiaratosi incompetente, e successivamente a quello di Roma, esperendo azioni di disconoscimento rispettivamente di paternità e di maternità, affermandosi genitori dei gemelli partoriti da Sempronio e Mevia. I neonati erano stati concepiti, attraverso una procedura medicalmente assistita, grazie all'incontro dei gameti degli attori, ma il frutto del concepimento, a seguito di un errore del personale coinvolto nella procedura medica, era stato impiantato nell'utero di Mevia. Gli attori chiedevano in particolare che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 243 bis e 269, comma 3, c.c. nella parte in cui non prevedono la legittimazione attiva dei genitori genetici a proporre l'azione di disconoscimento in caso di sostituzione di embrioni avvenuta nell'ambito di una procedura di fecondazione assistita per contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 30 Cost., nonché con l'art. 117 Cost. in relazione all'art. 8 CEDU.
La questione
L'innovativa questione sottoposta al tribunale di Roma riguarda il conflitto tra genitorialità genetica e genitorialità uterina. In particolare il tribunale romano è stato chiamato a valutare l'opportunità di sollecitare la Corte Costituzionale ad una pronuncia additiva volta ad inserire tra i soggetti legittimati alle azioni di disconoscimento di paternità e di maternità i genitori genetici. La soluzione giuridica
Il tribunale ha rigettato le domande attoree rilevando come l'attuale tessuto normativo non possa che risolvere il contrasto tra le due genitorialità a favore dei convenuti, escludendo la possibilità di frazionamento della stessa. Evidenzia infatti il giudice del merito come dalla stessa ratio della l. n. 40/2004 si evinca che l'embrione, in quanto privo di personalità giuridica e di capacità successoria, non può acquisire alcuno stato di filiazione senza il suo impianto nell'utero, la formazione di un feto e la nascita. Conseguentemente per la determinazione dello stato di filiazione, la gestazione resta un fattore decisivo, anche al di là della provenienza dei gameti; principio tanto più valido a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale che ha eliminato il divieto di fecondazione eterologa. Né ha ritenuto il tribunale di poter individuare una soluzione normativa necessitata dal rispetto dei valori fondanti della nostra Carta Costituzionale, al punto da costituire un risultato sottratto alla sfera della discrezionalità legislativa, affermando che la scelta preferenziale per la genitorialità genetica non può certamente definirsi un'alternativa inevitabile sul piano costituzionale, militando in favore della opposta prevalenza dei legami naturali, biologici e sociali, argomenti di altrettanta forza e valore, che si sostanziano in particolare nel rilievo conferito dall'ordinamento nazionale e sovranazionale al rispetto della dimensione familiare e dei legami affettivi primari che ivi si consolidano nel tempo, valore questo che deve essere preso in considerazione non tanto dal punto di vista degli adulti coinvolti e dei rispettivi progetti familiari, quanto, in via prioritaria, nell'ottica dei due bambini, e di quello che può essere oggi definito il loro mondo familiare: l'art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo del 20 novembre 1989, impone infatti all'autorità giudiziaria, in tutte le decisioni che coinvolgono i minori, di tenere conto in via preminente del loro interesse.
Osservazioni
Il tribunale di Roma, nel rigettare le domande avanzate da Tizio e Caia, ha correttamente ricostruito la normativa attualmente vigente, che non consente alcuna interpretazione estensiva che possa riconoscere ai genitori genetici una qualche forma di riconoscimento del proprio legame di filiazione con i nati o di responsabilità genitoriale, appartenendo tale scelta esclusivamente alla discrezionalità del legislatore. In particolare è stato osservato che gli artt. 239 e 240 c.c. in tema di supposizione di parto o di sostituzione di neonato sono volti a tutelare la verità biologica della maternità della donna che ha partorito, in ipotesi di scambio di neonati ovvero di costituzione di uno stato di filiazione in relazione a donna diversa dalla partoriente; né la riforma della filiazione – pure operata da un legislatore certo edotto delle nuove tecniche di PMA – ha inteso estendere tale tutela all'ipotesi di scambio di embrioni. L'ulteriore considerazione portata a fondamento della decisione riguarda il richiamo all'art. 9 della l. n. 40/2004 che preclude espressamente a colui che abbia prestato il proprio consenso alla fecondazione assistita di procedere al disconoscimento di paternità. Tale previsione, benchè evidentemente non riferita al caso di specie, consente di valutare l'attenzione posta dal legislatore verso la stabilità della relazione umana e familiare, che si viene a creare a seguito di gestazione, parto e inserimento dei nati in preciso nucleo familiare. Ciò premesso, il giudice adito ha pure escluso di poter percorrere la strada della rimessione della questione alla Consulta, non rinvenendo principi di carattere costituzionale che facciano propendere per la scelta preferenziale della genitorialità genetica, richiamando a tale fine anche la giurisprudenza sovranazionale, ed in particolare della Corte EDU, la quale ha sempre conferito valore determinante all'inserimento dei fanciulli in un determinato contesto familiare, persino ove detto contesto abbia preso avvio da comportamenti apertamente lesivi di principi di ordine pubblico (v. C. EDU , sentenza 27 gennaio 2015, n. 25358, Paradiso – Campanelli c. Italia, G. Pizzolante, Corte di Strasburgo e maternità surrogata all'estero: rispetto del limite dell'ordine pubblico o tutela del superiore interesse di minore?, in ilFamiliarista.it) |